− Ti
amo... −
La
dolce voce della mia Oboro, velata di malinconia, giunge alle mie
orecchie.
Perché
il suo tono è così triste?
L'ignoranza
sulla sua sorte mi angoscia.
Qualche
istante dopo, la tenebra si dissolve e sollevo le palpebre.
Come
in un incubo, vedo il corpo della mia Oboro a terra.
Pur
di non colpirmi, ha deciso di togliersi la vita.
Resto
immobile, pietrificato dal dolore e dalla rabbia.
Ci
è stata tolta la possibilità di essere felici, per
colpa delle manipolazioni di Yakushiji Tenzen.
Scuoto
la testa. No, questa tragedia ha radici ben più antiche e
profonde.
Anche
lui, nonostante le sue crudeltà, è una vittima di
questa sventura.
E
deve concludersi qui.
Uno
scalpiccio di passi giunge alle mie orecchie, accompagnato da urla
belluine.
Attivo
la mia doujutsu. Sparite!
Mi
fa solo schifo la vostra presenza, miserabili!
Ben
presto, incatenati dal mio potere, si suicidano e il loro sangue
lorda il suolo.
Lancio
un breve sguardo a Okufu, poi mi avvicino a lei, ad Hattori Hanzo e a
suo figlio.
Prendo
l'elenco e torno da te, Oboro.
Stai
tranquilla, pochi secondi ci separano dal nostro ricongiungimento.
Mi
chino e ti stringo tra le braccia, amore mio.
Quasi
mi aspetto che i tuoi splendidi occhi violacei si riaprano e le tue
labbra rosee mi sorridano.
Ma
è un sogno folle, stupido.
Di
te, non resta che un corpo morto, dilaniato da un pugnale.
Estraggo
la lama dal tuo corpo e la getto a poca distanza. Questo ferro ha
offeso per troppo tempo le tue membra.
− Oboro...
− sussurro,
stringendoti tra le mie braccia. Non avresti dovuto prendere una
simile decisione!
Questi
istanti, lontani da te, per me sono un'agonia.
Forse,
posso farti un estremo omaggio, prima di seguirti.
Col
mio sangue, su quell'elenco, decreto la vittoria del tuo clan.
Poi,
lancio questo rotolo ad un falco messaggero.
− Il
clan Iga ha vinto... Porta questo al castello. −
dico.
Un
sorriso solleva le mie labbra. Tutto, finalmente, si è
concluso.
Finalmente,
sono libero da questi doveri insensati.
Mi
alzo in piedi, stringendo tra le braccia il tuo corpo, mia Oboro, e,
a passo lento, cadenzato, mi avvio verso il fiume.
Nelle
mie orecchie, echeggia lo scricchiolio dei miei sandali.
Questo
rumore accompagnerà il mio ultimo viaggio.
Entro
nell'acqua e lascio che il freddo salga fin quasi alla mia vita.
Per
alcuni istanti, mi fermo e lascio scorrere il mio sguardo sui tuoi
lineamenti cesellati.
Come
sei bella, Oboro.
Sorrido.
Sono a pochi passi da te, amore mio.
Presto,
nulla più ci separerà.
Prendo
la spada che ha posto termine alla tua vita e fisso il mio volto nel
metallo.
Questa
lama, che ho odiato, mi sarà d'aiuto.
Con
lentezza, la pianto nel mio petto.
Il
sangue, rapido, esonda, macchiando il mio kimono, e il mio corpo,
privo di energie, cade nel lago.
La
morte stende su di me il suo gelo e i miei occhi si chiudono.
Quasi
mi viene da ridere. I miei ultimi secondi di vita coincidono con la
suprema felicità.
Questa
inutile carneficina si è conclusa.
I
morti hanno la pace che meritano.
Davanti
a me, appari tu, nella tua sfolgorante bellezza, mia dolce Oboro.
I
tuoi occhi, lucidi d'amore, mi invitano a seguirti e le tue labbra si
schiudono in un sorriso appena accennato.
Senza
alcuna parola, mi stai invitando a passare oltre.
Io
non indugio più.
E,
finalmente, compio il mio ultimo passo verso di te.
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