La cittadina

di Jasmine54
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Il professor Nardini e sua moglie erano rientrati da poco dalla loro vacanza a Molveno, sulle Dolomiti. Avevano percorso chilometri e chilometri a piedi, respirando aria pulita e fresca. Ora la moglie, però, voleva andare al mare.

“Ascolta, Giovanna, siamo appena rientrati dalla montagna: svuotiamo le valigie, laviamo tutto e poi, con calma, penseremo a dove andare,” disse rassegnato il professore alla moglie.

Lei, stranamente, acconsentì senza ribattere.

Le ultime settimane di luglio e, soprattutto, le prime di agosto, erano diventate le più calde dell’estate. Quell’anno in particolare si vedevano meno persone e meno biciclette in giro.

Tante famiglie con figli avevano già raggiunto le spiagge di varie località di mare. Altri erano andati ai laghi di Garda, Maggiore, d’Iseo. Altri ancora avevano optato per le località montane sulle Dolomiti, nelle valli bergamasche o in Valtellina.

I meno fortunati erano rimasti a casa, potendo comunque spostarsi in bicicletta lungo le spiagge del Po o lungo i canali che costeggiavano la cittadina. All’ombra dei pioppi, dei salici bianchi e delle felci acquatiche, si riposavano dopo l’esposizione allo spietato sole estivo. Negli zaini, di solito, non mancavano acqua, creme solari, abbronzanti e qualche frutto, mentre le stuoie venivano stese sulla sabbia o sull’erba, a lato del fiume o del canale. I cappelli, a larghe falde, riparavano testa e occhi, mentre i tafani, ronzanti, lasciavano il proprio segno sulla pelle dei meno attenti e dei più insonnoliti dal sole.

La tranquillità estiva e la libertà che questa sempre trasmette erano intervallate da richieste di pioggia, che tutti facevano, scrutando il cielo: “Quando arriverà un bel temporale?”

 

Ecco che a metà agosto, quando stavano rientrando quasi tutti dalle vacanze, il temporale arrivò violento, abbattendosi con forza e decisione sulla cittadina accaldata.

Sara e la sua amica del cuore, Ilaria, avevano trascorso le vacanze insieme al mare, sulla costa romagnola. I genitori di Sara avevano insistito, spinti dalla figlia, affinché Ilaria andasse con loro.

Agnese, la madre, un po’ imbarazzata ma contenta dell’invito, le aveva concesso il permesso.

L’affiatamento delle ragazze era iniziato già dal primo giorno di scuola, alle primarie.

Sara era mora con gli occhi scuri, Ilaria invece era bionda con gli occhi verdi.

Tanta confidenza c’era stata tra loro, tanti segreti si erano raccontate e ora, come sorelle, crescevano fiduciose insieme.

Intanto, gli ‘intellettuali’ della cittadina, - così amavano definirsi e farsi chiamare - iniziavano a tornare dalle loro vacanze all’insegna della cultura, accaldati e stanchi. Mai e poi mai avrebbero ammesso che il loro girovagare per le città italiane delle belle arti in piena estate fosse stata una tortura. Sorridevano serafici a chi li interrogava, chiedendo loro cosa avessero visitato di nuovo. Finalmente a casa, buttavano le valigie impolverate e i borsoni a terra e, sfiniti, si lasciavano cadere sui loro morbidi divani.

A settembre, quando l’aria più frizzante si sarebbe di nuovo sparsa per la pianura, allora sì, avrebbero raccontato con enfasi le proprie scoperte artistiche, aggiungendo sempre qualcosa di personale, che non guasta mai.

 

L’altra categoria di vacanzieri estivi cittadini era quella delle vacanze all’estero, il più lontano possibile. A Kathmandu, al campo base sull’Everest, nei villaggi dei Maori in Nuova Zelanda e chi più ne ha più ne metta, purché ci fosse lontananza tra la loro casa e il mondo esterno. Questi erano soliti definirsi come ‘amanti degli sforzi estremi’, sentendosi, - contenti loro - particolarmente avventurosi.

L’ultima categoria era quella dei vacanzieri veramente “in”, ovvero quelli delle mete di vacanza più costose, ricercate in particolar modo da coloro che sentivano di dare lustro alla cittadina con il proprio lavoro, spesso consistente in costosi studi privati.

Questi amavano trascorrere le proprie vacanze in zone e in alberghi veramente di lusso: le stelle appostate a lato del nome dell’hotel dovevano essere almeno cinque. Si spostavano di solito con macchine lussuose e ben pulite. Spesso i loro figli, seduti sulla parte posteriore della macchina, ben vestiti e con aria annoiata, salutavano i propri amici, sbuffando senza ritegno. Molti di loro invidiavano gli amici e i compagni di scuola che andavano in vacanza con lo zaino e poco altro, liberi e spensierati: ne erano un esempio i figli dell’avvocato Manforte - tanto detestato dal professor Nardini, - del notaio Gerardi e dell’industriale De Misi. Quest’ultimo, con la moglie, avrebbe alloggiato a Cortina nel solito Grand Hotel Savoia, frequentato da anni dalla coppia.

Ah, l’abitudine, cosa costringe a fare…!

Ogni categoria di persone della cittadina viveva le proprie vacanze estive in base a fattori oggettivi. Tutti decidevano di fare qualcosa, anche la minima, sempre che questa si avvicinasse il più possibile alla definizione di ‘vacanza’.

Di vista si conoscevano quasi tutti: almeno una volta si erano incrociati e guardati.

Ognuno aveva un proprio mondo, una cerchia di amici e conoscenti con cui confrontarsi, e con cui condividere opinioni e pensieri.

Tutti però avevano in comune una cosa: la stessa cittadina.





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