Calma di mare, viaggio felice

di syila
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Calma di mare e viaggio felice

Calma di mare
Pace fonda dentro l'acque,
senza moto il mare sta,
il navigante scruta inquieto
quella liscia immensità.
Tace il vento da ogni parte!
Una mortale calma da metter paura!
Nella lontananza immensa
Non si muove neppur un'onda.

Viaggio felice
Le nubi si squarciano,
il cielo è sereno
ed Eolo discioglie
la temibile catena.
Sussurrano i venti,
si scuote il nocchiero.
Presto! Presto!
Si separa l'onda, s'approssima la mèta lontana;
già vedo la sponda!

Goethe


La sala da pranzo era immersa nella luce violenta del mezzogiorno estivo.
Il mare infrangendosi sugli scogli spingeva in alto un pulviscolo scintillante di minuscole gemme, che facevano risplendere l’aria imperlandola di cristallo e oro.
Intinti nel chiarore divorante e corrosivo il tavolo col suo avventore erano figurine azzurre ritagliate su vetro, non più spesse e reali di un teatro d’ombre cinesi.
O perlomeno così sembrava a M.me Crebillon, che procedendo verso la finestra faticava a mettere a fuoco la presenza controluce, seduta immobile.
Avrebbe potuto essere morto (e il suo dispiacere sarebbe durato il tempo di farsi un guardaroba nuovo listato a lutto) se non fosse stato per il leggero movimento che sollevava regolarmente il suo petto.
“Claude Auguste! Vi pensavo già sul mare a cavalcare i flutti dell’oceano con l’Alcyone!” esclamò usando un tono faceto e di gaio rimprovero verso l’uomo ora in piedi davanti a lei, che raccolse le sue mani tese con altrettanta voluta amabilità per rivolgerle un galante saluto.
“La marea non ci favorisce Garance, dovremo rimandare la partenza di un paio d’ore e poi non potevo andarmene senza salutarvi e lasciarvi un piccolo pensiero per il vostro compleanno. Io non sarò qui quando lo festeggerete.”

L’aveva accompagnata a sedere usando quelle premure che ci si aspettava da un cognato affettuoso e da un futuro zio; la gravidanza cominciava a vedersi e lei, diversamente dalle signore alla moda, aveva rinnegato l'uso dei corsetti a favore di abiti larghi e comodi che evidenziavano di settimana in settimana il pronunciamento sempre più deciso del grembo.
“Siete così buono." le labbra di di M.me Crebillon sorridevano, ma i suoi occhi di smalto celeste restavano freddi e distanti come i cieli prigionieri nel piombo delle vetrate di Notre-Dame.
“Etienne è…”
“Etienne è sceso all’Hotel du Palais a portare alcuni documenti, ci raggiungerà più tardi; spero non vi dispiaccia farmi compagnia per colazione e intrattenervi con me da sola.” le riferì il Visconte.
La donna sapeva bene che da Claude Auguste non potevano venire certe avances, lo aveva sperimentato quando i suoi blandi ed astuti tentativi di seduzione si erano sbriciolati contro un muro di cortese indifferenza.
Subito aveva pensato che fosse prevenuto contro di lei: l’inconsolabile vedova più usa a frequentare i salotti letterari e mondani che i confessionali.
In seguito, da persona scaltra e smaliziata, ipotizzò che l’algido aristocratico volgesse lo sguardo a ben altri interessi e si era dannata l’anima a rastrellare notizie e pettegolezzi, trovandosi alla fine con qualche frase detta a mezza bocca e un pugno di mosche.
In società il Visconte passava per un aristocratico austero, un esteta raffinato e un po’ misantropo; insomma un narciso, innamorato di un’idea piuttosto che di una forma in carne e ossa.

