L'Uomo Fatale (In revisione)

di NyxTNeko
(/viewuser.php?uid=1072554)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Capitolo 136 - Rivincita -

Carcare, 14 aprile

- Il comandante sta arrivando! - esordì una sentinella al povero Muiron, che era stato posto su di un lettino, mentre questi era quasi in preda a deliri e ripeteva in continuazione che i suoi amici erano prossimi alla morte e che doveva vedere i loro corpi.

Poco dopo si presentò Napoleone in persona, che in quella giornata non era rimasto fermo un secondo, per via della battaglia che si era combattuta, in modo feroce e quasi senza un attimo di respiro. Infatti Bonaparte aveva controllato ogni settore e squadrone e si era tenuto aggiornato circa l'attacco vincente, guidato da Masséna e supportato da Augereau e Laharpe, che vi era stato a mezzogiorno. Seguito poi da altri piccoli successi che avevano portato alla resa degli austro-piemontesi in quelle zone.

Dego e le cittadine circostanti erano in mani francesi e questi poterono riposare un po', prima di dover riprendere nuovamente a combattere nelle giornate successive - Colonnello Muiron - emise Bonaparte non appena entrò e vide l'inquietudine sul suo viso. Si chinò e gli prese la mano - Come state? Mi sembrate pallido e debole, avete mangiato e riposato abbastanza? - nel suo tono di voce c'era una premura inaspettata.

- Comandante... - rispose soltanto, tenendo lo sguardo fisso sugli occhi grigi del giovane Bonaparte, vedendolo solo, pensò subito al peggio e si mise seduto di scatto - Marmont dov'è? È morto, non è così?

- Calmatevi ora Muiron - disse Napoleone con assoluta calma, nonostante fosse preoccupato per lui; gli avevano riferito che da quando aveva fatto quel terribile sogno, era come se fosse caduto in una sorta di delirio e temeva che si sarebbe davvero compiuto. In molti non riconoscevano più quell'audace e spavaldo ufficiale che era sempre stato; Bonaparte pensava che una volta calmato, sarebbe tornato quello di un tempo. Gli diede delle pacche sulla spalla - La battaglia volge al termine in nostro favore e Marmont sta bene, a parte qualche caduta e ferita superficiale - gli riferì sorridendo, sperando di tranquillizzarlo.

Tuttavia Muiron non sembrava credergli - E allora perché non è qui? Non c'è nemmeno Junot! - continuava a ripetere spaventato.

Bonaparte non lo aveva mai visto così, aveva sempre avuto sprezzo del pericolo, invece adesso pareva un bambino spaventato. Ciò lo fece riflettere su ciò che la guerra poteva causare in alcuni individui molto sensibili, come Muiron, per l'appunto. Comprese la grande portata che tali battaglie avevano sulla loro mente, era la prima volta che le constatava di persona; la forza del comandante stava nel riuscire a non perdere quasi mai il controllo, ma per il momento nulla di tanto grave era successo per fargli perdere le staffe. E se fosse avvenuto anche a lui quel tipo di crollo? - Quando finirà la battaglia lo farò chiamare, anche perché stiamo vincendo e... - si fermò, era meglio non dire tra i feriti c'era Junot, altrimenti avrebbe soltanto peggiorato la situazione.

Uscì per controllare l'esito della battaglia e la portata delle perdite, ma poco dopo rientrò per informarlo: le forze nemiche, indebolite dalle continue e ripetute sconfitte, erano completamente separate. Napoleone poteva dedicarsi ad entrambi gli eserciti come voleva lui, un risultato che nessuno poteva aspettarsi qualche giorno prima - Siamo ad un passo dalla vittoria decisiva, Muiron! - lo rincuorò di nuovo - E Marmont è vivo, tra poco arriverà qui per venirvi a trovare, me lo ha riferito lui stesso!

- Se non lo vedo non riesco a crederci comandante - rispose ancora Muiron, insistendo, quasi furente. Conosceva l'abitudine del comandante di falsificare le notizie per ottenere dei vantaggi personali o per rasserenare qualcuno. Quindi poteva essere stata anche questa l'occasione per farlo.

- Siete diventato come San Tommaso eh! - replicò il comandante, stupito della sua diffidenza ed incredulità. A questo punto pregava quasi che Marmont giungesse lì, soltanto in quel modo Muiron si sarebbe calmato e in poco tempo sarebbe tornato a combattere, fiero e valoroso come di natura.

