TITOLO:
Teoria e pratica
AUTORE:
Akane
SERIE:
Numb3rs
GENERE:
sentimentale, azione in qualche capitolo
TIPO:
slash, What if?, piccolo spoiler
RATING:
per ora faccio un generico giallo (PG13) se poi cambio avverto.
PARTI:
qualche capitolo non molti credo
PERSONAGGI:
DonXCharlie (attenzione, non è come sembra…
leggete le note,
prima…)
MODO:
terza persona al passato
AMBIENTAZIONE:
inizio quinta serie quindi in questo senso c'è qualche
piccolissimo spoiler sulla prima puntata ma solo quella, credo. Qua
Don e Charlie non sono fratelli biologici ma solo legalmente, ovvero
Don è stato adottato dalla famiglia di Charlie che erano
piccoli, quindi ha preso il cognome e sono considerati da tutti
fratelli. La storia non è cambiata di una virgola...
DISCLAMAIRS:
I personaggi non sono miei ma degli autori che ne detengono ogni
diritto…
NOTE: E
se Don e Charlie non fossero fratelli? Oh, quante volte me lo sono
chiesto… ed ora eccomi qua a farlo.
Spiego
meglio: ho sempre pensato che la coppia più slash del
telefilm
fosse proprio DonXCharlie, peccato che fossero fratelli altrimenti
sarebbero perfetti insieme! Vedendo la serie mi sono continuati a
piacere moltissimo sia come personaggi individuali che come coppia
così mi è venuta l’illuminazione: e
fare una what if
in cui non sono fratelli e quindi posso sviluppare il loro rapporto a
piacimento? Ebbene eccomi qua a scriverla!
Ero
indecisa se negli avvertimenti scrivere AU o What if, perché
parlando con mia sorella mi ha detto che un cambiamento importante
che poi finirebbe per cambiare molte cose viene ritenuto AU lieve, io
però lo vedo come solo What if poiché a conti
fatti
cambio solo un particolare della serie, tutto il resto
dell’ambientazione rimane invariato così come gli
eventi che
hanno vissuto e i vari episodi. Quindi metto What if, ma sappiate che
è possibile che qualcuno la veda come un AU. Comunque ormai
avete capito di cosa tratta la fanfic, quindi poche ciance e andiamo
al dunque!
Ah...
qua Charlie non sta più con Amita!
Ovviamente
spero che vi piaccia e vi auguro buona lettura. Baci Akane
DEDICHE:
a Taila che le stuzzicava molto una storia così e a Yukino
che
apprezza molto questa coppia nonostante siano fratelli. E che saranno
contenti della mia piccola innocentissima variazione!
RINGRAZIAMENTI:
a tutti quelli che commenteranno e leggeranno!
TEORIA
E PRATICA
CAPITOLO
1:
LE
PAROLE CHE NON DICE
/Nothing
else matter - Metallica/
Quando
vennero a chiamarlo brutalmente durante una lezione universitaria, il
cuore gli balzò improvviso in gola tagliandogli il respiro
di
netto.
Non
era un tipo istintivo nemmeno in ciò che normalmente
provava,
ma sentì chiaramente una brutta sensazione alla bocca dello
stomaco quando vide Ian, l'agente dell'FBI, il tiratore scelto e
amico di suo fratello piombargli come una furia nell'aula in piena
lezione universitaria.
Sentendo
chiedergli il suo aiuto si rifiutò subito senza dargli modo
di
spiegarsi, cosa che fece immediatamente con poche incisive e dure
parole:
-
Don è nei guai. - Non avrebbe ammesso repliche e onestamente
non ne avrebbe tirata fuori mezza.
Charlie
nell'istante immediato si raggelò, ma poi subito dopo si
trovò
a correre per il corridoio come un matto, dimentico della lezione
mollata a metà, con dei tamburi in testa mentre l'ansia
ingigantiva fin quasi a farlo impazzire.
Se
non fosse stato per la sua mente matematica e razionale che si era
messa a ragionare in fretta su come trovare Don, sarebbe rimasto
fuori dal mondo per molto ancora!
