ONESHOTBEDIFFERENT
One shot - Be different
Las Vegas - Summer 2010
Pov Ronnie Vannucci jr
Brandon riattacca l'ennesima telefonata con Tana.
Ha un sorriso, stampato in faccia, che non mi dà scampo.
"Positivo, il test è positivo" - rivela, avvicinandosi di nuovo a me.
Stavamo
rivedendo un arrangiamento, per il suo nuovo disco da solista, per il
quale mi ha chiesto di suonare in un paio di brani.
"E sono tre ... Congratulazioni, arriverai a sei come tuo padre?" - chiedo acido, raccogliendo le mie cose.
"Dove
stai andando, Ron? E poi che sono queste domande .. " - la sua voce
è quasi scioccata, ma, per lo più, imbarazzata.
Lo punto, come una belva ferita.
Per l'ennesima volta.
E' come scesa la notte, nella mia testa; cammino lungo una strada buia e deserta, all'improvviso.
Un
attimo prima, ci tenevamo per mano ed un secondo dopo, Brandon è
sparito e con lui la luce della luna piena, così le stelle.
"Pure
e semplici constatazioni, le mie, ma a te non interessano" - lo scanso,
passandogli oltre, dopo avere indossato un giacchetto di pelle, suo
dono ed inforcato gli occhiali scuri, regalo di Lisa.
Ah, tutti mi adorano ...
"Ronnie!"
"Ronnie cosa?!" - e torno indietro, minaccioso.
Brandon deglutisce a vuoto, ma non smette di fissarmi.
"Senti Ron, ho bisogno di sapere una cosa e"
"No!"
Me ne vado.
Tre giorni dopo, California
Il quartiere di Malibu, esercita sul sottoscritto, da sempre, un certo fascino.
Ho pensato più volte di trasferirmi qui, ma non avrò mai il coraggio di farlo.
L.A. è immensa, dai quartieri alti, alla normalità della valle.
Sorseggio
un cocktail analcolico, anzi è il secondo, aspettando l'ora del
mio appuntamento con Damon, un mago dell'informatica, che ha promesso
di editare i video, del mio nuovo album.
C'è aria di tensione, nella band, così ci siamo presi tutti una pausa.
Ottima
occasione per i nostri lavori in autonomia, del resto scrivere canzoni
e proseguire gli studi, per la laurea in percussioni, sono da sempre,
ciò che mi tiene a galla e in equilibrio.
A causa di Brandon, diversamente, sarei già impazzito da un pezzo.
In compenso resisto e non accetto le sue assillanti chiamate.
A parte una. Il giorno prima.
"Ronnie non riattaccare, cazzo!"
"Ciao ... Cosa vuoi?"
"Dove diavolo sei finito, posso saperlo!?"
E' arrabbiato marcio.
"A Los Angeles"
"Da solo?"
"Che vuole dire, da solo? Cosa ti frega, Bran?!"
"Mi
frega di sapere cosa combina il mio uomo, dopo avermi piantato in asso,
perché mia moglie è incinta!" - sbraita come un'aquila,
la sua intonazione è magistrale, anche quando ci sbraniamo.
Prendo fiato; l'aria salmastra mi intossica, come questa relazione.
"Ne parliamo quanto torno"
"No, lo facciamo adesso, maledizione Ronnie!!"
Vorrei urlare anch'io, ma sono circondato da gente, che inizia a notarmi.
Un
paio di adolescenti mi hanno riconosciuto e sono prossimi a chiedere un
autografo; vedo che cercano carta e penna, nei loro zaini, ma io vorrei
sparire.
"Devo andare Brandon"
"Con chi ci sei andato? Ti prego ..." - le sue parole si inondano di lacrime.
Brandon non ha il senso della misura.
In nulla.
E' come stare sulle montagne russe.
Quando lo vivi.
Lo ami.
Lo detesti.
E ricominci ad amarlo.
Più di prima.
