Solo con lei
Lena era seduta
sulla poltrona del suo modesto ufficio.
Stava cercando di rimettere in ordine i piani, controllando che i dati
e le
analisi fossero giuste, e stava per strapparsi i capelli dalla cute
quando
dalla porta entrò Raiden.
«Lena, sei occupata?»
Avvertendo una certa tensione nella sua voce, la
ragazza fece un
cenno negativo. In qualche modo capitava al momento giusto,
perché non vedeva
l’ora di prendersi una pausa tra quella marea di fogli. Non
odiava il lavoro
d’ufficio, ma a volte la prendeva così tanto che
la tentazione si strappare
tutto la invadeva e le faceva vedere tutto rosso.«No, posso
fermarmi qui oggi.
È successo qualcosa?»
Il ragazzo annuì,
l’espressione grave. «Shin.»
Non aveva bisogno di sentire altro. Lena si
alzò e, senza neanche
aspettarlo, si diresse a passo veloce e sicuro verso la stanza del suo
ragazzo.
Davanti alla porta della camera trovò Anju, Kurena, Theo,
Dustin, Frederica e
Rito, i quali fissavano preoccupati la superficie legnosa della soglia.
Quando la
videro arrivare, come in un film dell’orrore, girarono in
contemporanea il capo
nella sua direzione, ricambiando il suo volto contratto nella
confusione.
Fu proprio la Handler a prendere la parola, alle
sue spalle il
migliore amico di Shin che si univa agli altri. «Ragazzi, che
ci fate qui?» li
guardò ad uno ad uno. «Non dovreste essere
fuori?»
Theo alzò le spalle. «Stavamo
passando di qui quando abbiamo
sentito qualcosa schiantarsi per terra in camera di Shin. Lo abbiamo
chiamato,
più volte, anche per ricordagli dell’allenamento,
ma non ci ha risposto.»
«Abbiamo provato anche ad entrare, ma la
porta è chiusa a chiave.»
Kurena continuò, negli occhi l’ansia e la paura
che fosse successo qualcosa di
grave al loro Becchino.
Lena si sentiva tirare il cuore in tutte le
direzioni. Solo lei e
Raiden sapevano cosa stava accadendo in quell’ultimo periodo,
e temeva che in
quel momento Shinei stesse attraversando una delle sue crisi.
Ultimamente le
voci della Legione si erano fatte più forti e pressanti,
quasi da stordirlo;
non sapevano ancora spiegarne il perché, ma il tenente Shuga
le aveva promesso
che nel caso fosse capitato, lui sarebbe stato sempre con Undertaker
per
avvisarla.
Il colonnello annuì e si fece spazio tra
la piccola folla, per poi
alzare la mano chiusa a pugno e bussare leggermente. «Shin,
sono Lena.»
mormorò. «Posso entrare?»
Passarono i secondi,
in cui
tutti si erano ammutoliti, per cui si sentì chiaramente il
click della
serratura. Stavano trattenendo il fiato, Lena più degli
altri, e fu proprio
quest’ultima a girarsi a guardarli. «Andate ad
allenarvi, me ne occupo io.»
sorrise loro, cercando di rassicurarli e dirgli con lo sguardo che il
loro
capitano sarebbe stato bene. Aspettò che la lasciassero sola
prima di entrare e
chiudersi la porta alle spalle.
La camera di Shin, completamente spoglia ed
arredata con il minimo
necessario -una scrivania corredata di sedia, un letto ed un bancone-,
era
completamente immersa nel buio, la tenda della finestra tirata in
maniera tale
da non far filtrare neanche un raggio di luce. Seduto sul bordo del
letto,
vestito con la divisa militare della Federazione, c’era
proprio il suo ragazzo,
il quale era chinato in avanti, le spalle ricurve ed i gomiti
appoggiati alle
ginocchia.
Shin teneva il viso basso, verso terra, ed i
capelli lucenti e
neri cadevano a coprire gli occhi color sangue. Lena non sapeva, non
aveva idea
di quello che l’amato stava passando, ma quello che voleva
fare era cercare di
dargli il suo supporto in ogni momento, che fosse bello o brutto. Gli
aveva
promesso che sarebbe stata con lui se ci fosse stato un problema, e non
avrebbe
fatto un passo indietro sapendo quello che lui stava passando.
Nel silenzio più assoluto, lo raggiunse,
e, inginocchiandosi
davanti a lui, si sporse in avanti per abbracciargli il busto.
Appoggiò
delicatamente la fronte contro la sua spalla, con gli occhi chiusi, e
lo
strinse a sé con affetto. Era tutto rigido, ed era anche
riuscita ad avvertire
che tremava.
Solo poco dopo, sotto il suo tocco
avvertì che le spalle ammorbidirsi,
rilassarsi, ed il tremolio si affievolì. Pian piano il suo
abbraccio venne
ricambiato, e le braccia di Shin la strinsero ulteriormente contro di
lui. Si
aggrappava a lei, solo a lei, perché Lena era in grado con
il suo essere di
farlo stare bene. Infatti, da quando lo aveva avvolto, non solo con il
corpo ma
anche con il suo amore, già si sentiva meglio.
«Andrà tutto bene.»
gli sussurrò lei, e, finalmente, la sua voce
cristallina ma leggera scacciò via quei sussurri di morte
che sentiva nelle sue
orecchie.
E Shin credette alle sue parole. Perché,
solo con lei al suo
fianco, tutto poteva andare davvero bene.
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