Gli sembrava che fosse passato appena un attimo dall'ultima volta che
avevano percorso le strade di Tokyo in moto, percepiva ancora il calore
della schiena di Mikey contro il petto e il solletico che quei capelli
biondi mossi dal vento gli causavano a contatto con la pelle del viso;
e gli sembrava trascorso un solo brevissimo istante da quando Hina lo
aveva preso per mano dicendo che lo sposo non poteva attendere e lo
aveva trascinato nel più bello dei futuri in cui avesse mai
potuto sperare.
Lo aveva assaporato, aveva chiaramente sentito la dolcezza della
vittoria in bocca e poi di colpo quel sapore era diventato amarognolo,
fino a risultare insopportabile, acre persino.
Una sola frase, una sola parola, il pezzo mancante di un puzzle che
rendeva il disegno incompleto. "Mikey-kun?"
Mikey non c'era.
La felicità si dipingeva sui volti di ognuno di loro, di
tutti quelli che le sue scelte avevano impedito di buttare la vita nel
crimine, persino Kazutora aveva ricevuto la sua redenzione.
"Non si può avere tutto dalla vita" una frase che sua madre
ripeteva sempre e ora davanti alle espressioni serene dei suoi
amici si rendeva conto di quanto facesse male e quanto fosse ancora una
volta inaccettabile.
Sì, poteva riuscirci, ci era riuscito, li aveva salvati
tutti, tutti tranne Mikey. Forse era stato così fin
dall'inizio, in una vita miserabile in cui neanche si erano mai
incontrati era questo il senso di ogni cosa: costretti nella stessa
trama, intrappolati da un destino comune che non li poteva vedere
felici se non insieme. Ma Takemichi non era così
intelligente, né così maturo come avrebbe voluto,
eppure in quel momento si rese conto che Mikey era la chiave, non
sapeva di quale porta, sapeva solo di doverla aprire.
Quando aveva ascoltato il messaggio, quel messaggio speciale destinato
a lui e lui soltanto aveva deciso di realizzare il suo desiderio,
ancora una volta, ma nel momento in cui aveva visto Hina, la sua Hina,
bellissima, in abito da sposa, tutto ciò che era riuscito a
vedere era il sorriso di Mikey, la sua disperazione che si faceva
maschera di felicità.
La logica era da lungo tempo stata mandata a farsi benedire
perché Takemichi era certo che c'erano delle cose che solo
il cuore poteva spiegare. Mikey non era un effetto collaterale, come lo
aveva definito Naoto, Mikey era qualcosa di più, molto di
più, di più di ciò che ormai tutti
vedevano in lui.
Solo Kazutora lo aveva supportato nella ricerca, forse
perché il suo pentimento lo avrebbe portato a prendersi cura
di Mikey fino alla fine dei suoi giorni, ma lo aveva trovato, aveva
fatto l'opposto di ciò che gli era stato espressamente
chiesto.
Non si era fatto vedere, Takemichi aveva solo sentito il freddo metallo
di una pistola premuto contro il lato sinistro del capo e poi aveva
sentito due voci, una era di Mikey e questo era ciò che
contava. Il cuore gli si era riempito di, non sapeva dire cosa, sapeva
solo che era pieno mentre un attimo prima sentiva una voragine al posto
del petto. Gli occhi gli si erano riempiti di lacrime come un fiume in
piena.
"Cosa puoi chiedere di più?"
La voce di Mikey era risuonata vuota, spenta, quasi come se parlasse
per automatismo che per una vera capacità di espressione.
Non c'era rabbia, né risentimento, non c'era niente, un
niente incredibilmente pieno.
La mano di Takemichi si era sollevata all'istante, quasi ci fosse
qualcuno a muoverla con dei fili, tra le dita la lettera.
"Volevo darti questa"
"Che cosa è?"
"L'invito al mio matrimonio"
E da lì era stato naturale per Takemichi lasciare uscire
tutto ciò che c'era dentro, tutte le parole che aveva
sentito e risentito nella sua testa in quei giorni, i sentimenti che
aveva tenuto stretti per evitare che straripassero nel momento
sbagliato, ma forse non ce ne sarebbe mai stato uno giusto.
