Una Luce nel Buio

di PrimPrime
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Parte 3 ✴ Il Portatore di Oscurità




Garlis e i compagni partirono puntuali, seguiti da un piccolo gruppo di soldati e da quattro maghi elementali mandati dalla gilda. Avevano a disposizione anche un carro dove erano state caricate le provviste e tutto il necessario per allestire un campo base.

Il viaggio verso la loro meta non era breve, ci sarebbe voluto tutto il giorno per arrivare, perciò si mossero in fretta, consci del fatto che non avevano tempo da perdere.

"Cos'ha di speciale la foresta dove stiamo andando?" chiese Oris, pensieroso.
"Pare che al suo centro ci sia un albero collegato direttamente con l'energia di Ellis, probabilmente la fonte che stiamo cercando si trova proprio lì", gli rispose Vellga, quindi il compagno emise un fischio di sorpresa.

"Non ci voleva, tra i maghi c'è anche Crisse", cambiò discorso Anite, irrequieta. "Qualche anno fa sono andata a letto con il suo ragazzo... Se mi trovate morta bruciata non sono stati i Viss, ma lei."
"Anite, c'è qualcuno di questo gruppo con cui tu non sia andata a letto?" le chiese Vellga, dopo aver emesso un lungo sospiro.

"Certo! Tu, Garlis, le ragazze," si girò per passare in rassegna gli altri, "e alcuni dei soldati."
L'esploratore si voltò per guardare Oris, ma lui concentrò la sua attenzione sul paesaggio, fingendo innocenza.

Giunsero ai margini della foresta al tramonto.
Mentre alcuni soldati piantavano le tende e altri si occupavano della cena, Garlis guardava l'orizzonte con fare sconsolato. Il regno di Viss era lì, poco distante, eppure loro erano stati i primi ad arrivare.

I suoi compagni erano tutti indaffarati e avrebbe voluto dar loro una mano per distrarsi, ma glielo avevano vietato. Si sarebbe riposato, visto che avrebbe dovuto proteggerli in seguito, questo avevano detto.
Perciò lui si era seduto su una roccia ad aspettare.

Slacciò un lato della corazza per infilarci la mano e prendere una cosa dalla tasca della sua maglietta.
Era un piccolo ritratto raffigurante lui e Ari, sereni, in un giorno qualsiasi della loro giovinezza.

Il pensiero che Ari era morto proprio lì, nelle terre neutrali, e il suo corpo era stato reclamato dal regno di Viss, era inaccettabile.
Eppure stava per rivederlo, per come era diventato.

Non avrebbe voluto farlo, non così, ma una parte di lui si chiedeva come fosse, se fosse lo stesso di sempre o fosse totalmente cambiato. Voleva scoprirlo, così da mettersi l'anima in pace.
Dopotutto, non aveva mai smesso di amarlo.

Sentendo del clamore in lontananza, mise a posto il piccolo ritratto e sistemò l'armatura.
Anche gli altri compagni si allertarono e smisero di fare ciò che stavano facendo.

All'orizzonte comparve un carro trainato a grande velocità da un grosso animale sconosciuto. Dietro di esso c'erano dei soldati a cavallo di altri animali.
Si fermarono a pochi passi da loro, alzando una nuvola di polvere che investì il campo di Reyn, appena allestito.

Quando la coltre si dissipò, videro qualcuno saltare giù dal carro.
Aveva la pelle azzurrina, dei lunghi capelli bianchi dall'aspetto indomabile e vestiva di pelli e pellicce grigie.
Era diverso, ma era senza dubbio lui: Ariha, il Portatore di Oscurità.

Osservò tutti i presenti sfoggiando un sorriso beffardo, mentre i suoi si radunavano alle sue spalle.
"Allora, chi è il capo qui?" domandò, ironico, scatenando le risate dei soldati che lo accompagnavano.

