Other world

di MIV93
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Capitolo 14

- The Foundation Day festival -




 
La Sakura House era una delle case da tè più famose e rinomate del distretto Est, nonché un po’ il simbolo di ciò che gli abitanti della zona e i suoi frequentatori cercavano: divertimento di classe e gioie per gli occhi. Non era, ovviamente, un luogo losco in cui alla luce del sole si lucrava sui piaceri della carne e gli eccessi di alcolici o stupefacenti, anzi si teneva ad un livello di qualità impeccabile. L’intera Sakura House era in realtà l’insieme di tre bellissime strutture ben distinte costruite con lo stesso stile architettonico, ricordando delle alte pagode sviluppate su più piani. Le varie strutture erano circondate da piccole recinzioni azzurre e da rigogliosi giardini di bonsai e per accedere al complesso era necessario attraversare un ampio corso d’acqua tramite un apposito ed elegante ponte di legno.

Il nome del locale derivava dagli alberi di ciliegio che ad ogni primavera fiorivano, colorando di rosa tutti i dintorni e donando alla casa un alone di innaturale bellezza, così come eterea era la bellezza e l’eleganza delle geishe che, all’interno delle sale del locale, danzavano e cantavano. Rukia, Nel ed Ishida rimasero stupefatti nel vedere gli edifici della casa da tè ma, quando entrarono nel sontuoso ingresso e videro Mr. Sakura, le loro espressioni si incupirono all’istante.

L’uomo stava parlando con due tizi evidentemente poco affidabili, stava passando loro un sacchetto pieno di chissà che cosa e il suo aspetto non era dei migliori: era avvolto in un elegantissimo kimono tutto verde smeraldo con motivi floreali e sulla testa aveva una perfetta acconciatura da geisha esperta… peccato che fosse una parrucca, tenuta storta, che dominava su una testa secca e allungata, con un mento appuntito coperto da una ricrescita evidente di ispida barba nera. L’uomo era la caricatura vivente di un travestito, ai limiti dell’offensivo, con rossetto rosso, trucco pesantissimo e uno sguardo talmente tanto e macchiettisticamente losco da far ridere.

Rukia stava effettivamente per mettersi a ridere a vedere quell’uomo, ma Regina si fece avanti ringhiando: “Sakura, razza di deficiente! Che diavolo stai combinando?!”

I due uomini, vestiti di stracci logori, corsero via col sacchetto tra le mani mentre Setsuna, Kaji e Rei li fissavano. Il capitano del Comando Omicidi sospirò: “Jia Li ha fatto una retata qui solo la settimana scorsa… Mr. Sakura, perché ci devi tenere due pattuglie sempre impegnate per fare da guardia alla casa da tè più rinomata del distretto?”

“Capitano Maboroshi! Vice-capitano Hierrobosque! Abbiate pazienza! Ho solo consegnato delle erbe per un infuso a quei due poveri disgraziati!” disse con voce acuta e mielosa Mr. Sakura, inchinandosi per poi farsi avanti verso gli ospiti appena arrivati.

“Si, certo, erba… e io sono l’Alto Comandante…” sbuffò Rei mentre Setsuna al suo fianco sospirava e si faceva avanti. Quando Mr. Sakura, sistematosi la parrucca e il kimono, la vide, allargò le braccia ossute e dalle mani lunghe ed altrettanto magre: “SETSUNA-CHAN! BENVENUTA MIA CARA!” e l’uomo le corse incontro. Setsuna gli stampò un piede in faccia, paonazza in volto, e ringhiò: “Prendiamo la Sala della Fenice, so che è libera visto che la riservi per i tuoi affarucci dopo la mezzanotte. Oggi è requisita dal Comando Affari Segreti”

Mr Sakura, a terra e con l’impronta rossa del sandalo sul suo volto annuì: “Fi… fhono a fostra difpofizione” borbottò in modo quasi incomprensibile per essersi evidentemente morso la lingua. Setsuna fece cenno agli altri di seguirla e passarono per un lungo corridoio che dava prima ad una grande sale centrale e poi a diverse sale più piccole, tutte super affollate di gente che beveva, mangiava e ammirava, spesso non proprio elegantemente, le agili ballerine che si esibivano nelle sale abbastanza grandi da permetterlo.

Setsuna camminò a passo svelto e condusse tutti al piano superiore fino a varcare la porta scorrevole che dava accesso ad una grande sala con un tavolo circolare capace di accogliere una decina di persone e dominata da statue, vasi e un gigantesco arazzo tutti rappresentanti splendide fenici in volo.

Nei bagliori caldi e accoglienti di quella sala avvolta di rosso e oro degli splenditi tessuti, il gruppo prese posto al tavolo circolare e subito giunsero numerose cameriere a portare loro sakè e tè oltre che piatti infiniti di dolcetti. Molte di quelle ragazze salutarono affettuosamente Setsuna, sorridendole prima di tornare al lavoro.

“Come mai tutti ti salutano, Setsuna-chan?” chiese Nel, sorridendo.

“Conoscevi anche per bene le stanze di questo edificio… lo frequenti spesso?” chiese Rukia, mangiando un dolcetto.

