Connected

di Woody Lee
(/viewuser.php?uid=504330)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Sedevo alla mia scrivania. Le dita battevano sulla tastiera. Ad ogni paragrafo completato, alzavo lo sguardo sulla finestra davanti a me. Tra le calme acque del fiume Hudson trovavo le parole adatte a ciò che componevo. Le mattinate le passavo tra silenzio e alta concentrazione e più andavo avanti nel processo creativo, più quella finzione trovava modo di celarsi nella realtà; riuscivo a immedesimarmi nei personaggi e nelle loro vicissitudini, qualsiasi scrittore di qualsiasi rango dovrebbe avere la capacità di poterlo fare, ma avendo un aiuto implementare quale era l'AU, la qualità del prodotto finale divenne di media, superlativa. Le mie idee, dentro al programma, prendevano vita proprio come in primavera sbocciavano i fiori e non potevo desiderare di meglio. Tuttavia, le giornate passavano troppo in fretta e per chissà quale motivo i miei attacchi d'ansia moltiplicarono quasi trasformandomi in un uomo timoroso della vita e delle relazioni. Steve era uno dei mille motivi delle mie ansie, non che gli dessi la colpa o che la nostra fosse un'amicizia tossica, anzi, se non fosse per lui sarei gia morto da tempo, ma delle volte mi fa veramente incazzare per come si comporta e per come mi tratta. 

Il giorno del mio compleanno, eseguii il log in nell'AU alle otto del mattino (avevo il giorno libero) e impostai il log out automatico, una delle nuove funzioni ottenute dall'ultimo aggiornamento, esattamente alle otto di sera. La GlassCon suggeriva sin dall'inizio un uso responsabile dell'AU per gli utenti. Per ogni effetto negativo, collaterale, sulla persona causato appunto da un utilizzo scorretto e molto prolungato del programma, con la pena in aggiunta di aver ignorato ogni sollecitazione a riguardo, l'azienda non poteva essere denunciata in nessun modo. 
Quindi, o seguivi le loro indicazioni oppure ti facevi friggere il cervello.

Poichè nel programma il tempo passava molto più lentamente, constatai che dodici ore del tempo reale equivalevano a circa trentasei ore virtuali e ciò poteva seriamente infliggere tanta confusione e fatica al nostro povero cervello. 
Malgrado tutto questo, passai il compleanno più lungo della mia vita, forse il migliore degli ultimi vent'anni.


Aprii la scatoletta targata AU e con cura indossai le lenti a contatto opache. Appoggiai la testa al cuscino e ad alta voce esclamai "LUX"
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi i miei occhi si accesero. Una luce forte, bianca, mi corse incontro travolgendomi. Strizzai gli occhi e captai dei piccoli movimenti. Piccole linee comparivano dal nulla, disegnando nero su bianco, in tre dimensioni, la forma di un divano, poi un tavolo e infine una parete che diventò una stanza con finestra. Ad ogni linea si aggiungeva un'altra linea. Si dividevano, zigzagavano, salivano, scendevano, curvavano. Si aggiunsero i minuscoli dettagli ai colori e tutto divenne più nitido seguito da un rovente scoppiettio di un camino o rami secchi calpestati in un bosco. Fuori dalla finestra vedevo le stesse linee dividersi e moltiplicarsi disegnando un paesaggio costiero, il mare fino all'orizzonte e infine le nuvole e il sole. Tutto veniva disegnato e riempito di colore, il Tanafjorden prese vita.