Sono
calmo o, quanto meno, ci provo - "Con nessuno, ok? Ti cerco appena
rientro. Ciao" - e lo taglio, sul suo "ti amo Ronnie", a cui, a volte,
provo a non dare importanza.
Inutilmente.
I
suoi messaggi successivi, li trovo persino patetici, ma poi piango,
chiuso nella stanza dell'hotel, dove il mago dei pc è appena
arrivato.
Lo raggiungo svelto e saliamo alla mia suite.
Damon è simpatico, loquace, divertente.
Lo osservo, è un bel tipo e mi fa un sacco di complimenti.
Prenoto il pranzo; è quasi l'una.
Nel frattempo, Brandon si è dato da fare.
"Ehi Lisa, ciao, tutto bene?"
"Bran
ciao, tutto ok, hai visto i nostri acquisti? Con Tana, oggi, ci siamo
divertite un sacco a prendere il corredo per Brandon jr"
"Sì, me l'ha detto ... Ecco, io, però, ti disturbo per avere notizie di Ronnie"
"Di Ronnie? ... Credevo sapessi che è a Los Angeles da lunedì"
"Sì,
questo lo so, ma non riesco a parlarci ... Sì, insomma, abbiamo
avuto una discussione, una stronzata, credimi, però volevo
scusarmi, ecco"
"Mi dispiace, ma sai com'è fatto, lo conosci bene, deve sbollire, anche se non me ne ha parlato, sembrava tranquillo"
"E' una cosa di lavoro"
"Capisco,
ecco perché l'ha tenuta per se, però, te lo ripeto,
meglio stargli alla larga: vedrai che se ne sarà dimenticato,
appena rimette piede qui"
"Lisa
per favore, è un momento delicato per il gruppo: di questo te ne
avrà parlato o no? ... Dove alloggia? Lo chiamo in albergo e se
non si fa passare la telefonata non insisto"
"Ok, ok, un attimo ... Ti mando il numero via sms. Contento?"
"Non sai quanto. Grazie Lisa."
Verso un terzo aperitivo.
Il servizio al piano è in ritardo, ma, quando avevo perso le speranze, qualcuno bussa.
Damon
esulta - "Alleluia! Sto morendo di fame" - ride, facendo un paio di
saltelli, mentre si sistema la camicia modaiola nei jeans strappati:
non ci avevo fatto caso, che, oltre a rimanere scalzo, si era messo
comodo, mentre sciorinava numeri, statistiche, opzioni di ripresa,
logorroico come pochi.
Apro come un sipario, sul suo volteggiare sopra la moquette, alta tre centimetri.
Brandon, oltre la soglia, rimane come cristallizzato: non si accorge neppure di me, a quanto pare.
E' già nel salotto, getta il trolley in un angolo, quindi affronta Damon, immaginando Dio sa cosa.
Anzi, io lo so alla perfezione.
"E tu chi diavolo sei?"
"Ciao ... Damon White ... Piacere, tu sei Flowers, Brandon Flowers, giusto? Il leader dei Killlers, wow! Piacere"
"Sì, ora ricordo, tu hai lavorato anche con Bono"
"Esatto, una figata stratosferica!"
Parla come un bimbo minchia, vorrei ridere, ma non ci riesco proprio.
Brandon mi cerca con lo sguardo lucido - "Posso parlarti un attimo Ronnie? In privato"
"Certo ... Ah il carrello dei viveri, ci pensi tu, Damon?"
E
lui, candido - "Sì, subito Ron, c'è da mangiare per un
esercito, ti fermi con noi, vero Brandon? Cosa prendi" - "Prendo Ronnie
e lo porto di là! Ok?!" - e mi afferra, buttandomi letteralmente
in camera, chiudendo la porta a chiave.
"Me lo dici tu cosa cazzo vuole da te quello stronzo!?!"
E' una furia.
Neanche mi lascia spiegare, che già mi ha sferrato sberle e calci, come un puledro imbizzarrito.
Per me bloccarlo è semplice, così come lo sarebbe fargli male.
