A Legar,
che è sempre
stata
dalla mia
parte del muro.
Buon compleanno!
A mani nude
«Com’è possibile che
ancora dubiti?»
«Per la tua stessa
ragione.»
Non
era vero, e lo sapevano entrambi.
C’era un muro, con
pareti diverse dai due lati.
Un muro costruito nel
tempo, da scardinare a mani nude.
E c’erano dita
graffiate e unghie spezzate e nocche sbucciate a furia di bussare a una porta
che non esisteva.
Hermione lo aveva sempre saputo,
che alle spalle del muro che aveva eretto lei, lui ne aveva costruito uno
gemello.
Ruvido sotto i palmi, lo percorreva in una carezza stanca
ogni qualvolta provava il desiderio di sfiorare il viso di lui. Ne avvertiva la
consistenza scabra, granuli di disprezzo e rancore e vergogna. Erano stati
bambini molto diversi, poi adolescenti su fronti opposti di una guerra. Nemmeno
da adulti avevano imparato a dimenticarlo – nemmeno
amandosi avevano imparato ad abbattere il muro.
Draco lo aveva sempre saputo, che
alle spalle del muro che aveva eretto lui, lei ne aveva costruito uno gemello.
Liscio e senza crepe, lo percorreva in un contatto esitante
ogni qualvolta sperava di poter raggiungere il viso di lei. Ne ammirava la
superficie levigata, strati di vergogna e rancore e disprezzo. Si erano
insultati, combattuti, forse perfino odiati. Nemmeno quando avevano smesso
erano stati capaci di dimenticarlo – nemmeno
amandosi erano stati capaci di abbattere il muro.
«Com’è possibile che
ancora dubiti?», aveva chiesto Draco.
«Per la tua stessa
ragione», aveva risposto Hermione.
Poi
aveva sorriso, perché non era vero, e lo sapevano entrambi.
C’erano motivi
diversi, due pareti di uno stesso muro.
Un muro costruito nel
tempo, da scardinare a mani nude.
E
c’era il desiderio di farlo, di incontrarsi a metà strada, di intrecciare le
dita attraverso un buco scavato in quella parete, sangue e sudore a riempirne
le crepe.
«Com’è possibile che
ancora insisti?», aveva chiesto Draco.
«Per la tua stessa
ragione», aveva risposto Hermione.
Poi avevano sorriso
tutti e due, perché era vero, e lo sapevano entrambi.