I nemici amati

di Marilu2003lulu
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Friedrich, quella sera, nel mentre che percorreva i corridoi del suo alloggio poco e male illuminati, come al solito, d'altronde, era consapevole del fatto che qualcosa non andasse come sarebbe dovuta andare. La tensione era percepibile nell'aria, ed era talmente tanto accentuata che la si sarebbe potuta tagliare con la lama di un coltello. Le voci tendevano a diffondersi molto velocemente in quel plotone, e, a meno che non si volesse volutamente rimanere all'oscuro di determinati accadimenti, non li si poteva ignorare nemmeno se lo si fosse voluto. Ad esempio, era circolata anche fin troppo in fretta la notizia che un asso dell'aviazione militare tedesca, un tale Friedrich Janssen, si fosse trasferito in quella località assieme al fratello più piccolo, allontanandosi dal suo stabilimento principale per motivazioni ancora sconosciute. Nonostante sapesse che le reali ragioni non sarebbero rimaste ignote a lungo, Friedrich preferì non pensare al carico di tensione che avrebbe accumulato quando tutti si sarebbero resi conto che il suo specifico obiettivo, vale a dire ciò che lo aveva realmente condotto in quel luogo, era cercare di eliminare il soldato inglese che ogni singolo giorno tirava giù come minimo cinque o sei velivoli tedeschi, provocando uno scompiglio ed uno spavento tali da aver causato quasi un'ammutinamento generale.

Lui e suo fratello erano arrivati la mattina precedente, e non si poteva asserire che fossero stati accolti calorosamente. I più li avevano scrutati con fare indagatorio e sospettoso, come se non si fidassero e, intimamente, provassero una sensazione di timore, ma non si erano assolutamente azzardati a rivolgere loro la parola. Li avevano palesemente ignorati, continuando però a tenerli sott'occhio. Non che fossero stati poi costantemente in giro, tutt'altro. Non avevano lasciato la camera di frequente e, quando lo avevano fatto, si erano premurati di ritornare il prima possibile. Friedrich aveva sperimentato in quell'occasione più nervosismo ed apprensione di quanto non gli fosse mai accaduto precedentemente. Era stato agitato alla partenza, all'arrivo e quella stessa mattina, in cui si era innalzato in volo con la speranza, mista ad una buona dose di terrore, di incontrare l'aereo di quell'inglese. Ma, non sapeva se per merito di una grande fortuna o, al contrario, per mezzo della malasorte, non era stato in grado di intercettarlo e la giornata si era conclusa senza aver intravisto neanche la più misera e pallida ombra di un Hawker Hurricane. Alla fine era atterrato senza averlo nemmeno scorto in lontananza, magari per sbaglio, e tale evento non sapeva se giudicarlo fortuito o meno. Di certo, si sentiva molto più rilassato al pensiero che non vi fosse stato ancora uno scontro diretto, anche se non sapeva per quanto avrebbe potuto evitarlo ma, contemporaneamente, percepiva la necessità impellente di chiudere rapidamente la questione, facendo fuori l'inglese, e potendo in questo modo ottenere una licenza per lui e per il fratello che gli avrebbe consentito, almeno per qualche tempo, di allontanarsi da quella situazione, portando Stefan al riparo, nell'ipotesi di trovare poi un qualche pretesto fattibile con cui avrebbe potuto dislocarsi dall'impegno di riprendere le armi e non fare più rientro. Ma tale circostanza appariva assolutamente remota e lontana; prima avrebbe dovuto assolvere alla mansione, e Friedrich era perfettamente consapevole che non sarebbe stato semplice. Il giovane rifletté sull'immensa difficoltà che aveva comportato il dover rivelare a Stefan la reale motivazione che li aveva condotti sin lì. All'inizio aveva provato a tergiversare, raccontando diversi dettagli veritieri ma, allo stesso tempo, omettendone altri fondamentali; poi aveva cercato più volte di cambiare versione, in modo che non trapelasse l'effettiva pericolosità che si celava dietro una parvenza di informalità, ma, successivamente, giunto al limite a causa delle insistenti richieste del fratello, che gli aveva intimato di parlare chiaro e smettere di tacere i particolari scomodi, aveva ammesso che, in effetti, la situazione era molto più complessa di quanto non apparisse in realtà. Gli aveva confessato che Schulz era stato costretto a reclutarlo per abbattere un velivolo inglese in quanto l'unico presente all'interno del circondario del campo che possedeva i requisiti necessari per tentare un'impresa simile; non aveva fatto omissioni relativamente alla rischiosità del piano e non aveva neanche taciuto che fosse molto preoccupato. Per lui, per il fratello, non tanto per la sua persona. Non gli importava, o, meglio, gli interessava molto poco ciò che sarebbe capitato a lui rispetto a quel che sarebbe occorso a Stefan, nell'eventualità che la missione fosse fallita. Stefan era rimasto in silenzio per qualche minuto, non sapeva letteralmente cosa dire, aveva il cuore affranto al pensiero di ciò che avrebbe rischiato il fratello e una rabbia cieca gli si stava insediando nella mente, in quanto non sopportava la sua situazione di immobilismo e di staticità, ma comprendeva, allo stesso tempo, perfettamente che, nel caso in cui gli fosse stata concessa l'autorizzazione per poter prestare soccorso, qualora i piloti tedeschi si fossero trovati in pericolo, avrebbe apportato molti più problemi di quanti ne sarebbe stato in grado di risolvere. La sua preparazione era assolutamente carente, non comprendeva tutti i meccanismi dell'aeromobile e non era capace di effettuare manovre aeree particolarmente complesse. Come avrebbe potuto confrontarsi con un asso dell'aviazione? Con una macchina da guerra esperta di tutto ciò che era concernente il volo? Non era incosciente sino a quei livelli; ma non poteva nemmeno permettere che il fratello si sacrificasse in quel modo per lui. Perché Stefan era totalmente conscio del fatto che la colpevolezza fosse da attribuire interamente alla sua persona. Alla fine non aveva potuto ribattere circa la confessione di Friedrich perché i due erano stati interrotti dall'ingresso, nella loro stanza, di un altro commilitone, un ragazzo dalla pelle bianchissima e piena di lentiggini, che aveva chiesto a Friedrich di recarsi con lui nell'ufficio del capitano, in quanto Schulz era desideroso di parlargli.