"Lasciaci soli, Sanzu."
Quella era una forma di apertura che aveva reso la distanza di pochi
metri tra le panchine dell'ex bowling sui cui erano seduti un po'
più sopportabile, senza dare la parvenza che tra lui e Mikey
vi fossero incolmabili chilometri.
Sorprendentemente le sue parole erano state ascoltate o almeno
così gli era parso e Takemichi aveva detto ogni cosa che
voleva dire. A stento percepiva il respiro di Mikey, ma sapeva che era
lì e questo era abbastanza. L'ultima frase gliela voleva
dire in faccia, per questo si era voltato, i suoi occhi portavano la
firma indelebile della sua determinazione. Ed era probabilmente stato
in quel momento che aveva superato ogni limite, perché Mikey
non gli aveva dato alcun permesso per guardarlo in faccia, alcun
permesso per lasciarsi vedere.
Dei tre colpi che gli avevano trapassato il petto non aveva sentito
neanche lo sparo, ma solo il sapore amaro del tradimento,
dell'abbandono. Eppure anche disteso nella pozza del suo stesso sangue
quel sapore non era neanche lontanamente paragonabile alla disperazione
che aveva provato nell'aver scoperto di non essere riuscito a salvare
Mikey.
"Non volevo vederti... perché sapevo che lo avrei fatto"
Takemichi aveva provato a rialzarsi, ci era riuscito persino stavolta,
nel bianco candido sporco di sangue dei suoi vestiti ,in totale
contrasto al nero profondo di quelli di Mikey, anche in quella
situazione gli era sembrato Mikey quello davvero bisognoso di aiuto.
"Il tuo lungo viaggio termina qui"
"T-Ti s-salverò..." l'ombra delle ultime parole. "N-Non
importa quante volte dovrò provarci... ti salverò
perché... se si tratta di te... allora ci proverò
all'infinito."
"Allora sarò io a farla finita."
"Oh cazzo, sta per saltare!"
Takemichi non aveva bisogno di quella voce dall'esterno per sapere cosa
stesse accadendo, non aveva mai perso i sensi e aveva ascoltato i passi
di Mikey come se fossero gli ultimi battiti del proprio cuore. Lo
conosceva abbastanza ormai da sapere che anche dopo avergli piantato
tre proiettili in petto era la stessa persona che lo aveva accolto e
protetto.
"Non farlo, Mikey!" la disperazione di quelle parole che non erano sue
e non lo sarebbero mai state, ma che in fondo volevano dire qualcosa di
simile.
Se avesse potuto impiegare le sue ultime forze per salvarlo non avrebbe
avuto rimpianti e di certo non le avrebbe sprecate a urlare qualcosa
che lo avrebbe spinto solo ad agire in tal senso.
Il polso che prese al volo, tra le urla dei passanti, sporgendosi dalla
finestra, gli sembrò così leggero e inconsistente
che quasi non fu certo di averlo afferrato. Eppure era lì,
assieme alle prime emozioni sul volto di Mikey, stupore, forse sgomento
e anche una nota di perplessità. Era lì mentre il
sangue scorreva lungo il suo braccio fino a sporcare la pelle candida
di Mikey, che al chiarore di luna sembrava anche più pallida.
"Non ti lascerò morire..."
Sospesi a mezz'aria, tenuti insieme solo da quella stretta e dall'altro
braccio di Takemichi ancorato alla finestra, il tempo sembrava essersi
fermato.
Il peso di Mikey, seppur ignorato, era invece lì presente e
stava trascinando Takemichi sempre più fuori dalla finestra,
lo stava trascinando con sé nel destino che in fondo aveva
scelto.
"Svelto, afferra la mia mano!"
"È ridicolo... morirai con me, lo sai?"
"Datti una mossa, sto per perdere i sensi..."
"Lasciami andare, voglio farla finita..."
Anche in quello scambio la voce di Mikey non mostrava inclinazione
alcuna, rimaneva atona, morta.
Mikey era morto da tempo e Takemichi non poteva accettarlo.
