Infecta

di Doppiakappa
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Queen City, Villetta degli Steinberg, laboratorio sotterraneo, lunedì sera di due anni più tardi.
 
Roy sedeva alla sua scrivania, scrivendo con rapidità una serie di appunti presi dalla miriade di libri aperta davanti a lui. Nell’angolo, la foto scattata assieme a Blaze ed Ethel nel giorno del conseguimento del loro diploma decorava quella caotica postazione di studio.
Sia il lui che Blaze erano riusciti a diplomarsi con il massimo dei voti, chiudendosi in un’odissea di studio durata quasi due mesi, più odissea per Blaze che per lui. Grazie a quello sforzo, però, il biondo era riuscito a farsi ammettere alla Royal Trinity University of Queen City, una delle più prestigiose università di tutto il continente, la stessa che aveva visto laurearsi suo padre, anni prima. Era riuscito già a dare tre quarti degli esami totali, comprimendo in appena sei mesi i primi due anni di corso, data la sua incredibile capacità di apprendimento e di studio: i colleghi del padre lo chiamavano “Legacy Son”, per l’enorme somiglianza fisica e intellettuale.
In parallelo lavorava allo studio del Void, assistendo Aiden nelle ricerche sulla sostanza che da due anni aveva radicalmente cambiato la sua vita, perfezionandone così il controllo e comprendendone parzialmente altri segreti.
Quel periodo era molto intenso per lui: doveva studiare per conseguire gli ultimi quattro esami prima di poter lavorare sulla tesi di laurea, mantenendo però costante la sua attività di ricerca per conto dell’Asset e dovendosi allenare ogni giorno per mantenere stabile il controllo del Void.
L’Ægis non si era mai fatto vivo in quei due anni, rimanendo in un pericoloso silenzio che costrinse l’Asset a rimanere in allerta costante, dovendo impiegare un numero esorbitante di forze al solo scopo di evitare un nuovo attacco.  La ciliegina sulla torta arrivò con la notizia dell’imminente trasferimento di Erica ed Emil in America, notizia che colpì Roy come un’arma a doppio taglio: la cosa lo rendeva felice, quasi non vedeva l’ora di poter rivedere il fratello e la madre dopo tutti quegli anni di lontananza, ma era ben conscio delle complicanze che avrebbe incontrato, dovendo nascondere l’esistenza del Void e tutta la storia dell’Ægis.
In tutto quel casino, Ethel era l’unica cosa che riusciva a distrarre il ragazzo dall’enorme peso che gravava sulle sue spalle. La loro relazione aveva ormai raggiunto il passo successivo: i due si vedevano ogni giorno, passavano le sere assieme davanti a un film o a giocare ai videogiochi come avevano sempre fatto. Lei rimaneva a dormire da lui, facevano l’amore e poi si salutavano la mattina dopo, dovendo tornare alle loro mansioni quotidiane, lui a studiare per gli esami, le a studiare per passare il concorso pubblico per diventare un’insegnante di educazione fisica.
Roy sbatté la testa sulla scrivania, sbuffando esausto e lasciando cadere la penna sul quaderno.

- Cristo… se penso che ho ancora tre libri da riassumere… Biorobotica del cazzo… - pensò ad alta voce, esasperando sui manuali scientifici.

- Ti ho portato del tè, amore. – disse Ethel, comparendo dietro di lui e posando una tazza piena del dolce liquido bollente che tanto amava il biondo.

- Grazie, mi sa che mi dovrò alzare presto domani mattina, se voglio ultimare gli appunti in tempo per l’esame… - sbuffò lui, gettandosi indietro sulla sedia e guardando sotto sopra la rossa.

- Non dovresti esagerare così tanto, Roy… dovresti prendere le cose con più calma. – lo rimproverò lei.

- Mi piacerebbe, ma l’esame…

- L’esame lo passi, e anche senza problemi, cervellone… - lo interruppe la ragazza, rubandogli un bacio. – Dai, chiudi quei libri e riposati un po’… - lo invitò poi, massaggiandogli delicatamente le spalle.

Roy, sbuffò un’ultima volta, alzandosi e voltando le spalle alla scrivania che lo aveva visto impegnato nello studio da quella mattina. – Penso proprio che mi farò una doccia, ne ho bisogno… - disse poi, mettendosi una mano sul collo.