Ripiegare sul gemello fu una scelta obbligata per la Contessa de Viry; decisamente Etienne Clemént era una preda più facile e ben disposta a lasciarsi ammaliare rispetto al glaciale fratello.
Inoltre che gli somigliasse fisicamente come una goccia d’acqua rappresentava agli occhi dell’ambiziosa Garance una specie di rivincita personale, alla fine si era presa comunque uno dei ricchi e ambiti scapoli Crebillon.
Peccato per il titolo nobiliare, ma le disgrazie succedevano tutti i giorni e lei non disperava che l’Alcyone naufragasse miseramente nel tragitto da Biarritz all’Atlantico.
Seduta davanti a lui cercava di non guardare a fianco della tazza di porcellana dov’era sistemato in bella vista un piccolo cofanetto bruno su cui spiccava l’oro del fiocco.
Una donna difficilmente resiste alla tentazione di aprire un contenitore chiuso, lo sapevano bene i Greci che all’incauta Pandora avevano addossato la responsabilità di aver fatto uscire dal mitico vaso tutti i mali del mondo che vi erano stati imprigionati.
Quella scatola, per forma e dimensioni, poteva contenere solo qualcosa di estremamente prezioso: una spilla, un braccialetto, un paio di orecchini.
Garance conosceva i gusti sofisticati ed eccentrici del Visconte, si trattava forse di un antico monile romano? Magari una fibula da appuntare alla stola di cincillà!



“Apritelo vi prego mia cara cognata o potrei farlo io per sollevarvi dalla smaniosa curiosità che affatica i vostri begl’occhi.”
“Uhm… Claude Aguste… sempre gentile e sempre tanto acuto!”
M.me Crebillon arricciò il nasino e sul viso le comparve una graziosa smorfietta da bambina.
“Vi prendo in parola!”
Le sue dita liberarono in fretta il cofanetto dal nastro dorato, però il suo contenuto la lasciò interdetta.
La piccola chiave d’acciaio brillava alla luce come il platino più raro e prezioso e quando la donna alzò lo sguardo su di lui notò sotto le palpebre socchiuse del Visconte lo stesso bagliore freddo.
“Non capisco cognato… È una specie di enigma? Ci sono! È una caccia al tesoro e questo è il primo indizio.”
Garance dopo un attimo di smarrimento aveva ripreso il sorriso infantile che rendeva le sue labbra di corallo irresistibili; solo lo sguardo tradiva la sua inquietudine, mentre l'istinto le suggeriva che l'uomo nascondeva qualcosa.

“Nessun enigma, l’oggetto è esattamente ciò che sembra; la chiave di una cassetta di sicurezza dell’Istituto Bancario Sarasin di Basilea, dove a vostro nome sono depositati trentamila franchi svizzeri, che immagino vi siano più graditi di quelli francesi.”
La donna non sorrideva più; un certo disagio che non si curava di dissimulare stava formando una piega amara ai lati delle labbra e intorbidava il suo sguardo ceruleo.
“Claude Auguste è una cifra troppo alta, un dono troppo grande!”.
Ovviamente non poteva essere un regalo di compleanno e lui aveva stanato senza fatica quella cognizione di causa mettendola in una posizione di svantaggio; Garance poteva scommetterci: dietro la sua espressione algida e apatica ne stava godendo come il più disinibito dei libertini.
“Mi sembra congruo invece.” confermò l’uomo muovendo leggermente il capo in un cenno affermativo “Ci state dando un erede dopotutto e se Dio vorrà sarà un maschio”.
Parlava al plurale, ergo riteneva la faccenda dell’erede di sua stretta competenza.
Brutto segnale valutò la donna.
Il Visconte aveva l’indole dei coccodrilli; sostavano immobili sull’argine del fiume e guardavano passare decine di prede, alcune persuase dal loro atteggiamento pacifico giungevano perfino a portata delle fauci; poi senza preavviso scattava la trappola, le mandibole si serravano e la lotta impari si concludeva sempre a favore del predatore.
“Se Dio non vorrà, sono ancora abbastanza giovane per averne altri, vi riempirò villa Montebello di nipotini!” lo blandì ben sapendo quanto il nobilastro odiasse la confusione.



