Splende un sole
perenne nel
lontanissimo Porto d’Estate, una luce calda e vitale che si
staglia
nel cielo azzurro e cristallino. Una nave, una delle rare che
giungevano da oltre l’Oceano stava ora attraccata al molo:
prima e
unica tappa intermedia prima di ripartire il giorno successivo alla
volta della Baia della Città dell’Immaginazione.
D’altra
parte nessuno in genere giungeva lì per restare: pochissimi
fortunati arrivavano via terra, qualcuno dal mare, ma in genere se
passavi per il Porto d’Estate significava che la tua meta era
un’altra, o che ti eri spinto troppo lontano e potevi tornare
indietro. I pochissimi autoctoni erano cordiali, dal cuore sempre
aperto: accogliere chi viene, lasciare andare chi se ne va.
La
ragazzina dai capelli scuri, che era sulla nave, girovagava per le
strade deserte e silenziose nel primo pomeriggio. La danza del vento
fresco mescolava circonvoluzioni di profumi provenienti dalle
abitazioni con il sentore penetrante dei pini marittimi e lei
continuando a camminare giunse infine sulla spiaggia, lontano dal
molo.
Scorse
sulla riva una piccola locanda coperta da palme: lì
nell’ombra
gruppi delle più varie persone stavano a sorseggiare da
recipienti
colorati di varie forme.
Incuriosita
si avvicinò, e mentre i più la ignoravano, venne
notata subito da
un uomo che sedeva in disparte con una donna in un angolo, quello
più
esterno del porticato.
“Buongiorno
ragazzina”, la apostrofò lui con un sorriso
gentile, “che ci fai
da queste parti?”.
A
ben guardarlo l’interpellata si accorse che era il
più strano di
tutti. Non riusciva a capire di dove fosse: portava al collo una
kefiah come gli abitanti del deserto, aveva una camicia chiara e
stivali da marinaio, eppure i pantaloni stretti e pratici erano color
bosco e sulla sedia stava un grosso mantello, come se avesse
viaggiato per le montagne.
Portava
qualche anello e al braccio un fazzoletto colorato, il volto era
abbronzato e gli occhi scuri, attenti e vigili nascondevano molto
più
della serenità che ora lasciavano trasparire.
La
donna al suo fianco era invece decisamente più vecchia,
anche se i
suoi lineamenti suggerivano che in passato doveva essere stata molto
bella. Quelli che colpivano erano però i suoi occhi: verde
scuro,
profondi ed estremamente svegli, dovevano averne viste parecchie.
Già
che aveva interrotto la conversazione la ragazzina rispose:
“Abbiamo
fatto una sosta con la nave prima di ripartire per la Città
dell’Immaginazione, così passeggiavo e sono
arrivata qui”.
“Dimmi”,
riprese l’uomo “ti piace qui?”.
“Sì,
mi piace” rispose lei dopo averci pensato un po’
“anche se è
un posto strano. Dicono che non si ferma mai nessuno, e che ci sono
soltanto viaggiatori come voi. Tu per esempio da dove vieni?”
L’uomo
e la donna si guardarono per una frazione di secondo, poi lui disse
sorridendo sotto i baffi “vuoi conoscere la mia
storia?”.
“Sì,
per favore!” Disse lei con gli occhi brillanti di
curiosità.
Lui
prese un bicchiere e ci versò dentro una bevanda fumante,
poi glielo
porse. Era caldo e aveva un gusto forte, ma dissetante. “Toh,
beviti un po’ di questo mentre ti racconto”.
Il
mare cantava, il profumo del salso che sapeva di complicità
si
mescolava frizzante all’aroma della sabbia calda bruciata dal
sole.
Gli occhi fissi sull’orizzonte, l’uomo
cominciò a raccontare.
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