Il secchio e lo scalpello

di Baudelaire
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Non era mai abbastanza.
Mai.
C’era da avere, c’era da possedere, c’era da mostrare, c’era da sfoggiare.
Di più, ogni volta di più, sempre di più.
E non bastava mai.
Mai.
Per quanto tentassi di riempirlo, il secchio era sempre più vuoto, come la tua anima, piena di nulla.
 
Un secchio fatto di niente, e le cose importanti laggiù, in un angolo, intrise di polvere, dimenticate, sospese.
 
Hai gettato via il secchio quando hai capito che stavi per perdere tutto.
Tutto.
 
Hai spolverato, accarezzato ciò che avevi buttato a terra, coccolato come fosse nuovo, come la cosa più preziosa.
 
 
Che altro, se non le stelle dorate sopra la tua testa?
Che altro, se non la luna brillante su di un cielo cobalto?
Che altro, se non un piatto caldo, un bicchiere pieno, fuoco e aria, terra su cui posare i piedi stanchi?
 
Che altro?
 
E’ il gioco perverso della mente, di una società malata che ti spinge ad avere, obliando l’essere.
 
Han dimenticato la verità essenziale: solo spogliandoti, puoi trovar te stesso.
Lo scalpello ha iniziato la sua corsa, non lo fermerai.
 
Togli, l’inutile orpello.
Togli, l’abito più bello.
Togli, il sacro fardello.
 
Sei leggero, spogliato di ogni vanità, nudo dinanzi a te stesso.
 
Ora sì, sei figlio di Colui che ti ha generato, non per possedere, ma per Essere.
 
 
 




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