La
sua voce non era mai stata così fredda.
-
Ti odio. Non osare comparire alla mia presenza. -
Come
pietre in una slavina, le crudeli parole di Sandokan si abbattevano
su Yanez.
E
lui, di solito reattivo nelle risposte, taceva, gli occhi lucidi di
lacrime.
Quel
gelo colpiva, duro, crudele, implacabile, ma era meritato.
Lui
si era accanito su Marianna senza alcun motivo.
L’aveva
giudicata male, annebbiato da uno stupido, crudele pregiudizio.
Sandokan
aveva ricambiato l’offesa da lei subita con la medesima,
dilaniante moneta.
-
Ho capito. - aveva mormorato, il tono flebile.
Si
era girato e, a passo rapido, aveva percorso la capanna.
-
Calmati! - urlò una voce
ferma, decisa, risoluta.
Di
scatto, il portoghese aprì gli occhi e lanciò sguardi
angosciati ora a destra, ora a sinistra. Dove era?
Tutto,
in quel momento, gli pareva confuso.
Una
mano ferma, ad un tratto, si posò sulla sua guancia e lo
costrinse a girare la testa.
A
quel tocco, l’avventuriero sussultò, come fosse stato
colpito da una scossa elettrica, poi i suoi occhi cerulei si
specchiarono nelle iridi castane di Sandokan.
Il
principe malese aggrottò un sopracciglio, meravigliato. Il suo
amico lo fissava con una espressione stralunata, sofferente.
E…
E sembrava quasi avere paura di lui.
L’europeo,
per alcuni istanti, rimase immobile, il respiro affannoso e il cuore
palpitante contro le costole. Era emerso da un terribile sogno.
Sandokan,
in quel momento, era reale e ne poteva sentire il tocco deciso, ma
gentile sulla guancia.
Forse,
non era mutato nulla.
Scosse
la testa e, con un gesto cortese, allontanò la mano
dell’amico. No, non poteva non essere cambiato nulla.
Era
trascorso troppo poco tempo da quel loro stupido litigio.
Di
scatto, scese dall’amaca e fece per allontanarsi. Sentiva su di
sé il peso della vergogna, anche se non voleva ammetterlo.
Non
riusciva a guardare negli occhi Sandokan.
Il
malese, tuttavia, lo seguì e lo fermò. Qualcosa turbava
Yanez e lui, ostinato, teneva per sé le cause della sua
angoscia.
La
sua maschera sorridente e ironica nascondeva un estremo pudore dei
sentimenti.
-
Che ti succede? - domandò, sempre più preoccupato. No,
non gli avrebbe permesso di nascondersi.
Yanez,
ostinato, tacque e abbassò la testa.
-
Mi… Mi dispiace. - soffiò, amareggiato.
Il
giovane principe malese alzò un sopracciglio, perplesso.
Continuava a non capire la ragione della pena di Yanez.
-
Io… Io ti voglio bene, amico mio. In poco tempo, sei diventato
per me un fratello. Eppure, mi sono comportato con te come una donna
gelosa. Tu sei stato fortunato a trovare una donna come Marianna. E
io… Io, invece di gioire per te, ti ho attaccato. Ho riversato
su di te una mia stupida rabbia. - sussurrò.
Sandokan,
per alcuni istanti, rimase silenzioso. Yanez non aveva dimenticato
quel loro litigio e provava rimorso sincero.
In
quel momento, aveva provato rabbia verso il suo pur caro amico
portoghese, ma l’affetto per lui aveva prevalso.
Ne
era sicuro, Yanez non aveva parlato in quel modo per cattiveria.
-
Le tue parole mi hanno fatto arrabbiare, non lo nego. Mi sono sentito
ferito e amareggiato. Però, non voglio farmi trascinare dalla
rabbia. -
Prese
le mani di Yanez e le strinse tra le sue.
-
Sei stato sincero, ma non basta. Devono essere le tue azioni a
parlare per te. - dichiarò, serio.
Con
un cenno deciso del capo, l’europeo annuì. Sì,
capiva bene la prudenza di Yanez.
-
Sì. Non ti deluderò, amico mio. -
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