Buonasera! Un'altra storia di dolore è stata scritta dalla
qui presente autrice, qui il motore della storia sono i sentimenti del
giovane protagonista.
Ho scritto questo testo perchè ci sono molto giovani che
rovinano la propria esistenza dietro queste corse e, talvolta,
finiscono per ricoprirsi di crimini più grandi, come il
protagonista.
Che altro dire se non.. buona lettura! Mi auguro che a qualcuno piaccia.
Bacioni a chiunque legga cucciolotta92
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La velocità è il nostro sogno, il nostro
paradiso, sentire il vento sferzare il proprio viso è una
cosa splendida.
Quando senti l'aria che accarezza e nel contempo sferza il tuo corpo ti
puoi tranquillamete immaginare di essere in un altro mondo, dove non
esistono leggi, nè legami di alcun genere, dove l'unica cosa
importante è continuare a correre e sentirti libero, padrone
di te stesso.
Ma anche se ciò ci fa sentire incredibilmente lontani dai
problemi e dai dolori, spesso è solo per ingannarci e
portarci via tutto ciò a cui teniamo.
L'ho scoperto il mese scorso, e credo non lo dimenticherò
mai.
Capitolo 1: Quando l'odio mi avvolse.
Sono Andrea Conte, 22 anni e con il mio migliore amico adoro le corse
clandestine, ancora meglio se in montagna dove ogni curva ti riserva
un'adrenalina pura, oggi è il 12 aprile e la storia che sto
per raccontarvi è accaduta l' 11 marzo.
Come al solito stavamo discutendo di motori davanti ad un boccale di
birra senza notare nè farci notare dagli altri clienti del
bar dove attendevamo gli altri concorrenti della gara.
Dopo appena dieci minuti entrò la ragazza più
bella che avessi mai visto, capelli lunghi e ramati con boccoli sulle
punte perfettamente modellati, giubotto in pelle e pantaloni in stoffa
aderenti. Chiuse la porta del locale e si girò muovendo
quella splendida chioma che già mi aveva rapito, mostrando
uno sguardo fiero e consapevole di quale splendore fosse. Non vanitosa,
non oca, solo consapevole degli effetti che provocava all'altro sesso.
Credo che passai un paio di minuti ad osservarla mentre si muoveva
perchè Thomas, il mio amico, mi scosse dalla trance in cui
ero caduto e mi disse che era ora.
Ci muovemmo lasciando sul tavolo i soldi delle birre, subito raccolti
dalla cameriera che con fare professionale ci augurava "Buona serata".
Fuori l'aria era fresca e nel cielo si poteva vedere la via lattea,
cosa impossibile in città, ma lì eravamo in un
piccolo paesino di mare, poco frequentato e con meno illuminazione di
una strada di campagna deserta. Per un attimo chiusi gli occhi
crogiolandomi nella sensazione di pizzicorio che quella temperatura
trasmetteva alla mia pelle, ma subito tornai alla realtà
seguendo Thomas che aveva l'abitudine di non soffermarsi sui dettagli.
Quel giorno era più rilassato del solito, fischiettava
mentre camminavamo sul ghiaino e non badò nemmeno per una
volta alle sigarette nella tasca del cappotto, cosa strana dato che di
solito se ne fumava sempre un paio prima delle corse.
Avrei fatto meglio a considerarlo un avvertimento, ma al momento non ci
badai, poche ore prima aveva ricevuto la notizia che suo figlio era
nato e stava già pensando al suo ritorno dalla moglie.
Raggiungemmo le moto, rigorosamente Honda, le nostre preferite e con
scioltezza vi salimmo.
Dopo aver fatto rombare i motori partimmo come scheggie verso il
pontile, dove si sarebbe svolta la gara.
Inizialmente non ci pensai, ma poi mi resi conto che quella ragazza
aveva l'abbigliamento per le moto e mi chiesi se avrebbe partecipato.
Il pontile era silenzioso e buio come tutto il paese, ma gli
organizzatori avevano già sistemato dei faretti verso la
fine per impedire che qualcuno finisse in acqua mandando a farsi
fottere la moto.
Thomas scese e si avvicinò agli organizzatori mettendosi
d'accordo per il compenso, dopo poco mi fece cenno di avvicinarmi.
Senza casco e con un po' di timore mi avvicinai, sperai che non fossero
di nuovo dei poliziotti in incognito,già una volta ci
avevano quasi presi e farsi vedere bene in faccia non è il
massimo, nemmeno se poi riesci a scappare. Ma per fortuna non era nulla
del genere.
Avremmo dovuto correre contro una nuovo coppia, gli ultimi de erano
stati presi dalle forze dell'ordine, questi erano due omoni palestrati
con nomi talmente simili che possiamo chiamarli indicativamente Ork e
Dork, come nel cartone tommy e oscar.. in effetti assomigliavano molto
a quei due scimmioni.
Thomas era un po' perplesso, non li aveva mai visti nè ad
assistere, nè a partecipare ad alcuna gara ed era strano che
fossero principianti, ma io lo rassicurai e lo spinsi ad accettare la
sfida che, strano ma vero, vedeva un compenso più alto del
solito.
Ci avviammo alla linea di partenza, con i motori accesi ed i
caschi indossati ci guardammo, iniziavamo a sentirci a disagio, erano
troppo calmi i nostri avversari.
Una ragazza si mise in mezzo al pontile... e diede il segnale, come
frecce partimmo solo un nanosecondo dopo che la spilla luminosa della
ragazza toccò terra, subito sentii il naturale at6trito
dellamoto on l'aria, ma si dissolse in un istante, e imentico di ogni
preoccupazione e problema corsi verso l'obbiettivo: il paletto con
cartarifrangente che segnava la fine della corsa.
Il mio errore fu proprio la mia abitudine marcia di dimenticarmi del
mondo che mi circonda, tranne quando qualcuno cerca di venirmi addosso,
come molte volte accadeva.
Sin da bambno dimostrai una certa abilità nel controllo
della moto, "Devi diventare pilota. Sarai un mito di sicuro!". Questo
mi diceva mio padre, ma prima del mio debutto morì in sella
alla sua Yamaha, anche per questo non prenderò mai quelle
moto, mi ricorderebbe troppo la vista del suo corpo fracassato dal peso
del mezzo.
Arrivai alla fine del pontile in meno tempo di quanto mi aspettassi, ma
non vidi nè sentii Thomas, e mi voltai.
Non lo vedevo, ma non era possibile dato che ero nell'unico punto
luminoso di tutto il pontile, così girai la moto e
ripercorsi il tracciato all'indietro, dei due scimioni nemmeno la
traccia, idem per gli organizzatori, ma lui lo vidi a terra,
sanguinante e senza casco con il cranio fracassato dalla moto, a quanto
pare aveva perso il controllo contro uno dei paletti fissati da quei
tizi per impedirci di cadere in acqua. Subito mi sembrò
impossibile, chiamai un'ambulanza e i medici di primo soccorso, dissi
che c'era un ferito da corsa clandestina e mi dileguai, volevo stargli
vicino, ma dovevo trovare quesi bastardi che l'avevano ammazzato. Si,
perchè ero sicuro che non si sarebbe svegliato da quel letto
di ospedale, anzi, temevo che non ci sarebbe nemmeno arrivato vivo. Ma
me l'avrebbero pagata, me l'avrebbero pagata con gli interessi.
Fu quella notte che, per la prima volta in tutta la mia vita, l'odio mi
avvolse il cuore e la mente.
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