sebastian
Sebastian si liberò con facilità
dalle manette che gli stringevano i polsi. Il metallo cedette come
paglia secca sotto la lieve pressione esercitata dalle sue braccia.
Sospirò di sollievo davanti alla prospettiva di poter smettere i
panni del prigioniero e sfondò con un calcio lo sportello della
vettura di Scotland Yard dove gli agenti li avevano rinchiusi per
prenderli in custodia.
Provocare quel deragliamento per
consentirgli la fuga era stato un gioco da ragazzi. Non aveva
ricevuto alcun ordine diretto dal suo padrone, ma quest'ultimo era
ancora troppo scosso per pensare lucidamente e, ad ogni modo, il
maggiordomo dubitava che farsi portare in centrale per rispondere a
tutte le false accuse che gli erano piovute addosso rientrasse tra i
desideri del conte. E così aveva agito di sua iniziativa.
Bravat e il padroncino giacevano sul
lato del veicolo rovesciato, privi di sensi. Sebastian si affrettò a
trascinare il ragazzo fuori dalla carcassa di legno e ferro, non
prima di essersi accertato che stesse bene. Il colpo doveva averlo
tramortito temporaneamente, ma non si era ferito e pareva non esserci
alcuna ragione di temere per la sua salute. Molte ragioni c'erano
invece per preoccuparsi dei loro inseguitori. Dovevano sfruttare
quell'occasione e andarsene al più presto.
Sollevò il padroncino tra le braccia e
gettò uno sguardo vago all'ultimo occupante della vettura. Bravat
respirava e non sembrava aver subito gravi danni, a parte forse uno o
due bernoccoli. D'altro canto, la sua presenza non sarebbe stata di
alcuna utilità e loro non potevano permettersi di sobbarcarsi un
peso che avrebbe rischiato di rallentarli... o tradirli. Il demone
decise dunque di lasciarlo semplicemente ai bravi uomini della Yard,
a magra compensazione della loro fuga.
Diede le spalle al carro della polizia
e s'incamminò nel ventre oscuro della foresta, inghiottito dalle
tenebre alle quali apparteneva per sua stessa natura.
Sebastian viaggiava a passo svelto da
circa un'ora. Il passaggio della sua sagoma nera tagliava la foschia
notturna e lattiginosa del sottobosco mentre gli squarci di cielo
visibili tra le chiome degli alberi iniziavano a rischiararsi di un
tenue madreperla, annunciando l'arrivo dell'alba.
Il padroncino non si era ancora
svegliato ma il suo respiro era calmo e regolare contro il suo petto,
inoltre il demone immaginava che recuperare un po' di sonno arretrato
non avrebbe potuto che giovargli. Gli ultimi sviluppi del caso
riguardante la Sphere Music Hall l'avevano impegnato a 360 gradi,
privandolo della possibilità di riposarsi a dovere, per non parlare
delle surreali circostanze che li avevano portati ad essere arrestati
dalle autorità alle quali avevano sempre funto da preziosi alleati.
Il mondo si era tutto a un tratto
capovolto. Le leggi stesse della Vita e della Morte erano state
sovvertite e il bambino sfortunato che quella notte di tre anni prima
era stato sacrificato perché Sebastian potesse manifestarsi in
quella dimensione, aveva fatto ritorno per occupare il posto che gli
spettava di diritto e spodestare il fratellino usurpatore.
Il suo giovane padrone era un abile
stratega e un eccellente giocatore di scacchi, ma non avrebbe mai
potuto prevedere la mossa che il destino aveva tenuto in serbo per
lui.
In tutta onestà, neppure Sebastian
stesso si sarebbe mai aspettato che il gemello del signorino, il vero
Ciel Phantomhive, sarebbe tornato per reclamare ciò che il fratello
minore gli aveva sottratto, a cominciare dalla sua identità e dal
suo nome, insieme naturalmente al titolo di Conte nonché erede della
casata.
Tale possibilità non aveva mai neppure
sfiorato la loro mente, poiché entrambi avevano assistito con i
propri occhi alla cruenta dipartita del ragazzino. L'ultima volta che
avevano posato lo sguardo su quel corpicino martoriato, esso era
avvolto dalle alte fiamme evocate dal demone dopo che il padroncino
gli aveva impartito l'ordine di ridurre in cenere ogni cosa, compresa
qualsiasi traccia potesse ricondurre allo scambio con il gemello e
svelare l'inganno. Ciò comprendeva, ovviamente e soprattutto, le
spoglie mortali di Ciel.
E ora, contro ogni previsione, il
maggiore dei fratelli Phantomhive era riemerso dalla tomba, deciso a
disfarsi dell'operato dell'impostore e a riprendere nelle proprie
mani il futuro della casata.
Tutto ciò sarebbe stato irrealizzabile
senza l'intromissione di un essere sovrannaturale dalle abilità non
comuni perfino tra gli appartenenti a quella categoria.
Sebastian corrugò la fronte,
pensieroso.
L'intervento del tutto imprevisto di
Undertaker e i suoi considerevoli sforzi per sottrarre alla morte
Lord Ciel gli apparivano tuttora senza senso. A cosa mirava l'ex
Shinigami? Quali schemi stava perseguendo? Cosa lo collegava alla
famiglia Phantomhive?