"Sei un bastardo Vannucci, un fottuto bastardo!!" - urla, senza preoccuparsi minimamente di cosa potrà pensare Damon.
In fondo, non importa a nessuno dei due.
"Smettila Brandon, accidenti a te!!"
"Te
lo sei scopato, lo sanno tutti che è gay, lo sanno tutti!!!" -
piange, strepita, prova di nuovo ad aggredirmi, ma si ritrova sul
letto, ci rimbalza sopra, dopo una mia vigorosa spinta: è
così leggero.
E tonico.
Il suo corpo mi fa uscire di senno.
Lo sovrasto, immobilizzandolo per i polsi, sopra la sua testa spettinata e piena di confusione.
"Adesso ti dai una calmata, Flowers, hai capito?!?" - sono altrettanto incazzato, non solo per la mancanza di fiducia.
Lo
avevo tradito una volta sola, con quel tecnico del suono, cinque anni
prima, quando mi aveva annunciato le sue nozze e i progetti
genitoriali, che avrebbe realizzato insieme a Tana.
Io non centravo niente, con quel suo tanto agognato percorso.
Mi aveva tagliato fuori, senza prendere in considerazione una ben che minima alternativa.
A
me era mancata la forza di dirgli basta o di porgli degli ostacoli: del
resto, li avevo evitati a mia volta, sposando Lisa, ben prima di lui.
Passare in mezzo alle cose, era un rischio, che, vigliaccamente, non ero riuscito ad affrontare, io, per primo.
"Cristo Brandon calmati!"
"E non bestemmiare!!"
Mi
alzo di scatto, lui prova a fare altrettanto, ma lo atterro di nuovo,
crollando poi su di una poltrona, esausto, per le sue crisi, la sua
gelosia, il suo male di vivere, che non trova soluzione apparente.
"Damon
è qui per il mio disco, ok?" - spiego, provando a tornare di
là, per constatare che l'amico White è sparito.
Brandon
mi si incolla, tremante e sconvolto - "Non volevo fare casino, se solo
mi avessi detto cosa ci venivi a fare qui, se poi mi avessi dato modo
di spiegare"
"Spiegare cosa, Bran?!?" - sono io ad aggredirlo verbalmente, ora.
Mi strofino il volto, mi tiro persino i capelli, lisciandoli all'indietro, sino alla cervicale, che mi duole dal mattino presto.
"Ronnie stammi a sentire"
"No
..." - ora parlo piano, come se neppure io volessi ascoltarmi - "No,
Brandon ... Dammi il tempo di metabolizzare, del resto è
già capitato due volte ... E io sono stanco, di troppe cose"
Raramente mi commuovo, ma il nodo alla gola, mi sta soffocando.
Brandon Flowers riesce a distruggere la mia autostima, il raziocinio, con cui accetto gli eventi, da quando sono al mondo.
Un mondo, che, senza di lui, non avrebbe senso, ma che, con lui, attualmente, mi logora e mi svilisce.
"Cosa dovrei fare, Ron? Chiedere a Tana di abortire, per farti contento?"
Forse
è una provocazione, cattiva per giunta, forse una semplice
idiozia, ma lo schiaffo, che gli mollo su quel viso bellissimo, sembra
come deflagrare, tra le nostre figure, tese e speculari.
Il mio cuore è spezzato, deluso.
E,
specchiandomi negli occhi di Brandon, capisco che siamo il riflesso
l'uno dell'altro, quando riusciamo a ferirci, come nessuno.
Las Vegas, at home again ...
Lisa mi ronza intorno, come uno di quegli aerei radar, mandati a sondare un uragano, sopra l'oceano.
"Mangiamo qualcosa, Ronnie?" - chiede, finalmente.
Sto correggendo bozze, prendo appunti, scrivo, cancello e riscrivo.
"Sono le tue memorie, amore?" - sorride, affiancandomi sul divano.
"No, è una canzone ..." - sbuffo - "... Comunque non ho molta fame"
"Ti senti poco bene?"
