Age of Epic - 2 - La progenie infernale

di Ghost Writer TNCS
(/viewuser.php?uid=692529)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


6. Il peso del comando

Erano passate solo poche ore dall’attacco dei predoni, eppure il villaggio era praticamente già tornato alla normalità. Solo alcuni orchi avevano dovuto lasciare i loro lavori abituali per riparare le capanne danneggiate dal fuoco.

Havard aveva finito di dare disposizioni per la costruzione del molo e si stava preparando per partire. Si era procurato una doppia sella per il suo drago di foresta, aveva radunato gli ordogue e aveva scelto alcuni guerrieri che lo avrebbero seguito in quella missione.

«Ehi, sei proprio sicuro che non ti serve il mio aiuto?» gli chiese Morzû. «Sono il guerriero più forte del villaggio, e sono il primo a volermi vendicare di quei vermi schifosi.»

«Proprio perché sei il più forte, voglio che resti qui» ribadì il pallido. «Non penso avremo altre seccature oggi, ma preferisco non correre rischi inutili.»

Il verde emise un grugnito di disappunto.

Il figlio di Hel salì in groppa al suo drago. «Avanti, muoviamoci! Dobbiamo essere di ritorno prima del tramonto!»

I pochi guerrieri che erano con lui sollevarono le mazze e gli ordogue lanciarono i loro tipici versi gutturali.

Havard diede un ordine mentale al suo destriero e il giovane rettile si alzò in volo, indicando la strada a tutti gli altri. Dall’alto aveva una visione privilegiata, ma anche senza quel vantaggio non sarebbe stato difficile individuare il campo dei predoni: sapevano da che parte erano fuggiti e nel giro di venti minuti riconobbero la colonna di fumo che segnalava la loro presenza.

Man mano che si avvicinavano, il pallido riuscì a valutare con sempre maggiore precisione le dimensioni del campo. Doveva contare circa settanta persone, includendo anche gli anziani, le donne e i bambini. Lui aveva appena sette guerrieri, ma non sarebbe stato un problema.

Havard ordinò al suo drago di scendere di quota e l’animale planò dolcemente, atterrando a meno di cento metri dal campo. I predoni li stavano già attendendo sui loro monoceratopi, gli archi pronti.

Il pallido scese dalla sua cavalcatura e fece qualche passo avanti. Ora che poteva osservarli più con calma, notò che alcuni cavalieri avevano dei tratti insoliti: uno aveva delle punte ossee su spalle e avambracci, e un paio sfoggiavano una robusta coda che terminava con una fiamma. Di sicuro alcuni di loro erano demoni o mezzidemoni, ma ciò che li accumunava di più era il fisico asciutto.

«Sono Havard, figlio di Hel» si presentò. «Sono venuto per portare prosperità e…»

Creò una barriera magica per bloccare una freccia. Subito individuò il predone che lo aveva attaccato. Allungò il braccio verso di lui e strinse le dita. Il responsabile smise di respirare e cominciò a tremare.

«Vi chiederei la cortesia di farmi parlare» affermò il pallido in un tono che non ammetteva repliche.

La sua vittima si piegò di lato e cadde a terra. Solo allora Havard lasciò la presa, permettendo alla sua anima di ricongiungersi al corpo.

«Non sono qui per combattere. Voglio costruire un nuovo regno, un regno basato sul progresso, dove tutti possono ambire a un futuro migliore. E per farlo, ho bisogno anche del vostro aiuto. Unitevi a me, e il vostro impegno e i vostri talenti saranno generosamente ricompensati.»

«La nostra lealtà è solo a noi stessi!» ribatté quello che doveva essere il capo, un arciere dalla pelle rossa. Le sue zanne non erano particolarmente pronunciate, in compenso aveva delle corna che spuntavano dalla fronte: sicuramente si trattava di un oni, una razza di orchi che abitava prevalentemente le zone più a est, vicino ai territori degli insettoidi. «Non ci siamo piegati al Clero, e di certo non ci piegheremo a uno come te!»

«Non vi sto chiedendo di piegarvi» precisò il figlio di Hel. «Al contrario: voglio che diventiate la versione migliore di voi stessi. So che per voi non c’è niente di più importante della famiglia, ed è proprio per loro che dovreste seguirmi: se dovesse succedervi qualcosa mentre combattete al mio fianco, vi assicuro che non li abbandonerò. Se invece combattete contro di me, non ci sarà futuro per nessuno di voi.»

