Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Nord Italia, Prussia
[menzionati] Austria, Ungheria
Generi: Introspettivo,
Romantico
Villa
veneziana:
un giorno tornerò indietro nel tempo e striglierò
la me stessa del passato per arrivare sempre al pelo, ma non
è questo il giorno.
Che dire di
questa storia? Questa volta ho tirato per le lughe per cause personali,
più che per la pigrizia che mi contraddistingue. Sono state
settimane lunghe, frustranti, difficili. Penso di aver molto sfogato la
mia frustrazione in questa storia, e più che una pruita
è diventato un mio lungo rant verso il mio stesso futuro. Ma
visto quanto spesso fanno mlml sti due, c'è pure della
pruita in questa storia.
Spero che nel
prossimo contest, o nel prossimo impegno che mi prendo, non mi
ridurrò all'ultimo, ma è una speranza fioca.
Un'ultima
nota, questa storia si svolge nell'universo di queste due storie, ma non
è necessario leggerle per capire appieno questa.
Feliciano
gli aveva palesato l’idea durante un pranzo.
Gilbert era rimasto con il boccone a metà, e non era
riuscito a deglutire.
Stava con Feliciano da ormai un anno buono. Non pensava, ma la
relazione sembrava proseguire così liscia che poteva
pattinarci sopra.
« Venezia? » aveva quindi chiesto.
« Sì, c’è il carnevale verso
la fine di febbraio. » gli aveva sorriso Feliciano.
« Pensavo che sarebbe stato carino partecipare. »
Gilbert non aveva mai visitato l’Italia. Sua madre non aveva
mai avuto abbastanza soldi per portalo a fare un viaggio
all’estero, e da quando aveva deciso di frequentare
l’università di Monaco le sue finanze si erano
devolute totalmente al proprio mantenimento nella città.
Da quando si era messo con Feliciano, poi, doveva farsi i conti in
tasca prima ancora di iniziare il part-time del mese. Il suo ragazzo
adorava andare girando, frequentando locali e spendendo soldi come se
non avesse un limite alla sua disponibilità.
Per questo Gilbert non sapeva dare una misura di come un viaggio
avrebbe devastato il suo portafoglio.
« Mia zia ha una casa praticamente in centro, sai? Ho chiesto
alla mamma se può prestarcela per una settimana. »
Dopo una simile frase le antenne di Gilbert si erano rizzate, i conti
si erano bilanciati nuovamente.
« Non sarebbe male. » aveva detto, sorseggiando dal
suo bicchiere. « Non sono mai stato a Venezia. »
Il resto dell’inverno era stato trascorso con la testa dentro
gli esami. Feliciano gli aveva sottratto qualsiasi tentativo di
organizzarsi, adducendo alle molteplici sorprese che intendeva fargli,
mandandolo nel più totale panico.
Una sera, quando erano a letto e le gambe di Feliciano erano
intrecciate alle sue aveva pensato di mettere sul piano la questione,
rinunciandoci non appena questi aveva allungato le mani sulle sue
spalle, coinvolgendolo in un bacio appassionato.
La fine di febbraio era arrivata, insieme alla sua prenotazione del
biglietto aereo e la raccomandazione di Feliciano di “portare
qualche vestito pesante”.
Non aveva idea di cosa attendere.
Ne aveva parlato con Elizaveta, ma questa sembrava essere
più interessata al cucinare la propria cena che ascoltarlo.
Roderich, poi, non era stato di alcun aiuto.
Gilbert quindi aveva fatto la sua valigia, e si era rassegnato alla sua
partenza.
Si era incontrato con Feliciano all’aeroporto.
Questi sembrava raggiante, e non si staccava dal suo braccio.
« Vedrai, non vedono l’ora di conoscerti!
» esclama quindi Feliciano, non appena passano i controlli di
sicurezza.
« Chi? » chiede con ingenuità,
indossando nuovamente la giacca.
« La mia famiglia, ovvio! »
Qualcosa dentro Gilbert si ferma, e sembra incapace di articolare.
« La tua… cosa? »
Feliciano sistema la valigia accanto, sorridendo.
« Gilbert, sto scherzando! » esclama. «
Ti pare che ti sto portando direttamente dai miei senza un minimo di
preavviso? La mamma ha bisogno di almeno tre mesi di anticipo per
prepararsi a un simile evento. »
Feliciano lascia cadere la questione, ma Gilbert continua a pensarci
per il resto del volo. La prospettiva di incontrare i genitori di
Feliciano lo rendeva nervoso.
