Di tenebra e d'amore

di eddiefrancesco
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EPILOGO Parigi, estate 1897 Il salone era completamente immerso nel buio, le grandi finestre erano state oscurate con pesanti teli neri affinché neppure il minimo raggio di luce riuscisse a entrare. Gli ospiti avevano raggiunto il centro della sala seguendo una corda rivestita di velluto e bisbigliavano sommessamente l'una all'altra la propria perplessità sul modo eccentrico in cui veniva gestito l'evento. Poi, all'improvviso, si udì una specie di detonazione che fece trasalire le signore. Una nuvola di fumo si alzò e si disperse nella stanza mentre una prima luce si accendeva illuminando il volto levigato e lucente di un angelo che lottava per liberare le proprie ali dal marmo in cui era imprigionato. «La lotta per la libertà» dichiarò una voce maschile e profonda che sembrava provenire da sopra le teste degli astanti. Il corpo dell'angelo era perfettamente scolpito, talmente liscio da sembrare vellutato, mentre le ali lo erano solo in parte, fuse con il blocco di marmo che ancora sembrava imprigionarle. Il volto dell'angelo non poteva definirsi né maschile né femminile, tuttavia i lineamenti, il labbro imbronciato, la fronte corrugata per lo sforzo erano realistici come quelli di un bambino sul punto di fare un capriccio. Mentre il pubblico estasiato si perdeva nella contemplazione dell'angelo, dimentico dell'oscurità da cui continuava a essere avvolto, si sentì un altro assordante scoppio. «La febbre che consuma la carne» tuonò la stessa voce di prima da un altro punto della stanza, mentre si accendeva un altro faretto che rivelava una figura semisdraiata su di una poltrona, languidamente abbandonata, con le braccia scoperte a rivelare un intrico di venature e lo sguardo perso, rivolto verso un punto imprecisato sul soffitto, in un angoscia febbricitante. Un "Oh!" Sorpreso e preoccupato si alzò dalla piccola folla. La statua questa volta non aveva niente di rassicurante, e sembrava mettere a nudo le paure interiori dell'essere umano. Il candore del marmo rendeva ancor più angosciante la vista dell'uomo, il cui corpo era talmente ben scolpito - come osservò qualche signora - che sembrava quasi respirasse. L'una dopo l'altra, altre sei sculture vennero illuminate dai fasci di luce: due bambine che lottavano sul pavimento cercando di strapparsi i capelli; il busto di una donna, presentato di profilo, con la testa abbandonata su una mano e gli occhi fissi sul libro che reggeva nell'altra; un uomo anziano che rideva con il capo rovesciato all'indietro e la bocca spalancata; una ragazza addormentata su un fianco; un gruppo composto da tre elementi femminili che raffigurava una bambina in grembo a una donna la quale, seduta sul pavimento, appoggiava il capo sulle ginocchia di una matrona più anziana; e infine un uomo e una donna che si davano le spalle, appoggiati l'uno all'altra, schiena contro schiena, con le mani intrecciate. Poi la voce annunciò: «Di tenebra e d'amore». Un fascio di luce più forte si accese in fondo alla sala, dove c'era ancora una parete completamente buia. Gli astanti trattennero il fiato contemplando le nudità dell'uomo e della donna, languidamente abbandonati sul pavimento. La figura maschile sovrastava quella femminile di qualche spanna e sembrava contemplare la propria compagna con lo sguardo offuscato dall'ardore della passione. Sotto di lui, la donna accennava a dischiudere le gambe con un silenzioso invito nel sorriso appena abbozzato. Qualcuna delle signore si coprì gli occhi mormorando che era uno scandalo, ma tutti gli altri rimasero in affascinata contemplazione di quella che poteva sembrare un'immagine rubata alla vita privata di un marito e di una moglie. Quando la stanza fu inondata dalla luce del giorno, dopo che Tristan e alcuni amici ebbero scostato i tendoni scuri, tutti applaudirono. «Mi pare che stiano reagendo piuttosto bene, che ne pensate?» domandò in un sussurro Tristan avvicinandosi a un paio di signori ben vestiti che rimanevano discosti dagli altri e osservavano la scena con aria beffarda. «L'impianto scenografico che avete ideato per la mostra è di notevole effetto, Monsieur Brisbane. I miei complimenti» disse il primo uomo emettendo una boccata di fumo. «La