Enneagram

di Nitrotori
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L’indomani arrivò piuttosto in fretta.

Alphonse si svegliò quando un raggio di Sole lo colpì dall’interstizio della finestra. 

Aveva riposato abbastanza bene e ora che stava per imbarcarsi verso una nuova e misteriosa esperienza, si sentiva stranamente carico di adrenalina.

Si alzò subito in piedi, si diede una sciacquata e si vestì con la sua divisa da minatore specialista. 

Si attaccò infine l’elmetto protettivo sulla cintura laterale e inserì il suo piccone richiudibile di acciaio rinforzato nel fodero che allacciò poi dietro la schiena.

Aveva con sé ogni strumento, ogni cosa potesse servirgli per scavare Silderium, ma era solo una formalità, un modo per dimostrare e rappresentare il servizio reso al Regno, oltre che una testimonianza della sua provenienza nella Comunità dei Minatori d’Elite.

Una rapida occhiata allo specchio e Alphonse fu soddisfatto del riflesso che vedeva.

“Bene, ci siamo”.

Uscìto dalla stanza vide subito Leah.

“Stavo venendo a chiamarti” Rise lei “Pensavo stessi ancora dormendo”.

“Per fortuna mi sono svegliato” Disse stiracchiandosi “Però hai avuto un’ottima pensata. Non è raro che mi svegli tardi”.

La ragazza osservò la sua divisa con interesse. La muscolatura del ragazzo era in bella vista, così come i suoi strumenti tutti incredibilmente ben preservati. Aveva davanti a sé uno dei migliori, se non IL MIGLIOR Minatore di Silderium di tutto il Regno.

“Che c’è? Ho qualcosa negli occhi?” Disse verificando un dito che non ci fosse alcun residuo.

“No, è solo che con quella divisa sembri diverso” Sorrise lei.

“Dici? Eppure la indosso ogni volta. Sono sempre io” rispose lui ricambiando il sorriso.

“No, non è quello che intendevo” Disse lei scuotendo il capo “Quello che voglio dire è che avevo dimenticato di quanto importante tu sia per questo Regno. Mi ero concentrata più su di te, che sulla tua professionalità”.

Alphonse si guardò “In effetti mi sono presentato a te con una banale tuta di lavoro. Quando sono vestito così invece, beh… di solito è perché ho intenzione di restare almeno una giornata intera sotto terra” Il ragazzo si guardò un palmo della mano “In un certo senso hai ragione sai? L’Alphonse che vedi senza divisa e quello con la divisa, non sono esattamente la stessa persona. Me ne rendo conto ogni volta che inizio a lavorare…”.

Leah notò che la voce del ragazzo era diventata piuttosto malinconica, ma poi come per scrollarsi di dosso ogni dubbio, Alphonse sorrise afferrandosi un pugno “Su andiamo! Facciamo colazione e dirigiamoci alla Nave, tutti aspettano”.

Leah annuì e non aggiunse altro, ma non poteva scrollarsi di dosso la sensazione di aver toccato un tasto dolente nel cuore del ragazzo.

 

Arrivati nel salone principale, sui tavoli trovarono delle pietanze degne della parola colazione. Tuttavia, sia perché la sera precedente avevano tutti quanti mangiato parecchio, sia per l’idea di viaggiare su una nave, i due ragazzi decisero di non esagerare e di andare sul leggero.

“Ne sei certa…?” Una voce attirò l’attenzione di Alphonse. Un tipo strano, dai capelli disordinati legati a coda di cavallo, vestito con una elegante divisa viola che sembrava appartenere a qualche prestigiosa accademia, stava parlando con Piper. Ma qualunque argomento trattasse il loro discorso, fu interrotto proprio dallo sguardo di Alphonse. Il tipo sembrò infastidito dall’interruzione, ma rimase composto e in silenzio osservando la situazione.

Piper si voltò a sua volta e fece un mezzo sorriso.

“Guarda un po’ chi si vede. La coppia del momento…” Commentò amara.