Anche
se, a onor del vero, quella sua mente ragionevole non gli aveva
ricordato che era stato estromesso dall'FBI come consulente!
Fra
questo e Don nei guai non c'erano dubbi su dove pendesse il piatto
della bilancia!
Forse
però costringersi a non pensare a cosa sarebbe potuto
succedere a suo fratello era l'unico modo per aiutarlo, altrimenti il
panico l'avrebbe colto per colpa dei sentimenti che cercavano di
avere la meglio.
Eppure
nonostante i suoi sforzi, una volta fatto quel che poteva per trovare
Don disperso in una zona selvaggia per scalatori piuttosto
pericolosa, con alle calcagna dei criminali che tentavano di
ucciderlo, non gli rimase che lasciarsi divorare da ciò che
provava, pur contro la sua volontà.
Non
gli piaceva quando questo suo lato prendeva il sopravvento e come
tutto cercava di controllare anche quello, ma in quegli anni di
lavoro all'FBI aveva imparato che non si poteva farlo sempre.
Anche
il periodo passato con Amita gli aveva fatto capire che non poteva
fare così con tutto e che certi sentimenti andavano
liberati.
Certo,
poi con lei era finita, ma erano rimasti ugualmente amici.
Così
si trovò lì, nell'ufficio in cui non poteva
stare, in
attesa che con i suoi dati trovassero suo fratello.
Impossibilitato
a far altro si mise a pensare a lui e alla loro infanzia.
Di
alcuni anni di differenza, si erano trovati a vivere insieme da
bambini.
Don
era arrivato da piccolo in casa loro, rimasto orfano di genitori. Era
stato abbastanza grande per ricordare bene gli eventi legati ad essi
e per qualche oscuro motivo i suoi avevano preferito cambiargli
legalmente anche il cognome mettendogli il loro.
Eppes.
Solo
molti anni dopo aveva scoperto che la madre e il padre erano stati
uccisi in circostanze misteriose. Con la paura che scoperta
l'esistenza del figlio gli dessero la caccia per uccidere anche lui,
quelli che l'avevano salvato avevano voluto cambiargli
identità
per poterlo crescere nella serenità e al sicuro.
Così
era stato, nessuno era più venuto a cercarlo e non aveva
avuto
problemi di alcun genere, ma gli assassini non erano mai stati
trovati.
Don
aveva capito tutto quel che era successo e probabilmente fu quello a
ripercuotersi sul suo carattere già difficile, chiuso e duro
di suo.
Charlie
al tempo non sapeva nulla e trovandosi un fratello maggiore adottivo
così scorbutico, si era fatto molte domande a lungo senza
risposte.
Si
era sempre sentito intimidito da quel bambino così serio e
sulle sue, grugniva al posto di parlare e sembrava non conoscere
gentilezze e sorrisi.
Da
subito non avevano instaurato nessun rapporto ed era stato
così
per molti anni.
Sebbene
i suoi genitori gli volessero molto bene e non gli fecero mancare
nulla crescendolo come un vero figlio, Don non dimostrò mai
un
vero e proprio sentimento d'affetto nei loro confronti ed anzi
sembrava non andargli affatto a genio quel fratellino super
intelligente.
Charlie
dal canto suo oltre alla gelosia, si era sentito del tutto rifiutato
così aveva preferito tenersi sempre a debita distanza. Non
era
stato facile essere suo fratello, lui così forte, sveglio,
attivo, brillante nelle attività fisiche e negli sport e
senza
il minimo problema con le ragazze.
Poi
era morta la madre e qualche anno dopo, Charlie era diventato un
famoso matematico con un cervello sopra la norma e Don, entrato
all'FBI, era andato a vivere per conto suo venendo a trovarli ogni
tanto per senso del dovere.
Fra
i due c'era sempre stata una voragine e nel corso degli anni era
aumentata di brutto, erano davvero troppo diversi, uno il giorno e
l'altro la notte.
Ma
poi, sorprendentemente, erano finiti a lavorare insieme.
Charlie
era diventato consulente dell'FBI della squadra di Don.
Da
allora, lentamente, fra loro era tutto cambiato.
Da
un legame assente ad uno sempre più forte e stretto, fino a
che a tutti non erano sembrati davvero fratelli.