“Oh, Setsuna ha lavorato per un po’ di tempo durante l’accademia! Era davvero molto brava, anche se Mr. Sakura non penso abbia preso mai così tanti calci in faccia come quando ci lavo.. AHIA!” provò a dire Rei, che aveva già scolato due bicchierini di sakè caldo, ma Setsuna gli tirò un orecchio, paonazza in volto.

“Non ci vedo nulla di sbagliato a lavorare qui – disse sommessamente Ishida, bevendo del tè – Certo, il proprietario sembra un criminale ma la struttura è elegante. Ho visto karaoke tenuti molto peggio in centro città…”

“Mr. Sakura è un bastardo, si diverte ad invischiarsi in cose da criminali, ma questa sala da tè fa i dolci migliori del mondo!” disse Regina, mangiando con gusto una pasta secca e ingurgitando una grossa sorsata di tè.

Setsuna sospirò: “È solo per il prestigio della Sakura House che quel viscidone non è in gabbia… è bravo a gestire la casa e non la sporca con la sua robaccia, ma tende ad avvicinarsi a troppi tizi loschi. Questa sala di solito la riserva ad un ex riccone del distretto Nord che ha un certo interesse per le cameriere. Jia Li è intervenuta su segnalazione di una mia vecchia amica di qui…”

“Ma ora – disse Kaji, sorridendo e sorseggiando il sakè caldo – abbiamo tutta la sala per noi, lontani da occhi indiscreti… e possiamo finalmente parlare. Abbiamo un traditore da prendere, o sbaglio, Setsuna?”

Kaji fissò la sua pari grado, gli occhi aperti e sul viso un’espressione di sincero astio. Setsuna ridacchiò e bevve a sua volta un goccio di sakè: “Mi ha sempre incuriosito come la tua maschera cada quando vuoi acciuffare veramente qualcuno, capitano Maboroshi…”

Regina ridacchiò: “Kaji è un grande attore, ma nessuno lavora tanto quanto lui al Comando!”

“Certo, devo ovviare a tutto il macello che combinate voi altri casinisti!” rise Kaji, finendo il primo bicchiere di sakè.

“Ehi! Ci hai reclutati tutti tu! Ci hai scelto, ora stacci!” disse ridendo Regina e Rei rise con lei. Setsuna sorrise ma Ishida si schiarì la voce: “Se possibile, prima di… ehm… ubriacarci e goderci la serata, se preferite… possiamo prima parlare di quanto accaduto questa mattina?”

Nel, accanto a lui, sembrò essere d’accordo con lui, ma aveva le guance così piene di dolcetti che sembrava uno scoiattolo con in bocca un sacchetto bello colmo di ghiande. Setsuna sospirò: “L’Alto Comandante non è per nulla felice dell’idea di avere un traditore tra i ranghi. È furibonda. Mi ha ripetuto più volte di fare qualsiasi cosa… davvero qualsiasi cosa per acciuffarlo…”

“Oh no, l’Alto Comandante è in modalità Guerra Totale… hic!” disse Rei, che al terzo bicchierino di sakè sembrava già sul punto di finire ubriaco.

“Guerra totale?” chiese Regina, incuriosita.

“È come Rei chiama Uminojoo quando è talmente arrabbiata da scendere in campo di persona. Ricordi quando quella banda di rivoltosi hanno assediato un intero quartiere del distretto Sud?”

Kaji rabbrividì e Regina spalancò gli occhi: “Certo che me lo ricordo, stanno ancora dragando via tutta l’acqua che l’Alto Comandante ha scagliato contro quella banda di disadattati!” commentò l’Arrancar.

“Hanno più trovato la gamba dell’unico sopravvissuto?” chiese Rei, un po’ sudato.

“Si, se l’era mangiata un pesce finito sulla tavola di una povera nobildonna del distretto Ovest. Brutto affare…” disse ridacchiando Kaji.

“Yamamoto-sama l’avrebbe sposata, probabilmente…” pensò, stupefatta, Rukia.

“Di preciso – chiese Nel – che cosa intendeva il vostro paurosissimo Comandante con “qualsiasi cosa”?”

Setsuna si fece scura in volto: “Ha proposto di prendere un bambino dei bassifondi e usarlo come esca: far finta che fosse un ferito di qualche operazione della Polizia Interna e vedere se qualcuno nel Distretto Medico avrebbe fatto la mossa…”

Regina guardò prima Setsuna e poi Kaji, che ricambiò lo sguardo; quindi l’arrancar parlò: “Potremmo… ehm… aver già…”

Rukia, Ishida e Nel fissarono Regina che, unendo gli indici con fare imbarazzato, sostenne lo sguardo severo di Setsuna: “Avete fatto cosa?”