Si trattava di esseri deformi in armatura, ma anche di maghi, alcuni dei quali sembravano umani; occultisti, sicuramente.

Garlis era proprio davanti a lui, intento a studiarlo con lo sguardo. Vederlo così da vicino lo aveva lasciato senza parole.

Il generale nemico si accorse di lui e il suo sorriso divenne a mezza bocca.
"Pare che sia tu il Portatore, ragazzina... È incredibile. Quanti anni avevi quando sei ascesa, dodici?"
Alla sua battuta si levarono altre risate alle sue spalle, stavolta più rumorose di prima.

Il giovane strinse i denti e si impose di tornare in sé, non poteva farsi trattare in quel modo.
"Mi chiamo Garlis Glitz e sono il Portatore di Luce, non sono una ragazzina", ribatté, serio.
"Il tuo viso dice il contrario", aggiunse Ariha, beffardo.

Gli occhi grigi del Viss lo scrutavano alla ricerca di ogni sua debolezza, illuminati da una scintilla di onnipotenza.

Garlis si schiarì la voce intenzionato a ignorarlo e proseguire, ma venne interrotto da un altro commento.

"Glitz, che nome stupido... Adatto alla ragazzina stupida che sei."
Ora il suo tono era cambiato, c'era della cattiveria in esso.

"Chiamami solo Garlis, Ariha", gli disse, rivolgendogli uno sguardo severo.
Dopo il suo commento gli era difficile mantenere la calma, ma intendeva provarci con tutto se stesso.

"Mmh, mi conosci... Interessante."
"Ci siamo già visti sul campo di battaglia."
"No, non credo. Non avrei dimenticato facilmente un bel faccino come il tuo..."
Altre risate si levarono alle sue spalle, cosa che, gli si leggeva in faccia, lo compiaceva immensamente.

"Basta giochetti, dobbiamo preparare un piano d'azione", gli fece notare Garlis, che stava iniziando a innervosirsi.
"Se mi fai fare un giro con la tua amica qui, poi sono pronto per fare ciò che vuoi", riprese l'altro, spostando la sua attenzione su Anite.

La maga, proprio accanto a lui, sgranò gli occhi e indietreggiò di un passo. Garlis le parò un braccio davanti, intenzionato a proteggerla, e rivolse al generale nemico uno sguardo carico di astio.

Se Ari avesse detto una cosa del genere, si sarebbe guadagnato come minimo uno schiaffo, ma lui non l'avrebbe mai fatto.
Era stato Ariha a dirlo, per di più con la stessa voce di Ari, il che fece ribollire di rabbia il sangue di Garlis.

I suoi amici e alleati non osarono fiatare per paura delle conseguenze, dato che si trovavano al cospetto di un Portatore di Oscurità. Avrebbe potuto ucciderli in un istante, malgrado le promesse del Saggio.
Solo a lui era concesso ribattere, in quanto suo pari.

"Parliamo in privato, nella mia tenda", propose, con un tono che non ammetteva repliche.
Sentendo quelle parole, i soldati Reyn alle sue spalle si spostarono per liberare il passaggio.
Il sorriso sul viso di Ariha si allargò.
"Allestite il campo, carogne!" ordinò ai suoi, sottintendendo che accettava l'invito.

Garlis si avviò facendogli segno di seguirlo, continuando a guardarlo con la coda dell'occhio per assicurarsi che non facesse niente di azzardato.
Una volta giunti alla tenda, scostò il drappo per permettere al generale nemico di entrare per primo.
Questi non esitò a farlo, per poi studiare con lo sguardo l'interno.

Era abbastanza grande da poterci stare in piedi, ma non c'era praticamente niente.
"Gusto interessante, voi Reyn..." disse, rivolgendo la sua attenzione a Garlis.
"È una tenda provvisoria, serve giusto per dormire", gli fece notare lui, perplesso.
Ariha ridacchiò.
"Il tuo invito mi lusinga, ma sei un po' troppo giovane..."

