Only need the light when its burning low
Titolo:
Only need the light when its burning low
Titolo del capitolo: Past
tasted bitter for years
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons, Batman
Tipologia: Long
Fiction
Capitolo uno: 2874
parole fiumidiparole
Personaggi: Damian Wayne,
Jonathan Samuel Kent, Bruce Wayne, Tim Drake,
Dick Grayson, Jason Todd, Talia Al Ghul, Alfred Pennyworth, Barbara
Gordon, Stephanie Brown, Cassandra Cain, Vari ed eventuali
Rating:
Giallo
Genere: Angst and
Hurt/Comfort, Emotional Hurt/Comfort, Smut, Avventura
Avvertimenti: Descrizioni
di violenza, Slash
SUPER
SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.
«Sta
meglio?»
La testa di Damian fece timidamente
capolino nella
stanza in cui si trovava Bruce, seduto accanto al letto che ospitava
Talia.
Era arrivata alla villa giorni prima,
ferita e
completamente coperta di sangue, ed era riuscita a sussurrare solo
qualche parola scomposta prima di crollare tra le braccia di Bruce, il
quale le era corso in contro non appena la donna aveva messo piede
nella batcaverna. Issandola con attenzione e tenendola contro di
sé, aveva chiamato immediatamente Alfred per far
sì che
si occupasse di lei, portandola lui stesso verso l’area
medica
per adagiarla in fretta sul lettino. Il fatto che fosse riuscita a
spingersi fin lì era un vero e proprio miracolo. Aveva
riportato
ferita così profonde che persino Alfred aveva faticato a
suturarle, dovendo persino farle una trasfusione.
Talia era stata portata di sopra solo
una volta che
le sue condizioni sembravano essersi stabilizzate, per quanto Alfred
avesse ritenuto opportuno collegarla a dei monitor cardiaci per
assicurarsi di controllarla costantemente. Nonostante il volto
tumefatto, il labbro inferiore spaccato e parecchi tagli che le
deturpavano il viso, la sua espressione era apparsa tranquilla, e si
erano fidati abbastanza da trasferirla in un luogo più
accogliente quando lei stessa, con un fil di voce, aveva espresso quel
desiderio. L’avevano realizzato solo perché si
erano
tranquillizzati, ma Bruce aveva comunque sentito una strana rabbia
impossessarsi delle sue membra.
Per quanto avessero avuto i loro
diverbi, Bruce
aveva digrignato i denti e piegato una sbarra alla vista del corpo
ferito di Talia. Le dita della mano destra erano state tutte spezzate e
Alfred aveva dovuto steccarle una per una prima di occuparsi del polso,
rotto in più punti e fratturato; aveva dovuto operarla per
impiantare una piastra d’acciaio e, una volta suturata,
l’aveva fasciata stretta, passando in rassegna il resto delle
ferite. Svariati colpi da taglio le avevano deturpato braccia e gambe,
e la ferita al fianco aveva quasi rischiato di andare in suppurazione;
il taglio all’altezza del seno era stato casuale ma, nel
vedere i
lividi, Bruce aveva richiesto ad Alfred un check up completo e aveva
aspettato la risposta con il viso fra le mani. Il riscontro era stato
negativo, ma ciò non lo aveva ugualmente rassicurato:
chiunque
fosse riuscito a fare una cosa del genere a Talia Al Ghul non era di
certo da prendere sotto gamba. Ma, cosa più importante,
aveva
risvegliato in lui un senso di protezione nei confronti della donna che
pensava fosse sopito per sempre.
Tenere a bada gli istinti era stato
difficile, ma
ancor più lo era stato trattenere Damian quando era tornato
dalla ronda con Jon. Aveva fermato la moto al centro della piattaforma
e aveva cominciato a blaterare riguardo a degli stupidi trafficanti
mentre si avvicinava e si sfilava la maschera di Redbird, sgranando gli
occhi non appena aveva visto la madre in quelle condizioni; aveva
gettato con forza il casco sul pavimento ed era corso verso il lettino
urlando il nome di sua madre, giurando vendetta verso chiunque fosse
stato nel prendere la mano sana di Talia tra le proprie.
