Il dono più prezioso

di crazy lion
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IL DONO PIÙ PREZIOSO
 
C’era una volta, tanto tempo fa, un bosco di nome Westrock nel quale vivevano, oltre ad altre creature, anche fate e folletti.
Mirabel era a letto. Accanto a lei Janos, suo marito, dormiva. Erano una fata e un folletto e vivevano nel villaggio delle fate. Erano l'unica coppia presente, a parte quella dei genitori di Mirabel, perché le compagne della fata avevano amici folletti, ma non si erano ancora innamorate. In tutto, le fate erano cinquanta, ma le venti anziane non aspiravano più a innamorarsi. Mirabel non faceva che agitarsi nel letto.
“Che succede, amore?”
Janos le accarezzò la testa corvina.
Si erano messi insieme sette anni prima e un anno addietro si erano sposati.
“Scusa, non volevo svegliarti. Non ho ancora sentito niente.”
“Vedrai che arriverà il momento.”
lei si girò e, nel buio, le loro labbra si incontrarono. Il bacio, da casto, si fece sempre più profondo. Fu allora che Mirabel sentì un solletichio al ventre e poi vide davanti a sé l'immagine di una primula che si trovava a pochi passi dal suo albero, coperta dalla neve. Rimase a guardarla in trance, mentre il marito, che aveva capito, rimase in silenzio. Quando l'immagine svanì, Mirabel si alzò di scatto.
“Devo trovare la mia primula!” esclamò e uscì volando dalla casa. Volò giù dall'albero dispiegando al massimo le ali e, fatti pochi passi, iniziò a scavare nella neve. Indossava una tunica spessa, ma le fate erano molto resistenti al freddo, per cui i suoi piedi scalzi e le mani nude non le creavano nessun problema. Scavò un buco di cinque centimetri circa e trovò la primula.
“Ciao” le disse. “Quando sboccerai, farai nascere il mio bambino.”
Solo il fatto di dirlo le provocava una forte emozione. Il cuore prese a batterle all'impazzata e le mani a tremare. Accarezzò la primula ancora chiusa e le fece una magia affinché resistesse al freddo.
“Hai trovato il tuo fiore” le disse Criselle, un'altra fata.
“Sì, infatti.”
“Il mio sarà un bucaneve.”
Erano le uniche due ad avere venticinque anni, l’età in cui potevano diventare madri, le altre o erano più grandi o più piccole, perché figlie di altre fate. Nascevano quasi sempre femmine dai fiori.
Anche Janos, i genitori di Mirabel e le altre fate vennero a vedere la primula.
“Sono sicura che, quando sboccerà, sarà bellissima” disse Regina.
“Ora dobbiamo lasciarla riposare nel silenzio” asserì Mirabel e tutti si dileguarono.
La ragazza e Janos passarono l'inverno a parlare alla primula, a riservarle parole dolci e di conforto, a dirle che era forte, che sarebbe riuscita a sopravvivere con la magia che la fata aveva fatto e che tutto sarebbe andato bene. Andavano da lei ogni giorno. L'avevano chiamata Desirée, lo stesso nome che avrebbero dato alla neonata.
“Saremo dei bravi genitori, Janos?”
“Genitori non si nasce, si diventa” disse lui. “Non si è mai pronti, quando si ha un figlio per la prima volta e capisco le tue paure, ma vedrai che ce la faremo.”
Lei sorrise.
Il marito riusciva sempre a darle conforto.
La primavera arrivò e la bambina di Criselle nacque in marzo, il 21. Era meravigliosa e la chiamò Aimée. Lei non era fidanzata o sposata con un folletto, né aveva fatto amicizia con nessuno di loro, ma non le importava. Sarebbe stata una madre single.
Una mattina di aprile, Mirabel sentì un forte dolore al ventre. Erano le contrazioni. Le avevano tutte, prima che il fiore sbocciasse. Lei raggiunse a fatica la primula con suo marito e si sdraiò vicino a lei. Le altre fate, vedendo in che stato era, si avvicinarono per confortarla e dirle parole di incoraggiamento.
“Passerà presto” dicevano alcune.
Ma Mirabel sapeva, perché l'aveva visto, che non era così. Potevano volerci ore. Le contrazioni durarono un'ora o dieci? O di più? La fata non fu in grado di contare il tempo trascorso, ma le contrazioni si erano fatte sempre più dolorose e ravvicinate, facendola strillare a più non posso. Per fortuna nel bosco, pur essendo in montagna, non c'erano cinghiali o lupi che avrebbero potuto far del male alla neonata, una volta che fosse nata.
“Su, Mirabel, la primula si sta schiudendo!” esclamò Angela, una delle anziane.
“Che succede, mamma?” chiese Anna, una delle bambine.
“Mirabel sta per avere la sua piccolina.”
“Janos” sussurrò Mirabel, sfinita.