"Falla finita", lo interruppe, con tono severo. "Non abbiamo tempo da perdere, e per tua informazione sono un maschio e avevo venticinque anni quando sono asceso, contento?" sospirò, esasperato.
Gli diede le spalle e si mise a braccia conserte.

Non riusciva a sopportarlo, ogni sua parola lo offendeva o lo disgustava. Non poteva credere che la sua anima fosse la stessa di Ari, ma era stato il Saggio ad assicurarglielo.
"Sono persino più grande di te..." aggiunse, sottovoce.

"Tu cosa, ragazzina?"
Si voltò, sorpreso di essere stato sentito, e trovò Ariha scuro in volto e visibilmente infastidito a sua volta. "Non mi conosci e non sei nessuno per dirmi cosa devo fare."

"Invece ti conosco bene", rivelò, rimanendo a braccia conserte.
"Mmh, qualcuno ha studiato... Spero di essere stato un argomento interessante", commentò, sarcastico.
"Non si tratta di questo", rispose Garlis, schifato.

"E allora di cosa si tratta, ragazzina?"
Il giovane si zittì, non sapendo come rispondere.
"Dobbiamo collaborare", disse poi, mettendolo davanti all'ovvio.

"Io preferisco chiamarla tregua. In men che non si dica torneremo ad affrontarci in battaglia."
"Su questo siamo d'accordo! E allora?" ribatté.
"Allora non penso sia tu a dover guidare quest'operazione", rispose Ariha, irremovibile.

"Non ho detto questo. A me sembra che tu non voglia nemmeno parlarne", gli fece notare Garlis, scuotendo la testa.
"Indovinato. Voi Reyn potete seguirci e fare da supporto, ma dubito che servirà."

"Non è quello per cui siamo venuti fin qui", insistette il Portatore di Luce.
"Non me ne importa niente", ribatté ridacchiando Ariha. "Non scenderò a patti con te, lascia perdere."
"Quindi non mi dai nemmeno una possibilità?"

Lo osservò, allibito, ma per il generale dei Viss quella conversazione sembrava essere solo una divertente perdita di tempo.
"Che ne diresti di una sfida?"

"Sarebbe fatica sprecata, è chiaro che ti supero in tutto", rispose Ariha, sicuro di sé.
Garlis strinse i denti. Ari non sapeva dire di no alle scommesse, perciò aveva deciso di provare a procedere con quella tattica.
Continuò a osservarlo mentre pensava a quale sarebbe potuta essere la prossima mossa.

"Dicevo che ti conosco, mettimi alla prova. Scommetto che so qualcosa di te che altri Reyn non possono sapere."
Il Portatore di Oscurità ridacchiò di nuovo.
"Dev'essere qualcosa degno di nota, altrimenti puoi considerarti sconfitto."

"Fidati, so quello che dico. Allora, ci stai?" chiese, rivolgendogli un sorriso sicuro.
"Va bene, ragazzina, sorprendimi."
"Hai un simbolo sul dorso della mano sinistra", disse, indicando la sua mano guantata con un gesto del capo.

Poteva anche essere rinato per il volere del loro Saggio, ma un tatuaggio matrimoniale non poteva essere cancellato tanto facilmente.
L'espressione di Ariha si indurì.
"Quindi? Non mi fai vedere se ho ragione?" insistette Garlis, sicuro di sé.

Il Viss gli rivolse uno sguardo severo, ma un attimo dopo liberò la mano dal guanto grigio scoprendo un simbolo sbiadito, ma identico al suo.
"Chi ti ha detto della voglia?"

Garlis trattenne una risata amara.
"Non è una voglia", si limitò a dire, in un tono basso ma carico di malinconia. "Allora, sei disposto ad ascoltarmi adesso?"

