Sai, ti cercavo...

di Nina Ninetta
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Capitolo 8
Sai, ti cercavo…

 
 
 
Alta Versilia, 31 dicembre 2015
 
Noёl De Angelis rimase qualche minuto ancora a contemplare la costruzione che si ergeva di fronte a lui. Aveva ormai lasciato l’abitacolo dell’auto, caldo e accogliente, da un po’ e sebbene lì, con le mani nascoste nelle tasche del cappotto lungo e scuro facesse decisamente fresco, ancora non era sicuro di voler entrare.
La casa, una villa in stile vittoriano che suo padre Giorgio aveva acquistato come regalo per sua moglie quando questa gli aveva confessato di aspettare un bambino, non era cambiata molto nel corso degli anni. Era solo invecchiata, ma sarebbe bastata una mano di vernice per farla ritornare al suo antico splendore. Sua madre si premurava che ogni anno, prima che si traferissero lì per le vacanze estive, un gruppo di architetti squadrasse l’abitazione per consigliare eventuali accorgimenti contro le ingiurie del tempo. Poi, dopo la sua morte, la casa era stata abbandonata a se stessa e ora ricordava un donnone nerboruto che lentamente stava perdendo la sua forza.
Mentre Noёl era immerso in tutti questi pensieri, ancora indeciso sul da farsi, la porta d’ingresso si aprì e il maggiore De Angelis ne fece capolino, in mano teneva un calice di vino bianco.
«Pensi di entrare prima o poi o passerai tutta la sera all’addiaccio?» Gli chiese con tono di scherno. Il giovane capitano dell’esercito non avvertì biasimo nella sua voce, eppure non si mosse di una virgola. «Dai, entra. Fa freddo e abbiamo appena aperto una bottiglia di prosecco di ottima annata.» Così dicendo, l’uomo si scostò di qualche metro dall’uscio per permettere al figlio di oltrepassarlo.
Noёl lasciò il cappotto all’ingresso, notando subito il caban color panna che Andrea Moretti aveva indossato la mattina in cui si erano recati in ospedale prima e al centro sociale “La Fata” poi. Quindi ci aveva visto giusto: c’era anche lei alla cena di San Silvestro.
«Sei dimagrito» disse suo padre, distogliendo ancora una volta dalle mille domande che gli ottenebravano la testa.
«Sto bene» fu la risposta secca di lui.
 