Quando atterrano Feliciano lo trascina con sé,
accaparrandosi due posti nella navetta che li porterà dritti
verso la laguna.
Gilbert si guarda intorno. Lo scenario del mare gli dona una strana
sensazione, tanto che non riesce a smettere di guardarlo.
« Bello, vero? » gli si accosta Feliciano,
sorridendo. « Vedrai che ti piacerà. »
Gilbert non ne dubita, ma un pensiero continua a stare nel suo stomaco
al pari di un macigno fino a quando non scendono dall’autobus.
Non appena superano la stazione, uno scenario mai visto si presenta
davanti ai suoi occhi.
Case raffinate lungo il canale circondano barche piccole e grandi che
scivolano eleganti sull’acqua. L’aria ha un sapore
salmastro, e il sole illumina gli edifici di un bagliore piacevole.
Feliciano lo tira per un braccio, trascinandolo verso il vaporetto.
Gilbert si lascia condurre, convinto che almeno l’altro
sappia dove stiano andando e cosa stiano facendo.
Quando scendono viene portato attraverso campi e calli strette, in
cerca di una destinazione a lui sconosciuta.
Feliciano continua a parlargli in italiano.
Gilbert non coglie niente delle sue parole, probabilmente
l’altro non si rende conto di come sia ritornato alla sua
lingua. Si ferma solo davanti a una casa.
Davanti alla sua porta c’è una ragazza che li
attende. La vede sorridere a Feliciano, e consegnargli le chiavi.
« È la segretaria di mia zia. » gli
spiega Feliciano quando il portone è chiuso dietro di loro.
« Lei non poteva venire. »
Gilbert non sa se dirsi sollevato o meno.
Saliti al piano superiore non ci impiegano molto per collaudare il
letto.
A cosa finita Feliciano si sdraia accanto a lui, sospirando soddisfatto.
« Ho sempre voluto farlo qui. » mormora, e Gilbert
vorrebbe indagare ma non ne ha la forza. Ogni volta che lo fanno, si
sente come un osso nelle fauci di un cane affamato. Feliciano lo prende
e lo priva di ogni energia.
Elizaveta ha commentato, una volta, di come da quando sta con Feliciano
è più tranquillo. Gilbert sul momento le aveva
dato della matta, ma ora che era tra le lenzuola di un letto non suo si
trovava in qualche modo concorde.
Feliciano gli accarezza il petto, soddisfatto.
« Perché? » gli chiede, quasi volendo
lottare con la sua calma ritrovata.
Feliciano ride.
« Non piaccio molto a mia zia. Quindi usare un letto che lei
ha comprato senza nemmeno collaudarlo la vedo come una rivalsa.
»
Gilbert non riesce a rispondergli.
Feliciano era vivace, carino, davvero il ragazzo migliore che potesse
capitargli.
Eppure sapeva essere terribilmente cattivo, dicendo cose maligne con un
sorriso in volto.
« Dovremmo collaudarlo ancora, per i prossimi anni.
» Feliciano ride, e lo trascina ancora con sé in
un vortice di passione.
Si calma solo quando finalmente escono per cenare.
Il sole tramonta dietro i tetti della città, e Gilbert torna
a sentirsi sperduto in un luogo che non sente come suo. Si deve
affidare completamente a Feliciano per camminare.
Il ristorante scelto da Feliciano è tranquillo. Il
proprietario esce dal balcone per abbracciare il suo ragazzo, tanto che
quando gli è vicino Gilbert intrecciano le dita, guardandosi
intorno in cerca di altri individui che tentino un approccio simile.
Feliciano sembra notare il suo disappunto. « Mi conosce da
quando ero alto tanto quanto il bancone. » gli spiega,
sedendosi poi a tavola.
Gilbert si ostina a ordinare, guardando il menù senza
realmente capirlo, sbirciando Feliciano che ordina con disinvoltura
quello che preferisce.
Non lo aveva mai visto così sicuro di sé.
Feliciano nota il suo sguardo e gli sorride.
« Comunque non voglio che ti tocchi. » borbotta.
« Sei geloso? » gli chiede Feliciano, appoggiando
il viso sulle mani.