"No, Lisa" - mi stiracchio - "... Ho qualche pensiero, ma è tutto a posto"
"Pensiero su cosa o su chi?" - indaga, con tono affettuoso.
"Ma, sul futuro, su ... Su nuovi ingaggi" - improvviso.
"Molli i Killers?" - è stupita.
"No, ma non si sa mai: mi sto guardando in giro"
"Mica finiremo a Los Angeles?"
"E perché no? Magari anche tu avresti nuove prospettive, qui sei sprecata, ecco"
"Sarà,
ma lavoro in un bel team, sono a mio agio Ronnie, però forse tu
non lo sei più tanto, con Brandon, vero?"
Il mio stomaco si alleggerisce e poi contorce, al solo sentirlo nominare.
"Perché scusa?"
"Avete litigato, me l'ha detto lui, ti cercava, sembrava un po' matto" - ride, alzandosi, per versarci da bere.
"Tutto chiarito, ma sì, in effetti, ci siamo presi una pausa, siamo troppo nervosi, per la band"
"Sicuro?"
E'
come un felino, astuto, ma Lisa non ama i giochetti, questo l'ho
imparato, semmai non vede l'ora di rivelarmi una sua elucubrazione.
"Certo, ma che c'è per cena?" - provo a svicolare.
Stupidamente.
"Ronnie, io mi sono fatta una certa idea su Brandon, ok?"
"Sentiamola ..."
Ritorna ad accomodarsi.
"Sarà pure sposato e con figli, ma sai, ho sempre pensato fosse gay"
"Gay? Brandon?"
"E per giunta è cotto di te." - sospira "Non l'hai mai preso in considerazione, questo fatto?"
Provo
a guadagnare l'uscita del living, ridendo isterico - "Oh cavoli, questa
gliela dovrei raccontare, si farebbe anche lui due risate, Lisa"
Lei mi segue - "Guarda che non sono gelosa, se gli piaci, mica posso impedirlo, però"
Mi giro di scatto - "Però?"
Lei
prende un lungo respiro - "Vedi Ronnie, certe persone, sono come dei
parassiti: si attaccano a noi, facendoci credere di amarci e persino di
rispettarci, ma poi, sulla distanza, rivelano i loro limiti ... E tu mi
sembri condizionato, da lui, dai suoi malumori, dai suoi capricci,
dalle sue ossessioni e se ho ragione, come credi che viva, Brandon?
Quali angosce possono attanagliarlo, se è entrato in un abito
troppo stretto, solo per accontentare la sua bella comunità di
mormoni?"
Sono
spiazzato e vorrei raccontarle certi episodi, non recenti, ma neppure
così distanti, da poterli archiviare o sotterrare, in un
giardino, che rimarrà incolto e senza fiori.
"Brandon
ha avuto i suoi inferni, ma io ho cercato di aiutarlo e lui mi è
stato riconoscente ... Ci vogliamo bene, questo non muterà mai,
nemmeno se ..."
"Nemmeno se?" - mi sorride.
"No, niente." - e mi dileguo, per una doccia.
Sono sudato e saturo.
Di preoccupazioni e angoscia, all'apparenza irreversibili.
Brandon mi scrive ogni giorno, da più di una settimana.
Tana è capitata da noi, per uscire con mia moglie, ma io ho evitato di incontrarla.
Una
volta tornate, Lisa mi ha confermato lo stato d'animo del mio "amico
del cuore", lo definisce così, provando a ironizzare, ma senza
malsani pregiudizi.
"Magari organizziamo una cena, a quattro, anche fuori" - propone timida.
"Tranquilla,
domani torno in studio, a registrare quei due singoli di Brandon: se mi
prendo un impegno, lo onoro, a qualsiasi costo"
"Perfetto" - approva lei, più serena.
Già, perfetto.
Entro, piuttosto trafelato, in quell'ambiente saturo di bei ricordi e promesse, non sempre mantenute.
Sembra deserto, se non fosse per la presenza silenziosa di Brandon, al pianoforte: appena mi vede ha come un guizzo.
