Amore all'Overtime

di Snow_tulip
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Mi torturo le dita fissando il telefono. Non so perché mi sia proposta come stagista dell’ufficio stampa della Vulnus, né perché abbia assecondato la mia folle idea.

O meglio, un motivo c’è: sono sempre stata una super tifosa della Vulnus e per me poterci lavorare sarebbe un sogno.

Entro oggi mi sarebbe dovuta arrivare una risposta, quindi da stamattina non stacco gli occhi dal telefono. Mi sto illudendo? No, sto pregando tutte le divinità del pianeta che possa accadere l’impossibile.

So di non avere molte chance, perché sto ancora frequentando l’università. Chi mi assumerebbe senza neanche una laurea?

Il telefono vibra, ma è un messaggio. Lo sblocco per leggere che Alice, una delle mie coinquiline, è passata a comprare il detersivo dei piatti che stava finendo.

Sbuffo: non era esattamente la notizia che attendevo.

«Tesoro, ancora nulla?» La voce di Arianna mi sorprende, facendomi trasalire. È appena apparsa sulla soglia della cucina e mi guarda compassionevole. «Se non ti chiamano, cambi squadra!»

Sorrido, nervosa. Lei e Alice sanno quanto ci tenga, non parlo di altro da giorni.

Arianna si avvicina alle credenze ed estrae il bollitore. Lo riempie con l’acqua del rubinetto e lo accosta alla macchinetta del caffè. Per fortuna ci sono le cialde, perché nessuna di noi è brava a farlo.

«Ele, vuoi una tisana rilassante?»

Annuisco, più per inerzia che per convinzione. Non sono mai stata una persona da tisana, ma Arianna sta solo cercando di aiutarmi. E lo apprezzo: lei e Alice sono due perle rare sotto questo aspetto.

Inspiro ed espiro profondamente, tornando a guardare lo schermo bloccato del telefono.

Tutto tace per alcuni minuti, salvo il suono del bollitore che gorgoglia e quello delle tazze che Arianna sta disponendo sul tavolo di fronte a me.

La porta di casa si apre, ma non devo voltarmi per sapere che Alice sta per inciampare – come sempre – nel portaombrelli.

«’Sto cazzo de coso, ‘tacci sua!»

Arianna a stento trattiene una risata, scoprendo gli incisivi da coniglietto. «Ali, vuoi una tisana anche tu?»

«Sì, corretta!» Alice entra in cucina e si infila nel poco spazio tra Arianna e la credenza per mettere a posto il detersivo sotto il lavello. «Non ti hanno ancora assunta?»

Mi scuoto appena, sentendomi chiamata in causa. «Non è detto che lo facciano.»

«Senti, zì, sei preparata. È un lavoro nuovo ma, cazzo, tutti lavori lo sono all’inizio… Non possono pretendere che tu sia già superesperta!»

«Se cercassero qualcuno di superesperto, sarei fregata.»

Alice non può replicare, perché il fischio del bollitore ci avverte che l’acqua al suo interno è bella calda e pronta da versare nelle tre tazze.

Arianna tira fuori il barattolo dello zucchero e Alice tre cucchiaini, mentre io mi limito a guardarle, incapace di fare qualsiasi cosa. Me ne sto seduta come un’ameba ad aspettare che dalla Vulnus mi facciano sapere qualcosa. Qualsiasi cosa.

Anche un “Grazie, ma di una laureanda in Lettere ce ne facciamo ben poco!”, purché sia qualcosa. Persino un rifiuto sarebbe meglio del silenzio.

«Sei sicura che ti abbiano detto proprio entro oggi?» Arianna apre la bustina blu di una tisana, e la immerge nella mia tazza.

«Sì, entro mercoledì devono trovare qualcuno perché domenica c’è la prima partita di Supercoppa.»

Alice mi sorride. «Incrociamo tutte le dita per te.»

 

Alla fine dell’allenamento, il coach Colucci ci guarda negli occhi a uno a uno. Andrea Fabbriani tenta l’ennesimo tiro da tre, poi lascia che il pallone rotoli sul parquet fino a toccare il muro e lo va a raccogliere.