Nella sala da pranzo il camino era acceso e il fuoco scoppiettava allegro. La lunga tavolata era apparecchiata a festa, con il corredo buono e il servizio di piatti per le grandi occasioni.
Il capitano studiò velocemente l’ambiente con una sola occhiata: il signor Moretti e sua moglie sedevano uno accanto all’altra sul divano, mentre chiacchieravano animatamente con Anna, la sua matrigna. Quando lo videro abbozzarono un timido saluto al quale Noёl rispose con garbo e freddezza. Di suo fratello Gianni e sua cognata Claudia non c’era neanche l’ombra, così come della bambina. Ma sapeva che erano lì, dal momento che sul pavimento c’erano alcuni giochini di Giorgia e il suo seggiolino era adagiato vicino al tavolo. Ipotizzò dovessero essere al piano di sopra. Neanche Andrea era presente, che fosse con loro?
Giorgio De Angelis gli allungò un calice di vino, il colore era quello del fieno di giugno e le bollicine aggiungevano un tocco di brio. Noёl lo accetto volentieri.
«Questa sera la luna è splendida» affermò, indicando la porta finestra che dava sul terrazzo. Il giovane si voltò in quella direzione, scorgendo una figura esile che sembrava guardare all’insù mentre si strofinava le braccia con le proprie mani.
Noёl la raggiunse, scrutandola per bene prima di annunciarsi. Se quella ragazza di spalle era veramente Andrea, era decisamente diversa. Le lunghe treccine castane erano scomparse, lasciando il posto a un taglio pari e piastrato che sfiorava appena le spalle. Indossava lo stesso abito blu con cui l’aveva vista l’ultima volta, ossia la sera del 23 dicembre, quando insieme erano andati al ballo di beneficenza organizzato dalla sua caserma. La osservò qualche secondo ancora, le braccia nude e chiuse in una specie di abbraccio cercavano di mitigare la brezza che si alzava dal mare. Era infreddolita, ma allora perché si ostinava a rimanere lì fuori?
Noёl si schiarì la voce per dichiarare la sua presenza, prima di parlare:
«A Milano è difficile vedere tutte queste stelle.»
Andrea Moretti si voltò di scattò verso di lui, gli occhi spalancati e il cuore in gola. No, non si sarebbe aspettata di incontrarlo in Versilia. Non quella sera.
«Che faccia! Sembra che tu abbia visto un fantasma» tentò di scherzare lui per alleggerire la tensione, ma come sempre le sue battute non venivano capite e sortivano l’effetto contrario. Andrea abbassò il capo:
«Scusa, non volevo essere scortese. Solo non mi aspettavo di vederti.»
«Di vedermi qui o in generale?» Nessuna risposta. Noёl sospirò, bevendo tutto d’un fiato il prosecco nel bicchiere. Suo padre aveva avuto ragione: era proprio di un’ottima annata. «Sai, ti cercavo…»
«Ah, sì?»
«Sì, quella sera sei letteralmente scappata…»
«Mi avevi detto che potevo andare via.»
«Ma non intendevo nell’immediato.»
«Allora dovresti imparare a esprimerti meglio!» Andrea lo affrontò alzando lo sguardo per puntarlo dritto nei suoi occhi chiari, che alla luce soffusa della notte erano diventati di un azzurro più scuro. Alla giovane sembrò che lui si stesse sforzando di trattenere un risolino, perciò lo mandò a quel paese con un gesto della mano e tornò all’interno della casa.
Noёl De Angelis la chiamò, ma lei neanche si voltò, quindi non gli rimase che seguirla, sperando di poter avere un’altra occasione per parlarle, inconsapevole che la serata avrebbe ben presto preso una piega inaspettata.
Tornato all’interno della sala, la piccola Giorgia gli corse incontro a braccia spalancate.
«Zio Noè!»
«Ehilà, bambolina!» Esclamò lui, prendendola in braccio al volo e stampandole un bacio sulla guancia.
«Mettila giù!»
La voce innaturale di Gianni ammutolì tutti. Claudia era qualche passo indietro, la testa bassa. I quattro nonni lo fissavano a bocca aperta, così come Andrea che si era affacciata dalla cucina – dove si stava versando un bicchiere di vino – in attesa.
«Come?» Fece Noёl, scuotendo il capo. Non capiva.
«Ho detto di mettere giù mia figlia! Non sia mai che le trovi un livido dovuto a una caduta accidentale e decida di rivolgerti nuovamente agli assistenti sociali.»
«Tu sei pazzo!» Esclamò il capitano De Angelis, posando comunque la bambina con i piedini sul pavimento. La piccola corse in braccio alla mamma, spaventata per l’improvviso cambio d’umore che percepiva nella casa.
«Non ti avvicinare mai più a lei o giuro ti denuncio!» Continuò Gianni, i suoi occhi dallo sguardo solitamente pacato sembravano ora sputare fuoco. Lo odiava. Gianni odiava Noёl.
«Gianni, stai esagerando!» Era stato il padre a intervenire, cercando di placare gli animi.
