Acqua, fuoco e sangue

di Alex Ally
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Corse, anche se le gambe le faccevano male e la reggevano a malapena in piedi lei corse e non si fermo.
In quella notte di luna piena aveva finalmente ritrovato la libertà e nemmeno tutto il dolore che sentiva l'avrebbe fermata risciando di perderla di nuovo. In realtà non si ricordava nemmeno più da quanto tempo stesse correndo, l'unica cosa certa erano il dolore, il freddo e la fame.
Alla fine anche la sua volontà diventò troppo debolle e crollo a terra, l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi furono un paio di stivali.

Quando riprese conoscenza la prima cosa che notò fu la strana senzasione di morbidezza e calore, qualcosa che non sentiva da anni. Allungo la mano e sotto di lei senti chiaramente delle lenzuola e ciò che vide quando al vista non fu più sfocatta era un sofitto di legno, questa non era la prigione in cui era stata rinchiussa ma una casa... solo che non aveva la più pallida idea di come ci fosse finita.
«Ti sei svegliatta, bene.» disse una voce e voltandosi vide un uomo probabilmente sulla quarantina che si avvicinava a lei con un vassoio di cibo in mano. Ringhio, quell'uomo aveva le classiche caratteristiche della Nazione del Fuoco perciò di sicuro non era una brava persona.
In quella nazione erano tutti dei mostri nessuno esclusso, erano tutti colpevoli di ciò che era capitatto a lei e agli altri dominatorie dell'acqua. Gli avevano imprigionati, lasciandoli lì a marcire come spazzatura inutile, ma lei era riuscita a scapare si era fatta più furba e più abile di quei mostri che si credevano cosi superiori agli altri.
Apri la bocca per parlare, per gridargli di stare lontano ma tutto ciò che usci fu un suono rauco. L'uomo appoggio il vassoio e le mise una mano sulla fronte con aria preoccupata.
«Penso che la tua frebbre sia peggiorata.» disse lui mentre le metteva un panno umido sulla fronte. «D'altraparte con solo una maglietta e dei pantaloni leggeri te la sei andata a cercare visto che è inverno.»
Febbre? Inverno? Ma di che parlava questo tizio... non sapeva che era una prigioniera di guerra? Che i suoi vestiti era la sua divissa da carcheratta?
Ovviamente no realizo in quel momento Hama altrimenti l'avrebbe già riconsegnatta ai soldati. Fece un respiro per calmarsi e si ricordo di come a volte sentiva le guardie lamentarsi che in certe zone l'inverno diventava particolarmente rigido la notte, se avesse avuto le forze si sarebbe messa a ridere.
Lei cresciutta tra le nave e i giacchi aveva finito per ammalarsi in quell'inferno terreste, tuttosomatto era decisamente ironico.
«Io sono Taro... tu riesci a dirmi il tuo nome?» chiese lui avvicinandosi a lei, proprio in quel momento potè vedere meglio gli occhi dell'uomo: erano grigi proprio come i suoi.
«Hama.» sussuro con voce rocca.
«Bene Hama benvenuta alla locanda della mia famiglia, per ora ci siamo solo noi e non preoccuparti mi assicurero di aiutarti finchè non sarai guarita.» disse lui sorridendole.
Hama non disse niente, per quanto l'ho odiasse sapeva bene che non poteva andare da nessuna parte in quelle condizioni perciò l'unica cosa da fare era rimanere buona e farsi curare da quel mostro cosi ingenuo.
Poi... poi nessuno l'avrebeb fermata nel cercare la sua vendetta. La Nazione del Fuoco si credeva invicibille, ma era solo perchè ancora non conosca il dominio del sangue.




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