Mi tolgo il sudore sulla fronte con un asciugamano, seduto su una delle panche al fianco di Léo Leroux, che sta fissando “il Fabbro” come ipnotizzato. Starà cercando di capire perché quella palla finisce sempre dentro il canestro.

Darei anche io quello che non ho per tirare da tre con le sue percentuali.

Andrea è tornato la scorsa estate dall’NBA, dove ha giocato con i più grandi del pianeta. È tornato alla Vulnus, squadra della sua città, a fine carriera. Ma finché tira in quel modo, nessuno farà troppo caso all’età.

Leroux è arrivato pochi giorni fa, per rimpiazzare uno dei ragazzi che si è infortunato e che salterà quasi tutta la stagione.

Nikola Tomic mi fa un cenno, seduto sulla panca di fronte a noi, attaccata all’altra parete della palestra. Con la testa mi indica coach Colucci, che sta dicendo qualcosa a Filippo Longo per fargli abbandonare i suoi tiri da tre, poi entrambi si voltano verso di noi e l’allonatore ci fa cenno di alzarci in piedi e ci mettiamo a cerchio intorno a lui.

«Allora, ragazzi, l’hanno scorso abbiamo sfiorato la qualificazione in Eurolega e anche la possibilità di giocare la finale scudetto. Quest’anno dobbiamo arrivare in finale, quantomeno. E in Europa dobbiamo fare quello step in più, da Eurocup a Eurolega. Ci siamo capiti?»

«Sì!» urliamo in coro. Puntiamo le mani in alto verso il centro, e le uniamo in una presa stretta e solida. Poi la sciogliamo e ci diamo qualche pacca, qualcuna sulle spalle, qualcuna sul culo. Come sempre.

 

Il tavolo è sparso di briciole di biscotti, i filtri delle tisane sono comodamente adagiati dentro un bicchiere e Alice si sta cimentando in una divertente imitazione dell’insegnante di tedesco che aveva al liceo.

Vorrei averla conosciuta prima, così come vorrei aver conosciuto prima anche Arianna. Quando abbiamo iniziato l’università ci siamo ritrovate nello stesso corso, poi abbiamo trovato un modo per vivere insieme, approfittando delle ex coinquiline di Arianna che dopo essersi laureate hanno lasciato l’appartamento.

Senza di loro, le mie giornate non sarebbero la stessa cosa. Tre studentesse fuori sede originarie di Roma e dintorni: forse è per questo che con loro mi sento a casa.

Mi scaldo le dita attorno alla tazza, ancora calda. Non che oggi sia freddo, ma mi dà una sensazione positiva. Come di un abbraccio di consolazione se dalla Vulnus non dovessero più chiamarmi.

Il mio cellulare vibra sul tavolo: una telefonata. Da parte di un numero che non ho salvato in rubrica.

Lancio un’occhiata furtiva alle ragazze, che mi incoraggiano a rispondere. «Pronto?»

«Buonasera, sto parlando con Elena Corsi?» Una voce maschile replica dall’altra parte della linea.

«Sì, sono io.»

«Le telefono da parte della Vulnus. Le comunico che abbiamo scelto lei per il ruolo di stagista dell’ufficio stampa della squadra maschile.»

Sorrido, imbambolata. «Oh… grazie?»

Grazie? Ma che diavolo dico?

L’uomo – dalla voce credo proprio che si tratti di un uomo – ridacchia tra sé. «Le do appuntamento per domattina alle nove davanti alla sede della società. Si salvi il mio numero, è con me che lavorerà. Mi chiamo Salvatore Giglio. Se dovessero esserci dei problemi, mi contatti!»

«Va bene» dico in automatico, stordita dalla marea di parole che ha inanellato una dietro l’altra.

Il signor Giglio mi saluta e mi augura una buona serata.

Chiudo la telefonata, con un sorriso che va da un orecchio all’altro.

«Te l’avevo detto!» trilla Arianna, slanciandosi dalla sedia per abbracciarmi.

«Stasera pizza per festeggiare» le fa eco Alice. «Te lo meriti proprio!»


Spazio autrice
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia! Ditemi cosa ne pensate, sono curiosissima!
Il rating rosso è a causa di alcune scene che ho inserito (molto in là nella storia), perché saranno scene un po' piccanti (anche se vi farò sudare un pochino per averle!)
A presto con il primo capitolo!
Snowtulip





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