Setticemia.
Rischio
collasso cardiaco.
Karl,
sentendo le parole del medico, sbarrò gli occhi e il suo viso
si scolorò. Gli sembrava un incubo crudele.
Le
condizioni di Genzo, quattro giorni dopo l'incidente, erano
peggiorate.
Una
violenta setticemia lo aveva colpito e la sua salvezza non era
sicura.
Certo,
era giovane, ma era uscito ferito dall'impatto e la lesione si era
infettata.
Per
fortuna, i medici non si erano arresi e stavano cercando di salvarlo.
Strinse
le mani attorno alla cornetta del telefono e inspirò, cercando
di controllare il tumulto delle sue emozioni. No, non doveva
lasciarsi dominare dallo sconforto.
Aveva
bisogno di comprendere meglio la situazione.
─ Sto
bene. Piuttosto, potete spiegarmi meglio la situazione? ─
chiese, il tono apparentemente calmo.
Hermann
fece per parlare, ma si zittì. Era una chiamata dall'ospedale,
ne era certo.
E
quel mutamento d'umore, per quanto fugace, non era passato
inosservato.
Karl
non era così incline all'emotività, ma la situazione
del suo compagno di squadra l'aveva sconvolto.
E
lui, Hermann Kaltz, condivideva tale angoscia.
Entrambi
erano affezionati a quello scorbutico asiatico e avevano potuto
ammirare il suo valore di sportivo.
Una
sua probabile morte sarebbe stata terribile, ingiusta, inaccettabile.
Con
un sospiro, il Kaiser si abbandonò sul divano, la testa tra le
mani.
Hermann,
per alcuni istanti, rimase immobile, silenzioso. Di solito, avrebbe
preteso spiegazioni, ma, in quel momento, la sua bocca restava
chiusa.
Cosa
doveva fare? Chiedere spiegazioni? Aspettare i tempi di Schneider?
Quel
silenzio, però, era insopportabile per lui!
─ Cosa
ti ha detto il medico? ─ domandò.
Il
Kaiser, sentendo la domanda del compagno, alzò la testa e
fissò su di lui uno sguardo vitreo.
─ Potrebbe
morire. ─ affermò, la voce calma, funerea.
Hermann,
colpito dalle parole del compagno, boccheggiò, come un pugile
colpito alla bocca dello stomaco. No, non voleva credere alla
concretizzazione di una simile, sinistra possibilità.
Eppure,
la cupezza di Karl non era una menzogna.
Il
suo compagno di squadra non mentiva.
E
lui non era facile a perdere il controllo.
─ Come
è possibile? Spiegati meglio. Fammi un quadro chiaro della
situazione. ─ domandò il mediano, il tono vibrante
d'ansia..
Il
centravanti si toccò le tempie coi polpastrelli e cominciò
a massaggiarle. Sentiva delle lame arroventate piantate nel suo
cervello.
Le
notizie ricevute erano dolorose.
Ma
non poteva insultare l'intelligenza del suo compagno.
─ Andreas
Schumann è morto dopo quarantotto ore di terribile agonia, a
causa dei danni riportati nell'impatto. Genzo, invece, è
ancora vivo, ma le sue condizioni sono peggiorate. E' sopraggiunta
una setticemia. ─ continuò.
Un
gelido brivido d'angoscia, come una frustata, colpì la schiena
di Hermann.
─ Di....
Di che si tratta? Il nome non mi dice nulla di buono. Anzi,
mi fa paura.
─ confessò
il mediano.
Una
breve e amara risata risuonò sulle labbra dell'altro
giocatore.
─ E
non sbagli. Nell'impatto, ha riportato una frattura con ferita al
braccio destro. Quella lesione si è infettata e nel suo sangue
sono entrati batteri, che
hanno attaccato il suo organismo, già debilitato..
E ora è sotto forte terapia antibiotica. ─ affermò,
preoccupato.
Per
alcuni minuti, non parlò e rimase immobile, lo sguardo fisso
davanti a sé.
Hermann,
per alcuni istanti, meditò.
─ Tu
non mi hai detto tutto. Continua. ─ lo incoraggiò,
dolcemente brusco.
Con
un cenno della testa, il Kaiser annuì.
─ Pensa,
il medico mi ha detto di cominciare a pensare al suo funerale...
Addirittura, mi ha consigliato di parlare con i suoi compagni di
nazionale, per portare il suo corpo nella sua terra d'origine, quando
sarà il momento . ─ concluse.
Per
lunghi, eterni istanti, una quiete tenebrosa gravò nella
stanza.
Il
mediano fremette d'ira. No, non era giusto!
Genzo
non poteva morire così!
Come
si permettevano i medici di parlare in tono così catastrofico?