Gilbert apre la bocca per poi chiuderla. Non pensava mai che un
sentimento come la gelosia potesse appartenergli. Nella sua visione
della vita, erano gli altri che dovevano essere gelosi di lui e stargli
vicino.
In più stava con Feliciano da un anno.
Quel numero così piccolo continuava a ronzargli nella testa.
Se guardava Roderich ed Elizaveta, che stavano insieme da quando erano
alle medie, la sua relazione sembrava molto più inesperta.
Non gli piaceva l’idea.
Non sapeva nemmeno come sarebbe andata con Feliciano. Forse
l’aveva portato a Venezia per scaricarlo.
Il pensiero è terribile tanto che rimane di cattivo umore
per il resto della cena.
Terminata la loro pausa, all’uscita Feliciano intreccia le
dita con le sue, e Gilbert si calma almeno un po’.
Adduce tutto alla stanchezza, e quando vanno a dormire insieme la
sensazione di intimità lo fa tremare. Feliciano dorme nudo
anche in inverno. Ha messo apposta tre coperte sul letto in
più, spingendolo quindi a sua volta a spogliarsi.
L’altro prende sonno velocemente, mentre lui rimane a fissare
il soffitto.
Sente fuochi artificiali scoppiare in lontananza, oppure sono semplici
ragazzini che stanno giocando a tarda notte con i petardi.
Il sonno lo coglie non molto dopo, catturato da ricordi di simile
idiozia infantile da parte sua.
La mattina successiva Feliciano insiste a portarlo da un sarto.
« Ma è davvero necessario? » protesta
lui, cercando di bere il suo caffè. Ha inutilmente tentato
di ordinarlo in italiano, ottenendo solo una risata soffocata da parte
di Feliciano.
« La festa è esclusiva per le persone in costume.
» gli risponde Feliciano, mangiando il suo krapfen.
« Vedrai che ti piacerà. »
Gilbert se ne pente non appena mette piede nella bottega, e
l’essere trattato come un manichino non fa che aumentare il
suo fastidio. Osserva Feliciano che indica modelli, maneggia stoffe, e
lo sente lontano e diverso da se stesso.
Il ragazzo davanti a lui era mutato in un individuo diverso da quello
che aveva conosciuto.
Il pomeriggio decide di passarlo da solo, passeggiando senza una meta
tra i monumenti della città.
Non era da lui comportarsi in quel modo.
Era sempre stato sicuro di cosa voleva e di cosa aveva intorno.
Quando aveva deciso di partire per Monaco, quando aveva scelto di
partecipare a progetti supplementari, persino quando aveva deciso di
provarci con Feliciano sapeva cosa stava facendo.
Si trova a dare la colpa a Venezia.
Quella città in una giornata su di lui aveva un effetto
strano.
Vorrebbe fare le valigie e tornare indietro, indifferente se a Monaco o
a casa da sua madre.
Non doveva fuggire. Lui non era un codardo.
Forse era un segno, un segno di lasciare Feliciano. Non sarebbero mai
funzionati insieme a lungo. Un anno era il massimo che potevano durare
e lui aveva esaurito completamente il periodo di prova.
Ripensa alla sua espressione dal sarto.
Gli era sembrato felice.
Gilbert era consapevole che non poteva ferirlo in quel modo.
Si era fermato su un ponte.
Una coppia passa davanti a lui. Sembrano felici.
Feliciano lo stava aspettando.
Gilbert sente che deve tornare indietro.
I suoi passi si fanno sempre più pesanti mentre si avvicina
alla casa.
Feliciano gli apre la porta, è raggiante.
« Vieni dentro, hanno portato appena adesso i nostri costumi.
»
Gilbert si acciglia, ma si lascia guidare dentro.
« Sai, non ero molto sicuro di come ha cucito
l’orlo della giacca, ma poi ho visto qualche foto su
Instagram e non è male. » gli sorride, girandosi.
« Tu cosa ne pensi? »
Gilbert non aveva un’opinione. La moda era un argomento che
non lo sfiorava nemmeno.
« Ti starà bene, come qualsiasi cosa. »
Feliciano gli sorride, e lo prende per il viso stampandogli un bacio.
Baciare Feliciano gli dava un senso di tranquillità, anche
con un carattere esaltato come il suo.