“Uno è sufficiente cognata, dopo questo consideratevi esonerata da ogni altro dovere coniugale. Il conto di Basilea non è un regalo, è la vostra liquidazione e valutato il servizio reso mi sembra appropriata per garantirvi un’esistenza dignitosa, almeno fino alla prossima proposta di nozze che, visto il vostro indubbio fascino, non tarderà ad arrivare.”
La reazione della donna fu, come aveva saggiamente previsto l’altro, commisurata all’offesa.
M.me Crebillon afferrò il coltello del servizio d’argento, balzò in piedi e si protese in avanti spingendo con forza il tavolo verso di lui.
Senza quel tavolo il Visconte si sarebbe trovato con una lama conficcata nello stomaco visto l’impeto con cui gli si era avventata contro.
Invece il coltello scheggiò l’impiallacciato prezioso del piano ed in virtù della sua elasticità si piegò e rimbalzò sfuggendo alla mano furibonda di Garance.
“Etienne deve apprezzare particolarmente questo vostro lato ferino.”
Claude Auguste non aveva perso il suo sangue freddo.
“Come osate insultarmi! Voi! Maledetto villano!”
Il tè che si trovava nella tazza sopravvissuta all’assalto, diversamente dalle altre porcellane rovinate a terra, centrò il suo obiettivo spargendosi sul panciotto damascato dell’uomo.
Sarebbe seguita presto la pesante teiera d'argento, perché M.me Crebillon era intenzionata ad ammazzarlo, infischiandosene per una volta di calcoli e conseguenze.
Il Visconte, intuite le sue intenzioni, la precedette afferrandole i polsi.
“Madame vi prego controllate i nervi… Tutta questa rabbia nuoce al bambino!”
“Sono la moglie di vostro fratello e mi trattate come la peggiore delle criminali!”
Che un impeto di collera o la disperazione moltiplicassero la forza di una persona il Guascone lo sapeva, ciononostante faceva fatica a tenere a bada la leonessa bionda.
“E’ proprio perché siete la moglie di mio fratello che il vostro corpo non si trova legato ad un sasso sul fondo dell’Adour Madame.” ribatté freddo l’altro e Garance di colpo si calmò.



“Voi! Voi arrivereste a…” mormorò incredula.
“E voi? Cosa siete disposta a fare per tutelare i vostri interessi? Fin dove vi siete spinta? Quei documenti che Etienne sta portando all’Hotel du Palais… sono prova che lo avete superato il limite.”
“Non potete dimostrare niente! Niente!” sibilò la donna pallida e ansante, il riverbero del sole disegnava profonde ombre livide sotto i suoi occhi “Nessun tribunale darebbe credito alle vostre prove!”
“Tuttavia ce ne sarebbe abbastanza per denigrarvi Madame e insinuare il dubbio nell’animo di mio fratello, che ha il solo torto di vedere in voi un angelo e non il diabolico architetto quale siete. Ora sedetevi e ascoltate la mia proposta.”
Il tono autoritario del Visconte la impressionò, non lo usava neppure coi domestici più distratti e lavativi; M.me Crebillon scivolò lentamente sulla seduta della poltroncina, tenendo sempre lo sguardo fisso sul suo interlocutore, pronta a scattare di nuovo al minimo cenno di minaccia.
“Come è morto il vostro primo marito Madame?”
L'interpellata rimase sulla difensiva, chiusa in un silenzio ostile e Claude Auguste proseguì “Non rispondete? Forse non ricordate! Possiamo chiederlo a herr Gruber-Stein, il medico che ha svolto l’autopsia, vi rammentate di lui almeno? Era uno dei vostri insegnanti al corso per infermiere della Croce Rossa di Berna… Ah purtroppo no, disgraziatamente è morto otto mesi fa! Sapete madame, qualcuno ha trovato strano che mostrasse i sintomi di una febbre tropicale emorragica in mezzo alle Alpi, in pieno inverno, quando era noto che il dottore non fosse mai sceso più a sud di Roma.”