─ Questo
non ha senso! ─ ruggì e assestò un forte pugno al
muro.
Karl
si scosse dai suoi pensieri e girò la testa verso di lui.
Di
scatto, Hermann si girò, colmò la distanza tra loro e
gli appoggiò le mani sulle spalle.
─ Cazzo,
non guardarmi con quell'espressione da pesce lesso! Lo stanno dando
per morto, ma non lo è! Non è giusto! E' in condizioni
gravi, è vero, ma si può salvare. E noi non possiamo
arrenderci al pessimismo, quando c'è ancora una speranza. ─
affermò, risoluto.
Karl
rimase silenzioso, quasi volesse assorbire le parole del compagno. Le
parole del medico l'avevano angosciato, ma doveva riconoscerne
l'esagerazione.
La
setticemia era un grave problema, ma si poteva curare.
Il
cuore di Genzo non aveva smesso di battere e la sua coscienza non era
compromessa.
Il
suo sguardo ceruleo scintillò d'una luce fiera e risoluta. Sì,
Hermann aveva ragione.
Non
potevano arrendersi.
─ Hai
ragione. Lo stiamo dando per morto, anche se non lo è. E non
possiamo parlare in questo modo ai suoi compagni di nazionale, senza
un motivo valido. Sarebbe un'angoscia priva di senso. ─
aggiunse. Non poteva infliggere ai suoi compagni una sofferenza
inutile.
Non
sarebbe stato giusto.
Fece
per allungare la mano verso il compagno, ma la ritrasse, lo sguardo corrucciato. L'arto era gonfio e un grosso livido nereggiava sul suo palmo.
Quel
pugno, assestato in un momento di rabbia, aveva lasciato conseguenze.
Prese
tra le sue la destra di Hermann e, per alcuni istanti, la scrutò,
lo sguardo serio.
─ Ehi,
cosa sono questi atteggiamenti strani? ─ ruggì Hermann,
il volto rosso d'imbarazzo.
Sentendo
quella domanda, una risata divertita risuonò sulle labbra del
Kaiser e il suo sguardo ceruleo brillò d'una luce ironica.
─ Nessun
atteggiamento strano. Semplicemente, mi preoccupa lo stato della tua
mano. ─ spiegò.
Poi,
cauto, gli toccò il livido con il polpastrello.
Una
fitta di dolore, come una scossa elettrica, si irradiò lungo
la mano di Hermann e il giovane, d'istinto, strinse le labbra.
─ Vado
a prenderti del ghiaccio. Attenuerà il dolore, fino a quando
arriveremo in ospedale. ─ spiegò il capitano tedesco.
Hermann,
a quell'affermazione, corrugò la fronte.
─ Per
un livido? Karl, non esagerare! ─ obiettò.
─ Non
esagero. Mi
sono accorto del dolore che hai provato, quando ti ho toccato con la
punta del polpastrello. E' meglio essere prudenti in questi casi. Un
piccolo problema diventa un grosso problema, se trascurato. ─
affermò.
Tacque
e fissò le sue iridi cerulee in quelle scure del compagno di
nazionale.
─ Dobbiamo
farlo per Genzo, Hermann. Se vogliamo aiutarlo, dobbiamo essere al
massimo della nostra condizione. E tu non mi sembra stia dando il
buon esempio. ─ concluse, un sorriso accennato sulle labbra.
Hermann
rifletté e annuì, sconsolato.
Con acume, Karl aveva saputo fare leva sul suo desiderio di aiutare
Genzo
─
Hai
ragione. Di nuovo. E questa è una cosa che non sopporto. ─
borbottò.
Karl
si allontanò e ritornò con la borsa del ghiaccio e un
rotolo di garze sterili.
Posò
l’impacco freddo sulla mano del compagno, poi avvolse alcune
fasce e le annodò.
─
Sei
sicuro di non essere laureato in medicina? Hai fatto una fasciatura a
regola d’arte! ─ dichiarò, compiaciuto, Hermann.
─
No.
E ora vedi di seguirmi senza fare altre storie. E non ti
preoccupare, guiderò io.─ affermò il capitano
della nazionale tedesca, scuotendo la testa.
Poco
dopo, i due uscirono dall’abitazione.
P.S.:
breve missing moment intorno a “Guardare oltre”. Dato che
quel povero cristo di Genzo ha avuto, in questa fic, la setticemia
(che non è propriamente una bella cosa), ho pensato di
mostrare un breve squarcio della reazione avuta dai suoi due
compagni.
Diciamo
che il medico non è stato molto ottimista (anzi, direi pure
catastrofista), ma i due tedeschi decidono di non cedere. E tutto si
conclude con una scena spero ironica. (spero perché la mia NON
abilità nelle scene ironiche è leggendaria)
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