Nulla più aveva senso

di paige95
(/viewuser.php?uid=1018554)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Innocenza di mani straniere




 
Dedicata a coloro che hanno offerto
preziosi consigli e attenzioni a questa storia. 
 
 

 
Ofen, sobborgo di Buda e di Pest, Ungheria; 29 maggio 1857
 
L'imperatrice non badava a coloro che erano presenti. I passi di chiunque erano diventati di velluto, come i drappeggi che sovrastavano l'immensità delle pareti intorno a loro.
Il seguito austriaco di dame e servitori aveva mostrato delicatezza per i sovrani, concedendo loro il raccoglimento del fresco lutto subìto. 
Il Paese si era spento in un macabro silenzio. L'annuncio della morte della principessina di appena due anni e due mesi rimbalzava ad ogni scoccare degli attimi attraverso le stanze; fra le estese e verdeggianti campagne.
Non era più tempo per ricordare l'incantevole imperatrice negli ungheresi costumi nazionali, l'amazzone disinibita ed elegante; i drappi scuri contornavano già il giovane viso. Eppure la popolarità acquisita in quell'occasione aveva provocato nel popolo di Buda e di Pest una stretta vicinanza emotiva, tanto da unirlo nell'anima.
Suo malgrado, Elisabeth sulla schiena esponeva una chioma bruna semisciolta, sintomo di una disperazione appena sedata. Esibiva un aspetto selvaggio - come non era mai stata anche nei suoi istanti di ribellione più pura; era così profondamente trasandata da apparire malata nelle pieghe del cuore. I riflessi fulvi dei suoi crini non erano inondati dal sole delle foreste bavaresi, ma dalla triste aura di un lume ad olio.
In eterno le sue iridi avrebbero raccolto i segni del preludio di morte di quella luce che rischiarava una serata tormentata.
Dodici ore non erano bastate per strappare la primogenita ad un viaggio senza ritorno.
All'annuncio del peggioramento delle condizioni della figlia, si era precipitata al suo capezzale. L'aveva assistita fino a perdere le forze fisiche e mentali.
Aveva insistito lei stessa che fosse accompagnata dalle sue bambine, Sophie e Giselle, per assolvere in Ungheria i suoi doveri diplomatici accanto al marito.
Ma Sophie era troppo fragile. Anche monitorata dalle attente cure del medico di corte non era riuscita a superare il tramonto.
Sophie non respirava più. 
Nell'incertezza dell'impegno assunto dai sovrani, era l'unico dato certo a cui i giovani genitori potessero fare affidamento. A cui aggrapparsi con le unghie sanguinanti del dolore che ostentavano. 
Appena giunta nelle stanze reali, Sissi aveva intravisto il corpicino quasi esanime della piccina. Non riusciva ancora a credere che il telegramma del dottor Seeburger fosse stato l'esordio di una simile atrocità.
Il medico aveva subìto la sofferenza incontenibile di Elisabeth per non avere preso in tempo il male incurabile. Era l'unica causa su cui sfogare le pene. In alternativa la sola responsabile sarebbe stata l'imperatrice per essersi ostinata, affinché le figlie le fossero vicine. Persino il nome della secondogenita era stato chiamato in causa, colpevole di aver trasmesso la rosolia alla delicata sorella.
Sissi non era riuscita ad avvertire personalmente l'arciduchessa con un cablogramma. Si era occupato il consorte dell'oneroso compito, annunciando quanto lui e la sposa fossero annientati.
Zia Sophie non avrebbe compreso, solo infierito su anime dilaniate. Avrebbe forse graziato il lutto dell'amato primogenito, ma alla nipote non avrebbe risparmiato meschine accuse.
Alla nascita della piccola Asburgo, l'arciduchessa aveva donato a lei ogni sorta di attenzione. Era il riflesso buono di una figlia perduta precocemente. La nascitura, deliberatamente omonima, le sarebbe stata restituita salma riportandola indietro a drammatici ricordi.