«Avrai anche un drago e qualche incantesimo, ma non ci fai paura!» ribatté l’oni. «Meglio morti che schiavi!»

I suoi compagni sollevarono gli archi e lanciarono un grido a sostegno delle sue parole.

Havard batté a terra il suo bastone d’ossa, emanando un’onda di energia che spezzò il loro morale.

«Pensateci bene, perché se non vi unite a me, sarete miei nemici. E non tollererò la presenza di predoni nel mio regno.»

L’oni digrignò i denti.

«Avete visto cos’è successo questa mattina: avete attaccato il mio villaggio, ma sono bastati pochi guerrieri per respingervi. Tutti i miei villaggi sapranno scacciarvi allo stesso modo, e, ve lo assicuro, presto o tardi tutti i villaggi saranno miei. In più avrò altre tribù pronte a darvi la caccia.»

Il capo nemico serrò i pugni, chiaramente infastidito da quelle parole. Ma non sapeva come ribattere.

«Non vi chiedo di decidere subito, ma fatelo. Sarò sempre pronto ad accogliervi se deciderete di seguirmi, ma se attaccate qualcuno dei miei, non avrò pietà. Dicevate che è meglio essere morti che schiavi. Io vi chiedo: preferite essere cacciatori o prede?»

 Havard li osservò a uno a uno per alcuni lunghi secondi, poi tornò in sella al suo drago. Non c’era bisogno di aggiungere altro.

«Andiamo.»

Il rettile spiccò il volo e i guerrieri di Bakhmiŝ – seppure un po’ confusi – si accodarono a lui insieme agli ordogue.

I predoni li tennero d’occhio per un po’, dopodiché tornarono al loro campo, forse per discutere su quanto detto dal figlio di Hel.

Appena arrivati a Bakhmiŝ, alcuni dei guerrieri presenti si avvicinarono al pallido per chiedergli spiegazioni.

«Li lasciamo andare così?»

«Non dovevano unirsi a noi?»

«È troppo pericoloso lasciarli liberi!»

Attirato dal trambusto, anche Morzû volle inserirsi nella discussione.

«Allora, li avete uccisi?»

«No, li ha lasciati andare» riferì uno dei guerrieri.

«Come?! Perché?!»

«Rilassatevi, fa tutto parte del piano» ribatté Havard, fermo e risoluto come sempre. «Sono una tribù nomade, non avrebbero mai accettato così all’improvviso di unirsi al mio regno. Dobbiamo dargli del tempo per discutere e prendere una decisione.»

«E poi?» volle sapere il capovillaggio. «E se rifiutano?»

«Alcuni di loro erano pronti ad ascoltare ciò che avevo da dire, altri no. Se sono interessati, entro domani sera manderanno qualcuno per dettare le loro condizioni. In caso contrario non li rivedremo per un bel pezzo.»

«Avevi detto che li avresti uccisi in caso di rifiuto!» sottolineò Morzû, deluso da quel cambio di atteggiamento.

«Solo nel caso ci avessero dato problemi. Fintanto che stanno alla larga da noi, sarebbe solo tempo sprecato cercare di inseguirli.»

Il verde grugnì. La sua indole da guerriero lo portava a desiderare lo scontro a viso aperto con tutti i suoi nemici, ma non poteva negare che sarebbe stato molto dispendioso dare la caccia a dei predoni.

Havard aveva già dato disposizione alle sentinelle di avvisarlo nel caso in cui degli stranieri raggiungessero villaggio, ma quando il sole scomparve oltre l’orizzonte, nessun predone si era ancora fatto vivo. Non che questo potesse stupire il figlio di Hel.

Il giorno seguente la pazienza del pallido venne ricompensata e i predoni apparvero in lontananza. Non c’erano solo i guerrieri: la tribù aveva smontato il campo e ora si stava avvicinando al villaggio di Bakhmiŝ. I locali non erano contenti di questo – i predoni erano pur sempre predoni – ma Havard era pronto a gestire la situazione in prima persona.

Il figlio di Hel si diresse verso i nuovi arrivati insieme a Morzû e a un manipolo di altri guerrieri. Subito alcuni predoni andarono loro incontro, guidati dall’oni del giorno prima.

