La
debole luce della luna vela d'argento il paesaggio, mentre lo
sciabordio delle acque del fiume interrompe il silenzio.
Italia
cammina, si ferma, lanciando sguardi inquieti a destra e a sinistra.
E' una quieta notte di fine maggio, nessuno si aggira nella campagna,
ma non può rischiare.
Nessuno
deve fermare il suo cammino.
Le
lacrime bagnano le sue guance, ma, con un gesto deciso, risoluto, le
allontana. Non può concedersi una simile debolezza.
La
sua famiglia rischia il disonore, a causa di una crudele infamia ai
suoi danni.
Il
battito del suo cuore accelera e la rabbia avvampa le sue guance. La
sua morte può mondare il nome dei suoi cari.
Ma
questo non lenisce il suo senso di frustrazione.
L'innocenza
nulla ha potuto contro il denaro e il potere!
Quell’infame
di Torregiani ha manipolato la comunità e ha scaricato su di
lei il peso della sua infamia.
Non
ha accettato il suo rifiuto di sottostare alla sua depravazione.
Ne
è sicura, l’infame lettera anonima, giunta ad un
magistrato Pistoia, è stata costruita da lui.
Si
è sentito sminuito, nel suo orgoglio di uomo ricco e potente,
e ha voluto dipingere la sua persona coi colori della turpitudine.
Agli
occhi dei suoi concittadini, è diventata una svergognata, che
ha preferito soffocare
coi ferri o col prezzemolo i frutti dei suoi amori illegittimi.
Stringe
i pugni e ferma le sue gonne con spille da balia. No, non è
solo Torregiani il colpevole della sua caduta.
Anche
il paese di Porciano, nel quale ha cercato protezione, ha preferito
credere alle infamie, senza porsi alcuna domanda.
Hanno
veduto in lei una donna istruita e bella e, per questo, immeritevole
di rispetto e aiuto.
Come
ha osato lei seguire i suoi interessi e ambire ad una istruzione
superiore?
Ai
loro occhi, lei deve pagare la ribellione alla sua natura e a Dio.
Non
merita rispetto la sua scelta, nonostante l’impegno da lei
profuso nell’insegnamento e la sua condotta virtuosa.
E
molte accuse sono state lanciate da donne.
Pur
di compiacere i loro uomini, si sono unite al flusso ininterrotto
delle risate crudeli.
Hanno
cercato un riscatto alla loro mediocrità nell’insulto ai
suoi danni.
Non
hanno combattuto per i loro sogni e hanno scaricato su di lei le loro
frustrazioni.
Cammina
fino alla gora del mulino e, per alcuni istanti, fissa il paesaggio.
Sembra quasi un quadro, immerso nella quiete della sera di fine
primavera.
Le
pare un sacrilegio che un posto tanto ameno sia abitato da individui
così infami.
La
loro presenza insozza e deturpa una tale bellezza.
E’
un morbo crudele, come il flagello della peste nel tredicesimo
secolo.
Un
triste sorriso solleva le sue labbra. Ne è ben cosciente, la
verità esige la vita.
Le
fa male una tale consapevolezza, ma non può sfuggire alla
realtà.
La
sua scomparsa libererà la sua famiglia da un’onta
immeritata e consentirà a suo fratello Italiano di agire per
ridare onore al suo nome macchiato.
E,
ne è sicura, lui non si sottrarrà alla sua richiesta,
contenuta in uno dei suoi biglietti d’addio.
Certo,
ha invidiato la sua istruzione, ma il suo senso di giustizia ha
sempre prevalso su tutto.
E
questo gli darà la forza necessaria.
Chi
ha goduto delle sue disgrazie deve sopportare il peso del rimorso.
E’
poco cristiano un simile pensiero, ma non le importa.
Se
c’è giustizia, anche loro devono conoscere l’angoscia
da lei patita nei suoi ultimi, dolorosi tempi.
E,
con un sospiro, si lascia cadere nelle nere acque del fiume.
P.S.:
bene, che dire di quest’altra storia?
Questa
è dedicata ad una maestra italiana, Italia Donati
(1863-1886), che venne coinvolta in una vicenda terribile, che mostra
il pesante grado di maschilismo della cultura ottocentesca.
Secondo
la legge Coppino del 1877, l’istruzione era affidata ai Comuni
e i sindaci potevano scegliere le maestre, che dovevano avere una
sorta di “patente di moralità” per insegnare. E il
loro stipendio era più basso di quello dei colleghi uomini,
già esiguo di suo.
Alcuni
sindaci furono corretti, altri… un po’ meno. E la povera
Italia finì nelle grinfie di un sindaco scorretto (per essere
fine), Raffaello Torreggiani, che la ospitò nella sua
residenza, ma la sottopose a pesanti molestie, forte del suo potere
economico.
Infatti,
le maestre all’epoca (specie quelle che insegnavano nelle aree
rurali) dovevano provvedere all’alloggio da sole, insegnare in
ambienti lontani dalle loro famiglie e non avevano materiale
didattico.
Nonostante
tutto, fu considerata una donna immorale, accusata di aborto illegale
e, malgrado avesse chiesto il trasferimento, le voci di infamia la
seguirono.
E
l’hanno portata al suicidio non solo per disperazione, ma per
tentare di ristabilire la sua innocenza. L’autopsia, infatti,
svelerà che è morta vergine.
Io,
di mio, ci ho solo messo la scena di lei che guarda il paesaggio
illuminato dalla luna (in quel momento, infatti, era buio), ma l’ira
da lei provata verso le donne non è mia invenzione, perché
emerge in alcune lettere da lei lasciate.
Infatti,
lei non voleva al suo funerale le donne che l’avevano “odiata
e biasimata”. Si può darle torto?
Ho
pensato che il fratello Italiano fosse un po’ meno idiota degli
altri, perché lei si è rivolta a lui in un’altra
sua lettera. Un motivo ci sarà.
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