Certo era che Feliciano era il suo opposto, ma la sua mente continuava
a ricordargli quando aveva fatto una cazzata e Feliciano aveva riso,
chiamandolo carino.
Quello era stato il momento in cui tutto era iniziato, e Gilbert
stentava ad accettare di finirla in quel modo.
Feliciano torna ad accarezzargli il viso.
« Pensi ancora a quella cosa? »
« Quale cosa? »
« Sei strano da quando ti ho detto che avresti incontrato i
miei. »
Gilbert deglutisce. « Ma ti pare. Sono un figo totale, mi
avrebbero adorato! »
Cerca almeno di convincere se stesso.
L’idea, in verità, lo spaventava, e anche se
desiderava gettarsi a capofitto in una simile impresa quei granelli di
buonsenso nella sua testa lo tenevano debolmente ancorato alla
realtà. Non riusciva ad anticipare cosa la famiglia Vargas
avrebbe pensato di lui, e la sola immagine di essere bocciato da loro
non lo faceva pensare in modo tranquillo.
Feliciano non gli risponde. Non sembra abbia colto i suoi pensieri, ma
ritira le sue mani e gli sorride in modo diverso.
« Ne sono sicuro. »
Feliciano gli dava troppo spesso retta.
Quello era il motivo per cui gli piaceva?
I dubbi tornano ad affollare la sua mente, mentre va a sedersi sul
divano. Feliciano dice che penserà lui alla cena, ha fatto
un po’ di spesa e non vede l’ora di fargli
assaggiare un sugo dal nome che Gilbert non riesce a cogliere.
Dovrebbe essere felice, la serata successiva avrebbe partecipato a una
festa mascherata, una che Feliciano ha definito come la più
importante al mondo.
Non gli aveva fatto domande, ma per tutto il mese precedente Feliciano
non si era trattenuto nel raccontare della sua personale esperienza la
prima volta. Parlava di musica, balli, cibo finemente cucinato. Niente
di quello che aveva mai provato Gilbert nella sua di vita.
Gli aveva preso le mani, chiedendogli se gli andasse di partecipare, e
Gilbert aveva replicato con un forte entusiasmo sulla propria
partecipazione. Solo ora che si trovava in Italia era cosciente del
divario che lo separava da Feliciano.
Questi aveva vissuto una vita ricca di soldi ed esperienze, mentre lui
aveva trascorso diverse estati a litigare con clienti del night club
ubriachi che promettevano di pagare il consumato ma non lo facevano mai.
« Provati la tua giacca. » insiste quindi
Feliciano, aprendo il cellophane in cui erano avvolti i loro abiti.
Gilbert esita, ma alla fine prende l’indumento, indossandolo
e lasciandosi portare docile verso lo specchio.
La giacca gli stava bene, questo doveva ammetterlo.
Aveva sempre un’alta considerazione di se steso, e abbigliato
in quel modo questa poteva solo schizzare verso le stelle. Non aveva
mai indossato una giacca di quel tipo, e con la coda
dell’occhio vede Feliciano avvicinarsi, stampandogli un bacio
sulla guancia.
« Ti sta pure meglio di quello che mi aspettavo. »
« Ovvio, lo porto io. »
Feliciano ride, e Gilbert si sfila la giacca, consegnandogliela.
« Sarò il più fregno domani sera.
»
« Allora dovrò stare attento a chiunque ci sia in
giro. »
Feliciano scherza, lo sa, ma dentro gli piacerebbe sapere che sia
davvero geloso. Feliciano non si è mai ingelosito, o almeno
non l’ha mai visto come tale.
Gilbert certo poteva dire lo stesso, non era un insicuro che correva
via spaventato al minimo dubbio.
Poteva dire di essere felice, eppure c’era qualcosa in lui
che continuava ad agitarsi.
Non riesce a calmarsi nemmeno dopo la cena, quando dopo aver caricato
sui social le foto della loro giornata di vacanza si coricano a letto.
Feliciano ha messo la crema, ha commentato ridendo che intende essere
il bello del ballo la sera successiva.
Gilbert ha riso e gli ha pasticciato il viso, venendo spintonato sul
letto da un Feliciano ora molto vendicativo.
Ridono insieme, ma alla fine si infilano sotto le coperte insieme.
