L'homRick
qui aimait les femMorty
«Era
decisamente impossibile provare del piacere senza far soffrire
qualcuno»
Parte
I
Morty
guarda l'orario riportato sul suo computer: sono le dieci di sera di
sabato, ed è nel suo appartamento a terminare il saggio di
antropologia generale che avrebbe dovuto consegnare venerdì.
Si
lascia andare a un lungo sospiro, rimpiangendo per la millesima volta
in quell'ora le sue scelte di vita. Cosa lo ha spinto a studiare
Scienze del Servizio Sociale? Ride amaramente a sé stesso,
perché
ne sa abbastanza di psicologia generale per capire che il suo
è un
fastidioso trascinarsi dietro la sua sindrome da crocerossina; vede
qualcuno con un problema che gli ricorda il proprio e proietta,
proietta all'impazzata. Ha l'insaziabile bisogno di dover salvare le
persone da qualcosa dove a nessuno è mai importato
abbastanza da
salvare lui: è questo il motivo che ha fatto sì
che condannasse se
stesso nel voler diventare assistente sociale. Si stropiccia gli
occhi, sentendosi un relitto, le lettere sullo schermo che appaiono
incorporee, ancorate in qualche universo metafisico che gli
farà
venire solo un gigantesco mal di testa.
È
ora di cena, ha gli avanzi della pizza di ieri sera che lo aspettano
nel frigo, pronti ad essere riscaldati. Mangia davanti la TV, la
riproduzione di The Office appena arrivata alla quarta stagione, e si
gode il tempo con se stesso. In casa sua non c’è
nessun altro
rumore, tranne il suo masticare, e tra il mobilio in stile moderno,
dove spiccano solo il bianco e il legno chiaro, e lo spruzzo di
colore delle varie piante, non c’è da sorprendersi
che Summer,
l’unica volta in cui è andata a trovarlo, lo abbia
definito
asettico. Ma a Morty piace così: pulito, ordinato,
minimalista.
Senza quel maledetto caos che ha insudiciato la sua vita per anni, ma
con le sue piante, perché è come se fosse
fisiologicamente portato
a prendersi cura di ogni essere vivente. Per lui esistono due
famiglie: la propria, quella dei legami di sangue, e quella del
mondo, dove tutti son fratelli, ma molto spesso se ne scordano.
La
California la sera è bellissima, e si ritrova ad asciugare i
piatti
con aria sospirante alla vista del cielo illuminato di stelle dalla
finestra della cucina. Riconosce le costellazioni, i pianeti
visibili, come Venere, ricordi della sua prima adolescenza si
scaldano all'attraente immagine dell'infinito — di una vita
che
sembra essere durata cento anni e per sempre, di una spensieratezza
che non ha mai tenuto conto che ogni cosa, dopotutto, è
precaria.
Niente è davvero eterno. Niente dura cento anni e per
sempre, le
promesse sono solo aria che esce dalla bocca.
Sente
la nostalgia della sua famiglia, perché il Michigan
è molto
lontano. Non sente per fortuna la nostalgia degli amici,
perché non
ne ha mai avuti. C'è stato Rick, però, questo lo
deve ammettere, ma
tutto è cambiato quando…
Un
tonfo proveniente da infondo la strada fa scattare le orecchie di
Morty, come un cane che sente il suono di un fischio, perché
è così
familiare e inaspettato che quasi non salta un battito del suo
giovane cuore, e non parte a sbavare, da brava cavia comportamentista
quale potrebbe benissimo essere.
Quando
si parla del diavolo…
Morty
fa spallucce e continua a pulire le stoviglie, imperturbato dai
rumori che sente provenire dall'ingresso. Se non sapesse di chi si
tratta, penserebbe che qualcuno stia cercando di scassinare la porta
di casa.
«È
aperto!», grida al suo visitatore. Morty sente poi i passi
per il
corridoio e canticchia contento, non ha bisogno di saluti o altro per
capire chi è.
«Ma
guardati, chiuso in casa di sabato sera, che sorpresa», Rick
commenta spocchioso, appena entrato in cucina. Morty appoggia un
piatto sul lavabo e si gira verso suo nonno. Non risponde, ma Rick
non ha finito: «Ancora nessun amico, eh?».
