Pourquoi est-ce qu'on se déguise?

di Dorabella27
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III – CHE FARE ?
 
Oscar
Quando esco dagli appartamenti reali, mi sento addolorata, infuriata, e soprattutto in colpa : tremendamente  in colpa.
 
Se solo fossi stata più vicina alla mia Regina, non si sarebbe sentita tanto sola da doversi legare, così strettamente e in un tempo così breve, alla contessa di Polignac. E questa è tutta colpa mia, in fondo: il mese di sospensione dal servizio che mi è stato inflitto come punizione non avrebbe avuto ragione di essere, se solo avessi dominato la mia impulsività e non avessi provocato il duca di Germaine sino a venire sfidata a duello .. .E una volta che ciò è accaduto, era impossibile non accettare la sfida. Avrei dovuto contenermi, trattenere le parole.
 
Ma era possibile, davvero, lasciare impunito un essere tanto spregevole?
 
Il mio compito, però, è da sempre stato quello di difendere la mia Regina, di non lasciarla mai, di non abbandonarla: avrei dovuto ingoiare le offese del duca, forse, pur di non mettere la mia Regina nella situazione di sperimentare il vuoto attorno a sé?
 
Avevo dunque fallito, venendo meno, per orgoglio, al mio giuramento di fedeltà.
 
Rientro nel mio ufficio di comandante, mi siedo alla mia scrivania di legno di rosa intarsiato, e convoco André, insieme con Girodelle. Anche lui conviene che le perdite della regina alla roulette si ripetono con una disarmante regolarità; e che sarebbe opportuno indagare sul croupier che presiede sempre le partite alla roulette della Regina: un italiano, un certo Alfonso, che si può ritrovare spesso al Casinò di Parigi, ma che presta la sua opera anche in partite disputate in certi circoli privati, frequentati da nobili e ricchi borghesi in cerca di emozioni forti.
 
Alzo gli occhi su Girodelle, senza dire nulla, ma credo che il mio sguardo sia molto eloquente : ne sa davvero parecchio, di quel che accade al Casinò, e non solo.
 
Girodelle deve avere colto la portata del mio sguardo : per un attimo mi fissa con i suoi occhi chiari, tanto perspicaci da sembrare spesso vacui ; poi, sceglie di non dire nulla, ma, continuando a elaborare la linea d’azione cui attenerci, propone di andare direttamente al Casinò di Parigi, per capire che genere di personaggi ruoti intorno alla contessa di Polignac, e per cercare di strappare un invito in uno dei circoli privati.
 
"Ottima idea, Girodelle".
 
"Ma...", obietta il mio secondo.
 
"Ma che cosa?", lo incalzo, seccata da quella contrarietà che sembra profilarsi all'orizzonte.
 
"Madamigella Oscar, inizia a spiegare Girodelle, con la sua voce pacata e suadente, "non credo che a corte vedrebbero di buon occhio il Comandante delle Guardie Reali, se mettesse piede al Casinò, e sarebbe ancora peggio se veniste vista in uno dei circoli privati dove il gioco, e le perdite, possono diventare veramente ... imponenti ». Girodelle si interrompe (per prendere fiato ? Oppure per sondare le mie reazioni ?). Certo parla come se conoscesse con precisione ciò di cui sta parlando.
 
Che sia un frequentatore abituale delle case da gioco?
 
I nostri occhi si incrociano per un attimo, poi Girodelle abbassa lo sguardo, e continua: "La carica di Comandante implica un certo ... distacco, una certa superiorità rispetto alle passioni che dilaniano la massa dei nobili, Madamigella Oscar, e credo che anche la vostra proverbiale sobrietà, così nota a Corte, contribuirebbe a creare un clima di sospetto attorno alla vostra presenza al Casinò. Mentre invece, il vostro sottoposto potrebbe avere maggiore libertà di movimento".
 
Fisso Girodelle, ormai apertamente stupita, e nemmeno André riesce a evitare di sgranare gli occhi. "Voi?!", chiedo.
 
"Sì, io, Madamigella Oscar", risponde, imperturbabile, Girodelle. "Ho frequentato anche in altre occasioni il Casinò di Parigi, in altri tempi" (quest'ultima precisazione sembra una aggiunta speciosa, appiccicata in extremis a mo' di giustificazione, annoto mentalmente); "e non desterei alcun sospetto: è in fondo normale che il sottoposto di un ufficiale di grande rigore cerchi a volte distensione lontano in luoghi in cui il suo superiore non metterebbe mai piede", afferma con un sorriso.
 