Rei arretrò un attimo da Setsuna e si appoggiò con la schiena a Kaji che, con tutta la semplicità del mondo, ammise: “Al Comando Omicidi abbiamo un patto con un gruppo di ragazzini capitanati da una piccola peste di nome Kentaro. Usiamo quei ragazzini come infiltrati nei quartieri poveri e come spie da diversi anni ormai. Potremmo chiedere aiuto a lui, farlo passare per malato e invece fargli fare un bel giro nel comando medico. Entra, osserva ed esce. Magari non gli facciamo aspettare che qualcuno lo rapisca. Meglio lui, che è preparato a queste evenienze, rispetto ad una vittima sacrificale qualsiasi”

Setsuna rimase sorpresa dalla facilità con cui il pari grado le aveva rivelato quel segreto e lo fissò per qualche secondo con la bocca aperta. Rei, ormai paonazzo in volto, fissò i due capitani e Regina: “Quindi… problema risolto?”

“Possiamo contattare Kentaro subito e metterci immediatamente al lavoro. Sa già come muoversi e, ripeto, l’abbiamo addestrato personalmente perché non faccia pazzie e non corra pericoli inutili. Non ho voglia di ammazzare qualcuno per raggiungere i miei obiettivi. Sono un Capitano, non un boia…” disse sempre più a bassa voce Kaji.

“Quei ragazzi ci hanno salvato da lunghissime indagini un sacco di volte! Nessuno sta lì a considerarli… sono orfani e senza una casa… per la gente sono invisibili. Noi diamo una mano a loro e loro ci riferiscono informazioni. Almeno li teniamo fuori dai guai” aggiunse Regina, finendo di bere la tazza di tè.

Setsuna, stupefatta, guardò l’amica: “Non pensavo avreste mai confessato una cosa simile a qualcuno che non appartiene al vostro comando”.

“La situazione è cambiata, penso… io non sono brava con le parole, preferisco prendere a calci i cattivoni ma… insomma! Tutti i nostri mondi sono in pericolo! Sappiamo dov’è il traditore e sappiamo, invece, di chi ci possiamo fidare… e di te ci possiamo fidare, Setsuna!” disse, sorridendo, Regina.

Setsuna si voltò per un secondo verso il capitano Maboroshi e questo, sorprendentemente, le sorrise con sincerità mentre inghiottiva il contenuto del secondo bicchierino di sakè tutto d’un fiato.

Rukia si schiarì la voce: “Non adoro il piano dell’esca, ma da ex ragazzina dei bassifondi non posso che confermare come la gente non si aspetti che qualcuno del genere possa essere una minaccia… se poi questo Kentaro è già addestrato, meglio per lui. Si limiteranno i rischi e saprà meglio cosa cercare”.

“Tanto, anche se dovesse succede qualcosa, abbiamo Grimmjow e il vostro capitano gigante desiderosi di spaccare tutto” aggiunse ridacchiando Nel.

“Noialtri terremo d’occhio la situazione da lontano, da bravi turisti persi per le strade dei Void Territories…” concluse Ishida, bevendo anche lui un po’ di sakè.

Setsuna pensò tra sé e sé cosa fare, fissando per qualche istante il liquido nel suo bicchiere, quindi inspirò e prese a parlare: “Faremo così allora. Domattina faremo scattare questa operazione, lascerò a voi del Comando Omicidi la logistica. Io e Regina andremo dal Comando Scientifico per far riprendere Chunami dal suo delirio tecnologico e vedere se troviamo qualche indizio sul dove trovare la base di Aizen. Una volta avuti tutti i pezzi di questo puzzle decideremo il da farsi… per il momento, direi di continuare a… goderci la ser… REI, SVEGLIATI!” disse all’improvviso Setsuna, assistendo con sconcerto al suo vice quasi svenuto sul tavolo senza neanche le forze per bere il quarto bicchierino di sakè che si era scolato.

Tutti scoppiarono a ridere mentre il vice-capitano si riprendeva di scatto e a quel punto persino Setsuna rise di gusto. Regina le si fece accanto e le offrì un dolcetto mente Kaji, afferrato Rei, recitò una strana formula e gli punto il dito sulla fronte, facendolo prima svenire e poi riprendere, quasi perfettamente sobrio.

“Direi che qui abbiamo finito – disse Setsuna, mangiando un dolcetto – direi che possiamo ricongiungerci con tutti gli altri, appena siete pronti…”

Ishida tossicchiò: “Meglio sbrigarci… saremo fortunati se Zaraki non ha già demolito tutto il quartiere…”

Nel chinò il capo: “O forse lo sta per fare Grimmjow…”

Regina ridacchiò: “E io che mi perdo tutto il divertimento! Beata Akira che è rimasta con loro!”

Setsuna rise: “Non penso che lei la pensi alla stessa maniera tua, poco ma sicuro!” e finì il suo bicchiere di sakè, sentendo un piacevole calore sul volto e il cuore decisamente più leggero.

 
[…]
 

Kenpachi stava inutilmente cercando di estrarre la spada mentre Renji e Ichigo lo trattenevano con tutte le loro forze; di fronte a loro c’era un povero giostraio spaventato che, nel suo chiosco, offriva la possibilità a chi volesse di cercare di abbattere degli obiettivi di latta semoventi, sagomati a forma di hollow, con una fionda e tre proiettili. Due colpi su tre e si aveva diritto ad un peluche omaggio.