«Non
fingere che ti importi», Morty decide di chiudere l'argomento
in
fretta. Rick sa che ha toccato un nervo scoperto, sogghigna ma non
aggiunge altro. Morty invece sì, lui sì che ha
altro da aggiungere.
«Tu, piuttosto, come facevi a sapere che ero a
casa?».
Rick
si stringe nelle spalle. «Te l'ho detto, sei prevedibile,
Morty»,
appoggia il bacino al tavolo e incrocia le braccia, strafottente.
«E
ho controllato la tua agenda. Sai, dovresti cambiare password. Hai la
stessa da otto anni».
Morty
non riesce a trovare nulla per smentirlo, metterlo in una situazione
in cui sia in errore. Rick sbaglia sempre, Rick non sbaglia mai.
Usare
la ripetizione del nome di Jessica per tre volte non è mai
stata una
genialata, tutto sommato. Rispecchia però quella parte di
sé che lo
rende incapace a lasciarsi le cose alle spalle (lo avrà
preso da
qualcuno in famiglia, pensa, ma non ci dà tanto adito), come
una
parte impetuosa di lui venga sempre investita dalle passioni, e non
riesce a scagionarsene, finché qualcos'altro non attira il
centro
delle sue attenzioni. E Morty è pigro come la maggior parte
delle
persone, per questo non pensa che cambiare password sia così
urgente
— è uguale a tutti, non è unico,
né speciale. Rick gliel'ha
insegnato molto bene, ripetendoglielo per anni.
Eppure
credeva di essere diverso, almeno per qualcuno, quando…
Morty
non si lascia terminare il pensiero, si impedisce di trovare una
scappatoia tra i ricordi, che pronuncia subito: «Che ci fai
qui?».
La sua voce sembra estranea alle proprie orecchie, perché la
sua
mente è ancora persa in un ricordo che per ore, giorni, mesi
non ha
fatto altro che risucchiare ogni briciolo della sua sanità
mentale,
come lo abbia ingabbiato in interrogativi come "e se?", "e
ma?", "è sempre stato così?", "oppure
è
cambiato qualcosa?".
«La
sparaporte», Rick risponde schietto. Si riferisce a quella
che gli
ha regalato prima di partire con i corvi, e poi è ritornato,
perché
Rick non sa stare da solo.
Non
è una visita di cortesia, mai stata, e Rick non ci tiene a
mascherare le sue intenzioni. Eppure Morty fino a cinque secondi
prima ci avrebbe creduto, che fosse solo una scusa stupida per
vederlo, ma a Rick questo genere di cerimonie non sono mai piaciute,
ed è vero che non si è fatto sentire da tempo.
Non gli interessa di
lui. Morty invece non l'ha mai chiamato perché è
stanco di dare
attenzioni a chi non se le merita, di diventare approvvigionamento
per i narcisisti patologici. E lui per anni è stato lo snack
preferito di Rick, da mangiare appena gli stuzzicava un po'
l'appetito di rovinare vite, per questo Morty ha amato ogni singola
briciola del potere che si illudeva di avere ogni volta che resisteva
alla tentazione di chiamarlo e chiedergli come stesse, di
raccontargli la sua giornata. Si è sempre sentito solo,
però,
perché senza Rick nella sua vita, chi c'era a criticarlo
costantemente? Morty ha costruito la sua identità su
ciò che non è
— intelligente, carismatico, affascinante. Ma
cos'è, in realtà?
China lo sguardo, le nere ciglia si fondono con i pozzi scuri nei
suoi occhi, e ripensa che non ha fatto altro che ignorare Rick da
quando si sono detti un arrivederci che ha sempre avuto il sapore
agrodolce di una bugia, da quando…
La
voce di Rick rioccupa spazio nel campo sonoro, e Morty gli è
quasi
grato, perché così è costretto a non
pensare. «Devo controllare
alcune coordinate, delle-delle coordinate molto importanti, Morty.
Non-non capiresti».