Per prima cosa controllai la posta. Oltre i vari messaggi giornalieri dell'AU circa promozioni e sconti su qualsiasi gadget inerente al programma, ne trovai uno di Steve con un video in allegato, lo selezionai.
Il filmato, girato la sera prima, mostrava Steve al concerto di un Dj apparentemente famoso ed era completamente impazzito. Urlava, saltava e mandò a quel paese varia gente ammassata attorno a lui. La telecamera sembrò essere volante poiché le inquadrature parvero terribilmente fluide in confronto all'ambiente circostante. Chiusi il video a metà promettendomi di finirlo prima dell'arrivo del mio amico. Controllai se fosse online ma non vi era nessun pallino verde accanto al suo nome.
Nella "Sala dei Trofei", che era solo una lunga lista di traguardi non ancora raggiunti, ritrovai la coppa argentata che ottenni quando Anna mi insegnò a volare dopo essermi buttato dalla sua mongolfiera. Guadagnai mille punti AU che potevano essere spesi in numerosi oggetti rari e interessanti. Feci un giro tra i vari prezzi e trovai la mongolfiera che costava cinquemila punti. Gli animali costavano dai duemila per i pappagalli ai cinquantamila per i leoni, gli animali più costosi. I gatti valevano diecimila punti. 
Per le modifiche bisognava pagare un incentivo di cinquemila punti per poi spostarsi all'editor e sceglierne il sesso, il timbro della voce, nome e, cosa più importante di tutte, il carattere. 
Anna spiegò che la sua gatta, Ethel, era sia dolce e premurosa che incredibilmente testarda e viziata. Le piaceva discutere con lei di qualsiasi cosa, esplicava concetti fuori dal comune e cantava benissimo. Mi sarebbe piaciuto avere una scimmietta, come quella di Ross in Friends, gli avrei dato la voce di Kevin Hart e una nuova casa. Non credo che possa gradire un fiordo norvegese ma se ne riparlerà un'altra volta.

Anna è online.
Guardai la sua foto per qualche secondo. Si, le avrei scritto qualcosa, ma cosa?

Avrei passato volentieri tutto il giorno con lei e giocare, ascoltare musica e ballare, leggerle dei versi dalle mie poesie preferite e dedicarle a lei, disegnarla su un foglio bianco e renderla mia. Lo avrei fatto, si, ma una cosa è dire, un'altra cosa è fare. Mi massaggiai le tempie assicurandomi che tutto quello che sentivo dentro di me era solo una fugace idea del mio ego: io vorrei, io farei, ecc...
Non so cosa mi prese veramente di lei, forse il suo silenzio in mezzo alla folla o il fatto che abbia una gatta parlante, ma aggiunse dei motivi nelle mie giornate, degli scopi quasi irraggiungibili prima di conoscerla. Come se Anna fosse una goccia di colore incandescente in un lago salato di grigia monotonia, la mia vita. Sarà stato solo l'estasi di aver conosciuto persone nuove e particolari, ma non riuscivo a pensare ad altro se non ai suoi capelli neri e alle sue pallide guance.

Ma lei cosa vuole?
Forse niente.
"Aiden, l'hai conosciuta l'altro ieri!" Diceva così una voce dentro la mia testa.
"Lo so!" Dissi. "Invece di continuare a pensare a lei, potresti farmi dormire".
Le avrei davvero scritto qualcosa...se non mi avesse scritto prima lei.




- § -



Feci qualche cambiamento nella mia casa a Torhop.
Aggiunsi un intero piano suddividendolo in due ampie stanze: un ufficio con computer, uno scaffale ricolmo di libri di racconti e poesie scritte e lette nell'arco di tutta la mia vita; l'altra invece diventò un salottino, molto più grande di quello del pianoterra che diverrà probabilmente una sala giochi.
Aggiunsi tre divani e altrettante poltrone con un bel tavolo in vetro al centro, poi un Picasso, un Van Gogh e un Monet appeso alle tre pareti e un largo terrazzo con vista  sulla quarta parete. Fatemelo dire, come interior design facevo pena ma quell'habitat mi era gradevolissimo. 
Nell'ufficio avrei passato la maggior parte del mio tempo a scrivere, rileggere i miei vecchi lavori e correggerli se mai avessi avuto la voglia. Pensai che quel luogo avrebbe migliorato la mia creatività e il programma mi avrebbe aiutato a visualizzare la storia e commettere meno errori circa la narrativa, la descrizione dei personaggi e le loro emozioni.
Scesi di sotto e agguantai il primo libro che mi capitò, Joyland di Stephen King. Uno dei miei preferiti.
Mi sedetti sulla poltrona accanto a me e dalle impostazioni attivai il "Connettore di Memorie" e iniziai a leggere le prime pagine. Devin Jones, il protagonista, uscì da un flash di luce bianca incandescente davanti a me, esattamente come me lo stavo immaginano. Si guardava attorno senza apparenti espressioni. Sfogliai lei pagine e mi concentrai leggendo le descrizioni degli altri personaggi. Devin sparì dando posto a Erin, sua amica e collega a Joyland. I suoi capelli rossi, corti e gli occhi versi mi fecero capire quanto fosse importante per il mio lavoro un'applicazione del genere. Immagini i più grandi letterati del mondo, registi, pittori e artisti di qualunque tipo usare questa funzione dell'AU per ottenere la Creatività Assoluta, che desideravo più di ogni altra cosa.