Il legame con il casato del signorino
doveva risalire a molti anni prima, considerando che uno dei suoi
medaglioni commemorativi conteneva una ciocca di capelli della nonna
paterna dei gemelli.
C'era poi quella criptica dichiarazione
che il Mietitore si era lasciato sfuggire a motivazione per il suo
gesto: “Non potevo sopportare di perdere un altro Phantomhive”.
No, i fini
dell'agire di Undertaker rimanevano imperscrutabili perfino a lui. Se
l'obiettivo di Lord Ciel era chiaro come il sole di mezzogiorno, le
motivazioni di Undertaker gli sfuggivano inesorabilmente,
inafferrabili. Celate e inconoscibili come il lato oscuro della luna
arcuata che stava tramontando sopra di loro. D'altra parte, egli era
stato così furbo e accorto da riuscire a mantenere segreta la
propria natura non umana per tutto quel tempo. Inoltre, nei loro
scontri precedenti a bordo della Campania e al Weston College aveva
dato prova di possedere anche ottime doti di combattente: che fosse
un nemico da non sottovalutare e dal quale guardarsi con attenzione
era un fatto ormai assodato.
Ciel Phantomhive e
Undertaker. Il Conte spodestato dal fratellino e lo Shinigami
reietto.
Entrambi si stavano
servendo l'uno dell'altro per perseguire fini diversi ma
complementari. Un'alleanza di comodo per le due parti; un agire in
sintonia, quasi in simbiosi, sfruttandosi a vicenda per spazzare via
qualunque ostacolo si fosse parato sul cammino verso la vittoria del
gioco. Un tipo di legame che Sebastian conosceva fin troppo bene e
che rendeva quell'improbabile coppia particolarmente pericolosa.
In fondo, osservare
Undertaker e Lord Ciel non era poi così diverso dal guardare se
stesso e il padroncino in uno specchio leggermente distorto.
Solo il futuro
avrebbe risposto alle loro domande e sbrogliato i dubbi. Per il
momento, avevano solo la certezza di trovarsi di fronte alla sfida
più ostica mai presentatasi da quando il loro sodalizio era
cominciato. Avrebbero dovuto avanzare con cautela, una casella dopo
l'altra, vagliando attentamente le loro mosse successive.
Una cosa per
volta. Si disse Sebastian, pragmatico. Almeno per ora, la
priorità era nascondersi dalla polizia e trovare un luogo sicuro in
cui riparare per riflettere con calma sul da farsi.
A quel punto, non si trattava più di
una normale partita. Le regole erano cambiate. La scacchiera era
stata rovesciata e nessuna delle loro strategie si sarebbe rivelata
efficace contro quei nuovi avversari.
Avrebbero dovuto escogitare qualcosa di
inedito.
Il sole nascente si stava facendo largo
tra gli alberi, ora più radi.
Sebastian uscì dall'intrico di rami e
foglie per ritrovarsi su un sentiero della quieta campagna inglese.
Confidando di essere riuscito a far perdere le loro tracce ormai da
tempo, il demone si arrischiò a proseguire il cammino lungo la
stradina deserta e fangosa, punteggiata di pozzanghere.
Una nebbiolina sottile confondeva le
sagome tutt'intorno, adornando con un velo di mistero l'alba
incipiente.
A un tratto, il demone udì lo
sferragliare di un calesse in avvicinamento alle proprie spalle. Il
mezzo avanzava a velocità sostenuta, come se fosse stato condotto da
qualcuno animato da una gran fretta.
Sebastian si appiattì un poco contro
il fogliame per non dare nell'occhio e attendere il passaggio del
carretto, ma questo rallentò e infine arrestò la sua corsa proprio
di fronte a lui.
- Hey, voi due. - fece il conducente,
stringendo una sigaretta accesa tra i denti. Sebastian riconobbe la
voce dell'uomo e subito si rilassò, distendendo le labbra in un
sorriso soddisfatto.
- Come d'accordo, siamo qui per
ricevere la nostra paga. -
La coperta che celava il carico del
carro si sollevò, lasciando emergere le figure di Finny, Mey Rin e
Snake. Bard, seduto al posto di guida, reclinò la tesa del berretto
calcato sulla testa bionda e fece balenare un sorriso fiero alla
volta del maggiordomo, quasi a volerlo sfidare. Pensavi davvero
che ce ne saremmo rimasti con le mani in mano senza far nulla?
- Credevo di avervi detto di aspettare.
- sospirò Sebastian, fingendosi esasperato dal loro comportamento. -
Vedo che diventate solerti e puntuali solo quando si tratta di
intascarvi del denaro. Cielo, che servi venali! - aggiunse con un
sorrisetto divertito.
Passò in rassegna i volti dei quattro
servitori, scrutandoli intensamente: i loro sguardi accesi
esprimevano una determinazione e una combattività che lasciavano ben
sperare. Una naturale propensione alla violenza e
all'autoconservazione maturata dalle loro esperienze passate si univa
alla sincera devozione nei confronti del padroncino che, in un modo o
nell'altro, li aveva salvati da un misero destino offrendo loro una
casa e una ragione di vita: due qualità che avrebbero giocato un
ruolo decisivo a loro favore.
Il demone sogghignò con rinnovata
fiducia. Forse, dopotutto, avevano a disposizione le pedine giuste
per poter affrontare il loro avversario. Anche su una scacchiera
rovesciata.
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