"Hey Manjiro!" urlò con quanto fiato gli rimanesse. "Puoi
farlo per una volta... puoi..." disse ripensando a tutte le volte che
quel ragazzo aveva portato il peso di ogni cosa su quelle spalle, che
erano larghe, solide, ma avevano senza dubbio un limite. L'invincibile
Mikey, così lo avevano soprannominato, no? E invece Mikey
era tutt'altro che invincibile, era debole, fragile, sensibile e si era
spezzato, si era rotto in così tanti pezzettini che ormai
rimetterlo insieme era impossibile e forse nessuno se ne era mai reso
conto prima.
"Puoi chiedere aiuto..." mormorò Takemichi con il suo ultimo
soffio vitale.
La mano di Takemichi aveva perso il suo appiglio e aveva lasciato
scivolare il polso di Mikey fino a prendere le sue dita. Il viso di
Mikey si era macchiato di piccole gocce del sangue di Takemichi e forse
era stato allora che il sangue sulle loro braccia aveva formato
un'unica linea continua anche se per nulla diritta.
Mikey si era specchiato in quelle lacrime e le aveva sentite bruciare
sul suo viso, gemelle. "Aiuto... Takemitchy" lo aveva detto, mostrando
finalmente le sue emozioni, concedendo alla sua voce un'inclinazione,
concedendo finalmente alla disperazione di emergere devastante, ma
viva. Le loro mani si erano trovate, ancora timidamente si erano
strette, consapevoli che la loro vita dipendeva dall'altro e poi, il
mondo si era fermato e non era mai andato così veloce al
contempo.
Gli sembrava passato un nulla da quell'istante così intenso,
eppure erano trascorsi dieci anni, dieci anni contro ogni legge fisica,
ma pur sempre dieci anni. Dopotutto per un viaggiatore nel tempo questa
variabile è anche più relativa che per chi
è stata concepita.
Erano passati solo due anni in fondo, ma Takemichi li aveva
sottovalutati, non aveva tenuto in considerazione quanto potesse
cambiare una persona in un lasso di tempo relativamente breve.
Il suo petto sentiva ancora i fori dei proiettili, le sue guance ancora
le sferzate delle lacrime e la sua mano ancora il fantasma di quella di
Mikey. La sensazione non se ne era andata per tutti quei giorni,
così intensi, così vividi. Mikey si sarebbe
arrabbiato nella migliore delle ipotesi, Takemichi non vedeva l'ora di
osservare le sfumature dei suoi sentimenti purché Mikey
gliene regalasse senza mostrargli solo quell'oscurità
divoratrice.
Avrebbe dovuto essere molto più in apprensione per Draken
che, monitorato attentamente da un'equipe medica, stava passeggiando
nel limbo tra la vita e la morte.
Invece, i suoi occhi non facevano che puntare Mikey nella folla che
rimaneva fermo a osservare le scazzottate senza mostargli alcun tipo di
espressione. Sembrava imperturbabile, al di sopra di ogni cosa, eppure
Takemichi vedeva ogni singola crepa in quella indifferenza mal
costruita.
Mikey era una bomba, c'era solo bisogno di un innesco e sarebbe
esplosa. Takemichi non sapeva quali fili toccare per impedirlo, ma
doveva provarci lo stesso, prima che Mikey potesse aggiungere
qualcos'altro alla sua lunga lista di pentimenti.
"Allora? Come vuoi morire?" questo era ciò che ne aveva
ricavato da quel suo gesto avventato. Poteva reggere la furia di Mikey,
poteva accettare qualsiasi cosa se veniva da lui, era una
consapevolezza che sentiva bruciare nel cuore, anche con un braccio
rotto, anche col viso deturpato dai pugni.
Gli sovvenne che questa domanda Mikey gliela aveva già posta
un'altra volta, ma quella volta i suoi occhi erano neri e accoglienti e
dopo essersi finti minacciosi si erano sciolti in un dolce sorriso.
Stavolta Mikey non scherzava, non avrebbe ridacchiato, ma avrebbe messo
fine alla sua vita, sventrandolo con quella sua forza devastante. La
consapevolezza non gli mise paura quanto avrebbe dovuto, lo fece invece
sentire solo molto triste.