Franz Joseph era devastato, non lo manifestava apertamente, ma all'imperatrice erano sufficienti pochi metri di distanza per scorgere lo sconforto.
Era un ufficiale in tenuta candida e scarlatta, come la sua anima, ormai sgualcita. Era un uomo potente, che abbandonava la dignità alla perdita della prole: una bambina, non l'erede non ancora nato e tantomeno concepito.
Era l'imperatore, un combattente del diciannovesimo reggimento di fanteria. Era diventato un fiore appassito. Era solo l'ombra del bel giovane che imbracciava moschetti e tirava di sciabola.
Indossava con onore le sfumature dell'Impero che si stava impegnando a difendere, che gli sposi avevano giurato di preservare congiunto. Le onorificenze d'oro brillavano inequivocabili sul petto dell'imperatore; d'altro canto anche all'imperatrice veniva riservata una reputazione invidiabile nei territori ungheresi.
Avrebbero dovuto proteggere anzitutto la figlia. Sissi avrebbe dovuto farlo. Ora nulla più aveva senso.
Franz si copriva il viso, non era conveniente cedere, ma per Sissi era solo un padre colpito da un dolore viscerale. Ogni suo gesto eccedente il cerimoniale sarebbe stato dettato dal cuore. Il mobilio antico, usato da supporto strategico, impediva all'imperatore di sottrarsi del tutto al pudore dell'uniforme che indossava.
La coppia imperiale era circondata da ampie camerate arieggiate, ma stava soffocando nella brezza primaverile. Vi era profumo di tulipani, ben lontani dalle amate genziane bavaresi di Possenhofen, patria natìa della giovane sovrana. 
Sissi osservò con compassione la disperazione del marito, il capo di lei era posato sullo stipite tra le due stanze. Il suo timore era che oltrepassando l'arcata della soglia e allontanandosi un'ultima volta dal giaciglio mortuario della figlia, l'avrebbe persa davvero e per sempre.
Il tempo sembrava essersi cristallizzato.
Aveva pianto tanto prima che il corpo della bambina fosse ricoperto da veli candidi e dignitosi. L'aveva chiamata sussurrando il suo nome, più e più volte. 
SophieSophieSophie.
L'arciduchessa aveva protetto la nipote finché aveva potuto, poi Sissi aveva mosso il passo di non ritorno. Contro tutti e il buonsenso.
Egoista
Elisabeth voleva tenere la piccola accanto al petto materno dopo due anni di rigida etichetta che aveva imposto una lontananza forzata dalla progenie, invece l'aveva condotta a morire in un luogo che non chiamava nemmeno casa. Lontana dal palazzo di Hofburg o di Schönbrunn, dove l'arciduchessa la preservava al sicuro dalla propria fragilità, da una madre troppo giovane e impegnata.
Sissi aveva lasciato che morisse in terra straniera, forse crudele destino delle discendenti Wittelsbach. Il cerimoniale di corte aveva dettato quel viaggio e aveva deciso il destino della piccola Sophie d'Asburgo-Lorena.
Sissi si avvicinò al consorte per infondere a lui e a sé medesima consolazione, raccogliendo in una carezza sulla spalla le energie rimaste dal patimento delle ultime ore.
L'imperatrice sfiorò la stoffa dell'uniforme militare, ma ad interessarle era solo l'uomo che la indossava con tanto onore.
La giovane sovrana posò il mento sul dorso della sua mano, si strinse contro il corpo dello sposo, snello e ricurvo in una posa sofferente.
Franz non ebbe la forza di ribellarsi all'abito non consono della moglie: biancheria da notte candida, la cui stoffa sul pavimento lasciava un delicato e solidale fruscìo.
L'imperatore represse l'impulso di abbracciarla. Non erano del tutto soli, il dottor Seeburger era ancora prossimo al capezzale della giovanissima defunta per constatarne l'ora del decesso.
 