Leah iniziò a sentirsi terribilmente a disagio e restò in silenzio a capo chino. Alphonse notò subito che l’atmosfera si era fatta pesante, per cui cercò con tutto se stesso di salvare la situazione.

“Piper. Ti vedo in forma stamattina” Sorrise Alphonse “Spero tu abbia mangiato qualcosa, non vorrei che il tuo stomaco brontolasse all’improvviso”.

L’approccio di Alphonse però fu sbagliato. Piper si irritò, anche se si sforzò con tutta se stessa di rimanere impassibile.

“Alphonse Stonefall eh?” Il ragazzo a fianco a Piper fece un breve inchino, nulla di troppo sfarzoso. “Non abbiamo ancora avuto modo di conoscerci temo. Mi chiamo Simon Emelent, sono uno dei nove rappresentanti”.

Alphonse contraccambiò l’inchino e sorrise cordiale “Piacere di conoscerti Simon”.

“Volevo congratularmi con te. Grazie al tuo contributo la ricerca nel campo dell’arcanismo sta andando a gonfie vele. La cosa mi riempie di gioia”.

Alphonse sapeva bene che l’unico motivo per cui aveva lavoro era grazie all’argomento arcanismo. Non aveva mai visto un arcanista dal vivo, dopotutto era sempre stato suo padre a gestire le merci, ma da quel che aveva potuto capire si trattavano di individui singolari, alcuni di loro erano decisamente lontani dall’essere ritenute persone ordinarie, quasi fuori dalla realtà nonostante il loro obiettivo fosse il comprendere la natura del mondo. Simon era esattamente come Alphonse si immaginava le figure degli arcanisti: eccentrici, distaccati, privi di umiltà, questo era ciò che vedeva riflesso nel suo sorriso ambiguo. Fu molto difficile per lui trattenere qualsiasi giudizio affrettato, quel tipo non sembrava molto amichevole, né qualcuno con cui Alphonse avrebbe voluto lavorare.

“Felice di essere stato d’aiuto” Gli rispose con gentilezza.

“Ti sei scelto un compagno molto interessante con cui passare del tempo Leah” Sorrise Simon unendo le mani dietro la schiena. “Non ho mai avuto la possibilità di chiacchierare con un minatore di Silderium. Io ho studiato a lungo la roccia, so quanto sia difficile estrarla dal sottosuolo senza irrimediabilmente distruggerla. Magari parlare con te Alphonse potrebbe schiarire alcuni miei dubbi sulla mia ricerca. Chi lo sa, magari in futuro riusciremo a trovare un modo per rimuovere quelle radici dal tuo corpo Leah, proprio grazie alla mia ricerca”.

Il disagio di Leah aumentò a dismisura tanto da farla diventare pallida.

“Non è il momento di discutere di queste cose ok? Piuttosto, sarà meglio dirigerci alla nave. Si sta facendo tardi”.

Leah si congedò, non voleva più partecipare a quella discussione.

“A quanto pare non sembra gradire la mia presenza” Disse Simon scrollando le spalle “Magari Piper potresti provarci tu a farla ragionare”.

“No grazie…” E anche Piper se ne andò.

Simon rise appena scuotendo il capo, “Sono davvero complicate le donne vero Alphonse? Ma non voglio tediarti ulteriormente con la mia presenza, riesco a leggere il disagio nei tuoi occhi. Sembra proprio che tu non sia affatto abituato a questo tipo di ambiente, ma ogni cosa a suo tempo, non c’è fretta. Quando te la sentirai mi piacerebbe molto poter parlare di nuovo con te, magari davanti a una bella tazza di tè. Aspetterò con pazienza”.

“Certo senz’altro” Disse lui.

Simon accese di nuovo il suo sorriso e fece un inchino. “Con permesso” E si congedò.

Alphonse lo osservò andare via. Aveva molto per le testa, ma in quel momento la sua massima preoccupazione era per Leah. Quello che aveva detto Simon le aveva causato profonda agitazione. Che voleva dire con “rimuovere le radici dal suo corpo”? Alphonse non ne aveva idea, si sentì come se avesse messo piede in qualcosa di incomprensibile.