Il capitano dell’Undicesima brigata, sprecata la settimana di paga di Akira in una sequela infinita di tentativi, aveva dimostrato, per chissà quale strano capriccio momentaneo, di essere tanto attratto da quella sfida quanto incapace di prendere la mira con una fionda, cosa che, ovviamente, lo aveva portato a voler abbattere quei bersagli alla vecchia maniera: menando fendenti a caso.

“Ken-chan… per favore, fermati!” disse Orihime, tirando Kenpachi per un braccio. Akira era afflitta e col portafoglio sgonfio mentre, al suo fianco, Shinji e Grimmjow se la ridevano beatamente.

“IO DEVO DISTRUGGERE QUEI COSI E PRENDERE IL MIO PREMIO! QUELL’UOMO MI HA SFIDATO!” urlò Kenpachi mentre anche Chad si univa al gruppo di quelli che cercavano di fermarlo.

Akira ringhiò e, con sguardo assassino, si avvicinò al gigantesco capitano e gli disse: “Che premio vorresti?”

Tutti si fermarono un secondo e Kenpachi, incredulo, disse con semplicità: “Uno… un premio! Uno qualsiasi! Voglio mostrare la mia…” ma il capitano non fece in tempo a finire la sua frase: Akira estrasse la spada, tenendola bassa, e disse con un sussurro: “Musabori Kuu, Ookamikarasu…”.

Ci fu un lampo di pura tenebra per un istante e l’immagine di un teschio di corvo comparso sulla spalla della shinigami; quindi, dalla tenebra volarono tre piccoli pugnali di una sostanza nera che si infissero contro tre obiettivi di latta ad una velocità allarmante. Tutto durò meno di un paio di secondi, quindi Akira rinfoderò la zanpakuto e fissò l’uomo addetto a quel gioco: “Potrei avere quell’orsacchiotto rosa con la stella in testa?”.

L’uomo, evidentemente troppo spaventato per dire qualcosa, consegnò l’orsacchiotto rosa alla shinigami che, sorridendo molto inquietantemente, lo consegnò a Kenpachi: “Ecco, tieni il tuo premio, ragazzone. Ora possiamo andare a comprare qualche takoyaki come suggeriva il tuo collega?”

Tutti rimasero sorpresi dall’abilità di Akira e persino Kenpachi, afferrando malamente l’orsetto, sorrise compiaciuto alla ragazza: “Questo mondo… comincia seriamente a piacermi!”

Tutti si rilassarono mentre Akira faceva gesto di seguirli e Kenpachi, in coda al gruppo, si mise quello strano orsetto in spalla, tenendolo per una zampa, e smise di fare quegli strani capricci, all’improvviso. Ichigo e Orihime raggiunsero Akira e il sostituto shinigami le fece i complimenti: “Sei stata brava, non tutti sanno tenere testa a Kenpachi”

“Nel comando Omicidi se non dimostri di meritarti il tuo ruolo, non vai avanti… ho solo applicato quello che ho imparato lavorando con Regina e con il capitano Maboroshi!” disse giuliva Akira, senza alcuna traccia del livore che prima l’aveva pervasa.

“Come hai fatto a capire che voleva quell’orsacchiotto rosa?” chiese Orihime, sorridendo eppure sembrando molto triste.

“Lo stava fissando da un po’ – rispose la vizard, scrollando le spalle – non so come possa trovare quella cosa carina ma non posso giudicare i gusti altrui!”

Orihime guardò Ichigo: “Forse gli ricorda Yachiru-chan?”

Akira non capì a chi si stessero riferendo i due visitatori, ma Ichigo preferì tagliare corto: “L’importante è che si sia calmato, ora pensiamo a rilassarci un po’!”

Il gruppo quindi si avventurò nelle strade affollatissime del distretto est, addobbate con mille lanterne di altrettanti colori, bancherelle sempre più sfarzose e pregne dell’odore di mille leccornie. Quando finalmente giunsero ad un enorme chiosco che vendeva, tra le infinite altre pietanze, anche i Takoyaki, Shinji ne fu così felice da buttarsi a capofitto tra la folla, scavalcando chiunque si frapponesse tra lui e l’oggetto del suo desiderio.

Quando infine tutti furono serviti con mille manicaretti diversi, proseguirono il loro giro per le bancarelle con relativa tranquillità e Akira, sorridendo un po’ di sottecchi, osservò incuriosita il gruppo dei viaggiatori, il loro essere così tremendamente normali e quanto si stessero rilassando nonostante fossero in un mondo non loro e Akira, con ancora un po’ di ansie e paure legate al suo bizzarro viaggio in un mondo ignoto, non poté che invidiarli un po’.

“Non abbiamo avuto molti momenti in cui poterci comportare come persone normali. Sono felice che nonostante tutto questo caos riusciamo a strappare qualche ora di svago” disse Chad, all’improvviso, raggiungendo il fianco di Akira.

La shinigami, un po’ spaventata, gli sorrise: “Tempi duri, eh?”

Chad annuì: “Considerato che abbiamo evitato la fine del mondo solo poche settimane fa… si, sono tempi duri. Ma speriamo si risolvano in fretta” e il ragazzone sorrise cordiale alla shinigami prima di essere attirato dal cinguettio di un parrocchetto chiuso in una gabbia a pochi passi da loro.