Quando aveva minacciato di voler uscire
e di voler
andare a “strappare le palle a quello stronzo per fargliele
ingoiare” – Bruce biasimava molto
l’influenza di
Jason -, Alfred era stato purtroppo costretto a sedarlo, visto che
persino Bruce aveva faticato non poco a tenerlo. Bloccare un ragazzino
era sempre stato pressoché facile, impedire ad un
diciannovenne
di novantasei chili di pura massa muscolare – per di
più
in preda ad una furia che avrebbero osato chiamare omicida –
di
uscire per cercare il bastardo che aveva ridotto in quel modo la madre,
era stato un altro paio di maniche.
Erano passati due giorni prima che si
sentissero
sicuri di farlo avvicinare a Talia, motivo per cui adesso Damian aveva
timidamente mostrato la propria presenza, restando sulla soglia mentre
si torceva le mani. Ma non riuscivano a biasimarlo per la sua reazione.
Nonostante tutto ciò che Talia gli aveva fatto, nonostante
avesse ordinato di ucciderlo e in seguito non fosse stata esattamente
una figura amorevole, restava pur sempre sua madre.
Bruce si prese dunque un momento e
sospirò,
invitando il giovane ad entrare anziché restare alla porta.
Vedeva ancora la rigidità delle sue spalle, ma almeno la
rabbia
sembrava essere scemata in parte. «È riuscita a
mangiare
qualcosa prima di riaddormentarsi», lo informò,
sentendo
il piccolo sospiro di sollievo che sfuggì dalle labbra di
Damian.
«Sei… sei riuscito
a farti dire cos’è successo?»
Bruce scosse il capo. «No. Non voglio ancora stressarla
più del necessario. Alfred dice che ha bisogno di
riposo».
Nel dirlo, abbassò lo sguardo sul viso della donna,
scostandole
qualche lunga ciocca di capelli dal viso. «E io glielo avrei
dato
in ogni caso. Non ho mai…» si prese un momento per
umettarsi le labbra, sfiorando un angolo della bocca di Talia.
«Non ho mai visto tua madre in queste condizioni. Chiunque
sia
stato, dovrà vedersela con me».
«No. Quel bastardo
è mio». Il
ringhio che scaturì dalla sua gola e la voce gutturale con
cui
Damian proferì quelle parole furono quasi capaci di far
rabbrividire Bruce, tanto che si girò a guardarlo con
un’espressione indecifrabile.
«Damian», lo
richiamò, in
particolar modo nel vedere il guizzo che corse furtivamente nei suoi
occhi verdi. «Respira, ragazzo».
Per quanto avesse digrignato i denti,
serrando la
mascella dura e squadrata, Damian dovette trarre un lungo respiro dal
naso, cercando di frenare il battito impazzito del proprio cuore.
«Giustizia, non vendetta», recitò come
un mantra, e
si passò ben presto entrambe le mani fra i corti capelli
neri.
«Ma… Dio, padre, desidero così
tanto…
così tanto…»
«Non credere che non ti
capisca»,
replicò Bruce, suonando per la prima volta molto
comprensivo.
Non voleva alimentare la furia del figlio, ma sarebbe stato ipocrita se
avesse nascosto anche a sé stesso che non aveva pensato di
fare
qualcosa contro il suo codice morale. «Ma tua madre in questo
momento ha bisogno che rimaniamo razionali. Dobbiamo starle accanto
finché non si rimetterà in sesto e, quando ci
avrà
raccontato quel che ricorda, ci metteremo a lavoro. Ho già
avviato una scansione di tutte le telecamere collegate al mainframe del
batcomputer; se troveremo qualcosa di significativo, avremo
già
un punto da cui iniziare». Con un sospiro, Bruce
allungò
entrambe le mani verso di lei e le rimboccò le coperte.
«Tua madre era a Gotham per un motivo. Qualunque cosa sia
successa, è sicuramente successa qui. Le sue ferite erano
troppo
gravi per essere state inferte altrove. Non sarebbe mai riuscita a
trascinarsi fino alla caverna».
«La mamma ha molti
nemici». La voce di
Damian sembrava distante e ovattata, come chiusa in una scatola.
«Adesso che è la Testa del Demone, chiunque
proverebbe ad
eliminarla pur di ottenere il potere. Se fossi stato al suo fianco,
forse…»
Bruce lo interruppe bruscamente.