A
tutti tranne che a loro due.
Al
contrario avevano pian piano cominciato a sentirsi ben altro, un
'altro' non chiaro.
Definire
il loro attuale rapporto sarebbe stato più complicato di
eseguire un problema matematico senza soluzione.
Solo
una cosa era limpida: non si sentivano solo dei semplici fratelli,
cosa che nella realtà effettivamente non erano specie
considerando che non erano cresciuti come tali.
Ed
ora che era lì ad aspettarlo sperando di rivederlo presto
col
cuore che impazziva sempre più, gli tornavano alla mente
tutte
le volte che era stato a rischio sotto i suoi occhi, che per salvare
qualcuno, specie della sua squadra, si era buttato a capofitto in una
situazione pericolosa che poi era degenerata. Aveva visto rischiare
la sua vita un sacco di volte e sempre si era trovato sospeso nel
nulla a sperare di rivederlo sano e salvo.
Ora
che veniva a trovarlo ogni sera e che lo vedeva di giorno a lavoro.
Ora che si era tutto aggiustato, anni e anni di silenzi e invidie...
ora che gli era così vicino lo vedeva rischiare la vita
così
tanto.
Un
giorno avrebbe potuto vederlo morire proprio lì ad un soffio
dalla sua mano e lui, impotente nonostante la sua matematica sempre
utile, non avrebbe potuto riportarlo indietro.
Quando
ci pensava, credeva sempre che sarebbe stata anche la sua fine e per
non impazzire si aggrappava ai pochi momenti in cui lo vedeva
sorridere.
Il
viso sempre cupo e accigliato si illuminava e chi lo vedeva veniva
preso da un irrefrenabile istinto di sorridere a sua volta pur senza
motivo.
L'immagine
di un Don sorridente ebbe il potere di calmarlo e si lasciò
scaldare dalla figura alta, atletica, forte e affascinante di quello
che in realtà non era suo fratello ma nemmeno solo un
semplice
amico. I capelli arruffati gli erano cresciuti un po' e gli stavano
scomposti sulla testa, scuri e mossi. Gli occhi castani cupi, la
fronte sempre aggrottata, i lineamenti decisi e a volte tenebrosi.
Era un bell'uomo e quando rideva lo era ancor di più. Ogni
volta sperava di riuscire a strappargli un sorriso cosa che a volte
accadeva ed allora si sentiva al settimo cielo.
“Spero
di rivederla, quella sua rara espressione sul viso. Presto.”
Cosa
che da quando aveva cominciato a lavorare con lui non aveva
più
dato per scontato.
Quando
la porta dell'ascensore si aprì facendo entrare Don
accompagnato da Colby e da Ian, la prima cosa che si accertò
Charlie andandogli di corsa incontro, furono le condizioni del
fratello e vedendo che era ancora effettivamente tutto intero,
tirò
un profondo respiro di sollievo, quindi col cuore che tornava a
battere regolare scrutò la sua espressione mentre gli si
avvicinava col solito passo sostenuto e veloce.
Alla
sua domanda su come avessero fatto a trovarlo e alla conseguente
risposta (grazie a Charlie), i suoi occhi castani erano corsi
immediatamente a cercarlo e trovatolo a colpo sicuro davanti a
sé,
proprio come immaginava vide il rimprovero nel suo viso serio.
-
Non dovevi! Lo sai che non hai più l'autorizzazione per
collaborare con l'FBI! - La prima cosa che venne alla mente a Don
furono i doveri e ciò che si poteva e non poteva fare, ma
alla
difesa di Ian sembrò realizzare che aveva avuto ragione.
O
per lo meno così parve al più giovane dai ribelli
ricci
lunghi intorno al viso.
Don
rimase serio per un istante mentre non arrestava la sua avanzata,
seguito ora anche da lui che lo affiancava spiegandogli a macchinetta
perchè era venuto lo stesso e cosa aveva fatto.
-
Si, ma ora va via prima che ti becchino qua! Non puoi starci! - Disse
allora sempre con il suo solito tono duro e sbrigativo. Ancora una
volta a pensare alle regole. Proprio uno come lui.