vostra signora li ha scioccati» continuò, tornando a tirare qualche boccata dal sigaro. «Ma cosa dici, Auguste? Qui a Parigi non ci sorprendiamo più di nulla. Figuriamoci poi se rimaniamo scioccati!» Rispose il secondo dandogli una gomitata. «Qui, in realtà, siamo ancora più bigotti che a Londra, Monsieur» gli spiegò il secondo uomo. «La gente finge di essere mondana e aperta, ma la verità è che ha paura di tutto. Tuttavia non temete, più recensioni negative riceverà vostra moglie, più saliranno le vendite!» Tristan si gratto' la testa, preoccupato. «Non sono le vendite che mi preoccupano... Odyle non lo fa certo per soldi... Non voglio che ci rimanga male se qualche stupido non dovrebbe comprendere la sua arte. Capite, Jean-Louis?» «Credo di avere uno scudo invincibile contro le delusioni della vita, mio caro...» Tristan non l'aveva sentita, ma Odyle, che l'aveva raggiunto alle spalle, lo abbraccio' senza timori né timidezze. Si era tagliata i capelli e li portava semplicemente raccolti appena dietro la nuca, ma qualche ciocca ribelle le ricadeva ancora sulle guance. Inforcava anche gli occhiali, quel pomeriggio, più per darsi un tono da intellettuale che per un reale bisogno. «Il mio scudo è qui davanti a me, lo vedete, Monsieur Lumière?» dichiarò Odyle sorridendo all'uomo con il sigaro. «Anche se non credo che ne abbiate bisogno, madame, non potreste averne uno migliore.» «Ed è anche un modello infaticabile!» continuò lei ammiccando verso la statua degli amanti. «Davvero?» domandò Auguste rivolto a Tristan. «Be', io almeno ho dovuto soltanto starmene sdraiato per la maggior parte del tempo... mentre temo che a Lord Montgomery, che ha posato per " La risata" non sia andata altrettanto bene...» «Gli è venuto il torcicollo!» confermò Odyle facendo ridere tutti quanti. Un uomo piuttosto anziano si era avvicinato a loro con aria pensierosa, stropicciandosi il mento con una mano, ma esitando a parlare mentre continuava a lanciare occhiate furtive alle statue. «Siete Madame Odyle Brisbane?» domandò infine. Odyle annuì e l'uomo la trasse in disparte offrendole il braccio. «Ah, caro Brisbane, non fidatevi! Il signor Rodin sembra un vecchio satiro, ma ha la fama di aver spezzato più di un cuore qui a Parigi.» Tristan sorrise e scosse il capo. «Quello di Odyle non corre alcun pericolo, Monsieur Jean-Louis, perché ce l'ho in custodia io.» Monsieur Auguste gli batte' una mano sulla spalla. «Avanti, non vorrete farci perdere il rinfresco, vero? Andiamo finché tutte queste persone sono ancora ammaliate dalle sculture di vostra moglie.» «Si sa che l'arte mette una gran fame, e vedrete voi stesso come tra pochi minuti si getteranno sul cibo come cavallette!» gli fece eco Monsieur Jean-Louis. I fratelli Lumière accompagnarono Tristan nella saletta adiacente, dov'era stato organizzato il rinfresco. «Abbiamo fatto qualche esperimento seguendo i vostri suggerimenti con le particelle di fecola di patate, Monsieur Brisbane...» disse Auguste. «Sono davvero molto interessanti e vorremo proporvi di lavorare per noi» continuò Jean-Louis. «Avete brevettato la vostra scoperta?» Tristan prese il bicchiere che uno dei camerieri gli offriva e sorseggio' il suo bordeaux. Poi scosse il capo. «Sono solo un dilettante...» disse. «Speravo che la mia teoria interessasse a qualcuno, ma non voglio prendervi parte.» «Monsieur Brisbane, queste sono scoperte molto importanti» cercò di fargli capire Auguste Lumière. «C'è una specie di lotta contro il tempo tra i veri studiosi per poter dare il proprio nome a questa scoperta.» Tristan sorrise debolmente. «Ho molto ammirato il vostro cinematografo, signori, e so di mettere i risultati dei miei studi nelle mani giuste...» «Proprio non vi capisco, Brisbane!» sbotto' Jean-Louis Lumière. «Già... ma sarebbe una storia troppo lunga e complicata da raccontare.» Tristan si voltò e intravide il volto di Odyle, sorridente e un po' arrossato per la gioia. Era circondata da un gruppo di signori e signore ben vestiti e riceveva i loro complimenti e i loro biglietti da visita. «Sei stata molto silenziosa per tutto il tragitto, amore mio. Qualcosa non va?» All'interno della carrozza che avevano preso a nolo, Tristan si sporse verso la giovane moglie e le rubò un bacio. Subito dopo si incupi'. «Qualcuno