«Ragazzo», lo richiamò categorico.
«Sei
sconvolto e non ragioni con lucidità, sai cosa
avrebbe
significato essere al fianco di tua madre».
«Sì…
sì, padre».
Damian trasse un lungo sospiro. «E so che non dovrei nemmeno
pensarci o avere compassione, dopo quello che mi ha fatto,
ma…
è mia madre. I legami di sangue sono più forti di
quanto
si creda».
A quel punto, Bruce gli
poggiò una mano su
una spalla. «È del tutto normale, Damian. Siamo
umani», replicò, stringendo un po’ la
presa prima di
battere il palmo della mano sul bicipide allenato. «Adesso
vai,
resto io con lei».
«Ma…»
«Vai. Ti chiamo se cambia
qualcosa. Promesso».
Seppur ancora incerto, dopo aver fatto
scorrere lo
sguardo sul padre e sul volto della madre, Damian annuì,
chinandosi verso la donna per sfiorarle la fronte con un bacio e
sussurrarle qualcosa in arabo, indugiando accanto al suo viso per un
lungo attimo; poi raddrizzò la schiena, rivolgendo un cenno
di
saluto col capo al padre prima di dargli le spalle e incamminarsi
fuori, richiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
Damian sembrava essere tornato
tranquillo, ma Bruce
ebbe la brutta sensazione che fosse solo la calma prima della tempesta.
***
Gotham era finalmente sprofondata nel
silenzio.
Allo scoccare delle tre e mezza del
mattino, con i
suoni della città ormai affievoliti da tempo e un
agglomerato di
nuvole che prometteva pioggia mattiniera, Redbird poté
prendersi
un attimo di riposo, lasciandosi cadere seduto sul bordo del tetto
della Wayne Tower. Era stata una lunga notte: si era fatto carico di
qualunque crimine che la sua trasmittente riusciva a captare, anche di
banali furtarelli che avrebbero dovuto interessare gli agenti del GCPD,
tutto per tenere la mente occupata in qualche modo. Ma, per quanto
fosse stato in parte utile, non era servito a smontare la rabbia che
gli ribolliva dentro.
Abbassò lo sguardo per
fissarsi le mani,
contemplando i palmi prima di guardare i dorsi. I guanti,
già
rossi di per sé, erano sporchi di sangue sulle nocche, e
ammetteva a sé stesso di esserci andato più
pesante del
dovuto mentre pestava quei criminali. Alcuni di loro li aveva lasciati
legati a testa in giù ad un palo, ed era certo che in quel
momento Gordon lì avesse ormai trovati e stesse scuotendo il
capo, tirando lunghe boccate dallaa sua sigaretta. Ormai sapeva che,
quando un pipistrello era arrabbiato, finiva sempre in quel modo. Su
quel punto lui e suo padre erano molto simili.
Mordendosi il labbro inferiore, e
pentendosene
subito dopo quando si ricordò che era spaccato, Redbird si
tolse
un guanto per valutare i danni. Stavano già cominciando a
formarsi dei lividi, ma erano un danno collaterale minore se pensava
che almeno non aveva staccato a nessuno la testa dal collo. Aveva
sentito qualche criminale parlare di un uomo che girava armato di
katana, e aveva interrogato chiunque per sapere cos’altro
avevano
sentito, o se qualcuno fosse riuscito a vederlo in faccia. Un uomo
munito di tali armi bianche era piuttosto raro a Gotham, ed era
comunque l’unica pista che aveva ottenuto. E se
l’assalitore di sua madre si fosse realmente rivelato
lui…
allora avrebbe pagato caro il suo affronto.
«Ho sentito che ti sei dato da
fare».
La voce di Jon lo riportò
parziamente alla
realtà, anche se dovette sbattere più volte le
palpebre
al di sotto della maschera prima di riuscire a mettere a fuoco la sua
figura. Reggeva un sacchetto di carta con il logo Bat-Burger, il
mantello svolazzante nella placida brezza serale che rinfrescava in
parte il viso accaldato.
«Se vogliamo metterla
così...»
disse semplicemente, e Jon sospirò, gettandogli una rapida
occhiata. Nonostante qualche ammaccatura e qualche livido, i criminali
con cui si era scontrato avevano decisamente avuto la peggio.