 

La colossale nave Fraternity: la nave più grande mai costruita dai cantieri navali di Alabathia, più grande persino di una nave da guerra. Un’arca di speranza, simbolo di pace e fraternità tra le due nazioni più grandi e influenti del mondo.

Alphonse restò a bocca aperta, mentre osservava tale maestosità davanti ai suoi occhi. La nave era così alta, così grande, che quasi non bastava sollevare il collo verso l’alto per vederne la cima. Si chiese se era davvero necessario costruire una nave così grande per un viaggio simile.

“Così è questa la Fraternity” Disse Alphonse sbigottito.

“Ah Alphonse, buongiorno”.

Il Principe Harris lo accolse con un sorriso, egli era in compagnia di Anglia, che gli restava incollato tutto il tempo senza mai togliergli lo sguardo di dosso un secondo. Alla vista di Alphonse la donna posò i suoi occhi di ghiaccio su di lui studiandolo attentamente, non era facile sostenere quello sguardo così intenso.

“Sua Altezza” Il ragazzo fece un inchino.

Harris gli fece un cenno di mettersi comodo “E’ arrivato il giorno finalmente, come ti senti?”.

“Un po’ teso” Ammise il giovane minatore “Non sono mai salito a bordo di una nave, né tanto meno in una così grande”.

“La Fraternity è l’orgoglio e la gioia del Regno” Affermò il principe con un sorriso orgoglioso, voltandosi verso di essa “Una dimostrazione di quanto i nostri ingegneri navali siano di grande talento. Non temere Alphonse, il tuo viaggio a bordo della Fraternity sarà sicuramente indimenticabile”.

“Ne sono convinto” Sorrise Alphonse.

“Ora che ci penso, sono stato piuttosto scortese, non ti ho ancora presentata la mia fedele compagna” Harris si voltò verso di lei indicandola con una mano “Lei è Anglia Neyte Our Stator, è anche lei come me e noi tutti, una delle nove rappresentanti”.

“Piacere” Anglia fece un saluto conciso, chinando appena la testa e tornò subito in posizione eretta alle spalle del principe.

“E’ di poche parole, ma è una donna di incredibile talento e dal cuore generoso. Non so che farei senza di lei” Harris fece un umile sorriso.

“Felice di lavorare con voi Lady Our Stator” Alphonse non sapeva come comportarsi con lei, le mostrò riverenza allo stesso modo del principe.

“Non essere così formale” Disse Anglia scuotendo il capo, la sua voce era decisa e fredda come il suo sguardo “Puoi chiamarmi Anglia. Io sono solo la spada del principe, niente più, non merito tale riverenza”.

“Andiamo Anglia, non sei mica un pezzo di ferro” Sorrise amichevolmente Harris.

La ragazza chiuse gli occhi e non disse altro. Per qualche motivo, Alphonse trovò improvvisamente Anglia molto meno minacciosa di quel che credeva. Forse era perché era riuscito finalmente a scambiare una frase con lei.

“Sua Altezza” Improvvisamente Piper si intromise. “E’ tutto pronto, il Capitano ha dato il via libera per salire a bordo, gli altri rappresentanti sono già saliti”.

“Molto bene Piper, ti ringrazio per tutto il duro lavoro. Mi scuso per la mia svista stamattina, sono stato incauto” Harris le mostrò uno sguardo dispiaciuto..

“Nessun problema. Ho tutto sotto controllo” Piper scosse il capo e chiuse il grosso libro rimettendolo sottobraccio. Lanciò un’occhiata verso Alphonse, poi se ne andò.

“Bene, sarà meglio salire” Il Principe si rivolse ad Alphonse, questa volta però fece qualcosa di molto diverso dal solito. Gli porse la mano, un gesto molto insolito per un nobile, figuriamoci un principe. Stringersi la mano era un gesto di fiducia e di amicizia, Harris si fidava di Alphonse e lui non riusciva a capire perché, cosa ci trovava di così tanto speciale in lui?

