Di
scatto, Yanez aprì gli occhi e li fissò sul soffitto.
Per
alcuni istanti, rimase immobile, lo sguardo assente, poi si scosse e
si alzò. Quella notte sarebbe stata insonne.
Una
forte inquietudine divorava il suo cuore, come una bestia affamata.
Sorrise,
amaro, mentre i suoi occhi si velarono di lacrime. In realtà,
lui era ben cosciente della ragione di questo sentimento.
Repentino,
si alzò dal giaciglio e, cauto, uscì dalla capanna. Non
voleva svegliare Sandokan, che ancora dormiva.
Ma
gli eventi imponevano una riflessione e una decisione ferma.
Percorse
diversi metri e raggiunse la spiaggia.
Il
cielo, d'un intenso blu cobalto, era libero da nubi e la luna piena,
solitaria, illuminava d'una luce argentea il mare.
Un
leggero vento increspava la superficie dell'acqua, su cui si
avventavano, in cerca di preda, vari uccelli, emettendo grida
policrome.
Il
giovane, con un sospiro, si lasciò cadere sulla sabbia e
lasciò vagare lo sguardo sul paesaggio.
Sono
un idiota., pensò. In
quella pace, poteva riflettere sugli eventi accaduti.
E
il senso di disgusto verso se aumentava.
Si
passò una mano sulla fronte. Aveva quasi litigato con
Sandokan, quando aveva saputo del suo amore per Marianna.
Si
era accanito su di lei senza alcuna ragione, accecato dai suoi
pregiudizi idioti.
Non
le aveva concesso il beneficio del dubbio.
Eppure,
lui si considerava intelligente!
Un
debole ruggito morì sulle sue labbra e il giovane strinse il
pugno. Quello screzio sembrava ricomposto, ma, ne era sicuro,
Sandokan era rimasto deluso da lui.
E
non poteva contestare un simile sentimento.
Lo
aveva offeso nel suo valore di uomo, perché si era macchiato
dell'inenarrabile colpa d'innamorarsi.
Scosse
la testa, un sorriso amaro sulle labbra sottili. Si era mostrato
incapace di capire il cuore del suo amico malese.
Non
poteva più restare a Mompracem.
Si
alzò e, a passo rapido, deciso, tornò verso la capanna.
Sulla
soglia della porta, in piedi, le braccia conserte, Sandokan
attendeva.
A
stento, il portoghese frenò un'imprecazione. Avrebbe voluto
allontanarsi nel silenzio della notte, senza alcuna spiegazione.
Si
diede dell'idiota. No, non poteva macchiarsi di un atto tanto vile.
Lui,
nonostante la sua indole, non fuggiva come un coniglio dalle sue
responsabilità.
– Perché
sei uscito? Soffri d'insonnia? – chiese il principe malese, il
tono ironico.
Yanez
trasse un profondo respiro e i suoi occhi cerulei, seri, decisi
cercarono le iridi castane dell'amico.
Sandokan
corrugò la fronte, perplesso. Una tale serietà era
inconsueta nel suo vivace fratellino europeo.
Che
cosa si agitava nella sua mente?
Il
corpo dell'europeo, per alcuni istanti, si irrigidì, come una
sbarra di metallo, poi strinse le mani attorno a quelle dell'amico.
– Io...
Io non posso fingere che non sia accaduto nulla. Non è giusto.
– cominciò.
– Che...
Che cosa intendi? – chiese Sandokan, stupito. Quel tono serio,
lugubre lo turbava.
– Hai
dimenticato le mie parole rispettose verso Marianna? L'ho accusata
di... di cosa? Mi sono comportato male verso di lei. E, non contento,
ti ho accusato di una colpa inesistente. Per uno stupido pregiudizio.
Che razza di amico sono? – esclamò il giovane lusitano.
Il suo autocontrollo era svanito e aveva rivelato la ragione della
sua inquietudine.
Provava
un amaro rimorso per quel suo ingiustificato accesso d'ira.
Ma
questo non avrebbe posto rimedio alla situazione, ormai compromessa.
Sandokan,
d'istinto, aprì le braccia e lo abbracciò.
– Non
andartene. – mormorò, la voce percorsa da una nota
d'angoscia.
A
quel tocco, il portoghese rimase immobile, lo sguardo fisso in un
punto indefinito.
– Sei
sordo? Hai dimenticato come mi sono comportato con te e Marianna? –
domandò. Avrebbe voluto arrendersi a quell'abbraccio, ma non
doveva perdere i resti della sua dignità.
Poi,
non sarebbe riuscito a portare a termine la sua scelta.
Sandokan
accennò ad un sorriso e la stretta delle sue braccia si
accentuò.
– Non
ho dimenticato nulla, Yanez. Ma, oggi, ho visto un amico capace di
capire i suoi errori e di accettarne le conseguenze. E persone come
te sono rare. E io non sono così stupido da lasciarle andare
per un errore di valutazione. – replicò.
La
commozione, impetuosa, dilagò nel cuore del giovane, come
un'onda rompe la diga. Quelle parole, così affettuose e
inaspettate, distruggevano qualsiasi sua risoluzione.
D'istinto,
allargò le braccia e, a sua volta, abbracciò il malese.
Stava bene, stretto tra le sue braccia.
– Grazie
di tutto, amico mio. –
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