Per fortuna di Bonaparte, Marmont arrivò in tenda proprio in quel momento, l'uniforme completamente lorda di sangue, tutto impolverato e scombinato, si mise in posizione e disse - Comandante...mi avete fatto chiamare?

- Marmont...oh Marmont - sussurrò Muiron emozionato, nel trovarselo davanti a lui - Allora siete vivo per davvero! - Si slanciò per abbracciarlo teneramente, per accertarsi che realmente fosse lì, che non fosse un suo sogno, una sua allucinazione. Ed era davvero nella tenda - Credevo di avervi perso per sempre, ero così preoccupato...

Marmont, un po' intontito per la situazione, ricambiò comunque la stretta, mentre il comandante tentava, con ogni mezzo, di non scoppiare in lacrime davanti a loro e rovinare quel momento così dolce e affettuoso. Dopo tanto orrore era sempre bello trovare un po' di umanità e una così sincera devozione. Ciò lo commosse profondamente e, seppur quasi invisibili, le lacrime brillarono in quegli occhi chiari - Ve lo avevo detto che era vivo Muiron, non avrei mai potuto mentire su queste cose, ora vi sentite meglio? - diceva osteggiando un contegno che non possedeva.

- Adesso sì comandante - annuì sorridendo Muiron. Era nuovamente pronto a servirlo.

Dego, 15 aprile

Il generale Massèna, dopo aver condotto vittoriosamente quell'attacco, aveva dato il permesso al suo esercito di disperdersi tra le città vicine, per razziare un po' di viveri e se era disponibile, anche del denaro; per il nizzardo era assolutamente normale agire in tale maniera, era la ricompensa perfetta dopo una fatica tanto immane "Ed io cerco di godere della mia ricompensa" diceva tra sé, soddisfatto, mentre teneva stretto tra le possenti braccia una villica, una ragazza del posto.

Lo aveva piacevolmente colpito e il suo aspetto delizioso l'aveva quasi invitato a giacere con lei; non gli importava se fosse sposata, promessa o meno, apparteneva a lui per quella sera, era da un po' che non sfogava i propri istinti su una donna. Da quando quel ragazzo era giunto come comandante e avevano intrapreso quella serie fulminea di combattimenti, non ce n'era stata occasione - È proprio vero che le italiane hanno il loro charme - disse in modo da risultare convincente, non era di certo qualcosa di cui stupirsi, conosceva il fascino delle donne italiane. Era solo una delle tanti amanti che aveva collezionato.

- Per essere un francese vi esprimete piuttosto bene anche in italiano - rispose lei baciandolo sul petto nudo, villoso e virile; era proprio il tipo di ufficiale francese che si aspettava di trovare, soltanto il volto per lei non era particolarmente attraente, non che fosse un problema; il suo era soltanto un modo per tenerlo buono fino a quando se ne sarebbero andati via dalla città "Oppure se dovesse esserci un contrattacco austriaco" rifletteva "Entrambi sarebbero stranieri per noi, s'intende".

- Oh be' per via della mia origine - disse soltanto - Però ora non conta - rise divertito - Spero di essere soddisfacente comunque! Non voglio di certo avere una brutta fama come amante - continuava lui vantandosi delle sue doti sotto le coperte e alle donne sicuramente piacevano uomini del genere. Si chiedeva come fosse possibile che al comandante non sfiorasse neppure una volta l'idea di lasciarsi andare tra le braccia di una donna, invece di stare per ore a fissare e a stringere il ritratto della moglie lontana "È proprio uno strano ragazzo, ma vabbè prima o poi capiterà anche a lui, è inevitabile, persino il più fedele dei mariti cede prima o poi, probabilmente in questo momento è troppo preso dal lavoro per distrarsi".

Si voltò verso la piccola e graziosa finestra, il cielo era ancora scuro, non erano che le tre del mattino, il sole sarebbe sorto nuovamente tra qualche ora e la notte di fuoco e di divertimento sarebbe finita, avrebbe ripreso il comando, atteso la chiamata di Bonaparte, sicuramente aveva già in mente la prossima mossa "Posso rimanere ancora qui, ai soldati farà sicuramente piacere riposare un po' di più e godersi il frutto di una giornata di scorribande!" sì stiracchiò, facendo scrocchiare le ossa. I trentasette anni iniziavano a farsi sentire, nonostante fosse sempre scattante e pronto.