"E così", aggiunge, "potrei rendermi conto di che pasta sia questo Alfonso, che pare diventato il braccio destro della Polignac nelle sue partite notturne a Versailles".

"Ma anch'io voglio rendermi conto di che cosa accade al Casino e di quali mire animino la contessa di Polignac!", obietto. E non aggiungo che non intendo mai più abdicare dal mio compito di essere direttamente coinvolta in tutto quello che riguarda la sicurezza e il buon nome della Regina.
 
"Madamigella, temo che questo sia proprio impossibile. Riflettete : se vi vedessero, tutti i giocatori, i croupier e il personale, come reagirebbero, sapendo di dover giocare d'azzardo - e forse anche barare - sotto gli occhi del più severo ufficiale fedele alla Corona?

Girodelle è persuasivo e il suo ragionamento fila perfettamente, ma non posso accettare di venire messa da parte, solo perché sono notoriamente una persona corretta e rispettosa delle norme e delle leggi volute dal nostro Re.
 
"Allora verrò anche io, rendendomi irriconoscibile!", mi esce d'impulso di bocca.
 
"E come, Oscar?!", interviene scettico André, fulminato da uno sguardo affillato di Girodelle, certo incredulo che un attendente, il mio attendente, si permetta certe libertà. "Sei una delle figure più popolari e note a Versailles, non dimenticarlo".
 
"Non se mi vestirò con abiti femminili!", mi sfugge. E subito dopo mi mordo la lingua: mio Dio, che enormità ho detto?! Anni fa, quando Maria Antonietta, ancora Delfina, era prossima a giungere in Francia, rifiutai sdegnosamente di indossare, per meglio proteggerla dalla congiura che si stava ordendo contro di lei, un orripilante abito da donna, tutto trine, pizzi e nastri, la quintessenza della leziosità, che mio padre mi voleva imporre.
E ora, ora lo propongo io stessa?
 
"Ma che stai dicendo, Oscar? Tu, vestita da donna?", chiede, incredulo, André, con una mezza risata che trovo sottilmente, e inesplicabilmente irritante.
 
"Che ottima idea!", esclama in contemporanea Girodelle, scoccandomi una strana occhiata in tralice, da sotto le lunghe ciglia : se le farà piegare tutte le mattine dal suo barbiere, per ottenere quell’effetto straordinariamente ricurvo ? mi chiedo, all’improvviso, osservandogli gli occhi per la prima volta, e trovandoli stranamente simili a quelli delle bambole di mia sorella Hortense.
 
Ma devo ora tornare al nostro discorso, e alla proposta, veramente pazza, che ho appena pronunciato : ora che quella enormità mi è sfuggita dalla chiostra dei denti, vorrei richiamarla indietro. Io con un abito femminile? Mi sento tremare e mancare al solo pensiero. Ma non posso rimangiarmi quanto ho appena proposto. E non posso certo lasciare che sia solo Girodelle a indagare sulla contessa di Polignac.
 
Perfeziono il mio piano con Girodelle e André, anzi, solo con Girodelle, perché André è stato colto da un insolito mutismo e resta appoggiato al muro, vicino alla porta, le braccia conserte, come estraniatosi da tutti i discorsi successivi fra me e Girodelle.
 
Se non conoscessi André meglio di me stessa, direi che sembra quasi offeso, e tale resta, corrucciato e silenzioso, per tutto il percorso verso casa.
Ma che gli succede?
 
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Ed ecco qui un titolo che farebbe piacere al signor Vladimir. Per il resto,  ve l’ho detto, no?-, che trattasi, almeno all’inizio, di feuilleton. E allora, lasciamoci un poco andare alle convenzioni del genere letterario (azione, emozioni forti, salvataggi in extremis, travestimenti), e facciamo anticipare a Oscar, ma per ben altri motivi (senso di colpa ? Senso del dovere ? Orgogliosa volontà di non dipendere da Girodelle in questa indagine ?) una decisione per lei epocale. Faites-moi confiance, so dove voglio andare a parare. A presto !




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