You're not weird (you're my brother)
Titolo: You're not
weird (you're my brother)
Autore: My
Pride
Fandom: Super
Sons/Superman
Tipologia: One-shot
[ 2477 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Jonathan
Samuel Kent, Conner Kent
Rating:
Verde
Genere: Generale,
Fluff
Avvertimenti: What if?,
Accenni Slash, Coming Out
200 summer
prompts: Pensare a
cosa dire || Ho perso tempo || "Hai idea di quanto tu sia pallido in
questo momento?"
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
Librandosi
in volo a qualche metro dalla finestra di quell'appartamento, Jon non
faceva altro che pensare alle ultime settimane, guardando in direzione
dell'enorme edificio in cui alloggiava il fratello.
Era là fuori da dieci minuti
e non aveva
ancora avuto il coraggio di muoversi, ma non sarebbe potuto restare
lì in eterno, anche per non rischiare che qualcuno vedesse
un
ragazzo in felpa e jeans fluttuare nel vuoto. Fu quindi deglutendo che
inspirò pesantemente dal naso prima di decidersi a perdere
un
po' di quota, umettandosi le labbra mentre si avvicinava a quella
finestra prima di picchiettare contro di essa. Non troppo forte da
romperla, ma nemmeno troppo piano da non farsi sentire. Era domenica e
conosceva gli orari di Conner, ed era certo che, a cinque minuti dallo
scoccare delle dieci, lo avrebbe trovato in casa perché a
Conner
piaceva dormire.
Non sapeva esattamente cosa lo avesse
spinto ad
andare a trovare suo fratello, ma era più grande e nessuno
meglio di lui avrebbe potuto dargli qualche consiglio sulla situazione
in cui si trovava. Era stato tutto così... nuovo, assurdo,
un
vero e proprio fulmine a ciel sereno che lo aveva lasciato
boccheggiante e senza fiato, ma allo stesso tempo lo aveva fatto
sorridere come un idiota per ore fino a farsi male la mascella, e aveva
circumnavigato il globo almeno due volte prima di atterrare nella sua
stanza e gettarsi sul suo letto con quella stupida espressione
imbambolata ancora stampata in faccia. Solo il mattino dopo si era
davvero reso conto di ciò che quella nuova fase della sua
vita
avrebbe potuto implicare, e aveva bisogno di due chiacchiere da
fratello a fratello prima di pensare anche solo lontanamente di
parlarne con i suoi genitori, data la delicata situazione in cui si
trovava. Aveva pensato ore ed ore a cosa dire, a come impostare ogni
parola e a scendere a patti con la realtà dei fatti lui
stesso,
ma tutti i suoi discorsi erano letteralmente morti in fondo alla sua
gola prima ancora di prendere piede e aveva cercato di togliersi il
dente parlandone con la persona più vicina che avrebbe
potuto in
qualche modo capirlo.
Jon stava per bussare ancora quando alle
orecchie
gli giunse un borbottio sommesso, sentì dei passi e la porta
aprirsi prima ancora che la grossa figura di Conner facesse il suo
ingresso nell'ampio salone che affacciava proprio sulla finestra dietro
cui si trovava Jon, che salutò il fratello con una mano
nonostante i mezzi grugniti a cui stava dando vita.
«Lo sai che ore
sono?» domandò
Conner tra uno sbadiglio e l'altro con voce impastata di sonno, aprendo
la finestra per permettere a Jon di entrare e di poggiare i piedi sul
pavimento.
«Le dieci, non mi sembra poi
così presto».
«Per uno che è
tornato dalle Hawaii appena tre ore fa, lo è
eccome».
«Oh... scusa. Non volevo
disturbarti»,
ammise Jon nel sentirsi un po' a disagio, e se ne sarebbe probabilmente
andato se Conner non avesse agitato una mano in risposta e, con
l'ennesimo sbadiglio, non gli avesse fatto un cenno verso la cucina
open space che affacciava sull’enorme salotto. .
«Fa’ niente, Jonno.
Allora, che ci fai
qui?» chiese nell'incamminarsi lui stesso mentre si
scompigliava
i capelli rasati dietro la nuca. Aveva bisogno di un caffè
bello
forte dopo quella nottata passata ad occuparsi di quel caso insieme ai
Titani, quindi forse avrebbe direttamente masticato i chicchi.
Jon tergiversò per un
momento, massaggiandosi
un braccio come se si sentisse un po' a disagio per i pensieri che gli
stavano vorticando nella testa. «Ecco... possiamo
parlare?»
chiese, vedendo Kon osservarlo incuriosito e fargli un cenno col capo
per invitarlo a continuare. «Mi è successa una
cosa,
ultimamente, e… speravo che tu potessi, mhn, darmi qualche
dritta».