Con un’occhiata veloce, il giovane capitano contò i calici di vino sul tavolo: due. Considerando che tutti i presenti tenevano il proprio ancora in mano, ciò significava che quei due erano di Gianni e Claudia. Abbozzò un sorriso amaro.
«Hai ripreso a bere, vero? O meglio, non hai mai smesso. Che schifo! Che pena mi fai!»
«Non ti permettere di…!» Gianni gli saltò addosso, portandolo a sbattere con la schiena contro la cristalliera alle sue spalle. Alcuni bicchieri di cristallo si infransero sul pavimento, qualcuno gridò di smetterla. Gianni lo teneva per il collo della camicia che sbucava da sotto al maglioncino grigio di cashmere. Era decisamente più basso del fratello, il quale lo osservava dall’alto con un sorrisetto di scherno a increspargli le labbra.
«Ti ammazzo! Hai capito, ti ammazzo!» Urlava Gianni, fuori di sé.
Noёl se lo scrollò di dosso con una sola spinta, il fratello minore cadde sul pavimento, ma si rialzò subito e fece per colpire l’altro con un pugno. Noёl lo afferrò per quello stesso braccio e glielo contorse. Costringendolo con la pancia a terra, gli schiacciò la guancia sul parchè tenendolo fermo per entrambi i polsi. Giorgio De Angelis troneggiava su di loro, senza sapere bene cosa fare.
«Lasciami, stronzo! Lasciami!» Gianni si dibatteva, troppo debole per contrastare il fisico allenato di Noёl.
«Prima di fare promesse, accertati di poterle mantenere. Idiota.» Il capitano De Angelis gli parlò a una spanna dall’orecchio.
«Noёl…» suo padre sembrava un uomo stanco. I due si fissarono per qualche istante negli occhi, il cui colore era identico.
«Questa è la casa di mamma» disse il giovane a un tratto, combattendo contro l’istinto che aveva di mettersi a urlare e cacciare via tutti. «È la casa che ha amato in vita e in cui ha deciso di morire. Non dovreste stare qui a festeggiare, non è giusto. Non mi hai mai chiesto il permesso, ma questa è la casa di mamma. E mia.»
Il maggiore lo guardava dall’alto. Non aveva argomenti per controbattere poiché sapeva che quella era la verità. Quella era la casa di Marie, la sua prima moglie, e sapeva benissimo che aveva scelto di trascorrere lì gli ultimi due mesi di vita, quando i medici le avevano detto che ormai non c’era più nulla da fare. Un ulteriore ciclo di chemio le avrebbe allungato le sofferenze – perché lei non la considerava più vita da parecchio – di qualche altro mese e nulla più. Marie aveva scelto di trasferirsi in Versilia, circondata dal mare e con affianco l’unica persona che avesse mai davvero amato, forse perché non l’aveva mai delusa o tradita: suo figlio Noёl.
E quel figlio che, dannazione, gli somigliava così tanto, le era stato accanto notte e giorno, per due mesi interi, fino all’ultimo. Mentre lui si godeva la sua nuova famiglia in uno splendido appartamento di Milano.
Noёl aveva ragione: quella casa gli spettava di diritto e loro, tutti loro, non avevano il titolo di violarne il ricordo al quale era legata.
Il maggiore gli allungò una mano per invitarlo a rimettersi in piedi e lasciare finalmente libero Gianni che continuava a dimenarsi come un animale in gabbia, maledicendo il fratello. In quegli ultimi giorni Giorgio aveva capito tante cose, prima fra tutte lo sbaglio che aveva commesso a voler portare via Gianni e Claudia da quella clinica di recupero, poiché i due non erano guariti del tutto e forse mai lo sarebbero stati. Anche i medici glielo avevano sconsigliato, ma lui aveva dato ascolto solo al suo ego e alla paura che si potesse spargere la voce: il figlio minore del maggiore è un drogato! Intanto, Gianni non era fuori pericolo, né sua moglie e di conseguenza la bambina.
«Mancano di forza di volontà, signor De Angelis» gli aveva confessato il loro dottore e il maggiore si era sentito morire dentro. Uno dei suo figli senza forza di volontà?! Allora aveva deciso di portarli a casa con sé, gliel’avrebbe insegnata lui la disciplina che mancava a quei due.
Ma era stato più difficile del previsto e sia Gianni, sia Claudia, avevano continuato a bere.
«Mi dispiace» disse l’uomo, tenendo ancora la mano di Noёl stretta nella sua, contro il petto. «Non volevo andasse a finire così.»
Claudia intanto aveva raggiunto Gianni e lo stava aiutando a rialzarsi.
«Buon anno, figliolo.»
«Buon anno, papà.»
I due intensificarono la stretta delle mani, poi si salutarono con un cenno del capo e Noёl si allontanò, diretto alla porta d’ingresso. Andrea lo seguì di corsa, arrestandosi mentre lo vedeva afferrare al volo il cappotto e spalancare il portone.
«Andy!» Claudia la fissava dal centro della stanza, Giorgia era in braccio a lei e la guardava a sua volta. «Che stai facendo?»
 
