Un Tuffo nel Fiume

di Robin Stylinson
(/viewuser.php?uid=180449)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Venerdì 31 gennaio 2020
Il giorno dopo l'omicidio

La cena a casa dei Doe era andata bene: Wood aveva mangiato di gusto tutto quello che Arabel, la moglie dello sceriffo, aveva preparato e Doe si era detto soddisfatto della scelta del vino. Alla fine della serata Wood si era congedato tornando alla Baita Margherita senza troppe difficoltà.
 
*

Il sole era appena sorto quando Wood decise di scendere dal letto per cercare di darsi da fare. La casa era un disastro e lui voleva soltanto finire il prima possibile per andarsene e farsi una nuova vita tutta da zero. 
«Non c’è nemmeno una bottiglia di scotch in questa maledetta casa» esortò Chris dopo aver rivoltato l’intera baita. Suo padre era conosciuto per essere un grandissimo bevitore mentre in quella casa non c’era nemmeno una bottiglia di alcol, ma a Wood non interessavano le domande, tanto meno le risposte, lui voleva i fatti, le cose: sarebbe andato a comprare qualsiasi tipo di alcolico ci fosse stato allo spaccio, così, dopo essere salito in sella alla moto da cross, partì di nuovo per la città. 
Il negozio di Don sembrava completamente diverso con la luce del mattino, le pareti esterne non avevano più il colore caldo del sole che stava tramontando ma, bensì, un colore smorto, si vedevano tutte le macchie e tutte le imperfezioni che poteva avere un muro con più di quarant’anni. Chris entrò nello spaccio e non salutò, come la sera precedente. Iniziò ad aggirarsi per gli scaffali, voleva trovare gli alcolici da solo senza dover scambiare nuovamente due chiacchiere con il proprietario, fino a quando un colpo di tosse lo fece ripiombare con i piedi per terra cancellando tutti i pensieri che aveva avuto fino a quel momento.
«Chris?»
Wood guardò la donna un po’ interdetto: non era molto alta e aveva un fisico mingherlino, i capelli le arrivavano appena sopra le spalle ed erano tinti di biondo cenere, gli occhi erano scuri e il sorriso che gli rivolgeva era storto e forzato dalle circostanze.
«Sono Kelly» continuò poi la donna e a Wood si accese una lampadina. Era la proprietaria dell’unico negozio di abbigliamento di Rivermountain.
«Certo, mi ricordo di te» rispose Wood cercando di sorriderle e di non sembrare troppo menefreghista. «Come stai?»
«Io sto bene, e tu? Come mai sei tornato in città?» 
«Per mio padre» disse Wood un po’ arrabbiato. «E tu perché non te ne sei mai andata?» chiese poi, quasi per ripicca, lasciando di stucco Kelly.
«Sono rimasta per amore. Ho sposato Robert, ormai quest’anno sono venticinque anni che siamo sposati. Poi ho avuto un figlio, Peter, e non abbiamo più voluto andarcene. In fondo, questa è una cittadina tranquilla per crescere un figlio.»
Wood annuì e sorrise.
«A presto, allora» terminò immediatamente Chris per cercare di levarsela di torno. 
Kelly capì subito ciò che intendeva l’uomo che aveva difronte e, ricambiando un sorriso cortese, si allontanò per avvicinarsi a Don e pagare le due sciocchezze che doveva acquistare.
Wood e Kelly avevano avuto una storiella quando erano alle superiori e Robert era sempre stato geloso, aveva fatto di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote fino a quando Wood non aveva deciso di andare in Italia con la madre a seguito della separazione tra i suoi genitori. Kelly non sembrava averne sofferto molto, non gli aveva mandato nemmeno una lettera e lui non si era di certo preso la briga di scriverle qualcosa: lui era affascinante e poteva avere chi voleva, lei viveva a migliaia di kilometri di distanza e sicuramente se ne sarebbe fatta una ragione o si sarebbe fatta qualcun altro, come poi successe. Kelly non era una ragazza che amava stare da sola, era sempre in compagnia di qualche bel ragazzo e Wood era semplicemente stato un altro che aveva conquistato e lui le era caduto ai piedi fino al giorno in cui non si era semplicemente stancato di lei ed era partito. L'uomo si rammaricò di non essersi fermato qualche secondo di più a parlare con lei, tutti in quella cittadina conoscevano il Signor Wood eppure lei, nonostante sapesse della sua recente scomparsa, non si era nemmeno presa la briga di fargli le sue condoglianze, aveva solo pensato a dirgli di Robert e del figlio.  
Wood continuò a girare tra i pochi scaffali dello spaccio quando finalmente trovò ciò che stava cercando: whiskey, vodka, rum e scotch. Era tentato di comprarli tutti ma la moto da cross aveva posto per una sola bottiglia e si trovò in mezzo ad un grosso dilemma. Ci pensò per diversi secondi, prese la bottiglia di vodka e si avviò verso la cassa, ma poi ebbe un ripensamento.
Vodka? Forse è meglio del whiskey o dello scotch, pensò, così decise di tornare indietro e rimettere al suo posto la bottiglia per poi penderne una di scotch. 