E' radioso, nel suo sorriso di benvenuto.
"Ronnie!" - mi corre incontro, gettandomi le braccia al collo, senza alcuna corresponsione altrettanto coinvolta, da parte mia.
"Dove hai messo gli spartiti?" - chiedo sgarbato, scrollandomelo di dosso, senza togliere i miei Ray-Ban.
Ho
alzato tutte le difese possibili e oltre modo insufficienti, a
impedirmi di avere le pulsazioni a mille, al solo sentore del suo
profumo.
Brandon
ha un nuovo look: si è fatto crescere la barba, ha accorciato i
capelli, sta benissimo, così come nel suo giubbino di denim blu
scuro, un vero incanto.
Devo
controllarmi, per non portarlo da qualche parte, azzerando il cuore e i
pensieri, se non quelli concentrati a farlo venire, senza sosta, per
ore, come è mia abitudine.
Lo nostra intesa sessuale è, a dire poco, magnifica.
"Eccoli ..." - e mi porge dei fogli, pieni di note, ma anche scarabocchi e faccine, su quasi ogni pentagramma.
"Ma cos'hai Bran, quattro anni? Come li hai ridotti?" - sbotto severo.
Mi fissa, non risponde, poi torna alle tastiere e recupera altro materiale, presumo io; invece sono delle foto.
Polaroid.
"Vo volevo mostrarti queste" - Brandon balbetta, quando è agitato e ora lo è parecchio.
Nelle
istantanee ci sono io, con i suoi bimbi: in una provo ad insegnare ad
Ammon qualche nota, nelle altre gioco sulla spiaggia con Gunnar.
Nell'ultima, noi quattro, lui, io e i suoi eredi.
Siamo felici.
Le aveva scattate Lisa, se non rammento male.
"Questo come lo chiamerai?" - domando, togliendomi gli occhiali.
Lui
esita, poi inspira, buttando poi fuori l'aria, che sa di menta - "Henry
... Henry Brandon, forse, insomma Junior, per Tana e anche Lisa,
già lo chiamano così"
"Beate
loro" - e provo a raggiungere la mia postazione - "Dove cazzo sono
finiti gli altri, non dovevamo trovarci per le nove?" - chiedo
scocciato.
Brandon mi blocca, alle spalle, stringendosi a me, incrociando le braccia ad X, intorno al mio busto smagrito.
Ho perso cinque o sei chili, in questi giorni lontano da lui; anche mangiare mi dà noia.
Mi
libero, uscendo sulla terrazza; c'è vento, un bel sole, dovremmo
stare bene, invece siamo pronti a massacrarci, lo percepisco come
qualcosa di non rimandabile.
Artiglio la balaustra, provo a ossigenarmi.
Lui
ripete il gesto di prima, come se fosse un naufrago ed io l'unica
tavola, scheggiata di dolore e delusione, con cui spera di salvarsi.
"Ron ... Ronnie, non ... Non lasciarmi"
Quante volte l'avrà ripetuto, in dieci anni, circa?
"Ho
rispetto per Tana, per i sacrifici, che ha affrontato, da quando ti
conosce, sai?" - esordisco, con tono fermo - "Ti ha sempre creduto e ha
fatto ciò, di cui tu avevi bisogno: per lei non saprei, ma
l'amore ci fa cadere in errori, spesso madornali" - mi giro, brandendo
i suoi polsi.
"Ronnie"
"Cosa volevi sapere, l'altra volta? Del perché non ho figli?"
"Ron io"
"Già,
chissà in quanti se lo chiedono: Ronnie Vannucci, venduto in
certi articoli della stampa, come un gran seduttore, di donne ovvio" -
rido molesto - "Cazzate! Vero, Brandon?" - ruggisco.
"Ronnie, ma di cosa stai parlando ..."
"Di
me! Di come siamo diversi, tu ed io! E di come sono diverso, da tanti
altri uomini, incapace di amare le donne e di volere dei figli! La mia
vita è già fatta di abbastanza menzogne e ipocrisia:
diventare padre sarebbe la peggiore! Sei contento, ora, che lo sai?!"