La villica tentava di celare i segni che il francese le aveva lasciato, stava a testa bassa, non osava rivolgergli lo sguardo. Sperava di reggere ancora il gioco, quel militare sembrava intenzionato a possederla il più possibile, come se fosse un oggetto; iniziava a sentire la mancanza della famiglia e dei paesani. Si augurava che non avessero razziato troppo e distrutto ogni cosa che avessero sul loro cammino. Aveva creduto inizialmente a quella storia della rivoluzione e che i francesi fossero mossi da nobili ideali di libertà, di giustizia. Ma erano soltanto favolette, degli specchi per le allodole, si stavano comportando da comuni conquistatori e razziatori.

- Generale Masséna! - irruppe una delle guardie, il volto era pallido e il respiro affannato.

- Che modi! - sbottò il nizzardo comprendosi pur stando in mutande - Non si bussa prima di entrare? Soprattutto in un momento così delicato!

- Perdonatemi generale - la guardia rivolse lo sguardo altrove - Ma è successa una cosa terribile - lo fissò nuovamente spaventato - Una divisione austriaca, guidata da Vukassovic ha fatto irruzione in città, ha sconfitto la piccola guarnigione francese rimasta e l'ha riconquistata! Ora stanno perlustrando le varie abitazioni, sicuramente vogliono prendervi come prigioniero da usare come scambio, alcuni di quelli che avevamo catturato si sono riuniti ai loro vecchi compagni e ufficiali.

- Cosa? - gridò Masséna sconvolto, la vittoria ottenuta dopo quel terribile scontro che aveva avuto il giorno precedente era stata vana! Aveva perso la concentrazione e approfittando della calma aveva abbassato la guardia - Dobbiamo scappare ed informare il comandante immediatamente! - ordinò il nizzardo mettendosi in piedi, prese l'uniforme e fuggì saltando dalla finestra, per fortuna non era molto alto e l'impatto era irrisorio. Non ebbe nemmeno il tempo di rivestirsi - Lo farò quando mi unirò a Bonaparte! Ora andate! Prima gli arriva la notizia, prima può venire in nostro aiuto!

Carcare

Napoleone, intanto, vedendo i buoni risultati ottenuti fino a quel momento, di prima mattina si era messo alla testa delle armate di Augereau e, assieme al suo numeroso gruppo di aiutanti da campo, stava superando la città di Millesimo, che ormai era in mano loro. Non poteva permettere che si prendessero troppe pause, ogni minuto sprecato aumentava la possibilità del nemico di riprendersi e di contrattaccare. E loro non avevano abbastanza forze militari per la guerra ferma, lenta, quasi di logoramento tipica degli eserciti d'Europa dell'epoca.

- Fratello - disse una voce conosciuta alle sue spalle - I soldati si lamentano! Cosa facciamo? - si avvicinò a lui sul suo destriero.

- Luigi... - si girò e lo fissò, poi sorrise leggermente, era un orgoglio per lui averlo nel suo esercito, era uscito dall'accademia con il grado di capitano degli ussari ed ora stavano combattendo per la stessa causa, il loro nome avrebbe avuto ancora più gloria - Lasciali stare, è giusto che brontolino un po', in fondo hanno ragione no? Stanno marciando anche contro la loro volontà, lottando contro gli istinti della fame e l'umidità di questi giorni, per non parlare della pioggia ed è già qualcosa...finché lo fanno borbottando per me va benissimo...

- Se lo dici tu... - emise solamente Luigi, era leggermente assonnato, ma entusiasta di combattere e mostrare al fratello maggiore il frutto dei suoi studi. Ricambiò il sorriso, anche se Napoleone non poteva trattarlo in maniera diversa rispetto agli altri, notava l'affetto e la premura che gli riservava. Inoltre poteva contare anche sull'appoggio di Giuseppe, che lo supportava quando Napoleone era impegnato.

- Mi fa piacere vedere che hai a cuore il benessere dell'esercito... - si complimentò sinceramente con il fratellino. Tuttavia quell'atmosfera di serenità cameratesca era destinata a durare poco; Napoleone si era fermato nel momento in cui aveva visto un preoccupato messaggero giungere da loro. Con apprensione spiegò la situazione che stava diventando sempre più drastica, Bonaparte ne comprese la gravità, però non perse la calma, come alcuni stavano già facendo, probabilmente era ciò che il nemico sperava con una simile mossa, se avesse perso il controllo, sarebbe stato più facile metterlo alle strette.