Il
moro annuisce placidamente. «È in camera
mia». Non fa altre
domande, tanto è come ha detto Rick, no? Non potrebbe mai
capire, è
fin troppo stupido per farlo. Alza gli occhi al cielo all'ipocrisia
di suo nonno, perché nulla conta davvero, tranne tutto
ciò che
riguarda quell'ego smisurato che si ritrova, e ogni cosa diventa
subito questione di Stato.
Si
dirige verso la propria stanza, sentendo incanalare in ogni suo
muscolo tutta la sua spossatezza. Antropologia non è tra le
materie
che gli riescono meglio, e Rick sta risucchiando ogni altra energia
che gli è rimasta. Morty sente dei passi dietro di
sé; il vecchio
lo sta seguendo, senza invito.
Ma
Rick non ha mai bisogno di chiedere permesso, vive sempre e solo
secondo le proprie regole, le proprie condizioni, che in
realtà
regole non sono mai, ma solo un edonistico e cieco seguire le proprie
pulsioni. Rick fa ciò che vuole, perché non gli
importa di niente —
delle buone maniere —, o di nessuno — di Morty.
Rick è una
pericolosa mina vagante che può decidere di distruggere,
corrompere,
schiavizzare intere galassie, soltanto perché gli va. La
ragionevole
paura di Morty nel venire costretto ad abbracciare la morte si
è
scontrata un miliardo e più di volte con la certezza che,
nonostante
tutto, Rick lo avrebbe sempre salvato. È questo che gli ha
reso Rick
così bello.
Sono stati i rari momenti di genuino affetto a rendere Morty incapace
di dirgli davvero addio, perché prima che una navicella
spaziale si
schiantasse sopra casa sua, non ha mai avuto la possibilità
di
capire come ci si sentisse ad essere amati, amati per davvero,
così
tanto che qualcuno fosse capace di rischiare la propria vita per lui
— anche solo per un secondo.
Alla
fine è stato Rick a tagliare i rapporti, e forse
è meglio così.
Almeno
fino ad adesso.
La
fitta agenda di Morty sembra non aver lasciato completamente
indifferente Rick, che gongola dentro di sé, leccandosi le
labbra
alla prospettiva di poter punzecchiare il caro nipote. Non
può
esimersi, dal dargli fastidio. E perché privarsi di qualcosa
che
garantisce ottimi risultati con minimi sforzi? Facile, veloce per
giunta, rendere le gote e le punte delle orecchie del moro di un
profondo vinaccia. Basta davvero poco, come un "Hai ripreso a
fare corsi di cucina esotica, eh, nonna papera? Non riesci a fare a
meno di ricchi bianchi che interpretano male conoscenze orientali che
hanno a che fare con loro come il mio buco del culo ha a che fare con
il cesso di casa tua?" o un "Studio dalle tre alle sette?
Vuoi davvero buttare la tua vita per rimanere chiuso in un ufficio
squallido dove nessuno ti rispetterà mai? Sei proprio la
copia di
tuo padre. Chissà come fate a sostenere la vostra vita
patetica.
S-sei coraggioso Morty, devo ammetterlo, nessuno andrebbe mai
così
fiero di una merdata simile".
Morty
rimane in silenzio ad ascoltare, perché non ha mai voglia di
litigare, di
passare del tempo con Rick,
finché non sbuffa e il suo viso inizia a colorarsi.
Sánchez no, non
può proprio trattenere una risata canzonatoria. Ben
gli sta.
Morty
è davvero infastidito. «S-sei un
tormento!».
«Sì
sì, è bello vedere pure te, testa di
cazzo».
È
bello vedere pure te.
Morty
non riesce a concentrarsi su altro e ama come la consistenza delle
cose intorno a lui per un secondo cambi, come sia bello fluttuare
nella voce di una persona che non sente da tempo. Sarebbe ancora
più
bello poter avere un contatto, confondersi in un abbraccio, ma con
Rick le parole bastano e avanzano, saranno l'unica carezza che mai
gli arriverà, e Morty si stringe al petto, ma arriccia le
labbra.