E nel mentre che percorreva i corridoi e saliva, contemporaneamente, anche un'infinità di scale per rientrare al proprio alloggio, aspirando esclusivamente a buttarsi sul proprio letto, addormentandosi istantaneamente se gli era concesso, Friedrich ripercorreva nella propria mente il colloquio tenutosi con Schulz e ciò che gli aveva rivelato il comandante. Ricordava di essere stato accolto in maniera molto cordiale da un uomo che si trovava all'interno dello studio, il quale gli aveva pregato di attendere all'ingresso, spiegandogli che il capitano sarebbe tornato a momenti. Friedrich si era, di conseguenza, seduto su una sedia ed aveva aspettato pazientemente il suo turno. Schulz si era effettivamente palesato poco tempo dopo, con l'immancabile sigaro stretto tra le labbra, ed un'espressione che celava palese eccitazione. Lo aveva salutato distrattamente, e lo aveva, letteralmente, spinto all'interno della piccola stanza.

Friedrich si domandò a cosa fosse dovuta quella frenesia mista ad una buona dose di esaltazione, ma non aveva ricevuto risposta in quanto Schulz era estremamente concentrato nel compilare alcune carte, mentre ne consultava altre, e non lo degnava di uno sguardo. Friedrich, in evidente imbarazzo, tentò di provocare del leggero rumore per attirare la sua attenzione, ma Schulz continuava, imperterrito, a fissare quei fogli e non sembrava preoccupato del fatto che Friedrich non sapesse la motivazione per la quale fosse stato convocato o cosa dovesse concretamente fare.

<< Mi perdoni, capitano, io..ecco, a dire il vero..potrei sapere la ragione per la quale ha voluto che mi presentassi qui? >>

Schulz fu come folgorato da quelle poche parole. Si colpì la testa più volte con il palmo della mano, per poi rivolgergli un'occhiata sconsolata.

