Il fiero pasto

di The Blue Devil
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Sinceramente, non ho idea a chi appartenga il © di questa alquanto oscena "cosa".
 
Buona lettura
 

 
IL FIERO PASTO
 
Nel mezzo del cammin pel suo castello, lo straniero si ritrovò sbarrata la strada da tre belve, ognuna aliena all’altra, d’aspetto feroce e periglioso. Elli arrestò il suo passo.
La prima gli si rivolse:
«Tu per questa via non passerai».
Ed elli a essa:
«Non mi puoi arrestare in loco; devo entrare nella selva oscura».
La seconda fece motto:
«E cosa cerchi, straniero, in codesta selva oscura?».
Elli rispose:
«Nella selva oscura cerco la mia bella che, questa mane, la diritta via avea smarrita».
La terza emise un potente ruggito.
La prima ripigliò:
«Sei disposto tu, straniero, a lasciar ogni speranza al principiar della selva?».
«Non ho cognizione di ciò che affermi».
La seconda incalzò:
«Per noi si va nella selva dolente, per noi si va tra la perduta gente; lasciate ogni speranza o voi ch’entrate! Lascia ogni speranza o tu che vuoi entrare! Ma se lo farai, rammenta: ascolta la tua guida».
«Comprendo. Sarà il mio impegno».
La terza emise un potente ruggito.
Poi, tosto le tre belve lasciarono il passo allo straniero.
Elli s’arrestò un attimo, impaurito, ché le belve parvero farglisi all’intorno. Ma udì nella sua testa una voce:
«Non ti curar di lor, ma guarda e passa».
Così fece e nulla gli accadde.
Entrato che fu nella selva oscura, avanzò di passo, ma tosto s’arrestò una volta ancora, avendo osservato un’orribile scena. Lo spezzarsi di un rametto al di sotto dell’incauto piede, rivelò la sua presenza ad una quarta orrenda bestia, bianca per l’antico pelo, che la bocca sollevò dal fiero pasto, forbendola a' peli del manto ch'ella avea di retro guasto. Ella stava a guardia del guado d’una fluente riviera.
«Cosa ti porta ad arrecarmi disturbo, straniero?».
Elli sguainò la lama e si avanzò, ma tosto tornò a rinfoderarla.
«Il tuo fiero pasto… mi parea che tu avessi guastato la mia bella. I miei occhi non furon veritieri: è un coniglio».
«Vorresti appropriarti del mio fiero pasto?».
«No. Voglio ritrovar la mia bella. Ti dissi che i miei occhi furon menzogneri».
«Allora passa oltre, va’, ma per altri porti verrai a piaggia, non qui».
«Non ti crucciare, vuolsi così le tre belve a guardia del principiar di codesta selva oscura. Lasciami il passo e di più non dimandare».
La bestia tornò al suo fiero pasto ed elli passò, posando piede sulla riva all’opposto loco.
Lo straniero si fece strada a colpi di lama, sotto la volta di verzura, tra rovi spinosi e d’ogni tipo che si ergevan a sbarrargli il cammino.
D’un tratto la vide, beata e bella.
«La tua beltade m’acceca, il tuo profumo m’inebria; sei dolce, sei tenera, sei profumata; vieni meco al mio castello, un lauto banchetto attende».
La prese per mano e la condusse al di fuor di quella selva, ma solo dopo tanto cammino ascoso senza curarsi d’alcun riposo, passato un pertugio tondo, usciron a riveder le stelle.
 
Un giovane uomo stava sonnecchiando nel giardino del suo castello – parea un ch’avesse mangiato a sazietà ed ora, in pace, oziava contento – quando sulla soglia del caseggiato principale, apparve un tizio, abbigliato a guisa di gran cuoco:
«Principe, mi avete fatto cercare?».
«Dimmi cuoco. È avanzato qualcosa del fiero pasto?».
«Una coscia, sire, tenera e profumata».
«Oh, sì, che pasto beato e bello, dolce, tenero e profumato… riponila nel congelatore, me la papperò domani».

 
FINE
 
 
© 2022, The Blue Devil
 
 
Chiedo venia al Sommo Poeta e m’accingo ad espiar i miei peccati (cioè mi preparo alla fuga!).




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