Sapeva
bene che lo faceva solo per non metterlo ulteriormente nei guai. Dopo
che era stato allontanato dall'FBI per quelle informazioni mandate in
Pakistan, Don non era più venuto a cercarlo per lavoroe a
chiedergli aiuto, al contrario degli altri che gli avevano detto in
continuazione di cercare di riavere le sue autorizzazioni.
Charlie,
dal momento che Don non glielo aveva ancora chiesto, non le aveva
volute riottenere.
Si
fermò per seguire l'ordine perentorio dicendosi che aveva
ragione e che sapeva avrebbe reagito così, eppure deluso.
Consapevole
ma deluso.
Lo
conosceva ormai ma non voleva dire che non poteva rimanerci male
davanti a certi modi e parole non dette.
Non
aveva dimostrato gratitudine o entusiasmo al suo piccolo ritorno solo
per lui.
Niente.
Ci
era rimasto male ma proprio quando si stava girando per smettere di
guardare le sue spalle larghe tagliarlo fuori di nuovo dalla sua
vita, lo vide voltarsi a tre quarti e allungare il pugno verso di lui
con qualcosa che era ben lontano da un sorriso, ma che volendo poteva
ricordarlo.
Un
ghigno, più che altro.
E
un: - Ah, Charlie... grazie! - sempre brusco e serio.
Charlie
si fermò di nuovo e allungando subito il pugno
toccò il
suo in quel saluto che non si erano mai scambiati ma che avrebbe
sempre voluto fare.
Qualcosa
di familiare, amichevole, alla pari...
Sentendosi
immediatamente al settimo cielo, sorrise contento andandosene senza
rimpianti e delusioni.
Lo
conosceva.
Era
così e doveva saperlo ma non era facile abituarsi in
effetti...
Le
parole che non diceva erano molte e quelle poche non comprendevano
quasi mai qualcosa di gentile e affettuoso nei confronti di altri. Le
varie ragazze di turno che aveva avuto lo sapevano bene.
Lui
la parola 'ti amo', forse non l'aveva nemmeno mai detta.
Era
così, Don. E questo era anche il suo fascino.
Nonostante
tutto non l'avrebbe mai voluto diverso.
Per
tutta la giornata alle prese con Larry e Amita al posto di Charlie,
come ultimamente era successo spesso, Don aveva sentito un
irrefrenabile istinto di andare da lui a chiedergli collaborazione.
Non
era per abitudine o perchè quei due fossero effettivamente
meno efficienti di suo fratello, ma averlo accanto per gran parte
della giornata gli faceva ormai affrontare il lavoro diversamente.
Era come una sorta di garanzia che laddove lui non sarebbe arrivato,
ci sarebbe stato Charlie coi suoi metodi opposti e sarebbe stato
determinante permettendogli di farcela.
Ma
finché si era trattato degli altri era stato diverso...
l'aveva capito quel giorno quando aveva rischiato la sua vita se non
fosse stato trovato al momento giusto.
E
il momento giusto era stato grazie a Charlie.
Si
era trattenuto dal chiedergli di tornare per molti motivi, fra cui
rispettare la sua volontà. Se Charlie se la sarebbe sentita
di
tornare, l'avrebbe fatto da solo. Se non cercava di riottenere le sue
autorizzazioni, significava che in realtà stava meglio
così.
Poi
c'era il fatto che comunque lavorando con lui gli aveva fatto
rischiare la vita molte volte, non era al sicuro al suo fianco ed era
un dato di fatto. Ma fino a quel momento era sempre andata bene,
eppure continuare così era come sfidare la sorte.
D'altro
canto se non ci fosse stato, quel giorno probabilmente Don non
sarebbe arrivato a sera vivo.
Anzi.
Di sicuro.
Seduto
al tavolo della cena a casa del padre insieme agli altri, coi soliti
inseparabili amici di sempre, seguiva con mezzo cervello i loro
discorsi mentre col resto si chiedeva cosa sarebbe stato meglio.