Andrea Moretti si era presentata a casa dei suoi genitori la mattina del 24 dicembre, dopo tre ore circa di treno e quasi altrettante ne aveva trascorse alla stazione di Milano Centrale per aspettare il regionale che l’avrebbe condotta in Versilia.
Era rimasta per ore seduta al tavolino di un bar, a studiare la stazione semideserta, il mesto andirivieni dei treni e gli spazzini che si occupavano di tenere pulite le banchine, con un mozzicone di sigaretta fra le labbra e un caffè condiviso.
Trovandosela sul pianerottolo di casa, a quell’ora e senza preavviso, i suoi genitori non avevano fatto troppe domande, erano stati sempre tanto – forse anche troppo – discreti. Ma Andrea aveva pianto a lungo fra le braccia di sua madre, la quale le aveva preparato un tè al limone e glielo aveva portato a letto, dopo una doccia e una dormita rigeneranti. La signora Moretti aveva inteso che ci fosse l’amore per mezzo, non si torna in lacrime nella casa paterna a cercare conforto come quando si era bambine altrimenti, ma non forzò mai la mano. Semplicemente assecondò la primogenita e si propose di tagliarle i capelli per togliere quelle treccine che, a detta sua, non erano più di moda. Andrea era stata sollevata in realtà, lasciando che sua madre, un’ex parrucchiera in pensione, desse un taglio alla sua acconciatura, metafora della precedente esistenza. Sì, perché aveva deciso di cambiare completamente vita, lasciando libero l’appartamentino a Milano e licenziandosi senza preavviso.
 
