Uno e Due

di Glenda
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Premessa dell’autrice

 

Avrei voluto scrivere un capitolo finale in cui mettere faccia a faccia i due protagonisti di questa fic ma, dopo aver letto i volumi del manga fino al 31, mi è parso proprio inopportuno. Così ho deciso di chiudere sull’inizio della battaglia, coi pensieri dei personaggi in parallelo.

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguita fin qui.

 

****

Hawks

 

Ho un pupazzo di Endeavor sul comodino, a casa.

Ha ormai quindici anni di vita, o più.

È l’unico oggetto che fa di quella casa la mia casa.

Per il resto è solo l’edificio in cui passo la piccola parte del tempo che non dedico al lavoro.

Per il resto, è la casa che l’agenzia per la sicurezza mi ha dato.

Quel pupazzo mi manca. Vederlo mi ricorda che, nel mio non essere un uomo libero, in realtà c’è un nocciolo di profonda libertà: volevo diventare come lui.

È una frase che ho detto io, quando l’agenzia mi ha reclutato, ha cancellato il mio nome, il mio passato, e mi ha reso quello che sono adesso. Certo, ero solo un bambino alienato e confuso, ma quel desiderio lo provavo davvero, me lo ricordo con una chiarezza confortante.

Dabi mi ha detto che l’ammirazione è un sentimento fuorviante, e forse ha ragione. È per ammirazione, in fondo, che Re-destro vuole gettare una società intera nel caos. Ma io ho bisogno di ammirare, perché solo così riesco a rimanere saldo in ciò che faccio: riesco a ingannare, manipolare, fare il lavoro sporco solo pensando che in questo modo coloro che ammiro potranno rimanere puliti.

Al mio segnale l’attacco inizierà, e molti si sentiranno traditi.

Ci sono anche delle brave persone, qui.

Il giusto e lo sbagliato non stanno mai da una parte sola.

Che peccato.

 

Endeavor

 

“Tra tutti gli ospedali che ci sono, è stato lui a capire che era quello di Jaku, vero? Dov’è adesso, e che sta facendo?”

Quella specie di galoppino della commissione di sicurezza mi risponde, con fare da finto tonto: “Diciamo che è un’informazione confidenziale”.

Al diavolo.

So benissimo come stanno le cose. Sto benissimo che mentre qui, noi, assaltiamo il luogo in cui vengono creati i noumu, un ragazzo che potrebbe essere mio figlio si trova da solo in mezzo ai nemici ad aspettare l’arrivo degli heroes.

 

Hawks

 

Ho paura.

Paura di come andrà, ma, soprattutto, paura di dover fare del male.

Perché dovrò fare del male. Perché la regola del non poter uccidere nessuno non vale per me. Perché io non posso essere uno hero come il number one.

E però. Però mi sento sicuro. Sicuro di non essere abbandonato, sicuro che Endeavor farà esattamente ciò che va fatto, e che anche i ragazzini lo faranno.

A volte, quando li osservo, li invidio un po’. Mi piacerebbe essere stato un po’ più come loro: fiduciosi, coraggiosi, puliti.

...

Come quando, da bambino, mi chiedevo: “Riuscirò anch’io a illuminare gli altri?”

 

Endeavor

 

E in ogni caso metterò a frutto il tuo lavoro, Hawks. Ho preparato i ragazzi a questo. Puoi contare su di loro. Puoi contare su di me.

Noi sei mai stato solo.

Neanche io lo sono.

Saremo un buon team, anche stavolta.





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