«Sei in quella fase
dell'adolescenza, eh?
Consigli dal fratellone». Conner rise, ma senza scherno,
cominciando a preparare il caffè. «Vuoi un succo
d’arancia? Hai già fatto colazione?»
«Mhn, no, ma... sto bene
così».
«Okay, allora.
Spara».
Nervoso, Jon si morse il labbro
inferiore e
svolazzò in giro per la cucina, sedendosi solo quando Conner
gli
scoccò un'occhiataccia mentre finiva di preparare il suo
caffè istantaneo scaldando l’acqua direttamente
con la
vista calorifica; Jon prese un bel respiro e abbandonò le
mani
in grembo, torcendosi le dita. «Va bene. Solo... non dare di
matto, okay? Non dare di matto».
Conner si accigliò.
«Perché dovrei farlo?»
«È che, vedi,
è una cosa nuova e…»
«Ha a che fare con i tuoi
poteri? Ne hai sviluppati altri?»
«No, ma riguarda,
ecco… me».
«Se è qualcosa che
ha a che fare con la
pubertà kryptoniana non ne so niente, l’avevo
già
superata quando sono uscito dalla capsula del Cadmus».
«…no,
è… qualcos’altro…»
Conner a quel punto roteò gli
occhi,
massaggiandosi l’arco nasale. Voleva davvero ascoltarlo, ma
aveva
poche ore di sonno alle spalle. «Allora arriva al dunque,
fratellino».
Jon trasse un lungo respiro e poi
tossicchiò,
portandosi una mano a coprire la bocca mentre osservava distrattamente
il pavimento, come se in qualche modo lo trovasse parecchio
interessante, prima di sollevare lo sguardo verso il fratello.
«...ho baciato Damian. Noi… lui… ecco,
lui mi
piace, mi piace davvero molto. E non intendo come amico».
Conner, che aveva bevuto un sorso di
caffè,
lo sputò così all'improvviso che Jon quasi
sussultò, guardando il fratello con tanto d'occhi.
«Aspetta, cosa? Stai scherzando?»
«…ti sembro il tipo
da scherzare su una cosa del genere?»
Il tono di Jon era lugubre, come se
avesse
cominciato a pentirsi di essere volato fin laggiù e aver
pensato
di poterne parlare con Conner. Suo fratello aveva
un’espressione
imbambolata in viso e stava sbattendo le palpebre in continuazione,
quindi per un momento Jon cominciò a pensare che lo
ritenesse
strano e che avesse perso tempo nel volare fin laggiù. Era
strano? Aveva realizzato di avere una cotta per il suo migliore amico,
l’aveva baciato un po’ impacciato e il suddetto
migliore
amico aveva ricambiato il bacio, quindi avrebbe dovuto essere
normale… giusto? Tutti i quindicenni avevano una cotta e
baciavano qualcuno, non avrebbe dovuto esserci niente di strano in
tutto questo. Allora perché Conner lo stava guardando come
se
gli fosse spuntata una seconda testa?
Il cuore di Jon perse un battito, e la
cosa non fece
altro che rendere Conner ancora più accigliato. Era certo
che il
fratello maggiore stesse sentendo la sua tensione, i muscoli che
resistevano all’impulso di fare uno scatto e di volare verso
la
finestra, e stava stringendo così forte un pugno che era una
fortuna che non avesse accettato qualcosa da bere. Avrebbe fatto volare
frammenti in ogni dove, probabilmente. Cominciò a mancargli
il
respiro, e Jon si chiese se ciò che stava provando fosse
ancora
normale. Perché Conner non diceva niente? Perché
continuava a guardarlo con quello sguardo? Conner aveva sempre fatto
strage di cuori, aveva sentito un sacco di storie riguardo a come il
suo look ribelle avesse sempre conquistato le ragazze, quindi forse lo
trovava disgustoso perché aveva baciato un ragazzo?
«Jon. Respira».
Jon ci mise un secondo di troppo a
realizzare che
Conner gli stava parlando, e ci mise altrettanto tempo per rendersi
conto che aveva trattenuto il fiato fino a quel momento e che si era
persino alzato in piedi. Boccheggiò, osservando Conner con
tanto
d’occhi mentre il suo cuore batteva talmente forte che per un
istante pensò che avrebbe potuto scoppiargli in petto. Era
andato nel panico senza rendersene conto, e fece un passo indietro
quando Conner provò ad avvicinarsi un po’ a lui.