È
il primo sorriso che si scambiano da mesi,
una complicità di pensiero che è
sembrata
persa, forse solo e addirittura immaginata, perché è
passato troppo tempo, e il moro ha
sprecato troppe ore a chiedersi cosa sia
stato davvero vero, sincero, con Rick. È sempre
un'incognita. Morty
vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni
volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà
mai più brutte
sorprese, non
si farà più del male, perché ha
già prevenuto la pugnalata alle
spalle.
Rick
è davvero complicato da decifrare e Morty si sente al
confronto
troppo facile, da leggere e manovrare. Forse è per questo
che suo
nonno ha sempre fatto scacco matto nella sua vita. Forse è
per
questo che di Rick non se ne riesce a fare a meno, e di Morty non si
sente mai l'assenza. Rick è capace di stregare le persone
con la sua
divina presenza e il carisma spudorato, Morty rimane indietro e non
parla davvero, come la comparsa in un film, senza lasciare nessun
segno.
Al
moro di certo non sarebbe dispiaciuto qualche messaggio da parte suo
nonno, una notifica improvvisa e inopportuna, qualche testo
indecifrabile scritto da ubriaco.
Smettono
di sorridere, perché si sono ricordati che si vogliono bene,
ma
purtroppo l'amore non sempre basta per far funzionare un rapporto.
«Ho
letto il tuo saggio sulla devianza nelle varie culture,
sai?»,
incomincia Rick, cambia argomento, e Morty si chiede dove abbia
trovato il tempo per farlo. «Il tema è
cosi-così b-banale,
davvero, e devi-dovresti farti una bella ripassata di genetica prima
di avventurarti in argomenti che non conosci. Non distingui nemmeno
fenotipo e genotipo, e ci riuscirebbe anche un neonato».
«Sei
ubriaco?», chiede. È un'accusa, un "stai zitto,
stai solo
delirando".
«Non
lo sono da cinque mesi».
Summer
e i suoi genitori glielo hanno raccontato, che per chissà
quale
intervento divino Rick ha deciso di smettere con l'alcol, e Morty ha
riso. Forte, sguaiato, come se non riuscisse a credere alle proprie
orecchie. L'universo ha raccontato la battuta più bella mai
sentita,
e Morty non ha potuto che agire di conseguenza, divertito — irato,
perché per anni si è dovuto subire il lato
peggiore di suo nonno, e
ora chissà chi si starà godendo gli aspetti
più genuini e meno
violenti di Rick.
L'universo
è proprio una grande testa di cazzo, e Morty vorrebbe
spalancare le
fauci e scoppiare in un ghigno canzonatorio, bastardo, perché
Rick Sánchez non è e non potrà mai
essere una persona sana,
ma dentro di sé non ne trova l'energia. È solo
infastidito. Non
sopporta più Rick, non vede l'ora che se ne vada.
Il
cervello di Morty mastica ancora le sue parole, quei "cinque
mesi" che proprio non gli vanno giù, come carne stopposa in
bocca; un insulto ben assestato, colpo preciso in pieno petto,
perché
cinque mesi è la stessa quantità di tempo da
quando è successo…
Morty
si accorge di essere davanti alla porta della sua stanza quando per
poco non ci va a sbattere. Fra un brevissimo lasso di tempo Rick se
ne andrà, e decide così di lanciargli uno sguardo
cupo, un invito a
sbrigarsi a prendere quella maledetta sparaporte e partire!
C'è
della luce nelle sue orbite nere, fiamme impetuose che se solo
potessero salterebbero addosso a Rick per dargli fuoco. Lo scienziato
non è per nulla terrorizzato, tantomeno colpito. Nessun
sentimento
domina il suo volto ceruleo, niente tradisce la sua maschera di
indifferenza, e Morty comincia a pensare che forse sotto sotto non
è
più una una misera facciata. Se perfino da sobrio
è inespugnabile,
allora Morty ha un significato ben preciso nella sua mente: nulla.