Ciò che lo preoccupava era il battito cardiaco di Damian,
che
appariva rapido e irregolare, quasi fosse in ansia. Ma poteva capirlo.
«Cosa ci fai qui?» chiese Damian, e lui
sollevò il
sacchetto.
«Ti ho... portato la
colazione?»
provò nel sorridere imbarazzato, ma l'occhiata che gli venne
rivolta, maschera o meno, gli fece roteare gli occhi. «Il
tuo...
battito cardiaco ha avuto un'impennata». Si
massaggiò
dietro al collo con la mano libera, un po' colpevole. «So che
è inquietante, che mi hai detto di non ascoltarlo in
continuazione e tutto il resto, ma...»
«No. Va bene. Avevo... avevo
bisogno di compagnia. E avevo decisamente fame».
Jon lo osservò per un lungo
momento, poi
rilassò le spalle. Il tono con cui Redbird aveva pronunciato
quelle parole era mesto, e lui stesso ammorbidì
l'espressione
che si era dipinta sul suo viso mentre si librava accanto a lui.
«Vegetariano per te, doppio bacon per me»,
canticchiò nel lasciarsi cadere seduto al suo fianco,
porgendone
uno al compagno che ringraziò sommessamente prima di
scartare
l'involucro del proprio panino.
Cominciarono a consumare il loro pasto
in silenzio,
incuranti del venticello freddo che aveva cominciato a soffiare sulla
città mentre l'alba colorava timidamente di rosa
l'orizzonte,
seduti l'uno accanto all'altro con mille domande che ronzavano nelle
loro teste come un'alveare di api al sole. Jon sentiva bene i muscoli
rigidi di Damian, il suo respiro pesante, il sangue che scorreva in
tutto il suo corpo e il tamburellare del suo cuore, adocchiandolo di
tanto in tanto solo per vederlo con lo sguardo perso sulla strada
lontana e sottostante. Erano anni che non lo vedeva cos chiuso in se
stesso, così distante nonostante fossero l'uno accanto
all'altro.
«...come sta tua
madre?» chiese infine,
un po' imbarazzato. Non avrebbe voluto alzare l'argomento, ma sapeva
quanto ciò che era successo tormentasse il compagno. E, per
quanto Talia Al Ghul avesse fatto molte scelte discutibili e avesse
cercato di uccidere anche sua madre Lois, restava pur sempre la madre
di Damian.
Non ci fu risposta, o almeno non subito,
prima che
Damian abbassasse quel che restava del proprio panino per abbandonarlo
sulle cosce, senza alzare lo sguardo. Si umettò le labbra e
tergiversò, quasi stesse cercando le parole adatte, poi si
concentrò verso uno stormo di falchi che si
innalzò
dall'edificio accanto. «Fuori pericolo», disse
solo, e Jon
sentì il sussulto che fece il suo cuore. «Alfred
ha curato
le sue ferite e le ha consigliato molto riposo. Entra ed esce dagli
stati di incoscienza, ma a quanto pare stasera è riuscita
almeno
a mangiare».
Scivolando al suo fianco, Jon
allungò un
braccio verso di lui e gli cinse le spalle sentendolo irrigidirsi sotto
al suo tocco, ma non si allontanò. «Se... se hai
bisogno...»
«Lo so». Damian gli
batté una mano sul bicipite allenato. «Ci sei
tu».
Tra loro cadde nuovamente il silenzio,
rotto solo da
un clacson che suonò in lontananza. La città
stava
cominciando a svegliarsi, e ben presto le strade avrebbero cominciato a
popolarsi delle prime persone che si dirigevano a lavoro.
«Sono un pessimo
figlio?» chiese Damian
di punto in bianco, e Jon gli gettò un'occhiata incredula.
«Cosa?»
Damian sospirò.
«Sono un pessimo
figlio?» ripeté, stringendosi nelle spalle.
«Mi sono
allontanato da mia madre e ho sempre ripetuto di non voler avere niente
a che fare con lei o la Lega, a volte ho persino pensato di combatterla
per intralciare i suoi piani. Adesso qualcuno l'ha quasi ridotta in fin
di vita, e io... io non...» si interruppe, ma solo
perché
Jon gli poggiò immediatamente un dito sulla bocca prima di
afferrarlo per le spalle, costringendolo a voltarsi verso di lui.