Steve entrò sbattendo la porta e la sua attenzione cadde su Erin e la sua corta gonna verde che lasciava vedere le gambe chilometriche e annuì con un ghigno quasi macabro.

"Carina, chi è?" Erin sparì in un fascio di luce.
"Hai presente il connettore di memorie?"
"Quello che ti aiuta a ricordare? E Allora?" gli puntai un indice.
"Con quello posso vedere ciò che leggo, ma molto più importante, ciò che scrivo."
Steve sorrise e iniziò a scorrere tra i suoi messaggi privati guardando lo schermo olografico sul polso.
"Vale anche per i porno?" chiese.
"Penso di si...Ho aggiunto un piano, lo vuoi vedere?
"Non abbiamo tempo adesso. Ti devo parlare" chiuse l'ologramma e diventò serissimo. Lo spinsi su per le scale e ci sedemmo sui divani nuovi, lui in verità si buttò come un sacco di patate, sdraiandosi. Si guardò attorno velocemente.
"C'è molta più luce...quello è un Van Gogh?" recensì così il mio creato.
"Allora, di cosa mi devi parlare?" 
Steve sospirò.
"Ti ricordi di Elena, no?" 
Quasi mi venne da ridere. Stai per caso parlando della ragazza che non solo mi conquistò il cuore ma tutta l'anima? La stessa Elena con cui, per colpa tua, non riuscii mai a dimostrarle ciò che avrei dovuto riguardo i miei sentimenti, quindi, lasciandola a te, che le spezzasti il cuore dopo soli due anni di matrimonio?

"Si" mi uscì piuttosto aspro.
"Beh, mi ha mandato un messaggio qualche giorno fa. Vorrebbe una rimpatriata. Ci stai?"
"Qualche giorno fa? E non me l'hai detto? Ma...ma per quale motivo?" iniziai a iperventilare.
"Ma ti vuoi calmare" mi gridò.
"Rispondi e basta!" gridai più forte.
"Ma il motivo non lo so, ce lo dirà lei stessa a quanto pare, oggi, nella mia stanza"
Balzai in piedi
"Oggi!?" presi a camminare in circolo attorno ai divani grattandomi il mento.
"Si oggi. Quindi ci sarai?"
"Certo che ci sarò" mi sedetti di nuovo.
"Bene, le mando un messaggio" riaprì di nuovo i messaggi privati con un gesto della mano e scrisse su una tastiera volante.
Premette invio.
"Non hai in mente niente che possa farci intuire il motivo della sua visita?"
"A parte il tuo compleanno? No. Siamo suoi amici, è questo il motivo Aiden" 
Lo guardai con così tanta ironia che lo feci alzare. 
"A proposito, buon compleanno" disse. Si sedette accanto a me, appoggiò la testa sulla mia spalla e mi strinse tra le sue braccia. In silenzio.
"E' in giorni come questo che ricordo quanto io sia fortunato a chiamarti mio fratello".
Dopo aver rialzato la testa e nascosto un piccolo sorriso, aprì il pannello dei profili e cliccò sul mio.

Impostazioni Utente.

Invia Regalo.

100.000 Punti AU

Invia.

"Ho racimolato questi bei soldini facendo praticamente tutto quello che c'era da fare in questo programma, voglio darli a te"
"Wow, non so cosa dire. Steve, sei sicuro?" Lui annuì.
"Grazie bello, li userò per qualcosa di speciale" Già immaginavo la mia scimmietta sulla spalla che mi raccontava di quanto fosse assurdo Tarzan.
"Fanculo le specialità! Usali e basta." Disse alzandosi in piedi. "Ehi, hai visto il video che ti ho mandato?
Mi arrivò la notifica del trasferimento dei punti AU sul mio conto.
"Non proprio"
"Sfaticato! Verso gli ultimi dieci secondi del video riesci vedere un astronave aliena che mi tira su in aria!"
"Ti hanno rapito gli alieni?"
"Per così dire..." uno spinello si materializzò tra le sue labbra ed uscì sul terrazzo.
Lo seguii e rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Ci godemmo l'erba virtuale e la vista. Pensai ad Elena, poi ad Anna e infine ad Elena di nuovo. Chissà cosa ci avrebbe detto.



