A&A: Strane Indagini – “IL QUADRO MALEDETTO”

di Orso Scrive
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2.

 

 

Torino, Regno d’Italia, 1882

 

 

«Nessuno udì più parlare di Francesco il Bianco per almeno dieci anni», proseguì il signor Luigi Barbero, congiungendo le mani sopra l’ampio ventre. Il bottone argentato del panciotto di lana scura minacciava di cedere sotto la spinta di quella montagna di carne. La catena d’oro del suo orologio oscillava a ogni movimento.

Sedeva in poltrona, comodo, mentre il fuoco ardeva nel caminetto. Un calore che mitigava il freddo dell’inverno piemontese, carico di nubi grigie che promettevano neve. La stanza era ingombra di quadri, argenterie e anticaglie di vario genere, che denotavano tutta la passione del padrone di casa per l’antiquariato.

«Signor Barbero, questa storia la conosco già», replicò il suo ospite, il maresciallo Delacroix. «Con tutte le volte che lei me l’ha raccontata…» soggiunse, con un sorrisetto di compatimento. «Secondo la leggenda, il Bianco vagò per gli Appennini per molti anni, fino a quando si imbatté in una donna – una strega, una sibilla, vallo a sapere che cosa fosse davvero – che gli propose un patto: se lui avesse ceduto la sua anima al demonio, avrebbe potuto realizzare il quadro perfetto il cui pensiero lo perseguitava.»

«Andò proprio così» annuì Barbero.

Da un tavolinetto accanto alla poltrona prese un bicchiere di rosso Nebbiolo. Se lo portò alle labbra. Ne trasse un sorso con vivo gusto.

Riprese a parlare.

Il suo tono si caricò di un accento eccitato mano a mano che si immergeva nel racconto. Nei suoi occhi brillò una strana scintilla, come se stesse davvero vivendo in prima persona quei momenti di cui andava riesumando ogni singolo dettaglio.

«Quando il Bianco accettò di dannarsi pur di conquistare i suoi obiettivi, tornò a cercare madonna Fiammetta e, finalmente, la ritrasse nella maniera che desiderava, imprimendo alla tela la più leggiadra delle perfezioni. Si narra che, non appena ebbe dato l’ultima pennellata…»

 




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