«Io… credo di dover
tornare a
casa», pigolò nel deglutire sonoramente,
incontrando di
nuovo quello sguardo che gli fece affondare il cuore e contorcere le
viscere al pensiero che forse… forse non era pronto a fare
coming out e aveva sbagliato a parlarne. No, non poteva sopportare
quello sguardo da parte di qualcuno della sua famiglia. Da tutti, ma
non da Conner. Da tutti, ma non da Conner. Da tutti, ma non...
«Ehi, Jonno, ehi.
Tranquillo». La voce
di Conner suonava soffice, e cercava di farsi strada tra
l’ovatta
che sembrava bloccare i padiglioni auricolari di Jon, che non si era
reso conto di aver ricominciato ad annaspare finché la mano
del
fratello non si poggiò sulla sua spalla e lo fece
sussultare.
«Va tutto bene, sul serio».
«N-Non va tutto bene,
tu… io…
devo tornare a casa…» ripeté, ma Conner
sollevò entrambe le sopracciglia.
«Stai scherzando? Tu non voli
da nessuna parte
in queste condizioni». Kon lo costrinse letteralmente a
raggiungere il divano, facendolo accomodare lui stesso per scansargli
qualche ricciolo dal viso. Jon sembrava dissociato da ciò
che lo
circondava, e la cosa era preoccupante. «Hai idea di quanto
tu
sia pallido, in questo momento? Respira», lo
invogliò
ancora, cominciando a carezzargli la schiena nel tentativo di calmare
quei fremiti sottopelle che stavano sconquassando il corpo di Jon.
Ci mise più di quanto Conner
avrebbe voluto
per calmarsi, anche se alla fine aveva almeno accettato da bere e aveva
sorseggiato poco a poco quell’acqua, e alla fine Jon
inspirò a fondo dal naso, fissando nuovamente il pavimento
mentre si rigirava il bicchiere fra le mani.
«Credevo… pensavo
che tu…»
«Che io cosa?»
«…che mi
considerassi strano»,
sussurrò con un fil di voce, sentendosi ridicolmente piccolo
nella felpa che indossava. Il suo cervello aveva pensato troppo
velocemente e aveva tratto le conclusioni sbagliate, ma aveva solo
quindici anni e lui stesso aveva faticato a capire bene come si
sentisse a riguardo e quali fossero i veri sentimenti che provava per
Damian. E Conner parve capire quel suo stato d’animo,
poiché sospirò a sua volta e si lasciò
cadere
seduto accanto a lui sul divano.
«Mi hai solo colto di
sprovvista,
Jonno», ammise di rimando Kon, ravvivandogli completamente i
capelli all’indietro nonostante il ragazzo avesse socchiuso
un
occhio. «Pensavi sul serio che non ti avrei accettato per
come
sei?»
«Ma hai fatto quella faccia
strana e…»
«Solo perché non
credevo che scegliessi
proprio baby bat tra tutti i bei ragazzi che ci sono in
giro», lo
pungolò, cercando di stemperare un po’
l’atmosfera e
di rompere quel sottile strato di ghiaccio che sembrava essersi formato
tra loro, prima di accennare un sorriso. «Sei condannato ad
imparentarti con il grosso pipistrello cattivo, mio povero
fratello». Si portò teatralmente una mano al
petto,
scuotendo la testa. «Che sorte grama. Porrò io
stesso fine
alle tue sofferenze».
Jon ebbe giusto il tempo di guardarlo
con fare
stralunato, prima che Conner gli si gettasse letteralmente addosso e
cominciasse a fargli il solletico ai fianchi e a tentare di insinuarsi
sotto le braccia, le ascelle, punzecchiandolo e solleticandolo in ogni
dove; Jon aveva inutilmente provato ad allontanarlo da sé, a
rimanere impassibile e a volare via, ma alla fine era scoppiato a
ridere mentre chiedeva pietà, agitandosi e scalciando sul
divano
nel richiedere una sorta di “Time out” con le mani.
In
realtà non durò molto ma, quando Conner lo
lasciò
finalmente andare, Jon aveva il fiato corto e le lacrime agli occhi, e
aveva anche rischiato di farsela sotto. Però, e doveva
ammetterlo, era servito a rilassarlo almeno un po’ e fu con
un
timido sorriso che si voltò verso il fratello.
«Grazie», ammise in
un soffio. Il suo
nervosismo era passato solo in minima parte, ma non poteva fare altro
che pensare di essere grato a Conner.
«Non dirlo nemmeno per
scherzo, Jonno».
Conner gli sorrise, dandogli una pacca su una spalla. «Sono
tuo
fratello. Sono qui per te».