- § -


Steve decise di tornare nella sua stanza. Io mi sedetti al computer e aprii l'ultimo file salvato. Erano le nove e mezza e scrissi per almeno tre ore, era la prima fase di scrittura perciò ogni frase che mettevo giù era provvisoria, l'avrei editata affinché diventasse una lettura interessante. 
Inviai il capitolo a Steve che leggeva davvero ogni storia che scrivevo ma non era propenso a seguirle attentamente. Delle volte mi chiedeva di scrivere di lui, di renderlo un eroe. Gli rispondevo che doveva leggere usando la testa, che basandomi su persone reali dei quali conoscevo ogni dettaglio della loro vita, riuscivo a creare dei personaggi bizzarri e interessanti. Steve era dappertutto ma se non riusciva a cogliersi tra le pagine che leggeva, il problema era suo. Uno scrittore non può dire troppo delle sue creazioni, rovinerebbe l'emozione della lettura. 
Ma chi legge più per l'emozioni? O per il piacere di farlo? Persone del genere sono rare, se ne conoscete qualcuno, tenetevelo ben stretto, sono fonti illimitate di sapienza e divertimento.

Aggiunsi un giradischi sul tavolo al secondo piano. Nella biblioteca musicale gratuita del programma, trovai un vecchio vinile di Tom Waits, Used Songs, i miei occhi brillarono.
Tom cantava e io riposavo la mente finchè un messaggio di Steve fece squillare il mio polso.
Aprii le notifiche e vi era un messaggio di Steve.
Diceva solo "Muoviti" e così feci.
L'ansia mi assalì come quando la campanella a scuola segnava l'inizio delle lezioni e già alla prima ora c'era in programma il test di matematica e non avevo studiato. 
Mi teletrasportai all'entrata della stanza di Steve, tolsi le scarpe che le aggiunsi all'inventario e varcai la soglia. 
Non c'era nessuno a parte Jennifer Aniston al bancone del bar mentre puliva i bicchieri e canticchiava spensierata. Camminai verso di lei, la sabbia ai miei piedi era perfettamente tiepida e il sole accecante mi convinse a togliermi la maglietta. Jennifer mi chiamò a se, chiese se volessi divertirmi con lei. Le dissi no, immaginai il tipo di divertimento che offriva ma ignorai ogni avance. Dedussi che i bot o NPC erano stati creati appositamente per uno scopo, cioè servire gli utenti secondo il loro volere, bello o brutto, qualunque esso sia.

"Oggi mi sento Hemingway" le dissi con un mezzo sorriso.
"Vuoi morire o vuoi un mojito?" 
"Mmh, decisamente un mojito"
"Ottima scelta Aiden" rispose mettendosi al lavoro.

Tagliò a cubetti due fette di lime e con lo zucchero di canna li versò nel bicchiere, con il pestello amalgamò il contenuto ottenendo un succo più dolce che aspro.
Annusò la menta e la spezzettò dentro al bicchiere, aggiunse il ghiaccio a cubetti (il vero mojito si fa con il ghiaccio a cubetti e non tritato come lo fanno in Europa. E' buono lo stesso se fatto bene, ma diventa tutto un casino verso la fine. Per esperienza personale, non riuscivo mai a capire quando effettivamente finivo il drink.) tre dita di rum scuro e uno di chiaro, top di soda e cannuccia. Mescolata tattica e infine me lo servì con una ciotola di Doritos piccanti. Lo assaggiai. 
Mi diede un piacere estremo. Buonissimo, alzai il bicchiere in onore delle mani di Jennifer. Lei fece un inchino.
Steve invece, mi tirò un coppino.
"Ahia, sei deficiente?"
"Oh, chiedo scusa, sei diventato sordo? Ti ho chiamato tre volte. Dovresti prendere un po' di sole, sembri un cadavere." Non aveva tutti i torti, scavalcò il bancone con un balzo e baciò Jennifer con così tanta foga che persero entrambi l'equilibrio e caddero a terra.
Si rialzarono pulendosi i lati della bocca.
"Ci voleva" disse lui.
"Era da immortalare"
Si sedette sullo sgabello accanto al mio e mosse la mano davanti a se. Un orologio al neon comparì davanti a noi. L'una e venti. Ripeté il gesto con la mano e l'orologio sparì, poi rivolse il suo sguardo su di me.
"Allora, che ne pensi di Anna? E' single, sai." Io esitai. 
"Simpatica" annuii e bevvi un sorso di mojito che mi diede la forza.
"Simpatica? Sei proprio scemo" Mi prese il bicchiere dalle mani e se lo bevve tutto. Ne ordinai altri due.
"Si, è molto simpatica e credo che un giorno, prima o poi, ti possa rimpiazzare." captò la mia ironia.
"Lo spero per te, davvero. Te la meriti una sana di mente"
"Che cosa vorresti dire?"
"Mm, non lo so, parole al vento"