Si
ammutolisce, poi mi abbraccia, di slancio, con così tanto amore
e rammarico, nella voce, nel suo stesso respirare, da commuovermi
ulteriormente.
"Tu
sei una persona straordinaria, rispetto le tue scelte e vorrei tu
facessi lo stesso con le mie, cercando di capirmi e non giudicarmi,
senza pietà, Ronnie!" - afferma deciso, avvolgendomi gli zigomi
roventi, con le sue dita affusolate e lisce.
Prendo di nuovo le distanze, ma non sto fuggendo.
Gli do ancora le spalle, sorrido, sentendo due lacrime volare via, tra l'aria e la sabbia del Nevada.
Presto le seguirò.
"Per
quanto possa valere, un figlio l'ho desiderato, ma non con Lisa. Un
figlio, anzi, una bambina, io la volevo insieme a te, Brandon.
Perché io amo te. Te e nessun altro."
"Ronnie" - prova ad avvicinarsi.
"No, non toccarmi Bran ... Non farlo mai più ... E' finita. E' davvero finita."
Mi allontano, vedendo riflessa nelle vetrate, la sua immagine cadere in ginocchio, lo sguardo vitreo.
L'ultimo pianto, precipitato, forse, in fondo alla sua bellissima anima.
Mi sono preso una vacanza, con Lisa, alle Barbados.
Mi
annoio a morte, però non potevo rimanere in città, con il
timore, lo ammetto, di qualche rappresaglia o scenata, da parte di
Brandon.
Invece sembra sparito; non mi cerca, ma so che sta bene dai messaggi scambiati tra le rispettive consorti, sempre in contatto.
Lisa non indaga più di tanto, anche perché ho esaurito la conversazione, con un laconico - "Siamo
tutti in pausa, ci voleva, dobbiamo capire cosa fare del progetto
Killers, meglio rifletterci" - "Sì, certo Ronnie, ma con
Brandon, altri problemi?"
"No, tutto risolto."
Bugie, sempre odiose bugie.
Arriva
una e-mail del nostro agente: si tratta di un'ospitata in uno show,
dall'audience piuttosto importante, in quel di Londra, ma con un
seguito a livello internazionale e, soprattutto, americano, degno di
nota.
"Cavoli, bella occasione Ronnie"
"Sì Lisa ... Preferirei farne a meno, visto il periodo"
"Qui
c'è scritto che gli altri sono d'accordo e poi quel Ross ci sa
fare" - puntualizza lei, scorrendo veloce il comunicato sullo schermo
del mio portatile.
"Ok, ci andrò, contenta?"
Lisa mi scruta - "L'essenziale è che tu sia contento, Ron"
Mi dà un bacio e se ne torna in spiaggia.
Contento io? Vorrei esserlo, almeno una dannata volta e non per finta.
London, in September 2010
Stavolta sono già arrivati tutti.
Ho
preso il volo successivo, rispetto a Dave, Mark e Brandon, onde evitare
di trascorrere con lui tante ore, durante la traversata atlantica, ma
appena lo intravedo nei camerini, qualcosa mi avvampa dentro, facendomi
provare persino nausea, per la tensione.
Brandon si è rasato, come del resto io, che, però, ho mantenuto i baffi.
Lui
ha tagliato anche quelli, sembra un ragazzino, dalle movenze
nevrotiche, specialmente quando ci confinano in uno studio, adiacente
quello della diretta, sopra ad un divano, dove cazzeggio, senza
rivolgere la parola praticamente a nessuno.
Ho bevuto abbastanza per provare distacco, ma resto lucido, anche se i colleghi iniziano a guardarmi un po' storto.
Brandon viene chiamato da Ross, unicamente lui sarà intervistato direttamente.
Un pubblico, quasi del tutto femminile è in delirio.