“Di quanti delitti mi volete accusare?” mormorò la donna “Ero a Parigi con vostro fratello quando è morto Gruber-Stein, le vostre sono solo congetture di un uomo geloso! Una gelosia malata e…” la voce le si spense in gola quando sentì le dita fredde del visconte chiudersi sulla carotide.
Un bisbiglio le accarezzò l'orecchio “Attenta a quello che dite Garance, per quanto mi ripugni disonorare un accordo, potrei rivedere immediatamente la mia generosa offerta.”
Avesse o meno le prove che millantava sicuramente adesso ne sapeva abbastanza del suo passato da ritenerla un pericolo per sé e la sua famiglia, doveva giocare secondo le sue regole, almeno per ora.
L’uomo allentò la presa sulla gola senza lasciarla completamente.
“Il mio viaggio mi terrà lontano da casa un anno esatto Madame, avete tutto il tempo di portare a termine la gravidanza e di godervi i primi mesi di vostro figlio, ammesso che vogliate prendervene cura.” le scoccò un’occhiata scettica, segno che dubitava perfino delle sue qualità di madre.
“Divertitevi Garance, avete ancora molto tempo per restare al centro della scena, del resto vi siete guadagnata questa ribalta ad un prezzo altissimo.”
La donna fece per rispondere all’ennesima sprezzante provocazione, ma l'interlocutore la zittì con un cenno infastidito.
“Però fate in modo che non accada niente a Etienne Clemént o al bambino, abbiate cura di loro come ne avreste di voi stessa, perché in caso contrario non ci sarà amico influente o nascondiglio abbastanza sicuro in grado di tenere la vostra bellissima testa attaccata al questo pregevole collo da cigno. Trascorso l’anno mi aspetto che sarete già molto lontano da Biarritz a godervi i vostri trentamila franchi e cercherò di farmene una ragione. Mio fratello e mio nipote saranno una consolazione più che sufficiente.”



Parlava sul serio il Visconte.
Nei secoli precedenti i suoi antenati avevano amministrato la giustizia in nome del Re sulla provincia di Dax, tuttavia nessun sovrano francese dotato di buon senso si era mai avventurato in una zona tanto selvatica stretta tra il golfo di Biscaglia e i Pirenei, così la giustizia reale aveva finito per coincidere con la giustizia dei Crebillon.
Di fatto quello era e rimaneva il loro feudo, la loro roccaforte a dispetto di re, rivoluzionari, imperatori e repubblicani.
Claude Auguste l’avrebbe uccisa sentendosi nel pieno diritto di aristocratico minacciato nei suoi privilegi e Garance era abbastanza esperta di caccia per sapere che l’orso non andava mai provocato nella sua tana.
Aveva un anno di tempo per elaborare una strategia, che ora riusciva a vedere solo in maniera confusa, ma voleva comunque concludere l’incontro con qualcosa di sgradevole, in modo da ferire il Visconte se non fisicamente almeno nell’orgoglio; alzò la testa per ribattere e non trovò nessuno di fronte a lei.
La figura allampanata dell’uomo era stata risucchiata dalle ombre morbide che foderavano la stanza, uscendo senza produrre il minimo suono.

Garance era rimasta sola.

Fine


⋆ La voce della reminiscenza ⋆

Carissimi e carissime, mentre sono al lavoro sull'edit del fantasy in salsa di soia "Una storia di Yin e Yang" ho pensato di ripescare un piccolo frammento vittoriano rimasta a lungo a poltrire nel cassetto.
Dopo un breve restyling, necessario a correggere e svecchiare alcune parti, lo condivido con voi nella speranza che le vicende dei rampolli gemelli di un nobile casato francese allo scorcio del XIX° secolo possano risultare una lettura interessante.
In caso contrario ho puntato in maniera strategica sulla brevità autoconclusiva della vicenda. ^^

Frammenti sparsi dei Crebillon li potete trovare qui: L'Alcione e la bonaccia E qui: La Traversata







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