Bang Bang Baby
NdA
Ciao!
Questa è la mia prima
fanfic sul fandom, spero sia una buona presentazione u.u
Sarò
breve, perché odierei
se le note autore fossero più lunghe del capitolo stesso. La
fanfic
è ispirata all’omonima serie su Prime Video. Mi
piaceva l’idea
di una giovane adulta che per via di determinati eventi viene spinta
verso la vita criminale, plus volevo narrare l’incontro tra
Joker e
Harley Quinn ma in chiave diversa. Mi ispiro al Joker di Batman:
Under the red hood, ma non ho messo descrizioni, così potete
immaginare quello che volete. Credo di aver finito, quindi non mi
rimane che augurarvi una buona lettura! <3
1#
morte
Come la scuola pubblica di Gotham abbia avuto il permesso per far
andare un gruppo di adolescenti brufolosi e scalmanati in gita
all'Arkham Asylum, Harleen questo non lo sa. Non ricorda nemmeno
perché abbia voluto andarci. Anzi lo fa, ma la
realtà non è niente
che corrisponda alle sue aspettative, ed è delusa
più che mai.
Niente nomi illustri del mondo della psichiatria, nemmeno casi
clinici interessanti per ammirare l'esser folli, il vivere veramente
un corpo anche se significa essere morti. Morti per un mondo cieco,
ostinato a non volerli guardare - specchiarsi nei loro occhi e
ricordarsi che sono carne e spirito proprio come tutti.
È questo che la trascina alla ricerca di adrenalina, mangia
ogni
briciola di raziocinio in lei, spostandola verso qualunque cosa la
faccia sentire viva, perché lei non lo è, non
come vorrebbe.
È così che si ritrova ostaggio del criminale
più glamour che abita
- domina - il centro psichiatrico. Nel mezzo di una tentata evasione,
mani guantate la modellano nella vittima perfetta.
«Lasciami andare, cazzo!».
«Frena la lingua, ragazzina, a meno che tu non voglia che
venga
strappata, cotta e servita ai tuoi genitori come cena natalizia. A te
la scelta, zuccherino».
«Ho un nome, io». È una supplica, il
riconoscere un'identità che
anche lei fa fatica a conciliare con ciò che ha dentro. Se
un altro
la vedrà come Harleen Quinzel, lei sarà Harleen
Quinzel.
«Mh? E sarebbe?».
«Harleen», fa, e per poco non balbetta, la sciocca
ragazzina
divorata dalla sua stessa cupidigia per l'estremo, e pronta a
scoppiare per la follia incarnata che ora le punta una pistola sulla
fronte. La fa annegare in fredde acque verdi, nei versi ridenti di
una poesia che galleggia ma non ha voce e racconta una storia
impossibile da ignorare. «Harleen Quinzel»,
continua, azzurro che
incontra il verde, una magia che non conosce scongiura,
perché in
quello sguardo storto e maniacale c'è una verità
che lei ha sempre
soppresso, ma da cui improvvisamente diventa difficile staccarsi.
Un ghigno scarlatto prende la sua posizione nell'onda di suono;
penetra e divora l'anima, strappa a forza una maschera a cui Harleen
tenta di aggrapparsi, perché senza di essa non ha
più certezze -
non sa più chi è, o magari è troppo
spaventata dal viversi
davvero. Non essere solo corpo, manichino con una vita stabilite e
tranquilla, ma anima corrotta dal proprio volere e dai propri
desideri più dissoluti.
Non se ne accorge, la sagoma sbiadita di ciò che
è – è stata
prima –, ma sorride con il pagliaccio.
«È un nome buffo», gracchia lui, o forse
è solo la sua risata a
impastargli la voce. Harleen non l'ha mai sentita, non dal vivo, e le
mette i brividi in un modo che non ricorda la paura ma quasi.
È
scossa nelle viscere. «È un nome che mi fa ridere.
Harley Quinn,
l'arlecchino, il fedele servo di ogni giullare». Canta il
clown
principe del crimine, incantevole come una sirena, le note stonate di
una benedizione che non risparmierà vittime. E come in ogni
commedia
dell'arte, la solita scena: il pugno di un pipistrello coglie di
sorpresa il pagliaccio, scaraventato in aria, e il cuore di Harleen
sembra volare via lì con lui.
Cosa le prende?
Ma lei chi è?
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