Noi
interagiamo al minimo, ma a me va bene così, figurarsi a Dave e
Mark, che ci sono venuti quasi per forza e per rispettare certe
clausole contrattuali, per me fonte di divertimento, sino a poche
settimane prima, come interviste e partecipazioni in radio e tv.
I
quesiti sono sempre gli stessi, poi Ross va sul privato e parla di
paternità, Brandon annuisce, schivo, confermando a bassa voce di
avere in arrivo il terzo figlio.
Ross non insiste, cogliendo il disagio del mio ragazzo ...
Perché
lui è questo e rimane tutto ciò che voglio: io non ho
cambiato idea e sarebbe assurdo illudermi sul contrario.
Piovono applausi e gridolini di approvazione.
Che marito e papà perfetto
Mi sento mediocre, nel dileggiarlo mentalmente: sono rigido, ma giocherello con le bacchette, mi aiuta sempre.
O quasi.
L'esibizione fila liscia ed io filo via veloce, appena le luci del palcoscenico si spengono.
Sbaglio
corridoio, poi trovo quello principale, vedendo, nel mezzo di una
confusione non indifferente, Dave e Brandon intenti a parlare, occhi
negli occhi.
Dave ha fondato i Killers, con Bran, che aveva risposto ad un suo annuncio.
Molta gavetta, poi il successo, tutto troppo in fretta.
Come innamorarsi, per noi due.
Quasi
li dribblo, non senza capire che Dave lo sta consolando; ha sempre
avuto maniere dolci e fraterne, nei riguardi di Brandon.
Vorrei
sapere cosa gli ha raccontato, ma non ho voglia di discutere; purtroppo
Dave mi intercetta agli ascensori e scendiamo insieme.
"Dove alloggi, Ronnie?"
"Al Savoy, tu no?"
"Ripartiamo subito, con Mark"
"E Brandon?"
"Non
ne ho idea e neppure lui, a quanto pare ... Posso sapere cosa è
successo tra di voi? Lui non me l'ha voluto spiegare, ma l'ho trovato
peggiorato"
"In che senso peggiorato?" - siamo nel parcheggio dei taxi.
Dave mi osserva, prima di salire in auto con Mark, già a bordo.
"Durante
il volo ha mangiato poco, poi è sparito nella toilette, quindi
è tornato a sedersi, pallido e sudato ... Con il suo spazzolino
preferito"
"Smettila
cazzo!! Bran non le fa più certe cose, siamo anche andati in
analisi, noi due almeno, perché tu e Mark ve ne siete fregati
anche in quel caso, di risolvere i problemi di tutti quanti!" - tuono
iroso.
"Brandon
ha iniziato nel peggiore dei modi l'anno, con la morte della madre, poi
ha ritrovato il sorriso, a luglio, grazie a Tana e alla sua gravidanza,
ma torniamo dalle vacanze e me lo ritrovo così: possibile tu non
sappia niente, visto che gli stai incollato sempre come un
francobollo?!" - polemizza, irritante.
"Quindi la colpa sarebbe mia, secondo te?!"
Dall'ombra
spunta Brandon, con due assistenti di Ross, intenti a porgergli omaggi
e fiori, da parte dei numerosi fan, accorsi al programma.
Io sparisco.
Letteralmente.
E' il temporale a svegliarmi, nel mezzo della notte.
La
suite è elegante, a me piace il lusso, in certi casi, tanto
è la produzione di Ross a pagare tutto e lui, in fondo, mi sta
sul cazzo, per come guardava Brandon.
Sento un rumore, una sorta di tonfo, poi un lieve bussare.
Mi fiondo alla porta, con uno strano presentimento, a divorarmi il cervello da ore.
La spalanco.
Brandon
è lì, sul pianerottolo: ciondola, un sorriso ebete, a
deformargli l'espressione, più che sofferente, mentre, in pieno
affanno, prova a dirmi qualcosa di incomprensibile.
Infine crolla, tra le mie braccia, che lo sostengono, quanto le mie urla, affinché non si addormenti.