- Penso proprio che la faremo insieme, hehe… - lo provocò lei, pizzicandogli il sedere e poi scappando verso il bagno.

- Ahi! – esclamò il biondo, rincorrendola.
 
Poco dopo erano seduti nella comoda jacuzzi, col vapore che carezzava loro la pelle, abbracciati in quel tiepido idromassaggio. Roy era appoggiato al seno della sua ragazza, con gli occhi chiusi, mentre lei gli carezzava lentamente la chioma bionda, inumidita dal vapore.

- Sono tre notti che non chiudo praticamente occhio… ho troppe cose per la testa… - disse il ragazzo, inspirando il caldo e umido vapore.

- Te l’ho detto, Roy, ti stai massacrando con tutto quello studio… Capisco che sei agitato perché ti mancano solo quei quattro esami, ma credimi se ti dico che stai esagerando…

- Magari fosse solo l’università il problema, ogni sera vado a dormire con il pensiero che l’Ægis non ha più fatto nulla in questi due anni e che potrebbe scatenarsi da un momento all’altro. Poi arrivano mia madre e mio fratello, poi Blaze…

- Ehi… - lo interruppe la rossa, portando le sue mani sul petto de ragazzo, stringendolo a sé. – Non devi preoccuparti per Blaze, lo conosci bene, sai che non si affida mai al caso per le sue scelte. È stato improvviso, sì, ma ci ha pensato molto prima di prendere quella decisione.

- Quando mi diceva che avrei dovuto contare di più su di lui… mai avrei pensato che sarebbe finito col diventare un agente dell’Asset…

- Ma le cose stanno così, Roy. Lo sta facendo per noi.

- Ha deciso di accantonare il suo sogno per me… e io ancora non voglio accettare questa sua decisione… che razza di amico di merda che sono…

- Si incazzerebbe sentendoti dire ste cose… - disse la rossa, sbuffando.

- Si incazzerebbe sì… - rispose il biondo, chiudendo nuovamente gli occhi.
 
I due ragazzi rimasero accoccolati nella jacuzzi per un’altra ora, lasciando che la tensione e lo stress accumulato in quei giorni scivolasse via, respinto dai rilassanti getti d’acqua che massaggiavano loro i muscoli. Una volta usciti, spesero la sera sul divano, guardando un film: Roy si addormentò a metà, esausto di tutto il sonno perso nei giorni precedenti.
 
Queen City, quarta sede segreta dell’Anonymous Asset, la stessa sera, ore 23:00.
 
Il turno di pattuglia procedeva senza intoppi, si ripeteva uguale da due anni: nessun rilevamento dell’attività dell’Ægis, nessun movimento sospetto, niente.
La squadra sei della quarta sede era appena di ritorno dalla pattuglia nel quarto quartiere della città, quello più periferico; al comando della squadra vi era il Colonnello Collins, che in seguito all’assalto di due anni prima, aveva ottenuto una promozione.
Il soldato sedeva nel posto centrale della Jeep militare che lo scortava assieme ai suoi altri sette uomini.

- Anche stanotte nulla di nulla, ste ronde mi stanno iniziando a stancare… - sbuffò il soldato al volante, Jörg Lehman.

- Lehman, sarà la settantesima volta che ti lamenti… - lo richiamò uno dei soldati in fondo al veicolo, Paul Wallace.

- Ragazzi, vi prego… anche a me girano i coglioni, ma vi posso garantire che non sarebbe affatto piacevole incontrare chi stiamo cercando. Due anni fa ho rischiato la vita contro una cazzo di orda di zombie, e credetemi che ancora ho gli incubi… - li zittì Collins, massaggiandosi le tempie.

- Signore, rilevo una fonte anomala di energia a ore quattro. – fece presente il soldato Roman, indicando il radar sul suo display.

- Si sta… - disse il colonnello, prima di venire interrotto da una luce estremamente intensa, che rapida inondò la Jeep.

Lehman dovette curvare all’improvviso, riuscendo a fermare il veicolo senza farlo ribaltare. I soldati scesero immediatamente, imbracciando i fucili e posizionandosi in una formazione difensiva, in silenzio, cercando di riabituare gli occhi al buio della notte, dopo l’accecante flash di pochi attimi prima.
Il colonnello accese la torcia, puntandola nella direzione dalla quale era arrivato il fascio di luce, riuscendo ad illuminare una figura umana che rimaneva ferma di fronte a loro. Senza un secondo d’esitazione, i soldati puntarono le armi verso la figura, tenendosi pronti a sparare.