Ariha aveva abbassato lo sguardo sul simbolo, perplesso.
"Immagino di dovertelo, ma non sperare che il discorso sia chiuso qui", rispose, infastidito.
"Quando vuoi. Riguardo al piano d'azione, non pretendo di prendere il comando", puntualizzò, "ma dobbiamo almeno discuterne insieme."

 

Quando uscirono dalla tenda, quasi un'ora dopo, Garlis si sentiva esausto.
Ariha aveva respinto ogni sua proposta per far valere le proprie, dichiarandosi un migliore stratega.
Come se lui non avesse alcuna esperienza in merito.

Vedendo il Viss che se ne andava verso il suo campo base, allestito proprio accanto a loro, Anite si fece avanti per raggiungere l'amico.
"Come stai? Avete discusso per un bel po', lì dentro."

"Si è sentito tutto?" le domandò Garlis, con l'aria di chi era stato sconfitto.
"Non proprio... ma si sentiva che stavate urlando", precisò la maga, sforzandosi di fargli un sorriso. "Di solito non dai a vedere di essere stanco in pubblico."

"Perché non sono mai stato così stanco prima d'ora. È impossibile ragionare con un Viss", aggiunse, malinconico.
"Vieni a mangiare qualcosa, ti sentirai subito meglio."
La seguì, accettando di buon grado la proposta.

Lui e la maga presero una porzione di cibo e andarono a sedersi con i compagni di squadra.
Si erano trovati uno spazio libero lontano dagli altri e si erano accomodati lì a terra, accendendo un piccolo fuoco intorno al quale disporsi.

La cena era ancora molto calda perciò Garlis aspettò ad assaggiarla, godendosi piuttosto il calore che dalla ciotola si espandeva alle sue mani guantate, le cui dita erano scoperte e fredde.
Oris e Vellga non chiesero niente, notando anche loro la sua aria abbattuta.
Parlarono del più e del meno per tutta la durata del pasto, dopodiché Anite si offrì di restituire le ciotole.

"Oris, cosa ti preoccupa?" gli chiese Garlis.
Aveva notato che il compagno aveva la testa altrove.
"Stanotte dormiremo a pochi passi dai Viss e credo sia una pessima idea. Sono dei sadici, privi di morale", sottolineò, disgustato.

Garlis annuì, comprendeva le sue preoccupazioni. Probabilmente ogni altra persona del loro campo aveva pensato la stessa cosa.
"Non posso garantire di poter proteggere tutti, ma voi dormirete nella mia tenda stanotte. È grande, e comunque non sarebbe la prima volta."

"Di cosa stavate parlando?" chiese Anite, di ritorno.
"Garlis ci ha invitati a stare nella sua tenda", le ripeté asettico Vellga.
La maga si voltò a guardare il Portatore di Luce.
"È un sollievo", ammise, per poi tornare seduta.

Il giovane abbassò lo sguardo e sospirò.
"So cosa ti ha detto Ariha... Ma l'ha fatto per provocarci, e per far divertire i suoi sottoposti. Non farà nulla. E se invece ci proverà, ci sarò io a difenderti."
"Non puoi davvero esserne certo", si intromise Oris. "Se i Viss sono senza morale, lui è ancora peggio."
"Già... hai ragione", concordò.

La verità era che lui stesso non sopportava la sua presenza e temeva ciò che avrebbe potuto fare.
Non conosceva affatto Ariha, anche se condivideva alcuni aspetti del carattere di Ari. Era diventato un'altra persona e stava infangando i suoi ricordi positivi.

"Scusatemi, vado a fare due passi. Se succede qualcosa, suonate il corno."
Ognuno dei membri del Sol Notturno ne aveva sempre uno con sé per ogni evenienza.

Si alzò e uscì dal campo base, tra le occhiate curiose dei compagni che gli rivolgevano sguardi di rispetto e cenni di saluto. Sembravano tutti preoccupati, come era ovvio che fosse.

 

Anite, realizzata con Midjourney

Anite, realizzata con Midjourney

 





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