Feliciano prende sonno in fretta, anche se ha passato la serata a
commentare sul quanto fosse eccitato per l’avvicinamento
dell’evento.
Nel buio Gilbert guarda il suo viso, e anche se i dubbi continuano ad
affollare la sua mente in modo confuso, decide di provare ad
addormentarsi per farli almeno tacere.
Non ha molta fortuna, e il sonno lo coglie più tardi
rispetto a quello a cui è abituato, facendolo sprofondare in
un lungo sonno senza alcun genere di sogno in particolare. Anche nella
sua dimensione onirica non sembrava esserci una speranza felice.
Gilbert a quello non voleva realmente rassegnarsi, ma tutto in lui
sembrava dirgli che doveva.
Feliciano aveva noleggiato una gondola per portarli al palazzo dove si
sarebbe svolta la festa.
Gilbert si era aggrappato al bordo della barca, sperando che il loro
tragitto fosse più breve possibile, mentre Feliciano gli
toccava il viso e cercava di sistemargli la maschera al meglio.
Gilbert lo aveva lasciato fare, per poi sistemarsi come meglio
preferiva, e aveva sospirato di sollievo una volta che avevano
raggiunto il molo. C’erano diverse persone che stavano
mostrando il loro invito all’usciere, e quando è
il loro turno Feliciano fa lo stesso gesto, permettendo quindi loro di
accedere all’interno.
Non appena varca l’ingresso Gilbert non riesce a negare che
fosse un posto splendido e ricco. Non aveva mai visto così
tanto oro nello stesso posto, ed era convinto che non ne avrebbe
nemmeno visto più.
Intorno a loro c’erano solo persone mascherate che si
riunivano in circoli di chiacchiericcio, ma lui sapendo giusto due
parole in italiano poco poteva partecipare.
Feliciano aveva certamente fatto del suo meglio per insegnargli, ma ben
poco era riuscito ad entrargli in testa.
Continua quindi a guardarsi intorno, decidendo di salire per le scale e
continuare ad esplorare il luogo.
« Non allontaniamoci troppo, dicono che ci sarà un
primo spettacolo tra dieci minuti. »
Gilbert annuisce, ma una volta rivoltosi verso Feliciano non lo
riconosce. Sa quale sia la maschera che ha scelto e
l’abbigliamento che ha voluto indossare, ma ora che ha tutto
davanti è rimasto ben poco dell’aspetto del suo
ragazzo che riconosceva.
Ogni gesto e movenza di Feliciano sembrava appartenere a quel posto.
Lo guarda ridere per un complimento ricevuto, e poi guardarlo, come se
fosse in attesa di una sua reazione.
Gilbert non si scompone mentre lo prende per il fianco, quasi
ringhiando, ottenendo una risata ancora più fragorosa da
parte del suo ragazzo.
Feliciano gli tocca le labbra. « Dovrei proprio baciarti in
questo momento. » gli dice all’orecchio,
provocandogli un rossore involontario, e poi lo prende per mano,
allontanandolo verso una piccola saletta che aveva la parvenza di
essere più privata.
Gilbert si chiede come potesse conoscere così bene quel
luogo, ma non sente la voglia di fare domande.
Feliciano lo lascia andare, si sistema il colletto della sua camicia.
Gilbert non riesce a staccargli gli occhi di dosso, e quando Feliciano
lo guarda distoglie gli occhi, come infastidito.
« Vado a vedere fuori. » si giustifica, e anche se
Feliciano dietro lo sta chiamando non torna indietro.
Fuori c’è la folla, si stanno tutti spostando
verso il luogo dove si svolgerà il primo spettacolo.
Gilbert li segue involontario, infastidito di non essere lui al centro
dell’attenzione. Solo il suo aspetto meritava
l’attenzione di tutti i presenti, invece di chissà
quale terribilmente noioso intrattenimento che li aspettava.
Il primo evento è una giovane ragazza mascherata che canta.
Gilbert non riesce nemmeno a comprendere cosa stia vocalizzando, ha
l’aria di un pezzo di lirica ma non ha mai messo piede in un
teatro. Non comprendeva il fascino dell’opera, considerandola
uno spreco di tempo.
Feliciano sembrava essere più esperto di lui, ma ora non gli
era accanto.
Gilbert si guarda intorno, ma non riesce a trovarlo.
Cerca di calmarsi, lo ritroverà presto.