- Vieni avanti e identificati! – ordinò Collins, vedendo la figura avanzare.

Nonostante la luce della torcia, i soldati non riuscivano a inquadrare perfettamente lo sconosciuto che avevano di fronte: indossava una tuta nera, molto simile a quelle militari in loro dotazione, e una maschera anch’essa nera, completamente liscia, che gli copriva anche gli occhi.

- Identificati! – ripeté il colonnello, facendo un cenno con l’arma ai suoi di circondare l’uomo.

- Chi sono io? Beh… sono solo un avvertimento…

- Un avvertimento?! Da parte di chi? – chiese il soldato, senza distogliere il fucile dalla testa dell’interlocutore.

- Da parte dell’Ægis! – gridò Aren, caricando una scarica nelle sue mani e scattando verso i soldati.

I sette uomini aprirono il fuoco, cercando di tagliare le possibili vie d’attacco del nemico, risultando però troppo lenti, Aren infatti si muoveva a una velocità insana, macinando la distanza che lo separava dai soldati dell’Asset.
Con una scarica uccise sul colpo il colonnello Collins, colpendolo al collo e facendogli esplodere i bulbi oculari dalla troppa tensione elettrica. Si gettò poi contro i due soldati più vicini, colpendoli con due calci e scaraventandoli uno sulla Jeep e uno contro uno degli edifici circostanti, finendo entrambi con due saette lanciate dalla distanza. Gli altri cinque uomini iniziarono a scaricare su di lui i loro caricatori, cadendo nel panico di fronte a quell’imprevedibile e surreale nemico. Il ragazzo afferrò il fucile di uno dei soldati, propagando una scarica che immobilizzò l’avversario, permettendogli di staccargli la testa con un calcio. Senza perdere tempo scattò contro gli ultimi quattro uomini rimasti, neutralizzando le raffiche di proiettili generando un arco elettrico che le fece esplodere. Si posizionò esattamente al centro dei nemici, accumulando energia in una sfera attorno a sé, che fece espandere pochi secondi più tardi, carbonizzando i corpi dei soldati.
La quiete fece ritorno in quel pacifico quartiere di periferia, tramutato ora nel palcoscenico di un massacro, gettando nuovamente l’oscurità attorno al ragazzo. Aren dovette sedersi e riprendere fiato: il corpo gli pulsava, intriso di adrenalina ed energia proveniente dall’Infecta. Guardava incredulo le sue mani, tremando dalla quantità di energia fremeva nelle sue vene.

- Quindi è questo quello a cui puntavi, Simon… - pensò ad alta voce, alzandosi e sistemandosi la tuta. – Qui Rattlesnake, ho appena “mandato il messaggio”, faccio ritorno alla base. – disse poi, attivando il microfono nella sua maschera.

- Ottimo lavoro, Aren, vieni direttamente al laboratorio, Gunnarson vuole effettuare dei controlli. – rispose Diana, dall’altra parte dell’auricolare.

- Ricevuto. – chiuse lui la chiamata, montando poi sulla moto che aveva fatto arrivare col pilota automatico, comandata dalla tuta.
 
Il ragazzo fece un grande respiro, sentendo ancora l’adrenalina scorrere nel suo corpo, grondante di energia. Diede gas al bolide, sgommando sull’asfalto intriso di sangue e bruciature e percorrendo a tutta velocità le strade notturne di una silenziosa Queen City.
 Poco dopo aveva raggiunto Diana, Drake e Niklas nel laboratorio di quest’ultimo, andando direttamente a sdraiarsi sul solito lettino, levandosi la tuta durante il tragitto.
 
- Impressionate, Professore. – furono le uniche parole che uscirono dalla bocca del ragazzo.

- Zeus ha superato ogni mia aspettativa, inoltre adesso dovresti essere in grado di controllare l’output alla perfezione. – Gunnarson parlava come un bambino che aveva appena ricevuto delle caramelle.

- L’energia che questa cosa produce è quasi esagerata…

- Quindi se ti metto una lampadina nel culo si accende?! – lo stuzzicò Drake, vedendolo tentennare.