Gli
cadono una bottiglietta di vodka, ormai vuota ed un tubetto di farmaci,
che mi sembrano tranquillanti, poi le sue mani si aggrappano a me, che
lo trascino in bagno e gli infilo due dita in gola.
"Cos'hai fatto Brandon, cosa cazzo hai preso!?!"
Sono disperato. Almeno quanto lui.
Riesce
a liberarsi di tutto, mentre lo conforto, togliendogli il giubbotto con
quelle piume assurde e la camicia, imbrattati del suo sfogo.
"Vieni,
andiamo di là ... C'è del caffè, lo scaldo e te lo
bevi tutto, ok? Al diavolo le tue regole da mormone" - gli sussurro,
immaginando l'emicrania, che lo sta uccidendo.
Brandon
resta zitto, ma non smette di guardarmi e, appena gli torno vicino,
dopo averlo sistemato su di una poltrona, si stringe a me,
sciogliendosi in un pianto composto, dignitoso.
"Non sapevo dove andare ... Volevo solo"
"Non
dirlo nemmeno per scherzo, accidenti!" - mi altero, pensando alle
conseguenze di quel gesto, se non fosse venuto a cercarmi, se avesse
perso i sensi, in qualche angolo buio, soffocando durante una crisi di
vomito.
"Ronnie, quante cose devo farmi perdonare ...? Scusami"
Lo avvolgo, prendendolo poi in braccio.
"Andiamo a dormire ... Tu devi solo stare bene, ok?" - gli mormoro con tenerezza.
"Ron"
"Io ti amo Brandon ... Non ho mai smesso"
Lo spoglio, lasciandolo in boxer e maglietta, come me.
Lui
me li toglie, baciandomi nel collo, scendendo sino al mio inguine e poi
resta nudo, mentre risale - "Mi sei mancato così tanto Ronnie"
Forse siamo satelliti, di una luna, sulla quale non riusciamo ancora a scendere.
Forse
siamo pianeti, spesso sul punto di collidere, ma che riescono
unicamente a sfiorarsi, in un moto perpetuo, faticoso, estenuante.
Eppure
nei suoi occhi, adesso, io vedo un tappeto di stelle, su cui posarmi e
recuperare le forze e la fiducia, nel nostro legame.
"Ron ... Ronnie lì"
"Lo
so amore ..." - ansimo, inclinando il suo corpo, incastrato nel mio, di
quel poco che basta a entrambi, per godere a pieno, di un orgasmo, che
si rinnoverà più e più volte, sino all'alba.
Prima
di addormentarsi, avvinghiato al mio corpo, nonostante sia esausto,
Brandon riesce ad emozionarmi ancora - "Se solo fosse possibile, vorrei
avere anch'io la nostra bambina, Ronnie ... La desidero, almeno quanto
te, sai?" - e si assopisce.
Sereno.
Lisa è passata a prenderci all'aeroporto.
Sediamo dietro, canzonandola sul fatto, che ci farà da autista sino a casa di Brandon.
Le
raccontiamo dell'Inghilterra, di Ross, della pioggia e del clima
britannico, compiacendola con dei regali, da parte di entrambi, presi
al duty free di Heathrow.
"Arrivati ..." - Brandon lo dice in un soffio.
"Ti accompagno, prendo i bagagli" - e mi affretto a scendere.
Lisa arriccia il naso, seguendo le nostre mosse: Bran ha solo un trolley.
Ci fermiamo a metà del vialetto di entrata: Brandon mi precede, si volta e mi abbraccia.
Lo
avvolgo, accarezzandogli la schiena, poi i capelli, la mia bocca
affondata nel suo collo - "Stai meglio, vero?" - anche la mia voce
è flebile, ma satura di affezione e rispetto.
"Sì" - e annuisce, tornando a guardarmi.
"Muoio dalla voglia di baciarti, piccolo"
Brandon mi accontenta, ma solo sulla guancia destra.
"Ti
amo Ronnie ... Non ho mai smesso" - mi sorride, in un rinnovato
splendore - "Come vedi, non siamo così diversi, amore."
The End
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