«Ehi, no. No. Non pensarci
nemmeno, D».
Damian si ostinava a guardare altrove, e lui dovette usare un
po’
della sua super forza per farlo voltare verso di sé quando
gli
afferrò delicatamente il mente. Incontrò il suo
sguardo,
per quanto fosse nascosto al di sotto della maschera. «Tua
madre
ha avuto innumerevoli volte la possibilità di stare al tuo
fianco, ma ha sempre preferito una Lega millenaria al suo stesso
figlio. Non puoi incolparti di quello che le è
accaduto».
«Ma…»
«…ma è
pur sempre tua madre e
capisco che tu ti senta responsabile», continuò
Jon senza
dargli tempo di parlare. «Lo
capisco.
Anch’io mi sentirei così se fosse mia madre. E
sappiamo
entrambi che stai pensando certe cose solo perché credi che
tutto debba pensarti sulle spalle». Gli avvolse le braccia
intorno ai fianchi, stringendolo contro di sé nonostante la
breve lamentela che Damian si lasciò sfuggire. «Ma
non
è così, tua madre è adulta e ha fatto
le sue
scelte, in quanto figlio devi solo trovare il bastardo che le ha fatto
questo e sbatterlo in prigione. Quindi piantala di fare il cazzone,
okay?»
Per attimi che parvero interminabili, si sentì solo il
respiro
infranto di Damian contro la spalla di Jon e i rumori della
città che si svegliava, i rombi delle auto, uno stormo
distante
di gabbiani e il martellante suono dei loro cuori. Poi, con una risata
simile ad un singulto, Damian batté una mano sulla schiena
di
Jon. «…hai imprecato»,
sussurrò nel cercare
di stemperare l’atmosfera lui stesso, e ci riuscì,
visto
che Jon ridacchiò.
«Visto cosa riesci a
fare?»
replicò, provando ancora una volta a sorridergli. Poi si
chinò, sfiorandogli a malapena le labbra con le proprie.
«Non pensare più queste cose, piuttosto hai
bisogno di
riposo. Vuoi uno strappo?»
Damian parve rifletterci un attimo, poi scosse brevemente il capo.
«Meglio che torni a casa anche tu. Dormi almeno
un’ora o
due, hai un esame», replicò, sentendo Jon
imprecare ancora
una volta, ma stavolta parve anche un po’ nervoso, tanto che
Damian roteò gli occhi. «Te n’eri
dimenticato», disse per lui con fare scettico, incontrando il
suo
sguardo colpevole.
«…se dicessi di
no?»
«Saresti un pessimo bugiardo,
J»,
rimbeccò nell’afferrarlo per il colletto della
tuta prima
di scansarlo e vederlo fluttuare oltre il bordo del tetto.
«Vola
a casa, ragazzone. Ci vediamo quando sei libero».
Anche se in un primo momento
indugiò, Jon gli
volò nuovamente accanto, rubandogli un altro piccolo bacio a
fior di labbra. «Per qualunque cosa… non esitare a
chiamarmi, D».
La voce dolce che usò fece
sorridere Damian
internamente, ma agitò una mano in risposta per non darlo a
vedere; si salutarono con un ultimo bacio e la promessa che si
sarebbero aggiornati presto su eventuali novità –
dall’esame di Jon alle condizioni di Talia -, e Redbird
restò ancora un po’ su quel tetto mentre vedeva
Superboy
sparire oltre l’orizzonte.
_Note inconcludenti dell'autrice
Allora.
Dopo aver tergiversato un po', visto che non ero sicurissima di voler
postare questa storia qui su EFP, alla fine lascio il primo capitolo
della storia più angst e hurt/comfort che sto scrivendo in
questo periodo. Non scrivevo roba così lunga dai tempi di
FullMetal Alchemist (sento qualcuno reclamare ancora il mio sangue per
una certa fic *tossicchia "Noi due senza un domani" e fugge via*),
quindi... boh, spero che possa interessare in qualche modo
Potrebbe rivelarsi molto forte nei capitoli successivi, dunque il
rating arancione mi sembra quello più consono per una cosa
del
genere
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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scrittori.
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