Le lacrime che non avevano mai smesso di sgorgare tornarono a farsi
vivide sulle sue guance, incapaci di impressionare quegli occhi vuoti,
pieni di disperazione, bianchi come l'insieme di tutti i colori.
Takemichi lo osservò mentre Mikey lo teneva sollevato per il
colletto della camicia e notò che era vestito con una maglia
nera, ma i pantaloni erano bianchi. Questa stupida associazione gli
fece credere che non fosse troppo tardi, che ci fosse ancora speranza,
che l'oscurità non lo avesse ancora divorato del tutto,
anche se un attimo prima quello stesso bianco lo aveva temuto.
Aveva sbagliato, si disse, non doveva prenderlo a calci in culo come
aveva detto a Chifuyu, Mikey non aveva bisogno di altre botte, era un
altro il gesto che avrebbe dovuto concedergli ed era così
ovvio che si sentiva in imbarazzo per non averlo capito prima.
Mikey lo aveva avvicinato così tanto al suo viso che
Takemichi credette fosse in procinto di ricevere una testata, ma questo
non sarebbe stato nel suo stile, quindi voleva solo guardarlo meglio
per poi riempirlo di pugni. In quell'istante il suo corpo si mosse da
solo, le fratture scomposte alle braccia si opposero alla loro
condizione e permisero alle mani di posarsi ai lati del viso di Mikey,
le labbra gonfie di Takemichi sfiorarono quelle di Mikey.
I frammenti dell'universo si fermarono tutti creando uno spazio
completamente diverso per riprendere a muoversi mentre gli occhi di
Mikey mettevano a fuoco il cielo terso nelle iridi di Takemichi,
così vicine da sembrare avvolgenti.
Tutti quelli che dicevano di amarlo lo facevano con le mani, nessuno lo
aveva mai fatto con un bacio. Lo shock emotivo fu tale che Mikey
sentì un raggio di sole farsi strada
nell'oscurità in cui era confinato e alla quale tutti
avevano rinunciato di opporsi da tempo.
Takemichi aveva visto chiaramente la porta e non aveva semplicemente
girato la chiave per aprirla, aveva buttato giù l'intera
struttura e ora il sole stava entrando bruciante e accecante
illuminando ogni singolo centimetro di quella stanza, della sua anima.
"Lo so che mi avevi chiesto di non tornare..." urlò
Takemichi con quanto fiato avesse in gola. I suoi pensieri andarono
rapidamente a quella conversazione che avevano avuto sulla moto quando
Mikey gli aveva detto che li avrebbe protetti tutti, ma non aveva
specificato che lo avrebbe fatto sacrificando la sua di
felicità.
"Ma senza te non ha senso!"
Mikey lasciò andare la camicia di Takemichi facendo cadere
il povero ragazzo sull'ingrato asfalto, lo osservò come se
fosse la creatura più incantevole dell'intero creato
sentendo che i propri occhi diventavano via via più
presenti.
"Takemi-tchy..." mormorò con un filo di voce. Poi di colpo
ogni cosa divenne reale e Mikey si rese conto di chi era diventato, di
quali conseguenze ci sarebbero state per le sue azioni.
"Cosa sto facendo...?" domandò a se stesso come se fosse la
prima volta che si guardava in faccia.
Cadde sulle ginocchia, incerto di come avesse fatto a tenersi in piedi
fino a quel momento, raggiunse la stessa altezza di Takemichi e
gattonò verso di lui per annullare la distanza. Mentre
attorno a loro le scazzottate proseguivano, Mikey non riusciva a
sentire niente di diverso dal battito celere del suo cuore.
Gli si aggrappò a un braccio come un bambino che cerca
disperatamente conforto da un genitore e pianse. "Takemitchy, come
posso fermare tutto questo?" chiese come se fosse certo che il suo
interlocutore avesse la risposta.
Takemichi sorrise, come non faceva da tempo, ogni parvenza di quella
sofferenza che aveva vissuto sembrò scomparire nel calore
che il corpo di Mikey emanava ancora. "Andiamo a prendere dei taiyaki
tanto per cominciare, ti va?" disse.