Non gli importa niente se il moro è arrabbiato o triste a
causa sua,
perché tanto Morty non rientra nemmeno nella scala dei suoi
interessi. Non occupa neanche il posto più infimo fra le sue
priorità. Il moro allontana lo sguardo, perché
continuare a
guardare Rick negli occhi lo ridurrà in lacrime. Lo odia
così
tanto, suo nonno, perché nonostante tutti gli sforzi,
c'è sempre
qualcosa che rende Morty debole, fa sgorgare acqua dai rubinetti
irrequieti nei suoi occhi, rende molli le ginocchia, trucida il suo
cuore. È quello sguardo gelido nei suoi occhi cristallini?
Quelle
labbra così sottili e rigide? Portano il peccato, portano
mille
insulti, armi bombardiere contro la povera anima del più
giovane. Il
fatto che sembri ancora così alto e possente, in confronto a
lui? O
che Rick sia semplicemente uomo,
un concentrato di virilità che vive nell'odore di colonia
sui suoi
vestiti, nei piccoli manierismi che rendono Lui semplicemente Lui, le
mani in tasca e lo sguardo apparentemente distratto.
Morty
fa un grosso respiro e spera che Dio, ma chiunque altro
andrà bene
lo stesso, abbia pietà di lui. Apre la maniglia della porta,
e in
quanto ad impetuosità Rick è quello che ne ha da
vendere: per poco
non spintona via Morty, precipitandosi dentro la camera da letto del
giovane adulto. Individua la sparaporte su una mensola e si accinge a
prenderla. Morty si siede sul proprio letto, senza proferir parola,
perché più che un padrone di casa sta iniziando a
sentirsi come il
commesso di un Costco. Poco dopo anche Rick si siede sul letto, si
rilassa e beatamente inizia a farsi i fatti suoi, come se il posto
fosse di sua proprietà. Morty ogni tanto si è
chiesto quale fosse
l'identità dell'anonimo donatore che caritatevolmente gli ha
pagato
la retta per l’università privata e alloggio, ma
preferisce non
soffermarsi troppo sulla questione, e il suo sguardo indugia su suo
nonno.
Rick
domina. È questo a renderlo affascinante a milioni di donne
e non
solo. Non importa quale azione stia compiendo, dove si trovi,
perché
anche nel gesto più ridicolo, nel luogo più
angusto, Rick ha il
potere. E ogni pianeta non è poi diverso l'uno dall'altro,
vige la
stessa regola ovunque: esiste chi domina, esiste chi subisce.
Ma
Morty è veramente stanco.
Sembra
una legge dell'universo impossibile da cambiare: il moro non
è
destinato ad avere grandi amici o amori se non…
«Rick?»,
incomincia, ma non sa dove andare a parare veramente, quindi opta per
la soluzione più banale. «Quali coordinate devi
guardare?».
Rick
brontola. «Cazzo, Morty, ti ho detto
che…».
«Voglio
saperlo lo stesso», il moro si impunta.
«Perché sei a casa mia, a
quest'ora, e io dovrei dormire —».
«Dormire?
Dormire?!».
«Sì!».
«Cristo,
Morty, tu a quest'ora dovresti essere in qualche locale a divertirti,
magari a incontrare qualche bella ragazza, o ragazzo, come cazzo ti
pare, e—».
«Non
mi piace…».
«Stronzate».
«Davvero».
«Non
prendermi per il culo».
«Sono
serio!», Morty si sorprende a gridare, ma con Rick
è inevitabile
arrabbiarsi. «Sono stanco di sentirmi dire come dovrei vivere
la mia
vita! Vorrei non sentire queste voci nella testa, ma tu da sempre non
hai fatto altro che dirmi "Morty devi" e "Morty non
devi" e io sono stanco, stanco,
delle tue stronzate, di come tu voglia comandare la mia vita! Sono
anni che mi fai sentire sbagliato, e per cosa, poi? Cosa ci hai
guadagnato?».
Rick
è visibilmente teso.
«Morty…», lo chiama, e ironia della
sorte è
anche il motivo per cui non ha fatto altro che sminuire suo nipote
per anni e anni.