 
*

Erano le otto di sera ed era tutto il giorno che Christian beveva. 
La mente annebbiata di Wood rendeva tutto molto più bello ma molto più difficile, persino la baita, Baita Margherita, sembrava essere diventato il suo covo, il suo rifugio. Chris sapeva che la mattina seguente gli sarebbe passato tutto, avrebbe ripreso a odiare se stesso e tutta quell’immensa casa fatta d’immondizia, a partire dal nome. 
Ormai erano ore che l’ex detective cercava di sistemare le cose del padre in modo che il giorno seguente potesse buttare quelle inutili e tenersi qualche ricordo ma non riusciva ad arrivare a una fine. Suo papà aveva accumulato così tante cose che non sapeva più da che parte girarsi, non sapeva cosa fosse stato importante per il vecchio e cosa potesse essere importante per lui, non sapeva quali oggetti erano legati a ricordi particolari e non conosceva nemmeno cosa avesse spinto il padre a conservare una vecchia paperella di gomma gialla. In fondo a uno degli armadi, Wood trovò un enorme scatolone che cercò di estrarre senza danneggiarlo. La scatola di cartone era pesantissima e l’uomo fece fatica a toglierla dall’armadio, tanto che per un momento pensò che fosse incastrata da qualche parte o che lo spirito del padre la trattenesse per non fargli buttare altra mercanzia che lui aveva ritenuto preziosa al punto di conservarla.
Wood, grazie alla forza datagli dall’alcol, tirò con foga lo scatolone creando così un piccolo squarcio dal quale iniziarono a uscire carte, fotografie e fascicoli. Wood si detestò per averlo rotto e si sedette per terra, proprio ai piedi del letto, dove qualche minuto prima aveva appoggiato la bottiglia di scotch. Era quasi finita, gli rimaneva un sorso scarso e decise di berlo prima di raccogliere le fotografie uscite dallo scatolone. Il liquido aveva un retrogusto di fumo ma a Wood piaceva sentirlo scendere per la gola e si gustò l’ultima goccia. 
Wood diede un’occhiata veloce alle fotografie. Erano istantanee che ritraevano ragazze, donne, bambini, appartenute ai casi seguiti dal padre, anche lui agente di polizia, e conservati dopo la nascita del digitale.
Le pareti e le fotografie iniziarono a girare in un turbinio improvviso e Wood capì che forse era meglio smettere di fare qualsiasi cosa lui stesse facendo per cercare di riposarsi qualche minuto. Chiuse gli occhi  per cercare di riprendersi sperando di non avere un altro episodio di paralisi del sonno ma si addormentò beatamente, proprio ai piedi del letto con accanto la bottiglia vuota e mille istantanee sparse per terra.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4025616