“Sono qui, amore.”
Non le aveva mai lasciato la mano, che lei aveva stretto convulsamente durante tutto quel tempo.
Il fiore si aprì rivelando un corpicino grande come un dito mignolo. Grazie alla magia questo cadde a terra e si trasformò in una neonata di dimensioni normali. Angela le ripulì il muco dal naso e dalla bocca e la bambina vagì. Janos e Mirabel scoppiarono a piangere per la gioia. La fata le guardò fra le gambe. Era sicuramente una femmina. Ma non fu così.
“È un maschio!” esclamò.
“Cosa?” chiese Criselle.
Il fatto che nascesse un folletto era una cosa più unica che rara. Di solito nascevano fatine.
“Erano due secoli che non nasceva un folletto!” esclamò Angela.
“È orribile” disse Anna.
La madre la sgridò, ma Mirabel le sorrise.
“Tutti i neonati sono grinzosi, ma diventerà liscio. Hai visto la bambina di Criselle? Anche lei era così.”
“È vero” disse la bambina. “Posso accarezzarlo?”
“Sì” acconsentì Janos.
La piccola, che aveva sette anni, si avvicinò e toccò la testina del neonato.
“Non toccarlo in mezzo alla testa. Ha la fontanella, che è questa qui che vedi al centro.”
“Perché non posso toccarla?”
“Perché la testina del bimbo è delicata” continuò Mirabel. “E se la schiacci, il bambino potrebbe avere problemi.”
La bambina gli toccò una manina. Quando aveva iniziato a toccarlo, il piccolo si era calmato. Le prese un dito e Anna sorrise.
“Come lo chiamerete?” chiese Lorelai, una fata sui quarant'anni.
“Dustin” disse Mirabel. “Ho sempre voluto un figlio con questo nome.”
Janos annuì, felice.
“Dove sono gli stracci, tesoro?”
Lei indicò per terra. Gli stracci erano una vecchia tunica della mamma di Mirabel, presente al parto assieme al marito, che la giovane fata aveva conservato. Janos andò a prendere l'acqua al fiume in un otre.
“Sei stata bravissima, tesoro. Sono nonna!” esclamò Ella, poi diede un bacio alla figlia e al neonato.
Aldous, suo padre, aveva le lacrime agli occhi e non riusciva a parlare. Intanto, le altre fate avevano intonato un dolce canto per il bambino.
“Non ci credo, sono nonno” disse.
“Vuoi prendere in braccio tuo nipote?” chiese Mirabel.
Lui annuì.
La fata glielo passò con tutta la delicatezza del mondo e lui pianse quando l'ebbe fra le braccia.
“È come la prima volta che ti ho presa in braccio, che ho guardato il tuo visetto!”
In quel momento tornò Janos, che scaldò l’acqua Aldous diede di nuovo il bambino alla figlia e Janos cominciò a pulirlo, lavandolo con l'acqua calda, per togliergli il sangue e i liquidi che erano usciti. Quando fu a posto, la moglie gli disse di andare a prendere i vestitini che lei stessa aveva fabbricato, usando sottili fili d'erba che poi aveva trasformato in abitini rosa e azzurri. Aveva sempre avuto la sensazione, ma l'aveva confessato solo al marito, che sarebbe potuto nascere un maschietto. Lui portò un piccolo asciugamano, un vestitino azzurro in cotone e una fascia. La madre asciugò e fasciò il piccolo, che riprese a strillare, e lo vestì, poi si sbottonò la tunica e gli diede il capezzolo, dopo essersi sdraiata. Dustin cominciò a succhiare. Era una cosa che tutte le fate facevano in presenza delle altre, quindi nessuna si scandalizzò.
Dopo il pasto il piccino si addormentò. Tenerlo in braccio, poter sentire il calore del suo corpicino, era la cosa più bella per Mirabel. Dustin era il dono più prezioso che la vita avrebbe potuto farle. Aveva già le alucce, ma erano piccolissime e avrebbe potuto volare solo dai tre anni in poi. I genitori lasciarono il gruppo di fate, salutarono Ella e Aldous, ringraziarono tutti e tornarono a casa. Misero il piccino in una culla in legno che Mirabel aveva creato mesi prima e lo coprirono.
“È meraviglioso, Mirabel. Ha i capelli come i tuoi. Sei stata coraggiosa, oggi.”
Lei sorrise.
“Lo sono tutte, quando devono affrontare una cosa del genere.”
Il bambino aveva gli occhi del colore indefinibile dei neonati appena partoriti, ma Mirabel sperava sarebbero stati marroni, come quelli di Janos.
Stanchi dopo la lunga giornata, anche i neogenitori si misero a letto. Li avrebbero aspettati notti insonni e giornate piene da dedicare esclusivamente al bambino, perciò dovevano riposare finché potevano. Si addormentarono felici: ora erano anche loro genitori e non c'era cosa più bella al mondo.




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