ha fatto commenti spiacevoli sulle tue opere?» Domandò. Odyle accenno' un sorriso e gli fece una carezza. «Oh, no... non è così, anche se non posso certo aspettarmi che tutti siano entusiasti del mio lavoro. Non sarebbe normale e non lo vorrei neppure. Che gusto ci sarebbe senza un po' di lotta?» «Allora perché sei così pensierosa?» Lei scosse il capo e tornò a guardare fuori dal finestrino. Non si sentiva ancora pronta per parlargli. Da quando si erano sposati avevano giurato di non avere mai più segreti l'uno per l'altra, tuttavia ciò che Odyle aveva nel cuore non poteva essere rivelato tanto alla leggera. «Mi piacerebbe salire sulla Torre Eiffel» disse di punto in bianco. «Ora?» le chiese lui, stupito. «Non vuoi avere un po' di tempo per prepararti per la cena?» Odyle scrollo' la testa. «Voglio andare sulla Torre Eiffel!» Esclamò, risoluta e sorridente. Si era sentita malinconica non appena aveva messo piede a Parigi. Tristan lo capiva, anche se non poteva comprenderla completamente. Claude non era lì ad aspettare il suo ritorno e la consapevolezza della sua morte le era penetrata nel cuore come una spina. Eppure, nonostante la malinconia, era felice. In un certo senso, sapeva che Claude le sarebbe sempre rimasto accanto e una parte di lei, quella più stravagante e fantasiosa, era convinta che l'avrebbe fatto in un modo alquanto singolare... «Sei sicura di volerti arrampicare fin là in cima?» le domandò Tristan allacciandosi la giacca. «Il vento è ancora piuttosto freddo.» «Per favore...» lo imploro' lei. «Non posso negarti nulla, lo sai!» Dopo le prime rampe di scale, tuttavia, era esausto. «Abbi pietà di un povero vecchio! Non ho più la tua età!» «Sei solo uno scansafatiche! Sono sicura che se ci fosse Lord Montgomery, non riuscirei a stargli dietro!» «Allora dovevi sposare Lord Montgomery...» sbuffo' Tristan appoggiando le mani alle ginocchia mentre cercava di prendere fiato. «Be', lui non me l'ha chiesto!» esclamò lei maliziosa. «Ah... piccola intrigante!» Punto sul vivo, Tristan parve riacquistare vigore e salì l'ultima rampa di scale quasi di corsa. Una volta in cima, afferrò sua moglie prendendola di spalle e si abbassò per darle un bacio sul collo. «Ti presento Parigi!» esclamò lei senza staccare gli occhi dal panorama che si stendeva sotto di loro. «È magnifica...» le mormorò Tristan all'orecchio. «Già...» Un moccioso si avvicinò sfregandosi un dito sotto il naso. «Un soldo per un colombo... portano fortuna, Mademoiselle!» Stretta nell'altra mano teneva la maniglia di una gabbietta di vimini nella quale erano stipati tre colombi sonnacchiosi. «Non mi sembrano molto contenti della loro situazione...» Mormorò Tristan. «Come possono portare fortuna?» Odyle gli sorrise. «Allora forse saranno più contenti se li liberiamo.» Si rivolse al bambino chinandosi un poco verso di lui. «Un soldo ciascuno?» «Si, madame.» Il moccioso dovette notare l'espressione perplessa di Tristan. «Però se li prendete tutti e tre ve li lascio per due.» Odyle guardò furtivamente il marito e gli strizzo' l'occhio. «Non possiamo lasciarci scappare quest'occasione.» «E vi do anche i biglietti e le cordicelle» aggiunse il ragazzino tirando fuori dalla tasca dei pezzi di carta consunta e dei pezzi di spago. «Mi sembra un ottimo affare!» esclamò Odyle. «A cosa servono?» domandò Tristan, sempre più perplesso nel vedere la moglie prendere in consegna la gabbietta. «Si scrivono dei messaggi, o dei desideri, sui pezzi di carta e li si lega a una zampa del colombo. È un'usanza portafortuna, e solo chi troverà il colombo e prenderà il biglietto avrà il diritto di sapere che cosa c'è scritto.» A quel punto Tristan sorrise. «Mi hai convinto. Avanti, scriviamo!» Coprendo il proprio biglietto con una mano per impedire all'altro di vedere, ognuno compilo' il suo messaggio. «Fatto!» disse Odyle. «Fatto!» le fece eco Tristan. Dopo aver ripiegato il foglietto, scelsero due dei colombi e glieli legarono alla zampetta. «Tu» disse Odyle prendendo il terzo tra le mani e facendolo uscire dalla gabbietta. «Puoi andare, sei libero.» Appoggiò l'animale sulla balaustra, ma il piccione si guardò attorno spaesato. «Forse non sanno neppure volare...» si domando' Tristan. «Forse è solo un po' stanco. Dopotutto è stato in quella gabbia molto