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di C_philomat
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È successo, ad un certo punto, che ti ho perso.
 
Non sono più riuscita a sentire la tua voce sussurrare al mio orecchio, ricordare le tue mani che mi toccavano, saltare un respiro per una piccola coltellata al petto.
È successo in una giornata qualunque, sicuramente non ci avró fatto caso.
Chissà cosa stavo facendo, a cosa stavo pensando, e ti ho perso.
Forse, per molto tempo, non ho notato la tua assenza: è difficile aver paura di perdere qualcuno che hai già perso da tanto tempo, è impossibile da evitare, è devastante da credere.
Eppure, ad un certo punto, è successo.
Quando è stato poi chiaro, ho cercato disperatamente di riprendere in mano il filo di quell’arazzo che mano a mano si era disfatto. Qualche volta, ho creduto di poterlo ridisegnare, replicare, almeno un po’, almeno in parte. Ho pensato che dichiarando ad alta voce sentimenti che ricordavo ritornassero attuali.
Qualche volta, ho creduto di non aver centrato l’obiettivo: non c’erano opere da rifare da capo, nella speranza di creare un manufatto somigliante ad un originale impossibile da copiare, ma era tutto da ripensare.
Sí, certamente, non c’era da ricominciare, il punto era cominciare da qualche parte.
Insieme, avremmo creato qualcosa di nuovo, qualcosa che avrebbe avuto un senso.
E invece, ad un certo punto, ti ho perso di nuovo, ancora e ancora, e allora ho capito.
Non ti avevo mai trovato, non è vero?
È stato un racconto complesso, ben strutturato, che avrebbe potuto ammaliare qualsiasi forma di stanchezza.
Ma quando il sonno è scomparso è rimasta solo l’incredulità tipica di chi è cresciuto e non crede più nelle fiabe.
E cosí, ad un certo punto, senza che me accorgessi, ho smesso di sentire la tua voce che mi raccontava favole che non avrei condiviso con nessuno.




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