Spettro d'azzurro e d'innocenza

di Yami no Yoake
(/viewuser.php?uid=136705)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Spettro d'azzurro e innocenza

 

IMG-20220723-174841-004

Castello di Montebello, 21 giugno 1375

 

Perfino all'interno delle mura del Castello stesso, sono in pochi a sapere dell'esistenza della figlia minore del signore Uguccione. 

La bambina, Adelina, è un'ombra bianca e azzurra contro il buio dei corridoi e delle sale più isolate. 

Sono pochi ad aver mai visto quei colori chiari e innaturali: pelle trasparente, occhi cristallini, ma soprattutto lunghi capelli candidi, di un candore che neppure la tintura più scura può nascondere. Un bianco che sfuma nell'azzurro e che rivela a prima vista il motivo per cui Adelina, figlia del Signore di Montebello, è uno spettro nella sua stessa casa. 

Marchiata dal diavolo, dice la gente. Porterà sventura su di noi, dice la gente. Non dovrebbe vivere, dice la gente. 

La gente è crudele, ma non è suo padre. Non è sua madre. 

E il padre e la madre di Adelina hanno deciso che la bambina vivrà, anche se rinchiusa. Non condividerà le loro stanze, né il loro desco. Non giocherà coi fratelli e le sorelle, non accoglierà gli ospiti al loro fianco, non sfilerà per le vie del paese. Ma vivrà. Sarà al sicuro. Non sentirà mai nulla che possa ferirla. È tutto quello che importa. 

È tutto quello che viene detto a Ruggero e Domenico, i due guardiani che hanno il compito di sorvegliarla costantemente. Tenerla al sicuro. Mai nessun commento che possa turbarla. 

Loro obbediscono. Ma sui pensieri neppure il loro Signore ha potere. 

Ruggero è sempre inquieto vicino a quella bambina spettrale nell'aspetto e nei modi. Silenziosa, furtiva, abituata a nascondersi. Che scruta il mondo con quei suoi occhi troppo grandi, troppo chiari, troppo estranei, con quelle ciglia invisibili come le sopracciglia, in quel viso di fantasma e con quei capelli d'un colore fasullo che espone ciò che dovrebbe celare. 

Non condivide i suoi pensieri con Domenico. Troppo rischioso se dovesse scoprire che non li condivide. 

Ma non li trattiene, neppure quel pomeriggio d'estate, mentre fuori infuria la tempesta e i tuoni rimbombano fra le pietre, riempiendo il silenzio in cui Adelina e i suoi guardiani devono vivere. 

La bambina corre lungo i corridoi, all'inseguimento della sua palla. Per una volta, il suo mondo si espande fuori dalle sue camere: il Signore suo padre è lontano, in guerra, e quasi tutti alla Rocca lo hanno seguito.

Non c'è nessuno che possa vederla, ricordarla. 

La bambina continua a correre, lancia la palla lontana, sempre più lontana. E poi giù, lungo le scale che portano alla ghiacciaia, la botola lasciata incautamente aperta. La bambina, senza fiato, si sporge appena, esita, non sa se seguire il giocattolo in quel buio freddo e sconosciuto. 

Ruggero in seguito non saprà mai dire cos'è davvero successo. La sua mano sulla schiena della bambina, quello sì. Per trattenerla. Lei era inciampata, giusto? Stava scivolando. Lui non l'ha spinta. Non l'ha spinta, giusto? Non è per quello che ricorda la sua mano sulla schiena della bambina, giusto? 

Adelina, la bambina si chiama Adelina. La figlia minore di Uguccione di Montebello. 

Ruggero non ricorda la spinta, ma ricorda il suo urlo sorpreso, il corpicino immobile in fondo alle scale, Domenico accordo dietro di lui, pallido come la bambina che prima era viva e ora era morta. La paura, il panico, la confusione. Il terrore. La decisione repentina, il corpo nascosto in fretta e furia e quella storia assurda, inverosimile, ripetuta all'infinito e creduta per miracolo o disperazione. 

Adelina che si allontana dalle sue guardie. Adelina che corre giù nella ghiacciaia. Adelina che urla. Adelina che non c'è più, scomparsa nel nulla con la sua palla. 

La storia viene creduta ma non cancella la colpa. E la colpa uccide lentamente. Adelina da spettro di carne si fa spettro incorporeo. Ruggero la vede, la sente, nascosta negli angoli con quei suoi occhi grandi ed estranei, innocenti. Continuamente, senza tregua, ogni giorno e ogni notte. Sussurri a mezza voce si diffondono, si parla di una voce che nelle notti d'estate chiama la madre, di un'ombra azzurra contro il buio, del rumore accennato di piccoli passi. 

Pochi sanno di Adelina. Pochi pronunciano il suo nome o ricordano il suo viso. 

E la storia della bambina che era spettro vivo e ora è solo spettro diviene leggenda attraverso i secoli. 

Ma un nome è storia e viene perso con essa. 

E la bambina mai davvero vissuta lo perde per sempre e ne guadagna un altro, duraturo quanto il primo fu effimero. 

Azzurrina. 

 

Note dell'Autrice 

Questa one-shot che segna il mio ritorno alla scrittura (pubblicazione) in età adulta è ispirata a una famosa, per quanto di dubbia origine, leggenda popolare legata al castello di Montebello in Romagna, di cui potete leggere qui:

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Azzurrina

Benché il nome più famoso della protagonista sia Guendalina, sembra che, in origine, il nome fosse Adelina. Ho preferito il secondo perché il primo non ha effettivamente usi documentati in epoca medievale. 

Ovviamente, essendo una leggenda, non è possibile fornire prove di una sua storicità, anche se Uguccione di Montebello è realmente esistito ed era davvero in guerra in quel periodo. Non si sa nulla di eventuali figli. Anche la ghiacciaia in cui Adelina sarebbe scomparsa esiste davvero ed è visitabile.  

Malgrado ciò, ho scelto la categoria "Storico" piuttosto che "Sovrannaturale" perché il contesto è storico e perché qui, in effetti, non compare mai nessun vero fantasma. 

Dopo queste precisazioni, non mi resta che augurarmi che la storia vi sia piaciuta e che recensioni sono sempre gradite ma assolutamente volontarie. 

Yami no Yoake 

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4028262