Cerca di muoversi nella folla, ma senza alcun successo. Tutti sono
accalcati a guardare la giovane cantante che conclude la sua
performance, prima di muoversi in un corpo unico verso
un’altra sala, trascinandolo con sé.
Gilbert cerca di non agitarsi, lo irrita l’idea di essere un
insignificante granello che viene trascinato da quella marea di
persone, ma può fare niente contro di loro.
Non era quello il suo ruolo.
Lui era Gilbert Beilshmidt, lui era destinato a cose molto
più grandi che essere una figura insignificante a un evento
simile.
Non riesce nemmeno a ricordare il perché abbia deciso di
partecipare.
Il viso sorridente di Feliciano torna nella sua mente. Gli aveva preso
le mani e le aveva agitate con rinnovato entusiasmo.
« Sono un sacco felice che hai detto di sì.
» gli aveva mormorato, un paio d’ore dopo, quando
erano nel letto, nudi e soddisfatti. Gilbert gli aveva risposto che
sarebbe stato la vera stella splendente dell’evento.
Gli aveva inconsciamente mentito.
Ora che si trovava in quel posto si era reso conto di quanto, in
realtà, fosse solo un puntino tra tanti. Il suo orgoglio
impediva di riconoscerglielo, ma Gilbert iniziava a far penetrare il
pensiero come l’umidità presente nella laguna. Si
considerava onnipotente e grandioso, ma quale fosse la reale misura
delle sue capacità era difficile da misurare ora confrontata
con un altro parametro.
Gilbert non sa rispondersi, e si guarda intorno, in cerca di Feliciano.
In quell’ammasso di colori e oro non riesce a distinguerlo.
Feliciano, a differenza sua, sembra potersi amalgamare meglio in quel
posto.
Sembrava essere nato per partecipare a simili eventi, e lui no.
I dubbi tornano a salire alla sua mente.
Se Feliciano aspirava a una simile vita, lui non sarebbe riuscito a
stargli dietro. Voleva fare l’insegnante, per la miseria, non
erano certo miliardari quelli che si ficcavano in simile lavoro.
Forse Feliciano lo aveva portato lì per rompere con lui.
Gilbert lo avrebbe fatto.
Era sempre stato lui quello a essere lasciato, ma se fosse stato dato a
lui lo scettro della decisione, avrebbe scelto di lasciare qualcuno in
modo grandioso. In questo lui e Feliciano sembravano essere concordi.
Non voleva essere lasciato.
Certo Feliciano era pieno di difetti, ma non voleva davvero lasciarlo.
Una forte angoscia prende possesso delle sue interiora.
Il pensiero che Feliciano volesse rompere con lui in quel modo viene
dall’interno, e si fa strada tra i suoi organi, come una
bestia vorace.
Non riesce a respirare, ha bisogno di aria.
Con fatica annaspa, cercando una via d’uscita, e riesce a
trovare un piccolo salotto con la finestra aperta.
Dopo aver chiuso la porta dietro di sè lascia che
l’aria fresca della sera entri nei suoi polmoni, e si slaccia
il bottone della camicia che tanto gli sta dando fastidio. Respira a
pieni polmoni, guardando il buio oltre la finestra aperta.
Ora è da solo.
Non gli piaceva stare da solo.
Non ha un ricordo di se stesso da solo.
Aveva deciso di vivere in un grande appartamento con altre due persone
perché non voleva sentirsi solo.
Ora, però, lo era. Non aveva nessuno intorno, e
l’unica persona che conosceva era lontana e forse voleva pure
lasciarlo.
Non avrebbe pianto. Non piangeva da diversi anni, l’ultima
volta lo aveva fatto di gioia per essere riuscito a passare la
selezione per l’università.
Non gli piaceva piangere, nemmeno se sua madre dopo si avvicinava e lo
prendeva in braccio, cercando di calmare l’ennesimo ginocchio
sbucciato.
Per questo Gilbert non avrebbe pianto. Sarebbe stata
l’ennesima rottura dove sarebbe rimasto silenzioso per due
settimane, prima che la sua vita tornasse a scorrere regolare e si
comportasse come se niente fosse successo, come se il suo cuore non
fosse stato in mille pezzi.
Doveva essere lui a rompere con Feliciano.