Mikey sembrò illuminarsi, ogni goccia di bianco era sparita,
lasciando quegli intensi occhi neri, bagnati di emozioni, ma vivi. Non
aveva mai smesso di mangiarli, ma anche i taiyaki avevano perso sapore
da tanto tempo, ora invece attraverso le parole di Takemichi ogni cosa
sembrava aver ritrovato i suoi colori e un senso. Il mondo non era mai
stato così bello.
Mikey si alzò da terra, contro ogni pronostico porse la
propria mano a Takemichi per aiutarlo a fare la stessa cosa. Una curva
gentile gli increspò le labbra mentre osava intrecciare le
dita con quelle di Takemichi e mentre ancora i suoi sottoposti tiravano
calci e pugni cominciò a camminare verso il prato verde che
scorgeva all'orizzonte.
"Boss?!" la voce di Koko gli sembrò così lontana,
sapeva esattamente cosa volesse dirgli, così lo
anticipò.
"Stai perdendo tempo, Koko. Non dovresti neanche essere qui, lo sai.
C'è qualcun altro con cui dovresti trascorrere questo
momento."
Mikey non si voltò, ma sappe che Kokonoi aveva recepito il
messaggio e che di lì a breve avrebbe raggiunto a sua volta
il suo cielo azzurro.
"Tutti voi... state perdendo tempo qui... andate da quelli che amate,
prendetevene cura, siate persone migliori di quelle che vi hanno
distrutto."
Le parole di Mikey si fecero strada nella battaglia, portando alcuni a interrogarsi sulle proprie scelte. Se ebbero un effetto miracoloso non lo poterono sapere perché Mikey e Takemichi erano già troppo
lontani per poter vedere.
Al tramonto in riva al fiume i taiyaki erano anche più
gustosi, pensò Mikey prendendo un po' della crema di fagioli
azuki dalle labbra di Takemichi, pulendole con un dito. Forse non
meritava tutto questo, non poteva negarlo, ma ora che aveva assaggiato
la felicità non era risposto a rinunciarvi.
"Ho capito finalmente cosa mancava" mormorò Takemichi a voce
così bassa che Mikey non poté sentirlo.
"Ti chiedo scusa, Takemitchy" gli disse invece Mikey prendendolo
completamente alla sprovvista anche di più di quanto non
fosse successo quando aveva preso un pezzo di taiyaki direttamente
dalla sua bocca.
"Sono un bambino viziato e non lo nego" proseguì Mikey,
focalizzando sempre di più l'attenzione di Takemichi. "E
sono un egoista e forse la persona peggiore che tu possa avere accanto,
ma non scherzavo quando ti ho detto che senza te sarei impazzito, che
ho bisogno che tu rimanga perché mi resti anche il senno."
Contro ogni possibile previsione, anche di un sensitivo come Takemichi,
Mikey gli si inginocchiò ai piedi, le mani ancora sporche
del taiyaki appena terminato, il capo basso.
"Ti prego, non tornare nel tuo tempo, resta qui con me per sempre,
Takemitchy."
Tutto in Mikey rendeva evidente quanto fosse serio, la posa, il tono,
le parole soppesate una per una.
"Non lasciarmi di nuovo..." lo sentì mormorare.
"Mikey-kun..." sussurrò a propria volta incerto su come
proseguire. Non era bravo con le parole o almeno non si sarebbe
reputato tale. Si alzò dal muretto dove era seduto e lo
strinse forte tra le sue braccia. "Non ti lascerò mai,
Mikey-kun."
Sentì le lacrime di Mikey sulla pelle e si convinse che
avrebbe potuto farlo, sarebbe potuto rimanere al suo fianco in eterno.
Più tardi quella sera scrisse una lettera, se stesso come
unico mittente. "Prenditi cura di Mikey-kun."
Rimaneva un solo dilemma, come sbloccare il viaggio nel tempo, ossia
come convincere Mikey a lasciarlo andare senza che si sentisse
abbandonato e decidesse di vanificare ancora una volta tutti i suoi
sforzi lasciando che l'oscurità prevalesse su di lui.
Vivere la sua intera vita in un tempo che non era il suo era fuori
discussione, ma lasciare che Mikey scivolasse lentamente nella
disperazione un'altra volta era altrettanto incontemplabile.