“Akira-chaaaaaaan!” si sentì dalla distanza e Akira, voltandosi, vide Regina agitare le braccia da una decina di metri davanti a loro. Il gruppo guidato da Setsuna e che si trascinava un Rei non ancora al top della forma raggiunse quello di Akira con non poca difficoltà a causa del sempre crescente numero di persone che affollavano le strade in festa. Era ormai tarda serata e la gente non aveva altro desiderio se non festeggiare.

“Non ho mai visto così tanta gente affollare le strade… comincio a sentirmi un po’ a disagio persino io…” disse Regina, urlando per sovrastare le voci della folla; alle sue spalle Kaji era così a disagio che sembrava come se qualcuno gli avesse fatto bere il liquido più amaro del mondo; Rei, confuso, barcollava vistosamente mentre Rukia, Ishida e Nel si avvicinavano ai compagni di viaggio.

“E se andassimo alle Onsen? – propose Akira – Lì non c’è mai nessuno quando c’è festa, potremmo riposarci lì!”

“A Rei servirebbe, anche se Kaji ha fatto quel suo trucco non mi sembra troppo in forma…” aggiunse Regina.

Setsuna si guardò attorno: “Qui vicino ci sono il Gabi-n Onsen, possiamo provare lì! Almeno evitiamo di buttarci nella prima bettola che ci capita…”

I nativi dei Void Territories riuscirono a farsi vedere dal resto del gruppo e a condurli, lungo dei viottoli secondari, lontani dalla folla e verso le onsen indicate da Setsuna, per quanto Kenpachi e Grimmjow, come era prevedibile, non sembravano troppo contenti. In verità, Grimmjow stava ancora cercando di capire cosa fosse, precisamente una onsen e Orihime, trascinata poco educatamente per il braccio, era stata la povera vittima della sua strana curiosità, dovendogli ora spiegare cosa fosse un bagno termale.

“Quindi dobbiamo stare tutti nudi nella stessa vasca? E che cazzo significa?! Io non voglio essere visto nudo da voi! Specie dalla capra qui!” ruggì Grimmjow, indicando Nel.

“Cretino, i bagni non sono unisex, gli uomini e le donne lo fanno separati!” sbraitò Ichigo mentre Shinji, osservando di sfuggita Nel per prima e poi tutte le altre donne del gruppo, sospirò uno sconfidato “Purtroppo…”. 

“Io non voglio che mi vedano nudo manco gli altri uomini! Che cazzo significa che devo fare il bagno con altri?!” urlò più forte Grimmjow, scatenando l’ilarità generale. Nonostante le resistenze però, il gruppo arrivò al Gabi-n Onsen, una struttura ben tenuta ed elegante. Alla reception una signora anziana e dal sorriso cordiale diede loro il benvenuto e condusse i due gruppi agli spogliatoi di due vasche diverse. L’Onsen era deserto e quindi le donne furono portate alla vasca più bella del bagno, una grossa vasca di acqua termale affacciata su una piccola cascata ed immersa nel verde, con un bellissimo albero di ciliegio proprio accanto ad essa, il tutto tenuto a riparo da una grossa tettoia in legno; gli uomini furono invece condotti in una vasca più piccola e all’aperto, circondata da piccoli cespugli e con alcune fontane ornamentali raffiguranti carpe.

“Godetevi le acque termali, il loro potere rigenerante e la grande quantità di reishi vi farà sentire come appena nati!” aveva ricordato la signora ai due gruppi prima di lasciarli ai loro bagni. Quando finalmente Setsuna poté immergersi nell’acqua calda, tirò finalmente un sospiro di sollievo e si godette le risate di Regina e Akira che scherzavano tra loro e l’ilarità dell’arrancar dai capelli verdi che, come una bambina, saltava addosso alle compagne di bagno. Da oltre il muro, le urla degli uomini del gruppo erano ben chiare, con le voce di Ichigo, Kenpachi e Grimmjow che sovrastavano tutte le altre, ma in qualche modo questo diede maggiore tranquillità a Setsuna.

Regina si fece accanto a Setsuna e le sorrise: “Ci voleva proprio una serata alle terme… forse non ci ricapiterà di poter riposare per un po’ di tempo, ma almeno saremo al top della forma per quello che verrà!” disse l’arrancar, alzando il pugno.

Setsuna le sorrise di rimando: “Si, per una sera va bene dimenticarsi dei problemi… ce ne occuperemo domani, cariche e riposate come non mai. È la cosa migliore per tutti”.

Quando tutti ebbero finito e si diressero verso i rispettivi alloggi, il pensiero della missione che incombeva su di loro di certo non era sparito, ma la serata di svago aveva tolto loro quella pesante coltre di nervosismo che avrebbe potuto renderli più deboli e vulnerabili. E Setsuna sapeva che una vulnerabilità sarebbe stata fatale mentre, riposati il corpo e la mente dei suoi alleati, il successo si sarebbe fatto molto più vicino e tangibile.