«Zia Andy?» La vocina di Giorgia penetrò nei suoi pensieri e Andrea sbatté le palpebre un paio di volte.
«Ma che stai facendo?» Ripeté sua sorella Claudia, quasi a rimproverarla di aver anche solo pensato per un attimo di seguire Noёl.
Proprio quest’ultimo si era fermato sull’uscio della porta, un piede dentro e uno fuori. Le si rivolse senza complimenti, non c’era supplica nella sua voce, solo urgenza di andare via.
«Che vuoi fare? Vieni o resti?» Le chiese.
Andrea Moretti si girò a guardarlo, di nuovo si fissarono negli occhi, poi lei si mosse nella sua direzione, afferrò il caban color panna e lo oltrepassò senza mai voltarsi indietro.
L’ultima cosa che Claudia vide fu il sorriso soddisfatto che Noёl le indirizzava, chiudendosi la porta alle spalle.
«Che figlio di…» imprecò la ragazza, dondolando la piccola Giorgia fra le braccia che felice salutava gli zii con entrambe le manine grassocce.


 
Epilogo
 
 
L’autogrill era praticamente vuoto, fatta eccezione per qualche camionista dell’est che si era fermato a fare rifornimento di gasolio e caffè prima di ripartire alla volta del proprio Paese, sperando di arrivare in tempo per festeggiare il Capodanno con la famiglia.
E poi c’erano Andrea e Noёl, seduti a uno dei tanti tavolini liberi del bar, accanto alla vetrata. Avevano condiviso una porzione di patatine fritte e un panino alla caprese per ciascuno. Adesso lui stava sorseggiando il suo espresso, mentre la osservava girare il cucchiaino nel tè al limone che aveva chiesto alla cameriera. Non sembrava avesse intenzione di finirlo.
«Non è proprio il posto migliore per trascorrere l’ultimo dell’anno.» Disse lui. Da quando si erano messi in viaggio, dopo aver lasciato la villa in Versilia, Andrea non aveva parlato molto. Era come se avesse esaurito tutti gli argomenti che poteva condividere con lui, sembrava tornata la ventenne che aveva conosciuto anni addietro, spaurita e intimorita dalla sua sola presenza. Allora, perché lo aveva seguito? Perché non era rimasta lì, con la famiglia?
Noёl De Angelis, tuttavia, non sapeva che Andrea non riusciva a smettere di pensare a quello che le aveva riferito pocanzi sul terrazzo – “Sai, ti cercavo…” –.
In che senso? avrebbe voluto chiedergli. Perché un attimo prima mi hai baciato, e quello dopo mi hai cacciato di casa…
«In effetti, neanche la cena è stata delle migliori, ma ho mangiato di peggio.» Il capitano rise, sperando di smuovere quella specie di involucro vuoto che teneva seduto di fronte a lui, senza riuscirci. Allora si sporse in avanti, le mani chiuse l’una nell’altra scivolarono lungo la superficie del tavolo, era tornato serio.
«Ti riaccompagno alla villa, se vuoi. Non voglio crearti problemi, so che tu e Claudia siete molto unite e poi c’è Giorgia che-»
«Che vuol dire “sai, ti cercavo…”» Andrea alzò finalmente lo sguardo, aveva l’aria di una che si è appena destata da un lungo ragionamento. Lui socchiuse le palpebre, cercando di ricordare, perciò la giovane specificò. «Prima, sul terrazzo, mi hai detto “sai, ti cercavo…” in che senso mi cercavi?»
Noёl tornò con le spalle contro lo schienale della sedia, guardando oltre il vetro della finestra un camion enorme che lentamente tornava a immettersi nella carreggiata. Quei cosi lo avevano sempre un po’ spaventato, fin da bambino.
«In tutti i sensi.» Disse sovrappensiero, senza neanche rendersene conto. «Ti ho cercato la sera in cui sono venuti a prendersi Giorgia. Sono tornato in cucina, nello studio, ma tu non c’eri già più. Sparita. La mattina dopo sono stato a casa tua, ma il portiere del condominio mi ha detto che non ti aveva vista rientrare. Allora, sono passato al pub quella sera stessa e non c’eri. Marta mi ha raccontato che eri tornata in Versilia, che avevi lasciato Milano.» Il capitano si voltò a guardarla. «Che l’avevi lasciato per sempre.»
«Non ho più motivo di restare in quella città» si giustificò Andrea, sentendo le lacrime bruciare in gola e agli angoli degli occhi.
«Speravo di trovarti qui, stasera.»
«E io che credevo fossi venuto per stare con la tua famiglia» scherzò Andrea, smorzando la tensione che aveva avvertito dentro fino a quel momento. Noёl sorrise di rimando:
«Certo, come no! La mia famiglia unita!»
Si sorrisero, poi lei continuò:
«Hai il mio numero di cellulare, avresti potuto scrivermi.»
«Preferisco risolvere di persona certe questioni.»
Andrea Moretti avrebbe voluto distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri e magnetici, mentre sentiva le guance avvampare. Questioni? Che tipo di questioni? Deglutì, aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo un gorgoglio e lui sorrise, intenerito quasi.
«Penso che se quella sera ti avessi trovata nel mio studio, ci avrei provato con te. Seriamente, e non solo con un bacetto a stampo. Mi segui, Andy?» La canzonò lui.
«Non chiamarmi Andy. Giorgi mi chiama Andy, mia sorella, non tu!»
Noёl mostrò i palmi in segno di scuse.
«Poi ho saputo che avevi lasciato Milano e ho temuto fosse per colpa mia.»
«Quindi ti sei fatto circa 300 Km solo per accertarti che non me ne fossi andata per colpa tua?» Chiese Andrea, sollevando un sopracciglio, interdetta.
«Esatto. Ti avrei chiesto di tornare in città con me, questa sera stessa. Ma già so che la tua risposta sarebbe un no. Hai chiuso con Milano, giusto?»
«Giusto.»
«Ti ha deluso?»
«No, forse sono io che ho deluso le mie aspettative.»
Noёl De Angelis la esaminò ancora qualche secondo prima di continuare. Con quel nuovo taglio di capelli e l’aria disillusa era molto affascinante.
«Quindi, dove vuoi che ti porti?» Le chiese.
«Puoi lasciarmi a casa dei miei, è di strada. Tu poi potrai proseguire senza intoppi.»
«Perfetto. Andiamo!» Noёl De Angelis si mise in piedi, imitato dalla giovane ragazza, la quale lo seguì fin dentro l’abitacolo dell’auto, chiusero gli sportelli quasi all’unisono.
 