Jennifer ci piazzò i bicchieri davanti, brindammo alle donne che mandavano avanti il mondo, quelle al potere, quelle senza privilegi, quelle sane di mente e quelle pazze, belle, brutte. Brindammo a Jennifer e al suo mojito quando notai che spostò lo sguardo in un punto dietro di noi.
"Steve, abbiamo visite" disse Jennifer. Ci girammo entrambi a vedere.

Una donna con le scarpe in mano, una camicia blu e jeans entrò nella stanza. Aveva i capelli rosso fuoco, lunghi fino alle spalle e con l'outfit con cui si presentò, sembrava che emanassero luce propria. Si continuava guardava in giro poi puntò gli occhi su di noi. Steve svuotò il bicchiere e si alzò dallo sgabello. Cadde un silenzio innaturale sulla spiaggia. Le corse incontro e si abbracciarono a lungo. Mi alzai anche io dallo sgabello e li aspettai in silenzio. Si scambiarono qualche parola che non riuscii ad udire poi i suoi occhi caddero su di me e un calore inaspettato mi avvolse tutto il corpo, come se quegli occhi mi avessero acceso una fiamma dentro. 
Elena Rogers venne ad abbracciarmi. Le toccai i capelli e le presi la mano, me la strinsi al petto. Era bellissima, lo è sempre stata.
"Ciao Aiden" disse timidamente, la sua voce non cambiò affatto dopo tutti questi anni. Passò le sue dita tra i miei ricci, esattamente come faceva a scuola ogni mattina. 
"Ciao Elena" le dissi sorridendo. Mi persi qualche istante di coscienza e tutti i suoi ricordi mi riempirono il cervello come api in un alveare, mi resi conto di aver lasciato il connettore di memorie attivo. Lo spensi in poche mosse.
Questo era reale, me lo sentivo nelle vene, nell'aria artificiale attorno. Lei era li con noi.
Tutte le ansie che sentivo prima sparirono all'istante appena la vidi. Sapevo che niente mi avrebbe fatto male se ci fosse stata lei.

"Ma vi rendete conto?" disse Steve. "siamo di nuovo insieme dopo un fottutissimo decennio, porca puttana!" Ci strinse tra le sue braccio e saltellò. 
Io caddi sulla sabbia e risi di gusto. 
"Che posto magnifico Steve. Quella è Jennifer Aniston?" Jennifer la salutò sbracciandosi.
"Si, è la nostra barista" Approvò con il pollice.
"Ma quindi come stai?" Le chiesi. Il suo sguardo vagò nel vuoto e poi sorrise.
"Sto benissimo. Ero in ansia di rivedervi. Questo AU è geniale!"
"Da quanto sei dentro?"
Steve ordinò da bere. Materializzò uno spinello tra le sue labbra, schioccò le dita e una palla di fuoco si accese. Sbuffò il fumo in aria e me la passò.
"Da qualche giorno. Insomma, lo uso solo per le lezioni in università. Sono professoressa di lettere, sapete? Ho all'incirca quindicimila studenti ogni giorno. Solo grazie al programma, l'istruzione è entrata a casa della gente che nemmeno si poteva permettere la retta. Per poterlo usare privatamente, però, l'ho dovuto comprare di tasca mia." Le passai la canna. Jennifer ci portò i drink: mojito per me e Steve e un margarita a Elena. Brindammo a noi.

