La partita di basket

di MissStory
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Davanti allo specchio dell'armadio Arianna si guardava cercando di capire se il look andasse bene oppure no. Non era una serata come le altre. Lo sapeva bene. Ancora riecheggiavano le urla nel telefono qualche ora prima della partita.

Nick stava passando di sicuro un periodo stressante: la tesi non ingranava, il professore era spesso assente, le ultime importanti partite; da quando poi si era trasferito a vivere da solo il padre lo rincorreva per via del basket, voleva a tutti costi farlo entrare in una squadra maggiore per aprirgli la strada per qualche campionato di categoria. Lui però aveva altre aspettative. Intanto voleva finire l'università, voleva laurearsi e fare praticantato. La vita dell'atleta professionista e dell'avvocato non erano propriamente conciliabili. 

Il basket gli piaceva, ma non era ciò che vedeva guardando la sua vita da li a 10 anni. Almeno così le aveva sempre detto. 

Fino ad oggi.

Prima del match avevano avuto una discussione abbastanza forte in cui lui dopo l'ennesimo diverbio in famiglia aveva rimesso in discussione le sue priorità. Lei era sicura che ciò fosse dettato dalla pressione che subiva ed in generale da questo periodo in cui vedeva tutto nero, ma come aveva accennato l'argomento lui era esploso. Si erano detti di tutto, insultati e presi a parolacce. E la conversazione era finita con lui che le aveva detto di non scomodarsi a venire alla partita e che sarebbe passato lui dopo per parlare.

Sospirò aggiustando la cintura dei jeans. E si buttò sul letto.

Prese il telefono e controllò ma lui non si collegava su whatsapp da prima dell'inizio della partita e ancora non le aveva scritto a che ora sarebbe passato.


IN PALESTRA
Nicholas tolse il ghiaccio dal piede dopo circa 20 minuti e constatò che la scena no era cambiata molto rispetto a prima. Lanciò il sacchetto ormai caldo e ovviamente face canestro nella spazzatura. Si mise la borsa medica a tracolla e si alzò saltellando verso dove aveva lasciato la scarpa. La raccolse e si diresse nello spogliatoio per una bella doccia fresca.

Fu uno dei momenti migliori di quella giornata di merda. Era stato un susseguirsi di eventi e tutto si era svolto così velocemente che non aveva avuto il tempo per pensare a nulla. Non aveva pensato all'ennesima discussione con il padre, in cui stavolta si era inttomessa anche sua sorella poi a che titolo non lo aveva ancora capito. Le lezioni all'università che avevano occupato una buona parte della giornata. Il prof che per una volta si era fatto trovare a ricevimento e che gli aveva distrutto totalmente i due capitoli che aveva scritto della tesi. Poi la pressione dell'incontro. Ormai erano rimasti solo scontri al vertice e perdere una partita significava rischiare di non qualificarsi. Gli occhi puntati su di lui, miglior giocatore degli ultimi 3 incontri con le aspettative di tutti sulle spalle. Senza contare che se l'era presa con Arianna in men che non si dica e le aveva detto che voleva parlarle lasciandole intuire che l'avrebbe mollata. Ed in quel momento sì, lo avrebbe fatto veramente. Ora non era più così sicuro. Ma non voleva più sentirsi legato. Tutti pretendevano qualcosa da lui. Lei addirittura pretendeva di sapere cosa era meglio per la sua vita.

Poi l'infortunio.

Mentre aveva sentito la cavigliala caviglia girarsi si era sentito sollevato. Sarebbe bastato rimanere a terra. Urlare di dolore. Stringersi il piede con le mani e far entrare l'assistenza medica in campo. Sarebbe bastato così poco e neanche avrebbe dovuto mentire perché quella cazzo di storta era stata terribile. Cadere a terra e liberarsi automaticamente di almeno 3 dei problemi che gli stavano causando uno stress pazzesco. 

E invece si era rialzato, aveva stretto così forte i denti che pensava di essermelo rotti. Aveva fatto anche canestro. E aveva continuato a giocare come se nulla fosse. 

Che cretino di merda.

Si appoggiò con le manile mani e con la testa al muro della doccia davanti a sè. Lasciò che l'acqua gli scendesse lungo la schiena.

Un brivido lo fece tremare. Giustamente era l'ultimo a lavarsi. I ragazzi avevano fatto razzia d'acqua calda. Saltellò all'indietro e mise il piede sotto l'acqua ghiacciata. 

-Ahhhh...- sospirò mordendosi il labbro.

Dopo 10 minuti che sembrarono eterni chiuse il rubinetto e si avvolse con l'asciugamano. Saltellò sul piede destro fino alla panca dove aveva lasciato la sua roba e la prima cosa che fece fu asciugare il piede ferito e infilare una cavigliera elastica trovata nella borsa dei medicinali di almeno una misura più piccola del necessario. Non poteva essere schizzinoso. Non aveva altro al momento. 

Si vestì e prese il telefono.

-Sto arrivando- scrisse.
 




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