 
[…]
 

Il giorno dopo, rifocillata dal bagno termale, fu più leggero per Setsuna alzarsi dalla branda e puntare vero il nuovo obiettivo: fare visita al Comando Scientifico e trarre qualche informazione in più. Si era data appuntamento con Regina all’ingresso del Comando e, quando giunse lì, trovò l’arrancar di fronte al gigantesco portone di ferro, colmo di strani meccanismi, che sbadigliava rumorosamente.

“Buongiorno, Regina!” disse Setsuna, attiva e in piena forma. Regina la salutò con una mano mentre stava ancora sbadigliando: “’Giorno Setsuna… era proprio necessario fare questo incontro così presto?”

“Il mattino ha l’oro in bocca!” disse, sorridendo, Setsuna.

“Si, ma io stanotte io sono dovuta andare a beccare quel furfante di Kentaro e il maledetto aveva voglia di giocare ad acchiapparella… sono andata a dormire tardissimo…” borbottò stancamente Regina e Setsuna le diede due pacche sulla spalla: “È andato tutto bene? Avete… detto tutto a quel ragazzo?” chiese con cautela la capitana. Regina annuì senza dire nulla, quindi tirò fuori dalla tasca del largo pantalone bianco una trasmittente: “Kaji mi avviserà quando sarà tutto in partenza…”

Setsuna annuì piano: “E allora andiamo a parlare con Chunami, così magari…” ma la capitana non fece in tempo a finire la sua frase che la porta del comando si aprì con numerosi scatti e cigolii, rivelando una Aya evidentemente stanca e sfiduciata: spalle incurvate, occhiaie profonde e un’espressione disperata erano di sicuro la novità più allarmante per una persona sempre calma e compassata come lei.

“Entrate… il capitano vi ha visto dalle telecamere… vuole parlarvi… vi prego… è tutta la notte che continua a parlarne… vi prego… salvatemi…” disse la povera Shinigami, facendo segno alle altre due di seguirle. Il lungo corridoio che conduceva ai laboratori di Chunami era saturo di carte e cartacce oltre che di poveri altri shinigami e arrancar nelle stesse condizioni di Aya. Quando infine arrivarono nel laboratorio, la vivace capitana scienziata digitava cose sull’enorme tastiera collegata all’altrettanto enorme monitor mentre Hideki, il suo vice, dormiva steso sull’enorme tavolo attrezzato al centro della stanza e il compagno robotico S0u7 era rannicchiato su sé stesso, spento e in apparente fase di ricarica.

“S’è scaricato prima il suo robot di lei…” constatò Regina, deglutendo rumorosamente.

Chunami, sentendoli, si voltò verso di loro e sorrise come una bambina di fronte ad una stanza piena di regali: “Setsuna! Regina! Venite, venite pure! Ho trovato un luogo che probabilmente nasconde il covo di quel cattivone di Aizen!”

Setsuna e Regina, sorprese, si avvicinarono alla capitana che, felicissima, indicò vari frammenti di foto estrapolati dagli innumerevoli file, tutti messi a paragone con una singola immagine: “Da quello che riesco a capire, rapportando le immagini allo stato della stessa zona di circa cento anni fa, il punto in cui quell’Aizen Sousuke ha messo le basi del suo nascondiglio dovrebbe essere una vecchia palazzina commerciale nella periferia del Distretto Nord, che da molti decenni è abbandonata… o così pensavamo, a quanto pare!”

Setsuna strinse il pugno e Regina esultò platealmente: “Informeremo subito l’Alto Comandante! Faremo partire una squadra per…” cominciò a dire Setsuna, ma Chunami accanto a loro digitò qualcosa sullo schermo e apparve una grossa mappa dei Void Territories… con una larga zona sotterranea tratteggiata e su cui dominava un grosso punto interrogativo. Tutto attorno disegni di squarci e calcoli complicati di cui nessuno, a parte forse Aya, capiva qualcosa.

“Prima che partiate, dovete vedere questo! Non è magnifico!?” disse tutta eccitata Chunami, fissando le due ospiti che tuttavia non riuscivano dove volesse andare a parare la scienziata.

“Temo di non riuscire a… comprendere a fondo cosa tu intenda per magnifico, Chunami…” le disse Setsuna, con un sorriso tremolante sul volto.

La capitana del comando scientifico agitò le braccia: “I vostri dati, uniti con quelli che avete reperito nei vostri viaggi, mi hanno dato la possibilità di analizzare l’impatto reale che hanno questi squarci sulla nostra realtà fisica e… mi sbagliavo su tutto! Pensavo che i terremoti fossero qualcosa di catastrofico ma allo stesso tempo poco immanente, o comprensibile… insomma, la realtà come la conosciamo si stava squarciando, come potevo immaginare che attorno a noi l’apertura di portali simili fosse la norma! Ne è venuto fuori che il nostro mondo è un luogo in cui il viaggio normale delle anime, degli shinigami e degli hollow, nonché degli Arrancar, si interrompe e l’anima in oggetto rimane bloccata e si stabilisce qui. Eppure, c’è comunque una sorta di comunicazione con gli altri mondi, alla fin fine siamo tutti originari di uno dei mondi che abbiamo scoperto pochi giorni fa, almeno in vite precedenti… ma allora gli squarci non sono innaturali e non provano terremoti perché sono squarci tra realtà, ma perché evidentemente spostano e distorcono i confini di un mondo che di per sé è compresso, incastrato tra altre realtà e in qualche modo meno accessibile!”