In quel momento il suo cellulare squillò, era il primario
del reparto di anestesia che gli comunicava che Draken si era
finalmente risvegliato e non era più in pericolo di vita.
Forse non avrebbe mai più potuto assolvere alcune funzioni
vitali senza l'aiuto della tecnologia, ma non se ne sarebbe andato, non
ancora.
"Mikey-kun" urlò Takemichi, gli occhi pieni di lacrime,
stavolta di gioia.
Mikey rabbrividì, non sapeva cosa aspettarsi, ma per qualche
ragione si sentiva sollevato come quella volta che Draken aveva
superato la notte nonostante la minaccia di abbandono fosse reale.
"Draken-kun è... lui è... vivo..." disse
Takemichi.
Mikey sentì il cuore che aveva scoperto di avere battere
anche più forte di come aveva fatto poco prima. Mentre non
era in sé gli era giunta voce che Draken stava lottando tra
la vita e la morte, ma non era riuscito a esprimere niente per davvero.
"Takemitchy" sussurrò carico di gioia. "Che stiamo facendo
qui? Dobbiamo andare subito da Ken-chin!"
Detto fatto, nel giro di pochi minuti erano entrambi in ospedale e
assieme a loro una buona metà di quelli che un tempo erano i
membri della Toman.
Nessuno disse niente, ma tutti seppero che spettava a Mikey l'onore di
fare visita per primo a Ken Ryuguji, era il semplice ordine delle cose.
Mikey non volle entrare senza Takemichi, aveva tanto da farsi perdonare
e non sapeva da dove cominciare, tuttavia nell'istante in cui Draken lo
vide si rese conto che non c'era bisogno di dire niente,
perché loro si erano sempre capiti con un solo sguardo.
Mentre le lacrime parlavano per loro con le mani erano strette in un
abbraccio senza tempo, Takemichi pensò che dopotutto
ciò che lo attendeva era davvero il futuro più
bello.
Quando finalmente Mikey iniziò a parlare Takemichi si
sentì sicuro di poterli lasciare da soli senza problemi e
attese il suo turno per poter parlare a Draken.
A notte fonda quando ormai tutti se ne erano andati, Mikey lo raggiunse
in sala d'aspetto e appoggiò la testa sulla sua spalla.
"Takemitchy, stavo pensando..." disse come se stesse confidando un
segreto.
"Che non è giusto che resti qui, Ken-chin mi ha aperto gli
occhi ancora una volta."
Mikey si spostò leggermente per mettersi più
comodo e si strinse al braccio di Takemichi. "Quindi penso che tu debba
andare e che io debba trascorrere il mio tempo con l'altro Takemitchy.
Ken-chin ha detto che non sono una voragine che inghiotte tutti, che
non sono una condanna e che sono tutti felici di stare al mio fianco e
non hanno mai avuto bisogno di perdonarmi perché non si sono
mai davvero arrabbiati con me, non ci sono mai riusciti."
Takemichi sorrise, quelle parole avevano un sapore così
dolce che il cuore gli si stava sciogliendo nel petto.
"Quindi resta qui solo per questa notte, solo finché non
dimettono Ken-chin e poi torna nel tuo tempo. Ken-chin ha detto che hai
rinunciato al tuo matrimonio solo per salvarmi, credo che Hina-chan sia
molto incazzata con me per questo."
La frase di Mikey fu conclusa con una risata, così
cristallina e pura che Takemichi si sentì profondamente
sollevato. È vero che aveva rinunciato a tanto, ma lui non
si sentiva così, lo aveva solo posticipato, avrebbe sposato
Hina il prima possibile e stavolta Mikey sarebbe stato presente al loro
matrimonio.
"Grazie, Mikey-kun."
Alle prime luci dell'alba Draken iniziò a insistere per
essere dimesso, verso le nove il medico decise che non ne poteva
più e che in fondo se aveva così genio di rompere
i coglioni Ryuguji Ken stava benissimo.
Mikey decise di organizzare una piccola festa con la Toman, avrebbero
potuto festeggiare in eterno, ma Draken stesso aveva di fatto bisogno
di riposare.