«Mi fa piacere rivedervi» li accolse il pallido. «Immagino abbiate riflettuto sulla mia proposta.»

Il capotribù annuì. «Abbiamo discusso a lungo, sì, e come ho detto ieri, quello che ci chiedi va contro le nostre tradizioni.» Serrò i pugni. «Purtroppo però non posso negare che le cose non vanno più come un tempo. I guerrieri del Clero sono sempre più potenti, e devo pensare al bene della mia gente.»

Havard lo fissò con intensità. «Devo dedurre che siete pronti a cavalcare per me? Che siete pronti ad abbracciare il progresso e lasciarvi alle spalle le razzie?»

«Abbiamo delle condizioni» precisò l’oni. «Primo: non smetteremo di essere nomadi, e vogliamo essere liberi di scegliere quando e dove spostarci. Secondo: dovrete procurarci quello che ci serve e che non possiamo produrre noi stessi.»

«E dovremmo darvelo noi?!» imprecò Morzû, furioso per quell’ultima richiesta. «Quale sarebbe la differenza dalle razzie?!»

«Come potete prometterci il progresso se non siete disposti a darci quello di cui abbiamo bisogno per sopravvivere?» sottolineò il predone, chiaramente infastidito dalla veemenza del verde.

«Non intendo pagare tributi a questi ladri e bugiardi!» sentenziò il capovillaggio rivolto ad Havard.

Il figlio di Hel batté il bastone sul terreno.

«Far parte di un regno vuol dire collaborare per costruire un futuro migliore. Non potete limitarvi a chiedere: dovete anche offrire qualcosa in cambio. Io vi offro il progresso, e in cambio chiedo la vostra lealtà. Morzû, voi riceverete nuove risorse da altri villaggi, ma in cambio dovete offrire quelle che siete in grado di produrre. E voi nomadi, avrete ciò che vi serve per vivere senza bisogno di rubare, ma in cambio dovrete trasportare merci tra i centri abitati.»

Guardò i due capi con intensità.

«Gli dei e il Clero ci hanno abituato a un mondo immobile, dove ognuno pensa solo a sé stesso o al massimo alla sua comunità. Io vi offro la possibilità di vivere meglio dei vostri padri, e per i vostri figli di vivere meglio di voi. Ma il progresso non è qualcosa che potete ottenere da soli: dovete collaborare se volete raggiungere dei risultati! Lavorate per gli altri, e gli altri lavoreranno per voi.»

Di nuovo rimase in silenzio un momento per lasciare che le sue parole facessero presa sui presenti.

«Guiderò il mondo verso una nuova era di prosperità e progresso. Voi siete entrambi ottimi leader, per questo vorrei il vostro aiuto per realizzarla. Ma se non vi interessa, troverò qualcun altro disposto a seguirmi. E, se necessario, anche a guidare le vostre comunità.»

Morzû e l’oni si scambiarono occhiatacce piene di disprezzo e diffidenza.

«Non pagheremo tributi a questi ladri» ribadì il verde.

«E noi non rinunceremo alla nostra libertà per servire questa feccia» rilanciò il rosso.

Il pallido serrò la presa sul suo bastone. Sapeva che sarebbe stato difficile costruire il suo regno, per questo si sforzò di placare la rabbia mentre si apprestava a prendere la sua decisione: era meglio rinunciare a una delle due fazioni o costringerle a collaborare? O forse doveva liberarsi dei due leader per nominare qualcuno più malleabile?

Una cosa era certa: presto o tardi avrebbe dovuto convivere con le conseguenze di quella scelta.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Per il primo capitolo dell’anno nuovo, vediamo Havard deciso ad annettere i predoni al suo regno. Di certo le capacità dei nomadi gli farebbero comodo, ma ovviamente questo non va a genio a Morzû.

Far convivere due gruppi così diversi e in disaccordo potrebbe rivelarsi molto problematico, ma il pallido non è uno che si tira indietro. Del resto se il tuo obiettivo è creare un regno dal nulla, mettere d’accordo qualche centinaio di persone è solo un riscaldamento.

Grazie a tutti per aver letto e a presto ^.^


Segui Project Crossover: facebook, twitter, feed RSS e newsletter!





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4008448