Regina prese a guardare Chunami con il vuoto nei propri occhi e Setsuna si stava massaggiando le tempie: “Potresti farla più semplice, Chunami?”

La capitana dai capelli viola annuì: “Gli squarci, così come avvengono naturalmente, sono il risultato dello spostamento delle barriere che separano il nostro mondo dal Garganta e dagli altri mondi, ma allo stesso tempo questi spostamenti potrebbero aver alterato sensibilmente il NOSTRO mondo! Ecco perché i terremoti sono stati molto più lievi negli altri mondi e qui no! Ipotizzo – e Chunami indicò lo schermo – che nel sottosuolo dei Void Territories potrebbe essersi sviluppato uno spazio vuoto! Un’enorme caverna o addirittura un micro-mondo popolato da frammenti di spiriti, hollow e persino shinigami! Anche se suppongo che sia più probabile che sia solo un grosso spazio vuoto pieno di acqua e…”

La scienziata stava cominciando a divagare ma Regina le afferrò il viso, stringendole le guance: “Chunami: stai dicendo che forse c’è un enorme buco sotto i Void Territories? Rispondimi con un sì o con un no!”

La scienziata annuì: “È solo un’ipotesi, ma con degli scavi esplorativi potremmo saperne di più. Procederemo ai carotaggi quanto prima! Sarà eccitante!”

Setsuna sospirò: “Ci occuperemo allora di quest’altra grana a tempo debito, prima prepariamo la spedizione per vedere se lì c’è ancora traccia di Aizen e del suo assistente…”

Regina si accarezzò il mento: “E se non fossero lì, e se Chunami avesse ragione e i cattivoni avessero usato questa caverna in espansione come… covo segreto?!”

Chunami sorrise, gli occhi che sembravano brillare, e annuì con forza. Setsuna fu accarezzata dal pensiero, ma ancora una volta decise di andare più cauta: “Non possiamo escludere questa eventualità, ovviamente… ma non sappiamo ancora se la teoria è confermabile. Procediamo col sopralluogo e speriamo di non scoprire sorprese sotterranee…”

“D’accordo allora! Avviso subito Ka…” provò a dire Regina, ma la trasmittente nella sua tasca emise degli squilli. L’arrancar rispose con discrezione ed annuì, bisbigliando un “Sissignore” quindi guardò Setsuna e le disse, senza scendere in dettagli: “L’operazione è iniziata con successo”.

La capitana annuì, quindi si congedò da una Chunami totalmente disinteressata dalle loro chiacchiere, portando tuttavia con loro Aya, prendendola da parte e aggiornandola su quanto avevano deciso la sera prima. Il tutto mentre Kentaro, il giovane e furbo orfano del Distretto Sud, avviava la sua missione segreta.

 
[…]

 
Per tutta la mattina Kentaro si era dovuto sorbire le raccomandazioni di quell’adulto noioso e sempre saccente e aveva trovato quell’infinita sequela di istruzioni e preoccupazioni eccessive.

“Tranquillo vecchio! So il fatto mio, lo sai!” aveva detto Kentaro al capitano Kaji, risistemandosi la zazzera di capelli neri ed ispidi e puntando lo sguardo furbo sugli occhi da volpe dell’adulto. Aveva tredici anni ormai e viveva in strada da quando era solo un neonato. Ormai sapeva come funzionavano le cose, era grande! E in fondo, aveva lavorato così tante volte per il Comando Omicidi che sapeva come muoversi. Anzi, si aspettava la nomina a shinigami onorario ormai a breve!

Stette tuttavia al gioco, si fece impiastricciare la faccia di polvere, indossò dei vestiti stracciati e si fece condurre da Pitòn, fraccion del vice-comandante Hierrobosque, al Comando Medico come un “ferito in stato di emergenza” e lo stesso capitano del Comando Medico, assieme al suo vice basso e timido, avevano provveduto a prenderlo in consegna.

Lo avevano portato in una stanza con una decina di letti ma con solo altri due pazienti sotto osservazione, stesi e addormentati. Kentaro osservò tutto tenendo gli occhi socchiusi, facendo finta di respirare a fatica, e vide i due altri ufficiali del Comando andare via e alcuni infermieri avvicinarsi a lui, sincerarsi in che condizioni fosse e arrivando a concludere che forse era solo gravemente debilitato.

Kentaro, che effettivamente non mangiava che briciole e avanzi da una decina di giorni, non aveva biasimato la diagnosi dei medici che lo avevano preso in cura ma, prima di poter formulare qualsiasi altro pensiero… svenne.

Sentì una voce suadente risuonargli nella testa e quindi un innaturale torpore lo aveva costretto nei suoi sogni. Eppure, qualcosa nel suo cervello lottava per farlo svegliare e infine, con uno sforzo non indifferente, l’unico vero asso nella manica del ragazzino ruppe quel sonno così strano: il reishi.