Jon si strinse un po’ nelle
spalle,
umettandosi le labbra. «È che…
è tutto
così nuovo e… non avevo idea di come affrontare
la
cosa». Si scompigliò i capelli, un po’
frustrato.
«Cioè, mi piacciono le ragazze, e
anche… anche i
ragazzi, e… Damian è il mio migliore amico, e io
l'ho
baciato, e... avevo paura di rovinare le cose dicendogli che mi
piace».
«Ma non è
successo?» offrì Conner, e Jon si
massaggiò il collo.
«Ma non è
successo»,
confermò nel guardare il fratello di sottecchi.
«Non so
bene cosa siamo adesso, ma… ho voglia di baciarlo
più di
prima».
Il volto di Conner si rilassò
e guardò
Jonathan con un sorriso da un orecchio all’altro, concentrato
sul
battito del suo cuore. Batteva ancora un po’ veloce, ma
stavolta
era opera dell’eccitazione di parlarne e il suo entusiasmo.
«Stai vivendo il momento della cotta, Jonno. È
più
che normale».
«Mi piace questa
sensazione», si
ritrovò ad ammettere, tornando a torcersi le dita qualche
momento dopo. «Ma… non so come dirlo a mamma e
papà… come dire loro che mi piacciono anche i
ragazzi… e se loro non--»
«Fermo qui, Jon,
fermo», lo mise subito
a tacere, guardandolo con estrema attenzione. «Stai parlando
di
Lois Lane e Clark Kent, i genitori più supportivi che
conosco e
non potrebbero essere più fieri di te. Certo che ti
accetteranno», disse, dando voce al suo pensiero.
Jon ci mise un secondo di troppo per
rispondere,
deglutendo. «Credi davvero che non cambierà nulla
se
dirò loro che sono… bisessuale?»
«L’unica cosa che
cambierà
sarà la consapevolezza che potrai essere te stesso anche con
loro».
Conner si ritrovò stretto in
un abbraccio
prima ancora di rendersene conto, e ricambiò con un sorriso
mentre gli carezzava ancora una volta la schiena, sussurrandogli di non
preoccuparsi e di seguire unicamente il suo cuore. Non seppero
esattamente quanto restarono lì sul divano, scambiandosi
chiacchiere e cercando di sostenersi a vicenda, ma alla fine Jon
ringraziò un’ultima volta e volò alla
finestra
muovendo la mano a mo’ di saluto, pronto a partire.
«Ehi, Jon!» lo
richiamò Conner, e Jon si voltò.
«Sì?»
«Quando abbracci Damian,
controlla sempre che
quello che ti preme contro non sia un batarang di kryptonite!»
Il volto di Jon divenne di mille colori,
con
sfumature tendenti al violaceo. «C-Che cavolo di consiglio
è?!»
«Oh, credimi, un consiglio che
ti
servirà quando ti troverai in situazioni
piuttosto…
particolari».
«Ah? Che vuol dire?»
«Lo scoprirai a tempo debito,
fratellino», replicò Conner, agitando una mano a
mo’
di saluto prima di premere un pulsante e, sotto lo sguardo scettico di
Jon, le grandi finestre cominciarono ad essere nascoste da uno spesso
strato di una serranda di piombo come quelle dei negozi. «Ora
devo proprio farmi un paio d’ore di sonno, quindi vai, fila
via,
vola dal tuo passerotto, uccellino innamorato», lo
scacciò
con un ghignetto, regalandogli un ultimo saluto nello stesso istante in
cui Jon volò verso le finestre ormai oscurate e le
picchiettò.
«Conner! Andiamo, cosa volevi
dire?
Conner!» cantilenò a mo’ di lagna, senza
essere
però calcolato dal fratello che era tornato a dormire con le
cuffie nelle orecchie.
Due settimane dopo, mentre lui e Damian
pomiciavano
sul divano della loro Fortezza e si strusciavano l’uno contro
l’altro, Jon capì perfettamente cosa aveva voluto
dire
Conner.
_Note inconcludenti dell'autrice
Ed
eccomi qua con una nuova iniziativa tutta frizzante ed estiva!
La #200summerprompt indetta dal gruppo Non solo
Sherlock - gruppo eventi multifandom
In verità non doveva andare così, ma si sa che i
personaggi fanno quello che vogliono e se lasci fare ad un quindicenne
stai sicuro che non farà mai quello che credi che faccia.
Quindi ci troviamo davanti un caro e dolce Jonno alle prese con la
cotta per il suo migliore amico, cotta che è sfociata in un
bacio e... cosa fa? Quell che farebbe un normale quindicenne, va in
panico e chiede consigli al fratello maggiore!
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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scrittori.
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