Tra le infinite scelte, alla fine il giovane comandante optò per quella che gli sembrava la migliore: mettersi alla testa delle brigate in suo possesso e con la velocità del fulmine raggiungere il posto "Ebbene dimostrerò loro che sono migliore di quel che credono e che non cadrò nella loro trappola". La guerra non era soltanto una faccenda di armi, uomini, strategia e tattica, era soprattutto una questione di sangue freddo, di nervi saldi, di resistenza fisica e mentale; Napoleone lo sapeva fin troppo bene. Prese la briglia e la tirò - Cambio di programma, direzione Dego! In marcia! - Diede poi ordine a Berthier di far giungere la brigata che era sotto il comando di Laharpe da Montenotte e di comunicare a Masséna del suo arrivo.

Dego

Gli austriaci dopo aver saccheggiato ciò che era ancora rimasto in città e disperso quei pochi reparti francesi contro cui avevano dato battaglia, vincendo, invece di approfittare della vittoria immediatamente, decisero, per ordine del generale Vukassovic, di rimanere in città e godersi il meritato riposo, augurandosi che fosse la fine.

Il generale di origine croata, però, era più che convinto del fatto che i francesi non avrebbero lasciato il controllo di Dego, che avevano conquistato soltanto la giornata prima. Sapeva dell'importanza che una simile cittadina poteva avere per loro, con il sistema di fortezze situato su una fondamentale posizione strategica. Probabilmente quel silenzio da parte del nemico era il preludio di un nuovo contrattacco, era questione di tempo.

Verso il pomeriggio in effetti si sentivano rumori di passi che si facevano sempre più persistenti, un gruppo di uomini si stava muovendo nella loro direzione. Sicuramente era l'esercito francese che era giunto con i rinforzi, anzi era il comandante in persona che lo stava guidando, accompagnato dai suoi aiutanti e sottoposti - Sono proprio curioso di vedere come quel giovane ribalterà la situazione - disse il quarantunenne croato, alla vista di quel ragazzo, spiccava su tutti per via della sua età e del fisico macilento, si lisciò i baffi - Sempre ammesso che ci riesca! Daremo il tutto per tutto per impedire di riprendersi Dego! Preparatevi all'attacco! - ordinò poi, sistemandosi nelle retrovie.

- Il generale Vukassovic... - sussurrò Napoleone, conoscendo la fama di quell'uomo, fin da giovanissimo aveva intrapreso la carriera militare, addirittura aveva combattuto contro gli Ottomani, offrendo i suoi servigi agli Asburgo, faceva parte dei cosiddetti Grenzer, ovvero dei soldati di origine croata che si assicuravano di presidiare il confine tra l'impero Asburgico e quello Ottomano, in cambio della terra loro assegnata - Non sarà facile, ma dobbiamo vincere ad ogni costo! Masséna vi siete ripreso? Perché serve l'aiuto di tutti, avremo la rivincita, soldati, so che siete stanchi, ma non possiamo dare loro altro tempo! Dimostriamo la forza della Rivoluzione! Onorerete questa bandiera? - urlò, i soldati rispondevano energici, temprati dalla determinazione del comandante.

Lucidamente Bonaparte riorganizzò la disposizione delle brigate e dei suoi generali e diede iniziò all'ultima e decisiva fase della seconda battaglia di Dego. Sin da subito si dimostrò cruenta da entrambe le parti, gli austriaci si stavano rivelando incredibilmente resistenti, ma nemmeno i francesi avevano intenzione di cedere. I soldati sotto Masséna, inoltre, volevano la rivincita, soprattutto il generale nizzardo che si era sentito umiliato. Il comandante aveva dato l'ordine di riconquistare la cittadina a qualsiasi costo e con ogni mezzo, per questo molti pensarono che assalti con le armi bianche, ovvero senza sparare, ma usando le punte delle baionette, i pugnali, le sciabole e le spade, fossero più che ammessi in una simile situazione. Un tipo di guerra decisamente sanguinolenta e violenta, che però era inevitabile.