Lo aveva scoperto da poche settimane, vista la fame che aveva preso ad assalirlo: era capace di sviluppare una quantità insolita di reishi. Tutti i suoi amici erano stati felicissimi visto che, di solito, quando qualcuno si mostra capace di manipolare la propria energia spirituale era, in automatico, un buon candidato a diventare uno shinigami, e quindi entrare nel Comando Militare. Kentaro, beninteso, non si sentiva così potente e, soprattutto, non voleva entrare a far parte del Comando Militare e lasciare indietro i suoi amici. Però aveva trovato utile avere una marcia in più, di tanto in tanto, nonostante la nuova necessità di mangiare più del dovuto.

In quel momento, nonostante fosse svenuto e leggermente affamato, quel piccolo ed acerbo potere latente gli permise di svegliarsi e Kentaro, intorbidito ma allo stesso tempo molto arrabbiato, si ritrovò in un corridoio buio, legato a letto con delle cinghie tenute molto larghe e con il rumore degli addetti del Comando Medico in lontananza.

“Bastardi… il capitano aveva ragione, qui qualcuno sta facendo cose strane…” bisbigliò il ragazzo, liberandosi con una forza inaspettata dalle cinghie che lo legavano e sgattaiolò via. Scoprì che il corridoio era una sorta di area in corso di ristrutturazione al piano terreno poiché, dopo alcuni passi, si ritrovò nella grande sala d’ingresso dell’ospedale del comando medico. 

“Nascosto in piena vista… quello che mi ha combinato così è davvero sicuro di sé…” pensò Kentaro, sgattaiolando via non appena tre shinigami e un arrancar si riunirono davanti alla grossa scrivania che fungeva da reception dell’ospedale del comando.

Kaji gli aveva detto di scappare al primo segno di pericolo ma, nonostante fosse letteralmente stato sul punto di essere rapito, Kentaro e la sua voglia di rivalsa non si sarebbero piegate all’intimo desiderio di tornarsene a casa. Ne andava del suo orgoglio, dopotutto!

Il ragazzino si aggirò per i corridoi come solo lui sapeva fare, sfruttando la corporatura minuta e la solita invisibilità che gli ultimi della società sembravano avvolgersi addosso visto quanto le persone agiate sembravano non notare i poveri e gli orfani. Che quello stesso menefreghismo fosse applicabile anche in un ospedale, pensò Kentaro, era ancora più segno di quanto fossero ridicoli i ricchi e gli adulti, specie quelli del Comando Militare.

Si avvicinò, facendo lo slalom tra gruppetti di medici e barelle, nell’area amministrativa e lì prese a gironzolare con più calma poiché il personale sembrava impegnato altrove. Girovagò in quella sorta di tozzo corridoio, più largo che lungo, ai cui lati c’erano la porta di sei studi privati e il ragazzino fu attratta da una in particolare, rimasta stranamente socchiusa.

Dallo spiraglio visibile di quella stanza emergeva un lieve chiarore e soprattutto Kentaro sembrò percepire una sensazione di leggero risucchio. Pensò dapprima ad una qualche apparecchiatura medica ma, incuriosito, si lasciò guidare dall’istinto e si avvicinò con cautela all’elegante porta, la fece aprire di pochissimo e con il massimo della cautela e ciò che vi vide lo sconcertò.

Dietro un’elegantissima scrivania, su una parete piena di quadri e arazzi, si stagliava inquietante uno squarcio nero e terribile che sembrava risucchiare aria al suo interno; emetteva uno strano ronzio e Kentaro fu sicuro di aver sentito anche del vociare, almeno due persone che parlavano tra di loro, di cui una donna… ma proprio nel momento Kentaro stava per entrare nell’ufficio, un arrancar con la mascherina di fronte alla bocca lo vide dalla parte opposta del corridoio: “EHI, RAGAZZINO! CHE STAI COMBINANDO?!”

Kentaro, preso alla sprovvista, corse contro quell’arrancar medico, letteralmente gli saltò addosso e, usandolo come trampolino, cominciò una lunga serie di folli volteggi sulle teste dei vari membri del personale, sulle sedie e persino sulle barelle vuote riuscendo, in modo molto rocambolesco, a scappare via, così come gli aveva ordinato il capitano Kaji.

Strinse i denti e ringhiò di frustrazione mentre scappava via nei vicoli più oscuri e conosciuti solo ai topi di strada come lui: non aveva scoperto nulla e non aveva sentito chiaramente né visto nessuno. Ma un’informazione l’aveva, ovvero il nome infisso sulla targhetta di fianco alla porta da cui aveva assistito a quello strano fenomeno.

Kentaro se lo ripeté all’infinito nella testa, avendo paura che la tensione e la rabbia gli facesse dimenticare quel dettaglio carpito con la coda dell’occhio. Ripeté quel nome all’infinito, senza neanche rendersi conto della gravità dell’accusa che stava per fare a Kaji perché, sul momento, non riusciva a ricordare che quello era un nome importante.

Corse via, perdendosi nella folla, inconsapevole che nessuno in realtà lo stava inseguendo, o perlomeno non ancora, e ripeté il nome all’infinito finchè nella sua testa non rimase solo quella infinita litania.

“Musaburo Warui… Musaburo Warui… Musaburo Warui…”
 
 
 

 




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