- Drake, giuro che… - sibilò il giovane con cattiveria, mezzo imbarazzato.

- Sono lieto che la simbiosi sia completa, Aren. – disse Simon, facendo il suo ingresso nella sala e troncando sul nascere l’ennesimo botta e risposta fra i due soldati. – Quanto manca per il completamento degli altri due, Niklas- chiese poi al professore, volgendo verso di lui il suo sguardo gelido.

- Kinetic e Phoenix sono sul punto di essere completati, devo ancora ultimare la codifica per l’output e per lo stadio iniziale della simbiosi, ma dovrei essere in grado di ultimare il tutto in settimana.

- Non mi deludi mai, Niklas. – si complimentò poi, voltandosi verso i suoi soldati. – Per quanto riguarda noi, dopodomani rapiremo Aiden Steinberg. Come vi ho già informato, la moglie e il figlio minore arriveranno alle quattro e mezza del pomeriggio, all’aeroporto principale di Queen City. Aren, tu ti occuperai di trattenere Roy, sei l’unico in grado di combattere alla pari con lui; Drake, assieme ad alcuni elementi del Progetto Legion tu ti occuperai di attaccare l’aeroporto, non importa chi uccidi, l’obbiettivo è attirare le forze dell’Asset lontano da me e catturare il bambino; Diana, tu mi coprirai nel rapimento di Aiden, appena lo avremo catturato ti recherai a dare supporto a Drake per la ritirata.

- Cosa farai una volta che lo avremo fra le mani, capo? – chiese Drake incuriosito.

- Lo costringerò ad aiutarmi nella codifica dell’Infecta definitivo: il nostro caro Gunnarson avrà accesso a tutto ciò che gli manca per ultimare la sua creazione. Suo figlio sarà la garanzia per la sua collaborazione.

- Come pensi di tenere occupato l’Asset, nel frattempo? – chiese Aren, chiudendo l’ultimo bottone della camicia.

- Utilizzeremo il Progetto Legion: attaccheremo scuole, ospedali, centri commerciali, luoghi affollati. Dobbiamo prima creare il caos per portare il mondo alla quiete di cui ha bisogno.

- Non ci siamo già presi le vite di abbastanza innocenti?! – chiese seccato il ragazzo, muovendo un passo verso il comandante dell’Ægis.

- Un numero insignificante, rispetto alle vite che illumineremo col nostro futuro. – l’uomo non traspariva alcuna emozione.

- Tutto questo non è necessario! – gridò il castano, tirando un pugno al muro, frantumandolo.

Simon si avvicinò al ragazzo, senza essere minimamente intimorito dal potere che ora scorreva nelle sue vene. Il suo sguardo era disarmante, glaciale, affilato. Si fermò a pochi centimetri da lui, senza distaccare le pupille quasi bianche da quelle azzurre del ragazzo. – Tutto quello che faccio fa parte di un disegno, Aren, un disegno che ormai sta per realizzarsi. Sono io che decido cosa è necessario. Sono io che decido come muovere le pedine sulla scacchiera. Sono io colui che porterà il fardello di questa impresa. – Aren era finito inconsciamente con le spalle al muro, indietreggiando come per istinto mentre l’uomo parlava. – Non c’è nulla che tu possa fare per quelle persone. Obbedirai ai miei ordini, Aren, intesi? – disse poi, afferrando il mento del ragazzo.
Il giovane si sentì come messo in ginocchio dalla voce di Simon, paralizzato da un terrore quasi naturale, strinse i denti e distolse lo sguardo, sentendo la rabbia ribollire nelle vene.
 
Drake e Diana distolsero a loro volta lo sguardo dal loro capo, come per istinto, sentendosi oppressi dalla stessa imponente forza di quelle parole. L’unico che manteneva il sorriso era Niklas, ammaliato dalla potenza oratoria di Simon.
“Sei sul punto di crollare, ragazzo. Non manca molto al momento in cui deciderai di ribellarti a lui, ma quanto resisterai ancora?” pensò lo scienziato, divorando il ragazzo con uno sguardo folle ed eccitato.
 
