Una seconda possibilità

di Efffp25
(/viewuser.php?uid=1208362)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Le lacrime mi scorrono sul viso, sarà la sesta volta che piango, non ho più lacrime né le forze di reagire, e allora mi chiedo: perché sto facendo questo?
Come ho fatto a passare a essere un laureato con il massimo dei voti all’università di Seoul a finire pieno di debiti?
 
Se mia madre lo sapesse ne rimarrebbe sconvolta, le ho detto un sacco di bugie: mezz’ora fa l’ho chiamata facendole credere che fossi in America per lavoro e lei era tutta contenta di sentirmi dopo tanto tempo, mi ha chiesto le solite cose, se avessi mangiato, come andava il lavoro e quando sarei tornato, non volevo dirle la verità.
 
Da quando mi sono laureato lei e il mio migliore amico d’infanzia Seong Gi-Hun si sono vantati della mia bravura e di ciò che fossi riuscito a fare.
 
 “È entrato all’Università di Seoul come il migliore della sua classe.
Era un famoso prodigio nel nostro quartiere!”

Questo era ciò che dicevano a tutti.
 
Tutto iniziò l’altra sera quando ero in metropolitana e un uomo ben vestito con giacca e cravatta mi ha invitato a giocare al ddakji: ogni volta che perdevo e non riuscivo a ribaltare il mio cartoncino mi tirava un ceffone. Quando alla fine sono riuscito a ribaltare il suo cartoncino mi ha dato dei soldi come premio e infine un biglietto da visita.
 
Dopo esser stato invitato ad un appuntamento non ricordo cosa sia successo, mi avevano portato in un posto dove c’erano 455 persone, lo staff di ha spiegato che facendo dei giochi per bambini potevamo ripagare i debiti. Mi è sembrata una buona idea, tuttavia dopo il primo gioco, un due tre stella quasi la metà di 456 persone che era lì è morta, anche Gi-Hun era lì insieme a me, probabilmente anche lui era nella mia stessa situazione ed è sopravvissuto.
Quando siamo tornati al dormitorio un sacco di persone hanno implorato le guardie di lasciarci andare, così ho annunciato che potevamo usare la terza clausola per andarcene: i giochi terminano se la maggioranza vince.
Così dopo averci mostrato che si vincevano milioni di Won, 100 persone hanno votato di restare (tra cui io), le restanti 100 (tra cui Gi-Hun) ha votato di andarsene, ma una persona ha ribaltato le carte in tavola e ha fatto vincere il no e così tutti sono tornati a casa con mio grande dispiacere.
E ora sono qui, nella vasca da bagno del mio motel, riempita d’acqua.
 
Con il mio smoking elegante, gli occhi gonfi e la faccia bagnata, in mano tengo una bottiglia di alcol, ai piedi della vasca ci sono mozziconi di sigaretta e altre due bottiglie, c’è un minuscolo fornello che scalda qualcosa, una carbonella che emana anidride carbonica:
voglio morire, ormai non ho più nulla a che vedere con questo mondo, non voglio più vivere.
 
Non sento nemmeno il dolore di quando mi sono tagliato le braccia.
 
Prima che mi mettessi nella vasca da bagno ho lasciato che le unghie penetrassero nella carne e il dolore non lo sentivo nemmeno.
 
Guardo il soffitto bianco mentre bevo un altro sorso, cosa ho fatto?
Mi ripeto nella mente.
 
Cosa ho fatto?
 
Come è potuto succedere?
 
Come ho fatto a cadere così in basso.
 
Ho deluso tutti: mia madre, il mio amico
 
Ma soprattutto me stesso.
 
Vorrei solo scomparire.
 
Andarmene.
 
Non tornare mai più.
 
Chiudo gli occhi lentamente mentre aspetto che la morte mi prenda tra le sue braccia.
Lentamente
 
Sempre più lentamente.
 
Il tempo va così lento.
……
Un suono familiare mi riporta alla realtà.
 
Il suono del campanello.
 
Apro gli occhi subito.
 
Mi alzo lentamente, quando finalmente sono in piedi sono bagnato fradicio, a piedi scalzi e con dei brividi che mi percorrono il corpo cammino lentamente verso l’ingresso, il cuore mi batte a mille e il mio sguardo è basso e perso chissà dove.
 
Il campanello continua a suonare.
 
Alzo piano la testa «Si? Chi è?» mormoro piano, nessuno risponde sbircio attraverso lo spioncino.
 
Non c’è nessuno.
 
Che razza di scherzo è mai questo?
 
Abbasso la testa: infilato sotto la porta c’è un bigliettino con tre simboli: un cerchio, un triangolo e un quadrato.
 
Lo riconosco: è il biglietto da visita che mi diede quell’uomo in giacca e cravatta quella sera in metropolitana.
 
Mi siedo a terra e lo prendo tra le mani, e lo giro: c’è un indirizzo e un orario.
 
Lo rileggo più e più volte, poi capisco: quelli del gioco vogliono darmi una seconda possibilità. Ed è quello che farò.
 
Dopo essermi sistemato e fatto un bagno come si deve ora sono qui, sul marciapiede mentre aspetto che la macchina di quei giochi venga a prendermi.
 
Eccola, la vedo in lontananza e questa si avvicina, la portiera si apre automaticamente e mi metto a sedere.
La portiera si chiude e un gas scende su di me.
Il sonno scende su di me.
Tutto intorno a me diventa buio mentre mi accascio sul sedile.
 
 
 
 
 
 
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4022695