<< Janssen, maledizione, mi perdoni, ero talmente tanto assorto nella consultazione di quelle cartacce che non mi sono nemmeno reso conto del fatto che stesse attendendo..la prego di scusarmi. >>

<< Non si preoccupi. E' successo qualcosa di grave, per caso? Ho forse commesso qualche errore? Forse..mio fratello ha dato problemi? >>

<< Non dica sciocchezze, Friedrich, suo fratello se n'è stato buono l'intera mattinata, a quanto ne so non è nemmeno uscito dalla vostra stanza. No, non è questo il motivo per il quale ho voluto che lei venisse qui. Ho il piacere, o forse la disgrazia, non me ne dolga, di informarla che siamo a conoscenza dell'identità della persona che ogni giorno, transitando per i cieli della Manica, porta via con sé le esistenze di non meno di cinque o sei nocchieri tedeschi. Ecco, dia uno sguardo a questo fascicolo. >>

Schulz gli porse una dispensa di poche pagine che il giovane afferrò prontamente. Iniziò a sfogliarla con garbo, e per poco non sentì esplodergli il cuore nel petto quando si rese conto di ciò che era contenuto in essa. La prima pagina elencava una serie di dati anagrafici, e, sottolineato più volte, campeggiava un nome, Edward Jones. Edward Jones, nato il 13 luglio 1916 nella contea dell'Hampshire, cadetto della Royal Air Force, l'aviazione militare britannica, promosso l'anno precedente tenente colonnello. A fianco era allegata una fotografia che ritraeva il suddetto soldato.

Friedrich avvertì uno strano senso di malessere nel mentre che la osservava. Ritraeva un ragazzo che poteva avere la sua età quando era stata scattata, dai capelli ramati, gli occhi scuri e l'aria sognante. Sorrideva, ed il suo volto era solcato da lentiggini, non particolarmente evidenti, ma pur sempre visibili ad un occhio attento. Aveva le labbra carnose e nessun accenno di barba. Sembrava più piccolo di quanto, effettivamente, non era, e Friedrich sperimentò un'ondata di ripugnanza verso sé stesso quando si rese conto di pensare che quell'inglese fosse piacevole da guardare e, in un certo senso, non poteva negarlo, anche avvenente. I lineamenti erano delicati, oltre che armonici nell'insieme, e l'intera figura presentava una fisionomia talmente bella ed equilibrata che Friedrich dovette distogliere lo sguardo per non arrossire violentemente alla vista di quell'immagine. Sentiva che il proprio battito cardiaco aveva preso ad accelerare brutalmente, cercò di respirare profondamente per calmarsi e, contemporaneamente, pregò con tutto sé stesso che Schulz non si fosse reso conto di nulla. Non avrebbe saputo spiegargli cosa gli era preso, perché non ne era a conoscenza nemmeno lui. Sapeva, però, che l'aspetto del giovane britannico lo aveva turbato eccezionalmente, facendogli imporporare completamente le guance e provocandogli un fremito tale da averlo, letteralmente, costretto ad allontanare quel plico di carta il più in fretta possibile da sé.

<< Friedrich? Che le prende? Si è addormentato, per caso? Sta osservando quell'istantanea da un quarto d'ora, come minimo. >>

Friedrich per poco non si prese a schiaffi da solo. Cosa diavolo gli era preso? Davvero una semplice foto ritraente uno spocchioso inglese aveva avuto la capacità di catturare sino a quei livelli la sua attenzione, facendogli dimenticare di sana pianta ogni cosa che lo circondava in quel momento? Era, per caso, impazzito? Aveva forse dimenticato chi erano coloro che ogni mattina combatteva? A quale nazione appartenevano? Che cosa rappresentavano per la sua patria?

<< Friedrich, mi sente? >>

Friedrich sollevò gli occhi e li puntò in quelli del suo comandante. Si impose di recuperare la solennità e l'imparzialità di qualche attimo prima, e gli restituì velocemente il fascicolo.

<< Presumo sia interessato a sapere come siamo giunti in possesso di determinati accertamenti..beh, i nostri servizi segreti non sono del tutto arrugginiti, a quanto pare, nonostante le mie considerazioni passate, non propriamente favorevoli, lo ammetto, alla strutturazione del sistema operativo. Ci abbiamo impiegato un bel po' di tempo, non lo nego, ed è stato anche parecchio faticoso non farsi scoprire e mantenere l'anonimato..ma ne è valsa la pena, direi, no? >>

Friedrich sentì il proprio stomaco accartocciarsi nel constatare la freddezza con la quale Schulz discorreva, piacevolmente, di quell'argomento, come se gli stesse raccontando cosa avrebbe mangiato la sera a cena e non dell'eventualità di assassinare crudelmente una persona che non gli aveva fatto assolutamente nulla, ma si intimò di trattenersi e di mantenere un apparente contegno.