- Roy Steinberg possiede un potere da non sottovalutare, preparati al meglio per lo scontro: non ti è permesso perdere. – disse Simon infine, gelido e diretto, come un dardo ghiacciato che colpì il ragazzo dritto al petto, voltandogli poi le spalle e uscendo dal laboratorio.
Aren crollò a terra, in ginocchio, ansimante per la tensione. Venne subito raggiunto da Diana e Drake, che si sedettero accanto a lui, cercando di calmarlo.
 
 
Queen City, base operativa dell’Anonymous Asset, laboratorio di Aiden e Roy, la mattina dopo.
 
- Cosa…?! – Aiden sperava vivamente di aver frainteso le parole del Generale Klein, dovendosi sedere per placare il nervoso.

- Ha sentito bene, Professore, una delle pattuglie è stata assaltata: Collins e altri sei uomini hanno perso la vita. – disse Axel, non riuscendo ad alzare lo sguardo dalla rabbia.

- È stato l’Ægis, vero? – la voce del professore tremava.

- Sì… e c’è qualcosa di ancora più grave che devo rivelarle… - la tensione aveva pervaso il corpo del biondo, facendolo pendere dalle labbra del generale. – Le autopsie hanno evidenziato in cinque dei cadaveri la morte per voltaggio estremo.

- Li hanno fulminati?!

- Sì, ma non è il fatto che siano stati fulminati che mi preoccupa…

- E cosa allora?! – sbottò Aiden, perdendo involontariamente il controllo. – P-Perdonami, Axel… la tensione mi sta ammazzando… - si scusò subito, chinando il capo.

- Non si preoccupi, Professore, la capisco.

- Dicevi?

- La speculazione fatta sui parametri pre-mortem ha indicato un voltaggio di settecento milioni di Volt, che è stato applicato per un tempo totale di tre secondi e settantatré…

- S-Settecento… m-milioni… Cristo, è più del doppio del voltaggio di un fulmine… come hanno… - Aiden si bloccò all’istante, sentendo la sua più grande paura venire a galla. – Axel… stiamo pensando alla stessa cosa, vero? – guardò poi il generale, con lo sguardo colmo di terrore.

- Il Void, sì… Solo il Void può generare una potenza simile…

- Hanno messo le mani sul Void… come cazzo è potuto succedere?!

- L’Ægis ha messo le mani su cosa?! – gridò esterrefatto Roy, bloccandosi all’ingresso del laboratorio.
 
Aiden e Axel spiegarono tutto l’accaduto al ragazzo, vedendolo sedersi a terra, impallidendo improvvisamente. Aiden corse subito vicino a lui, chinandosi e posandogli una mano sulla spalla.
 
- Calmati, Roy…

- Una scarica elettrica… come hanno fatto a manipolare l’energia in quella forma? – ignorò il biondo le parole del padre.

- Huh? – l’uomo guardò il ragazzo confuso.

- Possiedo il Void da più di due anni, ormai, e sono riuscito ad avere il controllo totale dell’energia nella sua forma cinetica, riuscendo anche a manipolare in qualche modo l’energia in forma di calore… ma non sono ancora mai riuscito a generare una scarica elettrica… allora come hanno fatto?

- Non ne ho idea, Roy… il campione che hai nel corpo è l’unico che ho trovato in quel meteorite, sono sicuro non ce ne fossero altri…

- Devono averlo copiato allora… ma come?

- Niklas Gunnarson. – disse Hurricane, entrando nel laboratorio accompagnato da Blaze, e porgendo un fascicolo ad Aiden. – È grazie a lui se sono riusciti a riprodurlo. – continuò, mettendosi di fianco ad Axel.

- Lo stesso dietro a quegli zombie… - disse Blaze, porgendo una mano a Roy e aiutandolo ad alzarsi, venendo poi abbracciato da quest’ultimo.

- È da un botto che non ci vediamo… come te la passi, Blaze? – cercò di distrarsi un secondo il biondo, perdendosi nelle pupille castane dell’amico.

- Beh, sicuramente meglio di te… guardati, sembri uno scienziato pazzo. – lo rimproverò poi, tirandogli un pugnetto sulla spalla, strappandogli una risata.

- Cosa c’è in quei fascicoli? – chiese Roy a Hurricane.

-Dati riguardanti un progetto chiamato “Infecta”, e alcuni di questi dati combaciano con dei tuoi parametri biochimici e neurologici di due anni fa. – spiegò il ragazzo dai capelli azzurri.