21 e 30

I sovrani imperiali non avrebbero più dimenticato quell'ora.
Epilogo di uno dei giorni più cupi della loro vita.
 
 
 

Palazzo di Schönbrunn, residenza imperiale estiva, Vienna, Austria; estate 1857
 
Le scalinate marmoree di Schönbrunn erano l'arena di una nuova partenza, in solitaria stavolta. La consorte aveva deciso di non accompagnare l'imperatore, di non mediare con la diplomazia di cui era capace e con la quale la sua immagine innocente e pulita era rimasta impressa nel cuore degli ungheresi.
Lui la comprendeva.
Comprendeva il fardello che aveva posto sulle spalle della giovane, dal primo istante in cui il suo sguardo si era posato su di lei. Quando era apparsa a lui accanto alla madre Ludovika e alla sorella maggiore Helene, in occasione del fidanzamento di quest'ultima con il primo cugino.
Doveva solo essere l'accompagnatrice bambina della futura imperatrice d'Austria, a lei non erano state rivolte preziose attenzioni. Da alcuno, meno che da Franz Joseph, rimasto affascinato da lei proprio per tutto ciò che non era, prima ancora che dalle sue qualità. 
Sissi si era rivelata una sorpresa fin dal consenso che aveva pronunciato senza alcun indugio dinanzi alla corte, alle nobili famiglie e a colui che presiedeva le nozze nella Chiesa degli Agostiniani a Vienna, quel 24 aprile di appena tre anni prima.
Franz Joseph non provò risentimento, quando Elisabeth si rifiutò di accompagnarlo nel luogo in cui la vita della primogenita si era spenta. Tornare per rivivere quel dolore toccava anche a lui, ma da parte sua esimersi era pressoché impossibile.
L'aveva salutata con una carezza sul volto e lei non lo aveva trattenuto, consapevole degli oneri del consorte.
La moglie era diventata di salute cagionevole, dopo la scomparsa della piccola Asburgo. Il suo profilo sottile impensieriva l'imperatore. Ogni sforzo compiuto da Elisabeth era fonte di preoccupazione per Franz. Partire senza lei, lasciandola in quello stato, non fu la decisione più felice della sua vita di sposo e sovrano devoto.
Prossimi ad una separazione, quella mattina lo sguardo di Franz non era malinconico mentre scrutava la moglie, ma carico di una profonda gratitudine.
Accanto alla carrozza, l'imperatore era pronto ad iniziare il suo viaggio. La ammirava sfrecciante oltre i poderi del palazzo, oltre la boscaglia in groppa al suo amato destriero bianco, divenuto anche di Sissi per diritto matrimoniale.
Franz Joseph salì assistito dal cocchiere, ma l'attenzione non si allontanava dalla vegetazione più fitta che aveva inghiottito l'imperatrice.
Le ruote della carrozza riuscirono a coprire pochi metri, Franz risultò talmente inquieto da ordinare che il mezzo si fermasse all'istante.
Anche se l'immagine della sposa era scomparsa alla sua vista, sapeva dove l'avrebbe trovata, in cerca della solitudine che le stanze di Schönbrunn non potevano offrire. 
Buda e Pest potevano attendere.
 