Con
la testa piegata di lato, appoggiata alla mano e mezzo stravaccato,
si trovò a ricordare i momenti in cui si era perso per quel
percorso con alle calcagna tre criminali pronti a sparargli. Aveva
rischiato grosso più di una volta e Ian era arrivato in
tempo
ma non grazie alla sorte, bensì grazie a suo fratello.
Solo
grazie a lui.
Ricordava
bene mentre correva coi due che doveva salvare. Come si era sentito,
cosa aveva provato.
Di
volta in volta era sempre diversa eppure questa, forse, era stata
peggiore delle altre e per un semplicissimo, limpido e vero motivo.
Quando
in precedenza si era trovato in pericolo bene o male era sempre stato
sicuro che Charlie l'avrebbe trovato così come trovava una
soluzione a tutto con quel suo cervello mostruoso.
Lì,
correndo con gli inseguitori, sfiorando pallottole senza più
munizioni, si era detto che quella volta non ci sarebbe stato lui a
fare la magia e che era fuori gioco.
Mentre
fosse stato uno dei suoi uomini in pericolo lui avrebbe trovato un
dannatissimo modo per aiutarlo con o senza matematica magica,
lì
si era sentito solo con le sue uniche forze a dovercela fare. Nessun
capo sarebbe arrivato in extremis, nessun fratello coi suoi calcoli,
nessun colpo di fortuna... niente di niente.
Lui
da solo.
E
si era sentito malissimo.
“Non
voglio tornare a stare così. Consapevole della mia fine.
Lo
sono sempre ma questa volta era diverso.
Sono
solo un egoista che sebbene non sembra abbia a cuore la mia vita, in
realtà non voglio morire. Non voglio più essere
certo
della mia morte. Voglio poter pensare fino all'ultimo che lui ce la
farà per me laddove io non arrivo.
Sono
egoista ma voglio che torni. Se la vedrà brutta,
avrà
molte difficoltà e si troverà spesso in pericolo
ma io
voglio che torni e che mi stia di nuovo vicino. Che mi copra ancora
le spalle. Che stia con me. “
Sebbene
questa era solo una parte della verità, non sarebbe riuscito
a
tirare fuori così presto il resto. Quella più
importante e nascosta.
Qualcosa
a cui forse Charlie nonostante la sua razionalità e la sua
logicità, sarebbe arrivato prima.
Così
capendo al volo che stavano cercando di convincere suo fratello a
fare ricorso per tornare all'FBI, agganciandosi ai: - Per me dovresti
farlo. - di tutti i presenti, anche lui finalmente disse la sua,
qualcosa che non aveva mai fatto fino a quel momento preferendo
lasciarlo decidere da solo.
-
Anche per me. - Mormorò appena udibile. Tutti si fermarono
all'istante ed un ulteriore silenzio cadde fra loro. Lo sguardo di
tutti si puntò su Don ma nello specifico quello di Charlie
si
mostrò stupito ed ansioso.
-
Davvero? - Chiese solo pensando di aver capito male, sicuro che non
glielo avrebbe mai detto.
-
Si, davvero. - fece solo l'altro, con un mormorio che fece
rabbrividire il moro davanti a sé.
I
due si guardarono negli occhi a lungo cercando di scrutarsi dentro ma
mentre Don era come al solito impenetrabile, Charlie mostrò
la
sua contentezza e non trattenendo il sorriso stimolò quello
dell'altro che ne accennò uno.
Il
consueto calore colpì il giovane che disse subito:
-
Allora lo farò. - dimostrando a tutti che non aspettava
altro
che il suo permesso.
Tutti
i presenti pensarono che era strano vedere Charlie in attesa del
parere di qualcuno per fare qualcosa. Normalmente se voleva non c'era
Santo che tenesse, lo faceva e basta. Lì sembrò
davvero
come se volesse l'invito di suo fratello.
Mentre
tutti riflettevano sollevati che le cose sarebbero potute tornare
presto come prima, gli altri due che continuarono a guardarsi assorti
ognuno con un proprio pensiero, si lasciarono infine semplicemente
avvolgere da quella piacevole sensazione di serenità e
felicità.
Presto
sarebbero tornati insieme e il resto, le difficoltà ed i
problemi, sarebbero stati un contorno trascurabile!
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