“Ci vediamo a bordo, non vedo l’ora di iniziare a lavorare con te” Gli disse con un sorriso.

Alphonse strinse la sua mano con vigore. “Anche io sono felice di lavorare con voi Sua Altezza”.

Era dunque giunto il momento, il viaggio di Alphonse stava per iniziare. Cosa avrebbe provato? Cosa avrebbe visto oltre quel vasto oceano? Cosa sarebbe successo a Windyield? Mai nella sua vita aveva provato tutte quelle emozioni contemporaneamente. Paura, incertezza, ansia, ma anche determinazione, eccitazione e curiosità. 

Guardò per un’ultima volta quella gigantesca nave, si aggiustò l’elmetto e poi salì a bordo, verso il mezzo che lo avrebbe condotto verso l’ignoto.

Mentre la nave salpava, un gran numero di cittadini si erano radunati nei pressi della banchina e salutavano l’equipaggio, mentre la bandiera del regno di Alabathia fluttuava al vento, visibile anche a lunga distanza. La grande spedizione annuale era appena iniziata.

Il tempo previsto per arrivare a Windyield era di dieci giorni, un tempo sufficiente per i nove rappresentanti di prepararsi al grande evento che si sarebbe tenuto sulla modesta isola di Windyield, dove era stata costruita l’ambasciata dell’Unione.

La Fraternity aveva con sé ogni genere di comfort possibile. Oltre a ospitare le innovative tecnologie arcane che muovevano la nave anche in mancanza di vento, a bordo c'erano i migliori tecnici e chef che il Regno poteva offrire. Anche se quello era chiaramente un viaggio che comportava grandi responsabilità per la podestà, era facile abbandonarsi al lusso e credere di essere in una splendida e meravigliosa vacanza.

“Mmm…” Leah era pensierosa quella sera, mentre fissava la sconfinata massa d’acqua tinta dal color mogano del tramonto. La nave aveva viaggiato già per parecchi chilometri e procedeva spedito nell’oceano, qualsiasi traccia della terraferma era sparita oltre l’orizzonte da un bel pezzo.

“Qualcosa non va?” Chiese Alphonse affiancandosi a lei, mentre osservavano il panorama.

“Stavo pensando, che ancora non ho visto quel vigilante”.

“Dovresti chiederlo al principe, anche se non l’ho più visto poi” Le disse.

“Sarà indaffarato con altro al momento. Meglio non disturbarlo…” Rispose lei, sorridendo.

Leah era davvero molto curiosa di conoscere il suo misterioso salvatore e Alphonse condivideva quella curiosità. Un combattente dell’Est che si faceva strada tra i vicoli malfamati della città, ed esercitava giustizia con le sue azioni, era certamente una cosa che gli interessava parecchio, tuttavia in quel momento non c’era spazio per quei pensieri nella testa di Alphonse, era troppo sbigottito dalla vista di quel panorama mozzafiato, qualcosa che non avrebbe mai immaginato di vedere in tutta la sua vita.

Egli rimase in religioso silenzio, ad ascoltare il rumore delle onde, ad assaporare l’aria fresca della imminente sera, mentre il vento gli accarezzava il volto. Quel silenzio però fu interrotto da una Leah ancora agitata per gli eventi di quella mattina.

“Alphonse, mi chiedevo se posso farti una domanda”.

“Certo, dimmi pure”.

“Cosa ti ha spinto a diventare un minatore? Sei felice del tuo lavoro?”.

Alphonse non ci aveva mai pensato. Amava davvero il suo lavoro? Forse sì, forse no, ma era quello che sapeva fare, era cresciuto in quel modo, in quell’ambiente, era difficile non poter diventare un minatore di successo quando avevi un padre così influente e talentuoso. Tuttavia non aveva deciso di diventare Minatore per seguire le orme del padre, lo aveva scelto per via della sua faticosità, che non gli permetteva di intrattenere pensieri superflui. Lavorare era per Alphonse un modo per fuggire dalla realtà, dai pensieri che lo soffocavano..