◦•●◉✿✿◉●•◦
 
Le lacrime dell'imperatrice contro vento rendevano le guance fredde. Una doccia gelida, utile per espiare le sue colpe.
Si attribuiva qualunque responsabilità. Non contemplò nemmeno per un istante la drammatica fatalità, di cui lei stessa era rimasta vittima.
I lunghi capelli dell'amazzone inseguivano le onde dell'orizzonte. Sissi - nascosta dietro la vegetazione a lei tanto cara dal rigido cerimoniale, di cui l'arciduchessa era conservatrice - era libera di spogliarsi dei panni formali della sovrana e di vivere il lutto di una giovane madre che aveva perso tragicamente una figlia nata da un paio d'anni. 
La scuderia di corte, a lei preclusa, era fonte di benessere. Un ritorno al passato piacevole, lontano dalla pena che il presente le aveva inferto.
Cavalcava a briglie sciolte. Il dolore la rendeva emotiva, ma riusciva a controllare il passo sostenuto del suo destriero senza difficoltà. La velocità era un pretesto per immergersi nei ricordi della sua infanzia, tra amore e illusione, solitudine e frastuono.
Avrebbe desiderato virare per la strada di Possenhofen, cercare suo padre e bearsi degli unici momenti trascorsi in purezza d'animo, quelli dedicati a lei e ai fratelli. Decise di proseguire al galoppo, incurante dell'apparenza trasandata che poco si conveniva ad un'imperatrice.
Diverse volte aveva accompagnato il consorte nelle sue battute di caccia, ma mai aveva ostentato tanta spudoratezza. Di fronte alla sola natura decise che poteva permetterselo. Il suo abito chiaro da cerimonia portava i segni fangosi della nuda terra, ma non le importava di doverne rendere conto all'arciduchessa.
Solo un riflesso di sole riuscì ad interrompere la sua folle corsa. Un guizzo di luce la convinse a fermarsi e a trottare fino ad una fonte brillante che emergeva oltre le fitte fronde.
Vi si avvicinò affascinata e avida di conforto. Era un laghetto, una pozza d'acqua insorta a seguito delle forti piogge dei giorni scorsi.
Scese dal destriero con agilità e si avvicinò alla superficie. L'acqua dolce le restituì solo un viso candido, infantile, ancora più prezioso per l'imperatrice che aveva potuto ammirarlo così poco, a causa del destino e della zia. Il volto della piccola Sophie balenò in un ricordo realistico davanti agli occhi della giovane sovrana: i lineamenti che scorsero dinanzi lo sguardo malinconico di Sissi erano simili ai suoi, distingueva però le iridi chiare di Franz e una chioma ancora troppo fragile per assumere una tonalità definitiva. 
La superficie limpida le ripropose anche i drappi grigi dell'ultimo saluto alla principessina. Rammentava con pena le scale che aveva percorso per raggiungere la culla eterna della sua bambina. In quel momento, in quegli istanti, avvertiva un grande vuoto, privo di tutto, della gioia dei ricordi e del dolore della perdita. Coloro che la circondavano erano vivi, ma invisibili ai suoi occhi annebbiati. Ciò che prevaleva era il candore dei fiori e il profumo acre dell'incenso. Non c'era spazio per la colpa, solo per la preghiera. 
Ebbe la premura di nascondere un ennesimo sfogo contro le ginocchia portate accanto al petto. I capelli nascondevano del tutto lo squallido spettacolo, ma la natura udiva i sussulti di Elisabeth, li accoglieva senza sentenziare.
Gli zoccoli ferrati del purosangue si avvicinarono a lei, ma non muovevano i passi in autonomia, qualcuno stava attirando il destriero. Quel qualcuno, inaspettato e gradito, le porse la mano, continuando ad accarezzare la criniera del cavallo.
Franz avrebbe dovuto essere già lontano, invece aveva ritardato la partenza per godersi una scena pietosa che non sembrò, però, scandalizzarlo.
Insisteva, voleva aiutarla a rialzarsi. Non era quello il posto di un'imperatrice, ma il consorte non dubitava della necessità di mostrarsi fragile, quando le avversità lo richiedevano.
A Sissi bastò cedere al suo conforto e sfiorargli la punta delle dita per ritrovarsi fra le sue braccia. Il fiato della sovrana venne meno per una frazione di secondo, salda a lui e avvolta nel calore del suo braccio, con il quale le cingeva la vita.
Le loro fronti si sfioravano, erano così vicine che il giovane avvertì le guance umide della cugina.
Chiusero gli occhi, comunicarono nel silenzio delle fronde.
In un attimo Franz la riportò a Possenhofen, in un tempo di cui lui non faceva parte, ma che solo lui riusciva a farle rivivere immersa nel paesaggio viennese.
Il consorte la strinse più forte costringendola a posare i palmi sul suo petto e ad avvertire i battiti accelerati. L'umanità del sovrano si mostrava in tutta la sua genuinità dinanzi alla sposa. Lontano dalle porte del palazzo la promiscuità non era sconveniente fuori dal letto nuziale.
Sissi infuse all'imperatore energia, tanto da convincerlo che fosse rimasto più per tornaconto personale che per reale desiderio di affiancarla nello sconforto.
Si allontanò da lei per porgerle un bacio a fior di labbra che la costrinse ad aprire gli occhi. Per la sovrana quel contatto suggellò la promessa di un viaggio breve e di un ritorno celere in Austria. 
Ad Elisabeth mancò l'equilibrio, quando Franz si concentrò sul loro cavallo, indietreggiando di qualche passo. Non voleva lasciarla sola a compiangersi. Sapere che si trovasse a corte circondata da altre anime che avrebbero potuto distrarla dal dispiacere lo avrebbe tranquillizzato. E poi c'era la piccola Giselle, la secondogenita sopravvissuta all'Ungheria e che senza la madre - a dispetto di quanto ritenesse l'arciduchessa Sophie - non voleva crescere.
Sissi e Franz avevano lottato insieme contro i più radicati ideali per preservare il ruolo materno dell'imperatrice d'Austria. Il sovrano si era persino reso complice di un congedo da parte della moglie a Possenhofen per consentirle di essere ciò che la suocera le impediva.
Ora tutto sembrava perduto e Franz Joseph non poteva consentire a quella sensazione di precludere il loro futuro.
La attirò a sé per aiutarla a cavalcare l'animale in direzione delle sue stanze. Non proferirono parola, lo sguardo di entrambi si incrociava su analoghi pensieri. Sissi non si sottrasse ai desideri del marito, lasciò che lui la affiancasse sul dorso del destriero.
Franz si pose al comando invitandola a stringerlo.
Elisabeth non temeva affatto di cadere, ma alla fine della boscaglia si sarebbero dovuti separare e quegli erano gli ultimi istanti per sentire il suo confortante calore.
 