- Come li avete trovati?! – chiese sconvolto Aiden, sfogliando sempre più rapidamente i fascicoli.

- Abbiamo hackerato un database di uno degli hotspots, riuscendo a ricavare solo questi dati, prima di venir tracciati e respinti. – spiegò Blaze.

- Gunnarson… ovviamente… - disse Aiden, con lo sguardo perso nel vuoto. – L’unica persona in grado di fare una cosa del genere…

- Lo conosce, Professore?! – chiese Axel stupito.

- Sì, ho partecipato in passato ad alcune sue conferenze. Era molto giovane, ma aveva una delle menti più contorte e al contempo più geniali di tutta la comunità scientifica… Ha vinto un Nobel per aver decifrato totalmente il funzionamento del sistema nervoso, permettendo alla medicina di svilupparsi in una nuova direzione… - raccontò il biondo, sedendosi alla sua scrivania e posando i fascicoli. - Non posso credere che si sia alleato con l’Ægis. – sospirò poi, accendendo il computer.

- Cosa facciamo adesso? – chiese Axel, attendendo una risposta dal professore.

- Mia moglie e mio figlio arrivano domani, quindi le cose si complicano ulteriormente, come se non ci fossero già abbastanza problemi, cazzo! – il biondo sbatté un pugno sulla scrivania.

- Penso che dovremmo dirlo a mamma… - disse Roy, guardando il padre negli occhi.

- Lo faremo, ma non domani… vorrei potermi godere un giorno con la mia famiglia al completo, senza che questi bastardi dell’Ægis si intromettano! – disse, accedendo al suo profilo. – Axel, Hurricane, voglio che cerchiate di hackerare nuovamente tutti gli hotspots rilevati dai sistemi V-SAT, utilizzate ogni mezzo possibile: voglio i dati di quel progetto.

- Sissignore! – risposero all’unisono i due soldati, nonostante non fossero abituati a ricevere un ordine dal professore.

- Blaze, rimani con Roy ed Ethel, ho bisogno che possiate stare al sicuro, soprattutto ora che quelli dell’Ægis si sono svegliati.

- Tu che farai papà? – chiese Roy.

- Io cercherò di elaborare ciò che abbiamo, e non abbandonerò questa cazzo di postazione finché non avrò qualcosa di concreto fra le mani.

- Va bene… è ora che io vada ad allenarmi, che poi mi tocca tornare sui libri… - si congedò il biondo, facendo per uscire dalla porta.

- Vengo con te. – lo seguì Blaze, sorridendo. – Anche io devo allenarmi.

- Felter, segui la scheda alla lettera. Intesi? – ordinò Axel al ragazzo.

- Signore, sissignore! – rispose lui, facendo il saluto militare.
 
I due giovani lasciarono il laboratorio, dirigendosi verso la palestra del complesso.

- Mi fa così strano vederti con quella divisa…

- A volte anche a me fa strano, ma alla fine è la strada che ho scelto... e cazzo se non me ne sono pentito! Il Generale Klein è riuscito ad addestrarmi in soli due anni, ora sono capace di fare cose che prima sognavo nei miei sogni più infantili…

- Pff… - Roy trattenne una risata.

- Che c’è? Non tutti hanno i superpoteri come te… lasciami ammirare le mie capacità da essere umano! – si lamentò il castano, saltellando per scaldarsi. – Piuttosto, Ethel come sta? – chiese poi, tornando improvvisamente serio.

- Sta bene, oggi aveva l’ultimo test del concorso… speriamo l’abbiano presa. Da quant’è che non torni a casa, Blaze? – chiese il biondo.

- Da troppo… lavorare per l’Asset mi porta via praticamente tutto il mio tempo, dopotutto. – rispose Blaze, massaggiandosi il collo.

- Ethel sarà felice di rivederti, stasera.

- Mi toccherà di nuovo assistere alle vostre sdolcinatezze disgustanti da coppietta… 

- Mi mancava il terzo incomodo, se devo essere sincero…

- Chiudi la bocca, haha! – gli triò un pugno sulla spalla.

- Ahia… hahaha! – i due ragazzi scoppiarono a ridere, genuinamente, dopo tanto tempo che non si vedevano, nonostante l’atmosfera tutt’altro che allegra.




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