<< E'..E' lui l'inglese che devo abbattere? >> mormorò con voce strozzata ed infarcita di apprensione.

<< Naturalmente. Altrimenti, per quale altra ragione le avrei mostrato la sua fotografia ed il dossier contenente i dati che lo riguardano? Non che questo possa, a dire il vero, contribuire più di tanto alla buona riuscita dell'impresa, ma ho pensato che, magari, venendo a conoscenza di quante più informazioni possibili..non so, forse si potrebbe venire a creare un'interconnessione reciproca, che le permetterebbe poi, in seguito, di prevalere su di lui. Ha notato la pagina seguente la fotografia? E' un rapporto estremamente dettagliato inerenti le sue prestazioni a livello aeronautico. Ci sono indicazioni relative alle manovre che effettua più di frequente, e tutto ciò che è concernente la sua abilità nel volo. Ho vouto mostrarglielo anche per questa motivazione. Ho ritenuto di fondamentale importanza che entrasse in possesso di taluni dati, per cercare di approntare una strategia vincente e riuscire, in questo modo, a sconfiggerlo. >>

Friedrich percepì il sudore scaturirgli in ogni angolo del corpo. Sentiva la necessità di alzarsi e camminare per tentare di tranquillizzarsi. Gli veniva da vomitare e la puzza concentrata in quello spazio angusto contribuiva esclusivamente a farlo sentire peggio. Non aveva notato i fogli seguenti; in realtà, e lo nauseava ammetterlo, non aveva dato importanza a nulla, se non al volto di quell'inglese.

<< Friedrich? Per l'amor del cielo, si sente bene? Mi sta facendo preoccupare..è impallidito tutto d'un tratto. Cos'ha? >>

<< Io..ecco, suppongo di aver bisogno di riposarmi. Solo quello. La stanchezza mi attanaglia e..devo dormire. >>

Schulz lo fissò torvo e aggrottò gli occhi in un'espressione incerta, come se non fosse del tutto convinto di quella spiegazione. Ma Friedrich non aveva voglia di essere chiaro in quello specifico frangente. Voleva solo allontanarsi da quell'edificio il prima possibile. Non salutò neppure nella maniera consona ad un sottoufficiale; spalancò semplicemente la porta e fuggì via, richiudendola con un tonfo assordante.

Stefan detestava scrivere lettere; specialmente quelle da indirizzare in Germania, alla propria abitazione. Sapeva che sarebbero state lette dal padre e quel dettaglio non poteva che infastidirlo. Avrebbe preferito destinarle esclusivamente alla madre, ma, d'altra parte, era perfettamente consapevole che i due vivevano assieme, motivo per il quale, presto o tardi, il genitore sarebbe venuto a conoscenza del contenuto della missiva. Nonostante fosse da tutti ritenuto una personalità vivace ed entusiasta, a differenza del fratello maggiore, che era, invece, silenzioso e taciturno, sapeva di non essere in grado di esprimere le proprie emozioni in maniera sana. Non riusciva a manifestare il proprio affetto nei confronti di una persona tramite delle parole rivolte essenzialmente alla carta, al contrario, lui aveva bisogno di vedere, sentire, toccare con le proprie mani. Necessitava di un contatto diretto, di poter abbracciare e rivolgere lo sguardo negli occhi di una specifica persona, non sapeva, letteralmente, cosa farsene di un banale plico di fogli, gli mancava l'ispirazione e non aveva assolutamente nulla da raccontare. Trattare della missione che era stata affidata a Friedrich non avrebbe avuto alcun senso; sarebbe bastata la sua semplice menzione per procurare al padre indicibili tormenti, oltre che un infinito rimpianto per non essere stato in grado di proteggere il figlio, impedendogli di partire. Per quanto riguardava lui, non combattendo e non svolgendo nemmeno funzioni che prevedessero, ad esempio, l'approvvigionamento di viveri o la diretta distribuzione di beni necessari al sostentamento basilare di ogni singolo commilitone, non aveva, minimamente, la cognizione di cosa avrebbe dovuto parlare.