Due ore più tardi Mikey e Takemichi erano lì dove
il giorno prima avevano mangiato i taiyaki e Mikey gli porgeva una mano
con sicurezza.
"È così che si fa, giusto?" chiese.
Takemichi accennò un sorriso, anche se una leggera lacrima
gli inumidì una guancia.
"Non piangere, Takemitchy, non ti libererai di me facilmente" disse
Mikey.
Takemichi tirò su col naso e singhiozzò,
deformando il viso in una smorfia di dolore. "Grazie di tutto,
Mikey-kun" disse tirandolo in un abbraccio.
Mikey fu preso alla sprovvista e non riuscì a muoversi, si
limitò a dire: "no, grazie a te, Takemitchy. Mi hai salvato
in tutti i modi in cui si può salvare qualcuno."
L'abbraccio sembrò durare un'eternità, poi
Takemichi lo sciolse e con vigore strinse la mano di Mikey pronta a
tendere verso di lui nuovamente.
"A dopo" disse mentre una scarica elettrica già attraversava
il suo corpo. Il mondo tutto attorno si era deformato, ma gli occhi di
Mikey erano immobili, puntati nei suoi e sembravano accompagnarlo per
tutto il tragitto, per tutti quei lunghi dieci anni.
La sua vista fu colpita da una serie di architetture di cui non aveva
ricordi, le iridi gli sembravano secche, del resto aveva trascorso una
notte quasi in bianco, sarebbe stato anche normale.
"-michi-kun? Takemichi-kun?"
Pian piano mise a fuoco la voce di Hina e la sua bellissima figura in
un vestito da sposa, un po' diverso da quello che aveva cucito Mitsuya,
ma che portava senza ombra di dubbio la sua firma.
"Mitchy?"
Un'altra voce, quella di Mikey stavolta.
Takemichi si voltò lì dove proveniva quella voce
e sorrise come un ebete. Sano Manjiro in tutto il suo splendore
indossava un completo bianco con delle sfumature rosee ed era
più radioso che mai.
I suoi capelli erano ancora biondi, con un'acconciatura che in nessuna
delle realtà parallele gli aveva visto, una specie di
caschetto elegante.
"Takemichi-kun, perché questo sguardo perso nel vuoto al
ricevimento del nostro matrimonio?" lo rimproverò Hina.
"Takemitchy, sei così imbarazzante. Non posso credere che ti
abbiamo sposato" commentò Mikey.
"Cosa?! Aspetta, hai usato il plurale?"
Takemichi ebbe a malapena il tempo di registrare quelle parole che vide
l'amore della sua vita e la persona senza la quale ogni cosa perdeva
senso scambiarsi una rapida occhiata.
"Oh scommetto che è appena tornato dal passato" disse Hina.
"Giusto, se sei appena tornato dal passato, non puoi saperlo! Ora è possibile, Takemitchy" convenne Mikey, un ampio sorriso a illuminargli il volto.
Takemichi si guardò attorno, vide i tavoli imbanditi e
riconobbe tutti i presenti. Non sapeva se fosse tutto come quando Mikey
era diventato boss della Bonten, ma gli sembrava che fossero tutti
felici.
"Vogliamo aprirlo questo champagne?! Qui si sta facendo notte" la voce
di Draken giunse come una promessa, ma risuonò come la
più gentile delle carezze.
"Draken-kun!" pianse Takemichi. Hina e Mikey al suo fianco sospirarono.
"Lo sapevo che avrebbe pianto" disse Hina.
"È il nostro eroe piagnone" disse Mikey.
Takemichi li guardò entrambi, li vide mettersi davanti a lui
come se volessero permettergli di osservarli meglio. Ora che ci faceva
caso i loro vestiti erano intonati, non solo tra loro, ma anche col suo.
Guardando i loro sorrisi la gioia gli esplose nel petto come una
incredibile rivelazione a cui a stento poteva volgere lo sguardo: ce
l'aveva fatta. Forse la sua era stata una follia, ma Takemichi non
aveva mai pensato di gettare tutto al vento, sapeva semplicemente che
poteva essere per sempre felice e stavolta nessuno si sarebbe dovuto
sacrificare.
"Allora, ti piace questo futuro?"
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