“Non saprei dirti se ne sono felice oppure no” Rispose Alphonse cercando di esternare al meglio le sue sensazioni “E’ il mio lavoro, l’ho sempre fatto, non riesco quasi mai a pensare a niente quando colpisco la roccia e non riesco a pensare alla mia vita senza un piccone tra le mie mani. Difficile dire se provo felicità però, di sicuro non sono triste o disprezzo ciò che faccio. Semplicemente lo faccio, è il mio dovere. Come ho iniziato invece beh…” Alphonse alzò il capo verso il cielo. “E’ una lunga storia in realtà, spero che la cosa non ti annoi”.

Leah sorrise e scosse il capo “No, mi piacciono le storie. Sempre se vuoi raccontarla”.

Alphonse annuì e ricambiò il sorriso “D’accordo, beh ho iniziato a lavorare nelle miniere quando avevo sette anni, un anno dopo la morte di mia madre. Lei aveva un male incurabile ai polmoni, e io e mio padre abbiamo osservato giorno dopo giorno la sua vita appassire nelle più atroci sofferenze. Quando morì, ero onestamente felice, finalmente aveva smesso di soffrire, ma la sua morte mi fece chiudere in me stesso. A scuola non parlavo con nessuno, non sopportavo vedere i bambini giocare allegramente nel parco, e li invidiavo quando li vedevo in compagnia delle loro madri. Mi sentivo solo, c’era mio padre con me, ma lui era sempre tremendamente impegnato con gli scavi, quindi non potevo far altro che restare solo”.

“E’ orribile…” Leah scosse il capo tremendamente dispiaciuta.

“Però fu proprio mio padre a darmi uno scopo. Abbandonò gli scavi per un periodo e restò a casa con me, e in quel periodo si dedicò anima e corpo alla mia istruzione. Non mi costrinse ovviamente, ma scelsi di imparare la sua arte. Mi insegnò ogni cosa, non solo a scavare pietre preziose dal terreno, ma anche a sorridere. Mi insegnò il valore del sorriso, di quanto fosse importante ridere in faccia alla disperazione e proseguire nella vita”.

“Tuo padre è una persona meravigliosa” Leah fece un gran sorriso “Ho avuto l’onore di conoscerlo di persona e non ho mai incontrato una persona più genuina di lui!” 

Leah però trasformò il suo sorriso in uno malinconico abbassando il capo “Non credo si possa dire lo stesso per me immagino, basta vedere in che modo Piper si rivolge a me”.

Alphonse si fece dunque coraggio, forse era giunto il momento di compiere quel passo.

“Leah, puoi dirmi cos’è successo? Come mai Piper ti tratta in questo modo?”.

Leah fece un grosso sospiro. Qualunque esperienza avesse vissuto, non sembrava affatto facile per lei raccontarlo con leggerezza.

“Piper è sempre stata così a dire il vero” Ammise Leah con gli occhi rivolti al passato “Ma per lo meno una volta chiacchieravamo spesso. Facevo fatica a restare al suo passo, visto che è sempre stata tremendamente più intelligente di me, ma mi affascinava sentirla parlare. Poi lei scomparve per un periodo. Non volle dirmi il perché, mi disse solo che al suo ritorno mi avrebbe spiegato ogni cosa e che dovevo fidarmi di lei. Quel periodo fu in realtà molto lungo. Non ebbi più notizie di Piper per tre lunghissimi anni, e durante la sua assenza io…”.

Leah chinò il capo. Parlarne diventava sempre più difficile per lei, Alphonse era ad un passo dal fermarla, non voleva costringerla, ma Leah riuscì a raccogliere il coraggio necessario per parlare.

“La verità è che noi due, eravamo molto più che semplici amiche. Non sono sempre stata così sai? Ero parecchio bruttina a scuola, molto magra, scheletrica e goffa, e non ero affatto femminile. Quasi tutti mi scambiavano per un maschio e tutti mi prendevano in giro. La cosa non mi dava pace, era diventata la mia ossessione. Non passava giorno in cui non maledicevo il mio corpo. Ma Piper era diversa, a lei non importava niente. Le piacevo così com’ero e grazie a lei avevo imparato ad accettare la cosa. Finché mi accettava lei, allora era tutto ok. Ma quando se ne andò, la mia determinazione vacillò. Pensavo che non sarebbe mai più tornata e straziata dalla sua assenza io… ho cercato un modo di placare il mio tormento”.