Sarebbe stata dura rinunciare al suo sorriso, alla sua cucina o alle
sue morbide natiche, ma doveva farlo per non essere nuovamente ferito.
Doveva essere lui quello ad attaccare se non voleva perdere.
Con un sospiro più forte del normale Gilbert si rimette in
piedi, sistemandosi, raccogliendo le forze per cercare le parole
migliori. Non gli vengono, vorrà dire che dovrà
improvvisare quando si troverà davanti alla situazione.
Attraversata la porta del salotto viene nuovamente investito dalla
folla. Questa sembra muoversi, incurante di tutti e unita in un
movimento fluido che ingloba tutto quello che tocca. Non vuole farne
parte, non capisce come riescano a spostarsi senza essere sconvolti, ma
si immette nel flusso, alla ricerca di Feliciano.
La sua ricerca prosegue piuttosto a lungo.
Si muove attraverso diversi spazi, tutti riccamente decorati e
opulenti, esamina i volti delle persone che gli passano accanto, ma
senza trovare Feliciano.
Pensa a dove possa essere andato. Forse nemmeno si è accorto
che non lo ha vicino, probabilmente non gli importa che siano lontani.
La sensazione nelle viscere torna presente, ma Gilbert la scaccia con
vigore.
Non doveva abbandonarsi a essa. Doveva essere coraggioso, doveva essere
lui quello a fare la prima mossa.
Il suo obiettivo, però, non si palesava davanti a lui.
Lui continua a guardarsi intorno ma vede solo figure indistinte, tutte
uguali, senza una loro identità. Gilbert ha sempre temuto di
diventare uno della massa. Aveva fatto il suo stendardo con
l’idea di essere speciale, diverso dagli altri, ma passando
davanti a uno specchio difficilmente poteva dire cosa lo distingueva
dalle persone che lo circondavano.
Non c’era niente di diverso.
Si ferma.
La sua ricerca sta fallendo, non troverà mai Feliciano in
quella continua onda di persone.
Non voleva arrendersi. Non lo aveva mai fatto, e non sarebbe stato di
certo un palazzo veneziano a sconfiggerlo in quel modo.
Gilbert aveva sempre combattuto, indipendente dalla sfida che gli si
presentava davanti.
« Gilbert? Gilbert! » lo chiama quindi una voce
famigliare, e sente delle mani appoggiarsi sulle sue spalle.
« Finalmente ti ho trovato! »
Per prima cosa è il profumo di Feliciano a invaderlo.
Gilbert si sente toccare, e si gira.
Anche se ha la maschera addosso, riconosce subito il suo ragazzo.
« Dove eri finito? Ti stavo cercando! » la voce di
Feliciano è allegra, ma tradisce una lieve nota inusuale.
« In giro. »
Vuole rispondergli con freddezza, ma Feliciano torna ad avvicinarlo,
gli tocca la maschera.
Gilbert trema sotto il suo tocco, percepisce la sua
vulnerabilità.
« Feliciano. » gli dice. « Voglio
conoscere la tua famiglia. »
Tra di loro cala un improvviso gelo.
Feliciano ritrae la sua mano.
Come sospettava, non era una sua intenzione. Lo osserva guardare in
basso, come se si sentisse a disagio. Apre bocca per parlare, ma viene
presto interrotto.
« Adesso? » gli chiede, toccandosi le mani. La sua
voce è strana, piccola.
« Sì. » replica con tono ancora
più duro. Feliciano non sembra molto turbato, ma si torce le
mani, quasi fosse in ricerca di una risposta che lo tiri fuori dalla
situazione.
« Per te- »
« Davvero Gilbert, possiamo aspettare almeno fino a questa
estate? Mio fratello ha appena presentato la sua ragazza a casa, se ora
ti porto passerà i prossimi tre anni a lamentarsi che ho di
nuovo cercato di rubargli l’attenzione. »
Gilbert apre bocca, per poi chiuderla.
La riapre, ma nuovamente non trova niente da dire.
Feliciano continua. « Lui è sempre stato molto
viziato, e l’ultima cosa che voglio stare a sentire
è l’ennesima predica di mio padre su come dovrei
essere io quello sensibile e responsabile. »
Gilbert batte le ciglia, non capendo niente.
Feliciano non gli aveva mai parlato di suo fratello. Certo aveva
menzionato la sua esistenza, ma Gilbert poteva dire di non sapere
niente.