Andrea Moretti si guardò attorno, il parcheggio era praticamente deserto, neanche un’autovettura all’orizzonte. D’altronde, era la notte di San Silvestro e secondo l’orologio digitale della BMW mancavano davvero pochi minuti alla mezzanotte. In lontananza si udivano i rimbombi ovattai dei fuochi d’artificio, qualcuno si riusciva anche a scorgere a est, dove sorgevano i piccoli borghi montanari.
Aveva detto a Noёl che poteva lasciarla a casa dei suoi, in città, poi lui avrebbe potuto proseguire senza problemi per Milano. Adesso però stava avendo dei ripensamenti. Forse, era stata sgarbata, forse avrebbe dovuto chiedergli se per caso non preferisse fermarsi lì per la notte e poi riprendere il cammino il mattino seguente, con il sole a illuminagli la strada e senza la stanchezza della giornata appena trascorsa. In fondo, i suoi genitori si sarebbero fermati a dormire alla villa del maggiore, suo padre non se la sentiva di mettersi in strada in piena notte e con troppo alcool in corpo. Inoltre, l’indomani avrebbero anche pranzato tutti insieme.
Come una vera famiglia perfetta.
Ridestandosi da tutti quei pensieri, si rese conto solo in quel momento che la macchina era ancora spenta, quindi si girò a guardarlo e lo trovò a fissarla.
«Stavo pensando che forse dovresti fermarti anche tu a dormire a casa dei miei. Non è cauto mettersi in viaggio a quest’ora. Ripartirai dom-»
Noёl De Angelis la baciò sulle labbra, poggiandole una mano sulla guancia destra. Andrea d’istinto si tirò indietro, fissandolo con gli occhi sbarrati, preoccupati. Lui le accarezzò lo zigomo con il pollice:
«Non avremo un’altra occasione» le sussurrò il capitano, mentre in cielo scoppiavano i fuochi d’artificio più splendenti e rumorosi ai quali Andrea avesse mai assistito.
Noёl si liberò del cappotto e con una sola mossa si spostò sui sedili posteriori, aiutando la giovane ragazza a raggiungerlo mentre teneva la sua mano mingherlina nella propria, la quale era grossa il doppio. Andrea non oppose resistenza, sebbene non stesse pensando a niente. La sua mente era completamente vuota, intanto che all’infuori di quella macchina il cielo si illuminava a giorno di ogni colore possibile.
Gli atterrò in grembo, cavalcioni, liberandosi a sua volta dell’ingombrante caban chiaro. La gonna dell’abito si era alzato fino alle cosce e Noёl lasciò che le sue mani corressero sui collant scuri, nel frattempo che lei prendeva a baciarlo con veemenza.
Fecero l’amore sui sedili posteriori dell’auto, come due ragazzini, la notte di Capodanno, fermi nel parcheggio di un autogrill deserto, lungo l’autostrada che collega la Lombardia alla Toscana.
Rimasero qualche minuto ancora in biancheria intima, godendosi il momento mentre la festa per il primo dell’anno sembrava ormai essersi esaurita. Noёl stava fumando un sigaro con il finestrino aperto per 3/4, intanto che Andrea teneva la testa adagiata sulle sue gambe. Le dita di entrambi erano intrecciate sul grembo di lei. Avevano deciso che si sarebbe fermato a dormire a casa Moretti per quella notte, mettersi in viaggio adesso non sarebbe stata una mossa furba.
«Ho ereditato un piccolo rudere in Provenza, nel sud della Francia.» Esordì all’improvviso il capitano e inizialmente Andrea non comprese dove volesse andare a parare. Alzò gli occhi per guardarlo, ma lui teneva i suoi puntati oltre il finestrino. «In realtà, è una piccola proprietà viticola appartenuta ai miei nonni. Sono morti un anno fa, forse due. Non avendo altri eredi, è toccata a me. Non ci sono mai stato, dalle foto che l’agente immobiliare mi ha mandato sembra messa un po’ male, avrebbe bisogno di qualche accorgimento, ma sembra un bel posto dove stare.» Noёl espirò dal sigaro una lunga boccata di fumo che poi espirò per altrettanto tempo, spezzò la punta incandescente e la buttò via, riponendo ciò che ne restava nell’apposito contenitore di cuoio. Quindi rialzò il finestrino e finalmente chinò il capo per guardare Andrea, le sorrise con dolcezza, accarezzandole i capelli sulla sommità della testa. «Potremmo andare a viverci insieme.»
Gli occhi della giovane ebbero un guizzo, si illuminarono e parvero sorridere in contemporanea con le labbra. Felice.
«Sì», disse emozionata. «Sì, mi piacerebbe tanto.»

 
 
fine
 
Angolo Autore:

Ciao a tutti, lettori e lettrici!
Ringrazio chiunque di voi sia giunto a leggere fino all'ultima parola di questa mia storia.
In particolare vorrei ringraziare Star_Rover per la dedizione :)
Non abbiate paura a lasciare un vostro giudizio, anche se piccolo ricordatevi che si scrive per essere letti (e in questo caso recensiti).

Vostra Nina^^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




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