"Dov'è la tua stanza?" Le chiesi dopo un sorso.
"Nella Savana, in Africa, la tua?"
"Ci avrei giurato. La mia sta sulla riva di un fiordo..."
"...dai tuoi viaggi in Norvegia, si. Hai passato così tanto tempo in Europa, mi sarei sorpresa se non avessi scelto uno di quei luoghi"
Mi completò a tal punto che l'unica cosa che potessi rispondere era un ennesimo brindisi. 
Notai Steve che ci osservava sorridente. 
"Steve, qui dove siamo?"
"Grazie per avermelo chiesto, a nessuno è mai fregato un cazzo in realtà" Frecciatina nei miei confronti. "Siamo sull'atollo di Steve, il punto più lontano del modo dalla civiltà. Esiste veramente, aveva anche un nome ma ora non me lo ricordo."

Per chi lo volesse sapere si chiama "Point Nemo", [45°52'.6s, 123°23'6w]. Le persone più vicine a quelle coordinate sono gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale a circa quattrocento chilometri in altezza.
"E' un posto speciale" spiegò Steve.

Elena era incredibile, una vera forza della natura. La sua figura, quasi materna oserei dire, mi mancava tantissimo. Riuscivo a sentire le emozioni che provavo ai tempi del college, forse un po' più lievi, parlando con lei.
Steve spegneva l'ennesimo spinello nella sabbia e notai che Elena mi guardava, pareva che i suoi occhi volessero leggermi ogni ruga superflua del mio volto. Quando ricambiai lo sguardo, una forte sensazione mi colpì nel petto, mi sorrise e con la mano spostò la ciocca di capelli rossa dietro l'orecchio. Lessi molto a riguardo, ricordai anche Steve mentre diceva che quando una donna, guardandoti negli occhi, timidamente sorridente si tocca i capelli, è un chiaro segnale che lei sia attratta in qualche modo a te. Non so molto di psicologia femminile ma se Elena fosse attratta da me, per chissà quale motivo, e se quello fosse davvero un segnale di quel genere, non avrei saputo come comportarmi se non ne avessi parlato con Steve.

Elena ci invogliò a rivivere due suoi ricordi dopo aver notato il maxi schermo sulla spiaggia. Steve impostò l'orario notturno cosicché avessimo una nitidezza superiore delle immagini sullo schermo. 
Il sole tramontò all'orizzonte e l'oscurità prevalse. Alzai lo sguardo e vidi le stelle sopra di noi, miliardi e miliardi di puntini scintillanti nel nostro cielo che riflettevano sull'oceano circostante all'atollo di Steve.
Il primo ricordo di Elena fu la volta in cui ci conobbe all'università. Mi vidi attraverso i suoi occhi: un giovane ragazzo coi ricci straripanti sulla fronte, occhiali neri e senza un filo di barba, quasi non mi riconoscevo. D'altronde, quello fu il mio famoso periodo nero ma ai suoi occhi parevo un qualsiasi studente universitario di primo anno pronto a vivere quella "grande avventura".

Il secondo ricordo fu un po' imbarazzante, soprattutto per il mio migliore amico. Sullo schermo vedemmo uno Steve più maturo rispetto al ricordo precedente, decisamente invecchiato, mentre firmava le carte del divorzio. Posò la penna sul foglio e rimase a guardarlo in silenzio, incrociando le dita sulle sue gambe. Elena gli prese le mani e le strinse. Girai lo sguardo verso il mio amico e l'umiliazione sul suo viso era trasparente come un ruscello di montagna.
"Perché dobbiamo vedere questo?" chiese affranto Steve.
"Ma t'immagini se fossimo ancora sposati? Che vita avremmo avuto?"
"A essere sincero ragazzi, divorziare è stata la cosa migliore che avreste potuto fare." dissi. Cercai di non alzare l'asticella della tensione poiché era ancora una questione delicata quella del loro divorzio, non ci fu mai stato modo di parlarne per tutti questi anni perciò decisi di aprire a loro il mio cuore. 
"Avete chiuso un capitolo deludente della  vostra vita e ne avete subito aperto un altro, con prospettive migliori, un futuro migliore. Insomma, guardatevi. Elena è professoressa universitaria con quindicimila studenti ogni giorno, oddio, ma come fai?. Tu, Steve, crei musica, ci guadagni anche dei bei soldini e stai lavorando al tuo primo album che sono certo sarà una bomba! Sono stati i vostri sogni fin dal primo giorno in cui vi ho conosciuti". Captai il sorriso di Elena ma continuavo a guardare Steve per avere una sua reazione. Ricambiò il mio sguardo annuendo.
"Non hai tutti i torti in fondo" disse, poi voltò verso Elena e le sorrise. 
"Abbiamo quello che molta gente cerca per tutta la vita, un legame che ci accompagnerà fino alla fine dei nostri giorni. La nostra amicizia, la voglio pensare così, durerà anche dopo che i nostri cuori smetteranno di battere. Niente può davvero dividerci se dopo dieci anni siamo ancora assieme."
Gli occhi di Elena luccicavano al chiarore del falò davanti a noi. 
"Non ci sarebbe un Aiden Rowe a dirvi tutto questo e non ci sarebbe nessuno a scrivere delle vostre grandi personalità senza il vostro aiuto. Mi avete salvato la vita e vi amerò per sempre."
Steve si strinse a me e così fece anche Elena. Li avvolsi con le mie braccia in quella notte splendente sull'atollo di Steve e guardammo le stelle per qualche minuto in silenzio. 
"Per fortuna non avete avuto figli, riuscite a immaginare il disastro?" scoppiarono a ridere a quell'immagine nelle loro menti con tante piccole miniature di Steve ed Elena che distruggevano casa giocando a Cowboy e Indiani.

