Storia di come le persone si annullano

di merryghostround
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 La luce proveniente dallo schermo del suo computer le accecava gli occhi, al punto che forzare le palpebre perché restassero aperte si trasformò subito in uno sforzo irrealizzabile; sentiva le retine distruggersi poco a poco, sfibrarsi, consumarsi come arse dal fuoco, un fuoco che le sue lacrime cercavano di tamponare, ma inutilmente.
E se il dolore era tanto forte, a che pro continuare a guardare lo schermo? Per quale motivo non riusciva a distogliere lo sguardo?
Incapace di trovare una risposta, immerse il viso nello schermo del computer, disgregandone la superficie come fa un sassolino scagliato contro lo specchio di un lago. Entrò dentro quella macchina con facilità, e smise di pensare per un istante; immersa, creò e si lasciò creare, diventando tutt'uno con l'elettricità che ne manteneva in vita il sistema, scorrendo per i cavi come il sangue scorreva fino a poco prima nelle sue vene, ora era lei stessa il sangue.
Si sentiva parte del tutto, sapeva che non sarebbe mai più riuscita a riemergere da quella condizione, ma al momento non riusciva a formulare un giudizio al riguardo.
Dopo ore che a lei parsero istanti, dei suoni ovattati le ricordarono che era stata in vita, o che era viva; dapprima, pur comprendendo si trattasse di parole, non riuscì a riconoscerle, tanto le suonavano distanti, poi, proprio quando aveva smesso di curarsi di cosa potessero significare, vide qualcuno affacciarsi sullo schermo del computer: due occhi curiosi avevano iniziato a scrutarlo chiedendosi se ci fosse qualcuno lì dentro, o lì fuori.
Lei, ossevatrice, capì che adesso avrebbe potuto fornire al visitatore qualsiasi risposta ad ogni domanda che egli le avrebbe posto, e sebbene questo pensiero le desse forza, dentro di sé non si sentiva in grado di avere una qualche connessione con le parole da lei stessa pronunciate; ormai sapeva molto, quasi più di chiunque altro, e da questo punto di vista non si sentiva per nulla disarmata, ma quanto a ciò che sapeva, beh, non aveva nessun pensiero al riguardo. Realizzò che, date le circostanze, non avrebbe mai più potuto compiere qualcosa di grande. Non poteva più creare nulla che fosse importante o che non fosse già stato creato in precedenza. Nulla era più suo, e lei stessa non c'era più, al punto che il suo sangue non dava più la vita. Prese consapevolezza del fatto che lì dentro, lei, non era mai stata sangue.
Era un pesce intrappolato in una boccia? No, lei stessa era sia boccia che pesce. Talvolta si sentiva rigida, fredda, di vetro, altre volte viscida e spaventata, desiderosa di scappare.
Arrivò il momento di rispondere, perché l'osservatore le aveva fatto una domanda: le aveva chiesto "Chi sei? Cosa fai lì dentro?"
Lei conosceva entrambe le risposte, in quanto conosceva perfettamente il proprio percorso di vita, ogni informazione personale, nome, età, colore di occhi, di capelli, altezza, città di nascita e residenza, ricordava le circostanze che l'avevano portata a finire in quello schermo, era conscia del proprio fluttuare in quello stato apparentemente onirico.
Ma quando schiuse le labbra per rispondere, le parole si digitavano sullo schermo di quel computer mentre parlava, la frase che uscì fuori dalla sua bocca fu "non lo so."





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