 
Palazzo di Hofburg, residenza imperiale invernale, Vienna, Austria, studio del monarca; dicembre 1857
 
L'ingresso improvviso della consorte fece scattare sull'attenti l'imperatore. Qualsiasi documento stesse visionando, interruppe di colpo la lettura.
L'anno che si apprestava a terminare era stato ambasciatore di sventure per la famiglia asburgica e nulla consentiva a Franz Joseph di sperare in un inizio migliore.
Lo sguardo di Sissi vagava per la stanza, convinta di aver osato troppo. Fra le mura di Hofburg non erano mai soli. L'abitudine e l'umore pessimo le fecero sorgere più di una remora.
Franz la vide spaesata, come d'altronde era apparsa negli ultimi mesi. Era in tenuta da camera, non era trasandata, ma la fronte era imperlata, segno che aveva svolto eccessivi esercizi ginnici prima di raggiungerlo.
Il sovrano le si avvicinò, convinto di doverla sostenere fisicamente da lì a pochi istanti.
Lo sguardo di lei si era posato sulla parete alla sua destra. Su una cornice in particolare che spinse dal suo cuore una piccola e dignitosa lacrima.
Il fiato corto dell'imperatrice smorzò il respiro, trasformando le parole in un sussurro. Il suo atteggiamento era sintomo di nefaste notizie. L'espressione dello sposo su di lei era terrorizzata.
«Franz. Sono in attesa»
Il giovane impiegò qualche istante per realizzare la portata delle ultime novità. Non riuscì a non considerare le condizioni fisiche in cui si trovava la consorte e a rallegrarsi, come forse avrebbe dovuto.
«Stai bene?»
Elisabeth tornò a concentrarsi con più dolcezza sul dipinto: le principessine si stringevano alla madre; dietro di loro l'imperatore sovrastava la famiglia dall'alto della sua grandezza, mai eccessivamente esibita, a protezione delle tre donne.
Quel frangente era divenuto ormai un ricordo irripetibile, un modo per non abbandonare del tutto il passato. Per non dimenticare, costringendo tuttavia loro a proseguire con le loro vite.
«Sophie riposa sempre lì, nella Cripta dei Cappuccini»
Era una certezza di cui Sissi aveva necessità. Sapere che si trovasse ad un centinaio di metri dalla Hofburg le offriva una lieve pace. Né la zia Sophie né la morte erano riuscite a strapparle la sua bambina.
«Sophie riposerà sempre lì e noi insieme a lei, quando sarà il momento»
Gli aveva appena dato notizia di una nuova vita e loro discutevano sulla fine delle loro esistenze.
Franz conosceva le corde giuste da sfiorare. Si guadagnò lo sguardo illuminato della moglie e la leggera soddisfazione di chi era certa di poter contare da tempo sulla lealtà del consorte.
Nessuno più oserà portarla via da te.
L'imperatore non sentì la necessità di essere più chiaro, era convinto di averla raggiunta con il pensiero.
Le iridi della sposa si rilassarono, riconquistando le consuete tonalità profonde.
Entrambi i sovrani si concentrarono su un unico desiderio: speravano ardentemente che il prossimo dono fosse l'erede al trono.
 

 
 
Angelo mio adorato,
Approfitto dei primi istanti della mia giornata per dirti di nuovo quanto ti amo e quanto sento la tua mancanza e quella dei nostri figli. Soprattutto, mantieniti in buona salute e risparmiati, come mi hai promesso di fare. Cerca di distrarti e non essere triste…
(da Franz Joseph I von Österreich a Elisabeth von Österreich, Quartier Generale di Verona; 31 maggio 1859)[1]
 

Buongiorno, cari lettori e care lettrici! 
 
Premetto che amo ogni aspetto che riguardi la vera storia dell'Imperatrice Sissi, dai più tragici ai più lieti (anche se in numero minore). Partendo da questo dato personale, mi sono voluta cimentare in una piccola flash sul suo mondo. L'idea di allargare questo progetto ad una raccolta di OS sui lutti di questa sfortunata famiglia non è mia, ma di Bluebell, che ringrazio davvero tanto. ♡
Per le numerose informazioni storiche, mi sono affidata alla biografia “Sissi. Vita e leggenda di un'imperatrice” di Nicole Avril.
Mi auguro di essere riuscita a restare il più fedele possibile alla Storia, ci tengo tanto. 
Vi ringrazio di cuore per essere passati da queste parti! ♡
 
Al prossimo scorcio che proverò ad affrontare. 
Un abbraccio,
Vale
 

[1] Sissi. Vita e leggenda di un'imperatrice di Nicole Avril, p. 75.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4019380