Umiliare
una persona di continuo, toglierla di ogni fiducia in se stesso,
farle credere che non è nulla senza di lui. Sono stati
questi gli
ingredienti magici che hanno trasformato da tempo Morty nel docile
cagnolino che è sempre stato, e il moro questo lo sa bene,
lo ha
imparato sulla propria pelle, bastoni e pietre incorporei di materia
ma tangibili nel suono, che hanno scalfito i brandelli di
ciò che è
adesso. Un giovane adulto a metà, perché non ha
ancora capito
veramente chi è.
Morty
si lascia andare a un «Ti odio, Rick Sánchez. Ti
odio con tutto me
stesso». È liberatorio, ma non privo di una certa
sofferenza. La
sua voce è tremolante, e a malincuore scopre che anche il
suo corpo
è incapace di restare fermo. Non l'ha mai provato, un
sentimento
così. Non è pronto per il rancore — non
sente di avere spazio nel
suo cuore, ma con Rick ogni volta è la stessa storia: vuole
sempre
più di quando Morty possa offrirgli.
«Se
ti dà così fastidio la mia
presenza…», incomincia Rick,
visibilmente punto sul vivo. Una parte di Morty gongola per aver
scalfito quella sua aria sempre così indifferente e
superiore,
l'altra si ritrova persa, nell'avvertimento di un bisogno di qualcuno
che colmi spazio in casa sua, al suo fianco, nella sua vita. Niente
gli è mai stato tanto caro come Rick. Non ha mai provato
così tanto
affetto, se non per Rick. Lo ama e lo odia al tempo stesso, lo
desidera e lo disprezza. Non ha mai compreso Catullo fino a quel
momento. E la Lesbia di Morty è l 'unica persona capace di
regalargli emozioni così forti da penetrargli sottopelle e
prendere
il possesso di tutto ciò che gli rimane della propria
sanità
mentale.
Morty
schiude le labbra, in gola gli nasce l'intento di fermare Rick
e…
blackout.
Le
luci si spengono. Il buio li immerge e sembra che intorno a loro ogni
cosa abbia smesso di respirare. Il silenzio li conquista, lascia
spazio a sospiri, ma ingloba ogni immagine, ogni luce riflettente di
realtà. Il suono dell'orologio, che come un cuore pulsante
segna il
suo battere, cessa di funzionare. Rick e Morty sono prigionieri in un
cadavere di mattoni e ferro. Prigionieri tra loro, di quelle parole
che non si sono ancora detti.
NdA
Hola!
Ho
finito la maturità, ma vivo ancora, quindi rieccomi qua! And
guess
what...non è un aggiornamento di LTSI! Incredibile, no?
Settimana
prossima lo riprenderò, ma adesso sono qui con quella che
doveva
essere una OS, ma è davvero troppo lunga, quindi la sto
spezzando in
più parti.
È
ispirata (prendete con le pinze questa parola) al film
«L'uomo che
amava le donne», del '77 (da cui ho tratto la cit. a inizio
storia),
ma anche l'omonima canzone di Nina Zilli ci ha messo del suo, eh.
Ormai
io fin troppo amante dei topic in cui Rick e Morty combinano qualcosa
ma il lettore deve aspettare gli ultimi capitoli per capire che cosa
diamine sia successo LMAOO.
Ho
provato a fare sempre un'indagine introspettiva sui pensieri di
Morty, ma ci ho aggiunto un pizzico di quelli di Rick, perché
so
che a voi piashe e questo non è da paraculo
(semicit).
Spero
che questa sua versione aged up piaccia, perché è
un po'
particolare con la scelta della carriera, lo stile di vita e gli
sbalzi continui d'umore (ma quelli li ha anche il nostro Morty
quattordicenne, dai! lol)
Protip:
se siete amanti del cinema francese o volete un film che vi mandi
RickMorty vibes, vi consiglio un sacco «L'homme
blessé», dove un
giovane ragazzo solitario si innamora di un criminale, che è
anche
suo aggressore, e tra i due si crea una relazione ossessiva e
contorta. Angst e nichilista, as we like it.
Con
questo è tutto, vado a creare una playlist pure su questa ff
perché
sì, e ricordatevi che su Amazon ma anche nelle librerie
potete
trovare il mio libro “Anche i pesci sanno mentire”
appena
uscito!!
Alla
prossima!
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