« E lo so che tu piacerai ai miei! » continua
quindi Feliciano, apparendogli imbarazzato. « Solo non
è un buon momento. »
Feliciano gli ha tolto tutte le parole di bocca. Non sa cosa dirgli.
« Tu… vuoi presentarmi ai tuoi? »
Feliciano piega leggermente la testa di lato. « Certo,
usciamo insieme. Non vedono l’ora che ti porto a casa per
Natale. »
« Non vuoi lasciarmi? »
Si crea un silenzio imbarazzante.
La sua mente non lo sta aiutando, e Gilbert non ha la minima idea di
cosa dover fare. Il suo terribile tentativo di lasciare Feliciano gli
si era ritorta contro con un effetto sorpresa che non era riuscito
nemmeno a immaginare.
« Perché dovrei lasciarti? » gli chiede
Feliciano, avvicinandosi e toccandogli di nuovo le spalle. «
Sei troppo bello vestito così. »
Le sue orecchie vanno a fuoco. Feliciano, quel maledetto maestro del
flirt.
Gilbert si sente arrossire come quando avevano appena iniziato a
frequentarsi.
« Per non parlare di certe tue capacità fuori di
qui. » sussurra, vicino.
« Non dirai sul serio. » rantola, imbarazzato.
« Certo che lo intendo. Ti ho visto lavorare con i bambini.
»
A Gilbert viene da ridere, non trovando niente di intelligente da
rispondere.
Anche in quell’occasione sembrava che Feliciano
l’aveva avuta vinta completamente su di lui.
Lo stringe a sé, e Feliciano lo conduce nuovamente verso una
saletta appartata.
Si baciano a lungo.
Gilbert non sente più alcuna voragine al suo interno.
Le sue preoccupazioni ora erano sciolte come neve al sole.
Feliciano gli sorride.
« Ci stiamo perdendo tutta la festa. » mormora, a
poca distanza dalle sue labbra.
« Mi piace più la festa che
c’è qui. » commenta, attirandolo vicino
per i fianchi.
Non doveva più lasciare che l’insicurezza si
infiltrasse così nei suoi pensieri. Feliciano era tra le sue
braccia, e non intendeva andarsene da nessun’altra parte. Lui
non voleva lasciarlo andare.
« Comunque pensavo che potresti venire
quest’estate. » parla Feliciano dopo un
po’.
« Dove? »
« A conoscere i miei. E mio nonno. »
Gilbert si paralizza.
« Non è un po’ troppo presto? »
« Hai chiesto tu di andare. » si acciglia
Feliciano. « Non ti starai rimangiando le buone intenzioni.
»
Gilbert sospira.
Lui e Feliciano stavano insieme da un anno, si conoscevano da due.
All’esterno, pochi avrebbero scommesso su di loro. Da
esterno, pure lui avrebbe avuto un commento sarcastico da riferire. Ma
lui era dentro quel rapporto. E aveva Feliciano solo per sé.
Non intendeva cedere, non voleva in alcun modo lasciarlo.
E Feliciano sembrava pensarla come lui.
« Nono, la mia parola è sempre seria! »
esclama, con rinnovato entusiasmo.
« Perché pensavo di andare nel villino in Sicilia,
ma visto come sei penso prenderesti fuoco non appena esci
dall’aeroporto. »
« Stai dicendo che sono una mammoletta? »
« Sto dicendo che hai piagnucolato per giorni
perché ti sei scottato il naso andando a sciare. »
Gilbert gli riconosce il punto, ma non vuole arrendersi.
« Magari quest’autunno. Prima che riprendono i
corsi. »
Feliciano lo guarda. « Sei incredibilmente ragionevole oggi.
»
« Lo sono sempre. »
Feliciano ride, e Gilbert lo stringe a sé.
Si sentiva felice.
Certo le sue differenze con Feliciano non si erano appianate. Anzi, ora
che davanti a lui si appoggiava la possibilità di conoscere
davvero la famiglia del suo ragazzo iniziava realmente a sudare.
Ma lui era un genio. Sarebbe certamente riuscito a conquistarli come
aveva fatto con Feliciano, camera da letto esclusa.
Si trova a stringere Feliciano contento, mentre questi riprende a
baciarlo. Sarebbe andato tutto come voleva lui, come era sempre
successo.
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