Alla fine, spazientito, aveva gettato la penna per terra, ripiegando la missiva senza porvi particolare attenzione, distrattamente, e si era alzato dirigendosi verso la finestra. All'esterno sembrava tutto relativamente tranquillo, tirava un leggero venticello e si potevano intravedere, scrutando in lontananza, alcuni pallidi raggi di sole che indugiavano sulla superficie della campagna. Stefan chiuse per un secondo gli occhi ed immaginò, per quanto glielo permettesse quella situazione, di essere lontano, di trovarsi in un luogo completamente differente, magari in villeggiatura, in montagna, in un bosco accanto ad un ruscello; di percepire esclusivamente il cinguettio delle rondini e la brezza scompigliargli i capelli, e di non dover fare i conti, ogni nuova mattina, con l'arrivo di notizie inerenti combattimenti e distruzioni di aerei, le morti di giovani piloti ai quali si era, inevitabilmente, legato e a cui aveva voluto bene, con la sofferenza intrisa nelle stesse mura del dover essere costretti a perdurare in quello stato, non potendo fare rientro alle proprie case, dalle famiglie che attendevano, trepidanti, la fine di quel maledetto conflitto, della necessità impellente di non andarsene all'altro mondo prima che tutto fosse terminato, dell'imposizione a rimanere sempre vigili e attenti, non potendosi concedere mai un momento di svago, un giorno di libertà, uguali a quelli che aveva costantemente vissuto prima che arrivasse qualcuno a trascinarli lì. Si chiese se vi fosse un senso in tutto quello che stavano vivendo in quel periodo; se l'ideologia del partito e la promessa di risollevare il paese dalle umiliazioni subite nel corso del precedente conflitto davvero potessero giustificare quegli avvenimenti. Si domandò se ciò che si apprestava a fare Friedrich fosse moralmente corretto, non che fosse in pena o si preoccupasse per la sorte di quell'inglese, intendiamoci, semplicemente percepiva la presenza, intima e nascosta, della sua coscienza, che lo invitava a riflettere adeguatamente su quella questione, non lasciandosi trasportare dall'irruenza di sentimenti azzardati ed esclusivi.

Fissò per qualche altro secondo il proprio riflesso nel vetro trasparente della finestra, per poi girarsi di scatto, spaventato, quando sentì Friedrich aprire violentemente la porta precipitandosi, quasi correndo, nel bel mezzo della stanza. Il fratello lo guardò quasi come se non lo riconoscesse, e Stefan credette che, effettivamente, in quello specifico frangente egli non fosse del tutto in grado di comprendere chi o cosa gli si trovasse di fronte, in quanto la sua vista appariva, in qualche modo, appannata; l'espressione era turbata, forse addirittura sconvolta, respirava a fatica ed aveva il viso incredibilmente pallido e sudato. Sembrava sul punto di svenire da un momento all'altro, e, constatò Stefan osservandolo con maggiore riguardo, non ci mancasse poi molto. Si staccò allora dal davanzale in maniera quasi automatica, e gli corse incontro, afferrandolo per le spalle con l'intenzione di impedirgli di crollare a terra. Friedrich si afflosciò dolcemente fra le sue braccia, aggrappandosi alla sua persona sconsolato ed avvilito. Stefan lo sorresse con tutta la forza di cui disponeva, non credeva fosse talmente pesante, e lo condusse, infine, alla sponda della sua brandina, dove lo fece stendere delicatamente. Friedrich si poggiò una mano sulla fronte, coprendosi qualche istante gli occhi, per poi girarsi stancamente sull'altro versante. 

<< Cosa ti è successo, per l'amor del cielo? Un giorno di questi mi dovranno ricoverare d'urgenza per tutta la quantità di panico che mi procuri! Mi stai ascoltando, dannazione? Cosa ha potuto provocarti un simile sconvolgimento? Non penso di averti mai visto in uno stato del genere, davvero. >>

Friedrich fece, di risposta, un sorriso triste, e non gli rispose.

