CAMICE DI DONNA
Misi
la monetina da cinquanta centesimi nella
piccola fessura, poi premetti “Cioccolato
fondente”, il solito rumore di ogni
mattina mi fece sorridere,almeno non
mi
aveva fregato la moneta. Il bicchierino era bollente, soffiai
più volte, ne
assaporai un sorso, il cioccolato caldo e nero mi scaldò la
pancia velocemente,
la lingua bruciava leggermente, ma avevo freddo ed era una cosa
piacevole e ne
bevvi altri tre sorsi. Un infermiere prese un caffè, era
carino ma troppo
basso, gli sorrisi. Guardai
l’orologio, erano le otto e mezzo,
ero puntuale, un miracolo, gettai il bicchiere nel cestino della carta,
l’infermiere mi guardò e mi sorrise, poi
imitò il mio gesto, attraversai il corridoio,
l’ascensore era aperta e vuota,
indugiai un attimo se prendere le scale e rimanere magra, o prendere
l’ascensore e dar sollievo alle mie maniglie
dell’amore, anzi dell’amicizia
come diceva mia zia. Optai per le scale, velocemente le salii in modo
da
scaldarmi, presi le chiavi in borsa e aprii la porta del mio studio,
richiusi
la porta dietro di me, mi misi il camice e accesi il computer. Nessun
messaggio
di posta, nessuno mi aveva cercato, sbruffai. Neanche qualche catena o
altre
cretinate. Presi l’agenda nel cassetto, avevo pochi
appuntamenti, sorrisi
compiaciuta. Lo studio era sistemato e pulito, dovevo solo aspettare la
prima
paziente. Il telefonino squillò, non lessi neanche chi era,
aprii lo
sportellino.
-Pronto?
Chi è?- dissi squillante
-Sono
la mamma, che fai?-
-Mamma
lavoro, che c’è?- il mio tono di voce
cambiò radicalmente.
-Così
chiedevo che stavi facendo e se volevi
venire con me domani al santuario, viene pure tua zia.-
-Aspetta
che guardo l’agenda…-
Misi
il telefono sul tavolo, allungai le braccia
per stiracchiarmele, poi feci due giri con la mia poltrona, mi
schioccai le
dita, e ripresi il cellulare.
-Mamma,
eccomi. Ho controllato bene, ma ho delle
visite.-
-Non
puoi annullarle?-
-Beh…
si ma solo alcune. Ne ho quattro che non
posso proprio rimandare, mi dispiace. Se me lo dicevi prima, magari
potevo
organizzarmi.-
-Hai
ragione ma abbiamo deciso ieri pomeriggio, e
tu ieri non hai risposto al telefono ieri sera.-
-Era
scarico.- mentii
-Ma
suonava, amore io sentivo squillare.-
-Era
sotto carica. Ho visto le chiamate stamani.-
-Ahhh
capito.-
-Mamma
scusa, ho delle pazienti in attesa. Ci
sentiamo, divertiti con zia.-
-Sì,
ti porto qualcosa.-
-Grazie.
Ciao mamma.-
Chiusi
lo sportellino del telefono, aprii l’agenda
nuovamente e lessi:” Parigi h 8:45”
Non
conoscevo quel cognome, a parte la città chi
aveva quel nome così stupido? Sorrisi. Mi aspettavo una
donna over cinquanta
raffinata a parigina, invece sentii bussare, entrò una
ragazzina di venti anni
circa, aveva i capelli corti e neri liscissimi, gli occhi troppo
truccati
involgarivano leggermente il suo sguardo, era nervosa e si mangiava le
unghia.
Le gambe magre erano fasciate da dei jeans scuri, aveva le converse ai
piedi
color verde, erano carine, qualche anno fa ne possedevo un paio nere
pure io.
-Ciao,
entra pure e chiudi. Io sono la dottoressa
Carletti, chiamami pure Paola.-
-Salve...Paola.
-
La
sua vocina era stridula, era nervosa e
tremavano pure le sue corde vocali, ipotizzai che fosse la prima volta
che
venisse da un ginecologo o forse era incinta.
-Dimmi
tutto. Sei molto giovane, quanti anni hai?-
-Venti.-
-Giovanissima,
magari avessi la tua età. Come ti
chiami?-
-Marta.-
-Bene
Marta, come mai sei qui? –
-Io…
ho un ritardo.-
Disse “ho un
ritardo” velocemente, il suo tono di
voce era schizzato di chissà quanti decibel. Divenne rossa
nel viso,
alcune lacrime scesero e si macchiò tutto il viso di trucco,
iniziò
anche a singhiozzare e a tremare, gli porsi un fazzolettino e gli
strinsi la
mano, lei continuava a piangere. In certi casi penso che essere
ginecologa sia
un privilegio, vedere i bambini nascere, accompagnare e rassicurare le
donne
durante la gravidanza, sorridere insieme a loro vedendo
l’ecografie, ma a volte
è così difficile stare a contatto col dolore e la
sofferenza delle donne, di
chi non vuole un figlio ma lo aspetta, o di chi lo vorrebbe ma non lo
ha.
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