Alphonse restò tutto il tempo in silenzio e ascoltò la storia della ragazza.

“I Funghi Abestos sono funghi molto singolari” Continuò leii “Sono comuni in realtà, li puoi trovare in qualsiasi foresta del Regno, ma sono estremamente velenosi. Ma in quel veleno, c’è una proprietà unica, un reagente di tipo mutageno. Quei funghi sono chiamati anche Funghi della Bellezza, secondo le antiche storie sui manuali di farmacologia, i cacciatori prevalentemente uomini in tempi ancestrali, morivano ingerendo il fungo, e i loro cadaveri si trasformavano in bellissime figure androgine. Il fungo muta il tuo corpo in una versione più bella di ciò che sei, ma causa la morte in pochi minuti, la sua tossina è estremamente letale. Io però ero determinata, volevo estrarre solo la proprietà mutagena del fungo isolando il veleno. Ci ho lavorato a lungo e alla fine ci sono riuscita”.

Alphonse non sapeva esistesse un fungo simile, ma non gli fu difficile immaginare cosa Leah avesse fatto in seguito. Ciononostante la lasciò continuare, senza mai interromperla. 

“Il resto puoi immaginarlo” Sorrise Leah con gli occhi un po’ umidi “Sono riuscita a sintetizzare una versione di prova della pozione, ma doveva essere testata. Ero conscia del fatto che poteva essere rischioso, ma dovevo provarci. Ho bevuto la pozione e di conseguenza il mio corpo ha iniziato a mutare”.

Leah a quel punto si tirò su la manica del braccio togliendosi le bende. Il colore della cute era diventato violaceo e opaco come la cera, si vedevano tutte le venature, come se la pelle fosse diventata parzialmente trasparente e si vedevano i nervi e qualche accenno di ossa.

Alphonse restò senza parole, voleva dire qualcosa ma non gli uscirono le parole. Cosa avrebbe potuto dire poi? Non c’erano parole per poter descrivere ciò che stava guardando.

“Provai un dolore tremendo durante la mutazione” Disse lei guardandosi il braccio “Ma quando mi vidi allo specchio ero euforica. Ero tutto ciò che volevo essere, graziosa, attraente, femminile. Ero felicissima, ma in quel momento di euforia mi resi conto del mio fallimento. Il veleno non era stato debellato del tutto dalla pozione e la tossina prese immediatamente il sopravvento. Ogni parte del mio corpo si gonfiò come un pallone e iniziò a formarsi pus ovunque. Per un mese sono stata in coma, avvolta dalle bende e da soluzioni medicinali per rigenerare il tessuto della mia pelle. Persi anche gran parte dei miei capelli per lo shock provocato dalla tossina. Il mio stomaco, il mio intestino, i miei muscoli, funzionano ancora ma sono gravemente compromessi, ho anche perso la vista ad un occhio. Quando ripresi conoscenza il mio corpo era così. Purtroppo non c’è possibilità di guarire, la tossina ha formato radici molto profonde nel mio sistema nervoso, fino ad arrivare al mio cervello. E’ un miracolo che non sono diventata un vegetale. Ho pagato la mia mancanza di fiducia e la mia ossessiva ricerca della bellezza in questo modo”.

Alphonse scosse il capo addolorato da quella storia.

Leah si girò di spalle, evitando di guardarlo in volto, nascondendo con vergogna anche il braccio. “Se sei disgustato da me non ti biasimo. Tutto ciò che mi rende attraente agli occhi di uomini e donne, non è altro che una poltiglia di carne mutata.”.

“Non essere sciocca, non sei affatto disgustosa!” Esclamò Alphonse con vigore “Hai certamente fatto un’azione sconsiderata ma non significa che meriti disprezzo per questo, né per ciò che sei diventata”.