Elena dovette salutarci, il suo dovere chiamava ma ci fece promettere che l'avremmo contattata almeno una volta al giorno. Inoltre, mi obbligò a mandarle tutto il mio materiale inedito scritto negli ultimi dieci anni. Le dissi che impossibile per lei leggere tutto, perciò la mattina dopo mi sarei messo al lavoro per selezionare una top ten dei miei lavori migliori ancora sconosciuti a lei. Obbligò anche Steve a mandarle tutte le tracce da lui scritte e prodotte. Voleva stare al passo con i nostri lavori e noi con il suo. Volevamo seguire una lezione ma non essendo studenti registrati era complicato fare quello che volevamo, ma ci assicurò che avrebbe provato a trovare una soluzione.
La salutammo e sparì in un fascio di luce, i nostri sorrisi non svanirono per ore. Che giornata!


- § -


Steve propose di salire al Covo della 50a e lo seguii. Questa volta usai l'ascensore invece di saltare per settanta piani fino al tetto. 
Appena le porte si aprirono, uno scoppio di voci e applausi si levarono in aria per tutto l'attico. Un grande striscione con scritto "Buon Compleanno" era appeso al gazebo e un tavolo imbandito con cibo e bevande nel mezzo.
Il primo viso che riconobbi fu quello di Anna con i suoi occhi chiari, l'ombretto nero che li risaltava e il sorriso di un angelo.
E' curioso come quando dopo aver conosciuto una persona interessante, la sola cosa di cui ci ricordiamo (o almeno per me)  è quanto incredibilmente bello è stato far parte della loro giornata e chiacchierare e creare legami con essa e sperare che possa durare sempre di più. Mi mette anche ansia sapere di affrontare un carattere così espansivo come il suo, di Anna. E se sbagliassi tutto dicendo stronzate? E se non fossi così interessante per lei da iniziare a costruire un'amicizia partendo da zero? Sono adulto, è un peso che potrei sopportare, è ciò che continuo a dirmi da anni.
E se non fosse così? Rimarrei solo con le mie fantasie a sognare ad occhi aperti una vita lontanissima alla mia. Com'era solito dire Lewis Lynom, il creatore dell'AU, che l'orizzonte possa essermi sempre più vicino. Pensai che l'orizzonte fosse proprio la vita che sognavo; se non fossi così insicuro di me stesso e se davvero non davo importanza al giudizio degli altri avrei potuto essere più felice, qualsiasi cosa voglia dire quella parola.
So solo che quel giorno mi sentivo davvero felice. Ho rivisto Elena dopo tanto tempo, ho festeggiato il mio compleanno con i miei amici, ci siamo divertiti come matti e non un solo pensiero negativo mi costrinse a chiudermi in me stesso.
A fine giornata, prima di eseguire il log out dal programma, mandai un messaggio privato al profilo di Lewis Lynom. Non mi sarei aspettato una risposta ma era mio dovere da scrittore e soprattutto da anima perseguitata dal suo passato riformulare quella frase tanto misteriosa con il quale l'Admin dell'AU era solito chiudere le comunicazioni.

"Che tu possa raggiungere il tuo orizzonte ideale".
Chiusi tutto soddisfatto, mi risvegliai nel mio letto e uscii fuori a guardare il cielo. La Luna splendeva e come lei, lo feci anch'io.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4022114