tempo e probabilmente ha quasi dimenticato come si fa a essere libero.» Il colombo osservò i due compagni nelle mani di Tristan e Odyle. «Sei pronto?» Lui annuì. «Al mio tre, allora...» Inizio' a contare. «Uno... due... Tre!» I due colombi spiccarono il volo insieme seguiti subito dal terzo. «Vedi, aveva solo bisogno che qualcuno gli facesse vedere come si faceva!» esclamò Odyle entusiasta. Tristan la prese fra le braccia. «Cos'hai scritto sul tuo biglietto?» Lei lo guardò corrucciata. «Non puoi saperlo! Solo chi trova il messaggio ha il diritto di leggerlo!» «Altrimenti non si avvera?» «Non ho espresso un desiderio...» disse lei. Lei le bacio' la punta del naso. «Ah, no?» «Diciamo... che è più un consiglio quello che voglio.» «Diventa sempre più misterioso e intrigante... penso che ti dovrò torturare finché non me l'avrai detto.» Iniziò a farle il solletico. «No! Ti prego... basta... smettila, Tristan!» Riuscì a fermargli le mani dietro la schiena e lo immobilizzo' con un bacio. «Ehi, con tutta questa gente intorno? Cosa diranno i rispettabili cittadini di Parigi?» le domandò con un pizzico di ironia Tristan. Odyle gli sorrise con aria maliziosa. «Sono un'artista, non ricordi? Noi artisti viviamo fuori dagli schemi e facciamo cose un po' pazze! È una nostra prerogativa.» «E siete anche dei prestigiatori?» le domandò lui ammiccando a un punto dietro di lei. «Perché?» gli domandò. «Guarda. Uno dei tuoi colombi è tornato. Secondo me è il fannullone.» Non era così: alla zampetta dell'animale c'era attaccato un biglietto. «Oppure è il colombo di qualcun'altro» aggiunse canzonandola. «No» rispose lei, più seria. «Lo riconosco dalla macchia più chiara vicino all'occhio. È il mio.» «Allora è tornato per me» sentenzio' Tristan facendosi avanti e accogliendo l'animale nelle sue mani. «Avanti, piccolo, fammi sapere quale consiglio ha chiesto la mia bella mogliettina...» «Tristan...» Odyle sembrava sulle spine e si guardava attorno come se fosse in cerca di una via di fuga. Tristan sciolse il laccio dalla zampa dell'animale e srotolo' il biglietto. Sopra, a matita, c'era scritto solo: Claude o Miriam? Tristan sollevò lo sguardo su di lei e la scruto' dubbioso. «Claude o Miriam? Cosa significa, Odyle?» «Ecco...» Lei gli si avvicinò e gli prese la mano. «Tesoro, so che avendo una famiglia con un albero genealogico così fitto ci sarebbero senz'altro altri nomi che vorresti usare...» Si premette la mano del marito sul ventre. «Ma ho questa strana sensazione... che in questo modo Claude o Miriam potrebbero ritrovare la strada per venire da me...» Il sorriso di Tristan non poteva essere più luminoso. «Vuoi dire che...?» Odyle annuì. «Scusami se non te l'ho detto prima... Ma volevo aspettare il momento giusto per rivelartelo. Ti prometto che non avrò più segreti!» esclamò scoppiando in lacrime di felicità mentre le braccia di Tristan la avvolgevano. «Non sono arrabbiato... non sono arrabbiato per niente! Come potrei?» Trovò le sue labbra, dolci e salate allo stesso tempo, indefinibili e inafferrabili come era lei. Odyle si scosto' un poco e lo guardò seria negli occhi. «Ora però devi dirmi cos'hai scritto tu sul tuo biglietto!» Lui le diede un buffetto sul naso. «Eh, no! Solo chi trova il colombo lo potrà leggere... Altrimenti il desiderio non si avverrà.» «Allora è un desiderio?» domandò lei. «Si. Quello di avere una moglie meno curiosa!» «Non fare lo spiritoso e dimmi cos'è!» «Cara... l'unico modo che hai di saperlo...» iniziò a dire lui con una strana luce negli occhi. «Siii...» «È quello di fare il tiro al piccione per tutta Parigi!» Lei gli diede una pacca sul braccio. «Dispettoso!» Tristan le fece una carezza. «Scherzavo, ovviamente... Ci sono altri modi in cui potresti guadagnarti questa informazione...» «Davvero?» gli domandò Odyle sentendo un familiare formicolio riscaldarle il ventre. «Sarei disposta a fare davvero qualsiasi cosa per saperlo...» Disse sospirando, languida. Tristan la prese sotto braccio e si avviò verso le scale. «Anche se questo comportasse la necessità di saltare la cena?» Odyle gli strizzo' un occhio, abbozzando un meraviglioso sorriso. -------------------------------------FINE-----------------------------------------------




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