<< Lasciami in pace, Stefan. Non ho voglia di parlare con nessuno. Nemmeno con te. Per favore, rispetta la mia decisione e non assillarmi ulteriormente. >>

<< Ma io..>>

<< Basta! Ho detto di smetterla! Cos'è che non capisci? >>

Stefan per poco non sentì le lacrime sgorgargli dalle palpebre ed incominciare a scendere sul viso. Assunse un'aria di imparziale contegno, come se non gli importasse effettivamente di quel che stava accadendo, e non stesse morendo dalla voglia di conoscere le motivazioni che avevano indotto suo fratello ad urlargli contro in quel modo, ma, nonostante ciò, si allontanò dal letto in maniera calma e pacata. Si intimò di trattenersi e di non palesare nulla di cosa stesse realmente pensando. Se Friedrich si era comportato con lui in quella maniera, doveva esserci naturalmente una ragione. Forse era venuto a conoscenza di cose spiacevoli. Magari era stato rimproverato in modo inclemente, e forse non l'aveva accettato con remissione. Teoricamente, poteva essere avvenuto di tutto. Il fatto che mostrasse un atteggiamento eccessivamente refrattario e riluttante, non faceva altro che sottolineare la natura intimista della situazione. Probabilmente si sarebbe confidato quando avrebbe ritenuto il momento adeguatamente propizio. Considerò che non fosse opportuno forzarlo, inducendolo necessariamente a parlare. Era preferibile aspettare.

Friedrich si rivoltò un'ulteriore volta su sé stesso e gli chiese, con voce sommessa, di spegnere la luce. Stefan si sdraiò placidamente sul suo letto e lo accontentò, mitigando la fonte di calore ad un semplice bagliore che illuminava, a malapena, metà della loro camera, lasciando Friedrich e tutto ciò che gli ronzava nella mente in un'oscurità perenne. Rivolse un ultimo sguardo in direzione della finestra, per poi chiudere gli occhi e addormentarsi quasi all'istante.

Nel bel mezzo della nottata, mentre l'intero circondario del campo era avvolto in un silenzio perpetuo ed ininterrotto, e fuori il vento ululava mellifluamente, con delle folate dolci e soave, Friedrich continuava a rigirarsi sul letto senza riuscire a trovare una posizione adeguata, che gli consentisse di riposarsi in maniera ristoratrice per l'indomani. Un pensiero assillante gli balenava nella mente, e il tormento che gli procurava bastava a tenerlo in uno stato di agitazione quasi intermittente. Non poteva fare a meno di rincrociare lo sguardo di quel dannato inglese, e, ogni singola volta che chiudeva gli occhi, i suoi lineamenti e quella sua espressione, così impenetrabile e, allo stesso tempo, maledettamente seducente, ripiombava nei suoi pensieri, facendogli accapponare la pelle ed inducendolo a porsi un'infinità di domande che, ne era perfettamente conscio, non potevano avere risposta. Stava, forse, mettendo in dubbio il suo intero operato, svolto con dedizione ed enorme criterio, sino a quel momento? Incominciava a manifestare, per caso, del rimorso? E per cosa? Gli dispiaceva, magari, pensare all'eventualità di riuscire ad abbatterlo? Ma come poteva fare delle congetture di quella portata, se non lo conosceva nemmeno? Se non aveva mai sentito la sua voce? Se non era stato in grado di imbattersi, in nessuna occasione, nel suo sguardo? Se non aveva mai sentito il peso dei suoi occhi scrutarlo? Posarsi su di lui? Osservarlo? Ma, allora, perché percepiva un costante aumento del battito cardiaco quando la sua figura ristagnava, nuovamente, nella sua immaginazione? Per quale ragione sentiva le guance imporporarsi e il respiro accelerare brutalmente? Stava impazzendo? Non c'era da escluderlo. In un ambiente, e, ancor più, in un clima dettato da una disperazione vaga e senza alcuna forma definita, dove accadeva che i soldati scoppiassero a piangere all'improvviso, e non vi era nessuna certezza relativa al domani, lui si metteva a fantasticare su un perfetto sconosciuto, facendo pensieri impuri e assolutamente riprovevoli.

Friedrich ordinò alla sua coscienza di tacitare qualunque forma di gentilezza, fossero essi pensieri, o vere e proprie elucubrazioni mentali, nei confronti di quello sciagurato inglese. Il suo incarico era, semplicemente, abbatterlo. Senza sperimentare rimorso, rincrescimento, senso di colpa. E l'avrebbe portato a termine ad ogni costo.

 

 





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