“Però ora Piper mi odia” Le sua voce si ruppe e le lacrime iniziarono a scenderle sul volto “Ho tradito la sua fiducia. Alla fine lei tornò dal suo viaggio e si rese conto che non mi ero fidata di lei. Che avevo dato per scontato che non sarebbe mai tornata. Me lo merito, mi merito il suo odio!” Esclamò singhiozzando.

“No non è vero” Alphonse lo affermò con estrema serietà “Non sono affatto d’accordo, hai sofferto abbastanza per il tuo errore. Non meriti altra sofferenza. Inoltre non so la natura del viaggio di Piper, ma se davvero ci teneva… allora non sarebbe partita”.

Leah si portò le mani sul viso e si lasciò andare al pianto.  Alphonse non poté far altro che restare al suo fianco e consolarla.

Piper aveva sentito tutto. Era nascosta lontano da occhi indiscreti e se ne andò con lo sguardo oscurato senza fare rumore, mentre il tramonto si spegneva al di là dell’orizzonte, lasciando spazio alla notte e al cielo stellato.

 

I giorni passarono. Il viaggio proseguiva in tutta tranquillità, tuttavia il tragitto era ancora molto lungo. Il tempo iniziava ad essere troppo e le cose da fare sempre di meno, e nonostante la nave offrisse molto lusso, non offriva intrattenimento. 

Alphonse stava facendo manutenzione ai suoi strumenti, era un processo lento e curato e non necessario visto che non avrebbe dovuto scavare nulla, ma decise ugualmente di farlo per passare il tempo.

Ricordò il giorno in cui aveva ricevuto la sua strumentalizzazione ufficiale. Fu suo padre ad occuparsi della cosa e fu un momento di festa, dove tutti i minatori della Comunità brindarono e lo acclamarono con gioia. 

Nonostante fosse un momento molto nostalgico della sua vita, non riusciva a ricordare se avesse provato effettiva felicità. Si ricordò del suo discorso con Leah e si interrogò.

“Sono davvero felice cosi?”.

Ma probabilmente stava solo pensando troppo, così tornò concentrato sul lucidare finché qualcuno bussò alla porta con una certa forza.

“Chi sarà mai?” Alphonse la aprì e vide Piper pallida in volto dall’altro lato.

“Alphonse, hai per caso visto Leah?…”.

“Leah? No. Che succede?” Chiese lui allarmato.

“Vieni senza fare storie…”.

Quello sguardo non prometteva nulla di buono, cos’era successo? Alphonse ebbe uno spiacevole presentimento, mentre i due si dirigevano negli alloggi al secondo piano.

Una delle porte erano aperte e all’interno c’era una stanza completamente messa a soqquadro, quasi come se fosse passato un tornado al suo interno.

Ad Alphonse però bastò una singola occhiata per capire a chi apparteneva quella stanza. C’era una grossa valigia molto familiare al giovane minatore, inoltre per terra c’erano pezzi di vetro e un liquido arancione sparso un po’ ovunque.

“Leah… dov’è Leah?!” Esclamò Alphonse.

“Non lo sappiamo” Ammise Piper cupa in volto “Al momento la stanno cercando. Una delle guardie ha dato l’allarme poco fa”.

Poco dopo però, un’altra guardia arrivò con il fiatone a fare rapporto.

“Miss Piper, la stiva! E’ una tragedia!”.

Non c’era tempo da perdere, tutto il gruppo arrivò nella stiva: nel luogo dove erano custoditi i materiali e le merci che sarebbero dovute essere scambiate con quelle di Baal’Thasia. Ma una volta lì furono accolti da uno scenario terribile.

La mente di Alphonse non riuscì a processare quello che stava vedendo, gli sembrava così innaturale, così scollegato dalla realtà.

Quattro guardie erano state uccise. C’era sangue ovunque, chiunque fosse stato doveva essere stato veloce ed efficiente.

Piper scossa si portò le mani sulla bocca. “Dea Misericordiosa, che cosa diamine è successo qui?”.