In molti nell'esercito francese misero in luce il proprio coraggio, a volte anche in maniera brutale e spietata, in guerra chi mostrava un cuore tenero era destinato a cadere, o persino l'avere un attimo di distrazione poteva essere fatale, oppure la tenace resistenza nemica, che sembrava non dare scampo alcuno, com'era accaduto per il povero generale Jean-Jacques Causse che, nel momento cruciale e definitivo della battaglia, era stato colpito mortalmente all'anca da una baionetta nemica e giaceva a terra, attendendo la morte con coraggio e sperando nell'esito positivo del conflitto.

Quando intravide annebbiato, per via della sua condizione, il comandante che vagava per il campo di battaglia sia per incoraggiare le fila, sia per controllare i feriti, sorrise debolmente, alzò il braccio sinistro e si dava la spinta per rimettersi composto, vincendo il dolore. Bonaparte si era accorto di lui e si era avvicinato, non era turbato, ma sicuramente dispiaciuto per la sua triste fine. Con le ultime forze rimaste Causse riferì - Dego è stata riconquistata? Muoio felice se la vittoria è nostra!

Napoleone colpito positivamente da quella domanda, in realtà la battaglia non si era conclusa, tuttavia era un dato di fatto che Vukassovic avrebbe resistito ancora per poco, annuì e aggiunse - Sii felice e muori soddisfatto, valoroso Causse, i tuoi desideri sono esauditi - lo vide spirare sereno, orgoglioso di aver compiuto il proprio dovere sacrificandosi in nome della patria e della Rivoluzione. In segno di rispetto il comandante si tolse il cappello, lo poggiò sul cuore ed esibì un piccolo inchino - Riposa in pace...

- Soldati! - gridò un giovane uomo, tenendo stretta la propria baionetta, alla testa delle sue truppe - Ricordate che noi non stiamo combattendo soltanto per Bonaparte, per la Francia e per la Rivoluzione! Noi ci stiamo battendo anche per il nostro amico Banel! Se fosse ancora con noi, avrebbe dato tutto se stesso, come ha fatto due giorni fa, mentre combatteva al nostro fianco! - si rivolse agli austriaci - Voi pezzi di merda pagherete per averlo ammazzato! Dovrete passare sul mio cadavere, prima di trovare la pace eterna! - il generale Pierre Banel era stato uno dei suoi amici e colleghi più cari, originario come lui della piccola cittadina di Lectoure, nel sud ovest della Francia, avevano combattuto per molti anni insieme nell'Armata dei Pirenei Orientali. Ed era stato ucciso a Cosseria, mentre le truppe francesi stavano cercando di abbattere la resistenza trincerata nel castello.

I soldati lo seguirono travolti dalla sua furia, che si riversò sui nemici senza posa, non c'era ferita o supplica che lo fermasse, era deciso nel suo obiettivo e nella sua vendetta. E la sua impresa non passò di certo inosservata, il comandante, infatti, era piacevolmente sorpreso da una simile energia, afferrò il cannocchiale, poiché era molto distante e riuscì a vederlo, aveva l'aspetto di un giovane e prestante comandante di battaglione dai lunghi capelli incipriati, sporco di sangue dalla testa ai piedi. Lo riconobbe: era Jean Lannes. Si era distinto fin da subito tra i ranghi ed era salito di grado, ma non aveva avuto modo di incrociarlo personalmente. Il suo contributo stava portando alla vittoria schiacciante: meritava una promozione.

Lo fece chiamare e questi arrivò prontamente al suo cospetto, mettendosi in posizione. Bonaparte, con il sorriso orgoglioso stampato sulle labbra, gli pose una mostrina sul petto e disse - Complimenti, il vostro coraggio e la vostra determinazione vi hanno fatto meritare il grado di colonnello, sono convinto che riuscirete a ottenere persino quello di generale - gli diede una pacca amichevole sulla spalla.

Lannes ricambiò, onorato dalla sua riconoscenza - Non vi deluderò comandante - era soltanto il prologo di un'amicizia profonda e sincera che sarebbe durata per quasi quindici anni.

Alla fine, dopo due ore di scontro, al costo di 910 morti e 1.200 feriti, i francesi erano riusciti a riprendere Dego ed annientare quasi completamente le forze nemiche. Neppure la grande esperienza di Vukassovic poté frenare, quel giorno, l'avanzata inesorabile dell'Armata d'Italia e del generale Bonaparte, che si stava mostrando un osso più duro del previsto. Eppure la Campagna d'Italia si poteva dire tutt'altro che conclusa...

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4025186