La
detonazione della pistola echeggia, lugubre.
Corro,
angosciato. Ne sono sicuro, è accaduto qualcosa di terribile a
mio fratello Rinaldo.
No,
non può abbattersi l'ennesima, dolorosa sciagura sulla
famiglia Maldonado.
Nostro
padre, con tutti suoi crimini, si sta avviando verso una strada senza
ritorno.
Presto,
la realtà si tinge di colori sanguinari e conferma i miei
timori.
Marcella
stringe a sé il corpo privo di vita di mio fratello in un
abbraccio palpitante d'amore disperato.
Quasi
mi sembra di vedere il dolore distorcere il suo viso e le lacrime
bagnare il suo viso.
Mi
blocco, quasi incapace di respirare. Mi sembra che il peso del mondo
sia caduto sulle mie spalle.
Per
un istante, le mie gambe tremano, ma riesco a non crollare.
Poi,
un senso di irrealtà si fa strada in me. Mi sembra di essere
prigioniero in una bolla.
Soffoco
in questa cappa di silenzio, ma non riesco a liberarmi.
So
che Isabella è dietro di me, ma, se mi parlasse, non la
riconoscerei.
Le
mie gambe, tuttavia, non si fermano e proseguono il loro cammino.
Presto,
giungo da te, fratello mio.
La
vista del tuo corpo inerte, straziato da proiettili e rosso di
sangue, mi riporta all'ineluttabile e mi strazia l'anima.
Tu
sei morto e, ora, giaci tra le braccia di Marcella.
E
Brigida, sopraffatta dal dolore materno, stringe il tuo capo contro
il suo seno.
Le
guardo, gli occhi già velati di lacrime. Loro, per quanto
disperate, sono innocenti.
Non
hanno gravi mancanze verso di te e, nei limiti delle loro
possibilità, hanno cercato di aiutarti.
Su
di me, invece, cade il peso della colpa.
Io
e Rinaldo siamo cresciuti insieme, anche se le nostre madri erano
diverse.
Io,
in quanto fratello maggiore, avrei dovuto impedirgli di percorrere la
strada della violenza.
Invece,
mi sono lasciato catturare dai lacci del mio egoismo.
Mi
lascio cadere a terra e sfioro il tuo braccio, fratello mio.
Mi
giunge al naso l'odore del tuo sangue e, a stento, trattengo un
conato di nausea.
Perché?
Perché non mi sono accorto prima della realtà della
nostra famiglia?
Sfioro
il tuo petto, immobile e dilaniato dai proiettili, e sento su di me
l'umido calore del tuo sangue.
– Rinaldo...
Come è potuto accadere... Non avrei voluto che succedesse...
Ho cercato di impedirlo, ma, come vedi, non sono arrivato in tempo...
Tu non puoi negarlo, ho sempre fatto di tutto perché non
accadesse... – sussurro.
Cerco
di scusarmi per i miei errori, ma non riesco.
In
queste parole sconnesse è racchiuso il mio senso di colpa,
fratello mio.
Vorrei
dirti tante cose, ma non ci riesco e maledico il mio carattere
silenzioso e taciturno.
Mi
sembra di avere le labbra piene di colla e le parole non dette
rimbombano nella mia mente.
Rimorsi
e rimpianti opprimono il mio petto e mi impediscono di respirare.
Come
ho potuto essere così stupido?
Il
mio cuore, ormai ridotto a pezzi, cade nell'abisso del silenzio.
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