Il cuore di Alphonse accelerò riempiendosi di angoscia e adrenalina, e il disgustoso odore del sangue non aiutava. Se quelle guardie erano state uccise, allora Leah…

“Leah!” Esclamò il Minatore a gran voce, ma la ragazza non rispose. 

Il sangue gli si gelò nelle vene quando la vide per terra, a poca distanza di uno strano “Sarcofago”.

Alphonse accorse immediatamente al suo fianco, ma per grazia divina la ragazza era illesa. Aveva uno sguardo dolorante in volto, ma scuoterla e chiamarla per nome non portò a nulla, doveva aver perso i sensi.

“Che sta succedendo qui!?” Il Principe, accompagnato da Anglia arrivò tempestivamente sulla scena.

Con occhi tremanti, il giovane Principe si guardò attorno con orrore. Anglia aveva la mano poggiata sulla spada, pronta a sguainarla. Si guardò attorno, in cerca di un possibile colpevole, ma era difficile identificarlo in quella situazione. La stiva era vuota prima dell’arrivo di Piper e delle Guardie. Solo Leah era già lì, priva di sensi.

“Mio Lord, dobbiamo avvertire immediatamente il Capitano della Nave”.

Harris annuì deciso “Vai” Le ordinò..

La donna scattò, senza pensarci due volte.

“Leah! Rispondimi!” Alphonse di nuovo scosse il corpo della ragazza, ma non c’era verso. Mentre cercava di svegliarla, si rese conto che aveva sangue sulla sua mano. Alphonse se la guardò e notò una grossa ferita sul suo collo. Con molta probabilità era stata tramortita con un colpo contundente.

“Un momento, guardate…” Piper cercò di mantenere la calma e indicò le merci.

Le casse di legno con il simbolo della farmacia di Leah erano state aperte. C’era un gran numero di medicinali sottratti e alcuni distrutti, inoltre c’era anche un’altra cosa che saltò subito all’occhio: a fianco alle casse di medicinali c’era un’altro carico ben esposto.

Il Silderium dalle miniere di Stonefall, il materiale fornito dagli scavi che Alphonse, suo padre e il loro team avevano duramente estratto, stava pulsando di energia bianca.

“Ma che diavolo…” Harris era scosso e perplesso.

“COSA PENSATE DI FARE?!” Improvvisamente un grido alle loro spalle. Quella voce, quel vestito e l’aspetto da erdudita: Simon era appena arrivato, con gli occhi sgranati ben conscio della gravità di quella situazione.

“QUEL SILDERIUM E’ IN RISONANZA! VOLETE FORSE MORIRE? TOGLIETEVI DI LÌ, STA PER ESPLODERE!” Gridò.

Una sensazione di terrore avvolse i presenti mentre il Silderium cominciò a brillare con ancora più radianza, emanando un suono stridulo molto acuto. Il pericolo imminente diede l’illusione ad Alphonse che il tempo fosse rallentato. Immaginò vari scenari, ma tutti conducevano ad un triste destino. Non c’era il tempo di reagire, sollevare Leah e portarla al sicuro in un breve lasso di tempo era fuori discussione. Non c’era speranza alcuna, nessuno in quella stiva sarebbe sopravvissuto. 

Fece quindi l’unica cosa che in quel momento l’istinto gli dettò. Coprì il corpo di Leah con il suo per proteggerla, mentre il Principe sorpreso dalla radianza si coprì lo sguardo con le mani mentre gridava.

Uscire di lì sani e salvi era impossibile, il Silderium aveva raggiunto il punto di non ritorno.

Poco dopo, l’intera stiva fu inghiottita dalla luce e in seguito un tremendo boato provocata da una potentissima esplosione di energia, fu l’ultima cosa che i presenti udirono prima di essere investiti in pieno dall’impatto magico.

Prima di sprofondare in quella che sembrava la sua imminente morte, Alphonse sentì il metallo contorcersi e il legno frantumarsi, seguito da un violento tremore. 

Poi il nulla…



 




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