Spagnuolo, il commissario. L'innocenza di un bacio

di Parole nuove
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Prima ancora di conoscere il mio nuovo ufficio, mi fermai davanti alla macchinetta del caffè. Il viaggio, il caldo, l’inseguimento del ragazzo avevano avuto su di me lo stesso effetto di un uragano. Sul cellulare lampeggiava l’icona di dieci messaggi non letti e sei chiamate perse. Sbirciai rapidamente mentre sorseggiavo il caffè: Oscar, mia madre, Gloria ed un numero sconosciuto. Potevano aspettare ancora un po’. Mi recai nel mio ufficio dove mi aspettava l’ispettore Cirillo con il ragazzo dell’inseguimento.
         Carlo Scapece, di anni sedici, studente, segni particolari cicatrice sullo zigomo sinistro.
- «Allora… Ci siamo calmati?»
Il ragazzo aveva uno sguardo impaurito, tremava.
- «Dottore Spagnuolo il ragazzo aveva un coltello a serramanico nella tasca dei pantaloni.»
 
- «Come ti chiami?»
- «Mi chiamo Carlo, Carlo Scapece.»
L’ispettore Cirillo mi passò i documenti del ragazzo.
- «Carlo che ci facevi nello stabile del professor Zambenedetti?»
- «Io mi trovavo a passare di lì ed incuriosito sono entrato… ve lo giuro!»
- «Tu sei entrato nello stabile prima dell’omicidio. Dopo la scoperta del cadavere la polizia piantonava l’ingresso dello stabile. Non ti avrebbero permesso di entrare. Quindi? Perché eri lì? Perché scappavi? E perché piangevi?»
Carlo abbassò lo sguardò e cominciò nuovamente a piangere.
- «E va bene ero lì perché volevo rubare. Ecco perché scappavo!»
- «E invece io credo che il motivo della tua presenza in quello stabile sia un altro. Conoscevi il professor Zambenedetti?»
- «Dottò qui ci conosciamo tutti! Può chiedere a tutto il paese. Lo conoscono tutti!»
Il padre del ragazzo, con un sorriso abbozzato, alzò timidamente l’indice.
- «Permettete?»
- «Prego, dica pure.»
Giungendo le mani in segno di preghiera disse:
- «Perdonatemi dottò, sto figlio mio mi da sempre pensieri grossi assai, ma le posso giurare sopra la buonanima di mia moglie che non c’entra niente con l’omicidio di sto professore.»
- «Signor Scapece, mi piacerebbe molto crederle ma suo figlio non ci ha ancora spiegato perché si trovava in quel posto. Carlo, ce lo vuoi spiegare?»
- «Glielo dico io dottò. Se mio figlio non vuole parlare, non permetterò che si metta nei guai per una figlia ‘e ntrocchia!»
- «Papà sta zitt!»
- «Dottore, mio figlio si trovava lì perché cercava la sua fidanzata che non le rispondeva al telefono dal giorno prima. Avevano litigato e Carlo era molto preoccupato. Mi ha chiesto di accompagnarlo perché non teneva benzina nel motorino e stava ‘mbollètta. Commissà, mio figlio ha un carattere particolare, non riesce a tenersi stretto un lavoro. Io faccio l’idraulico, ma non mi chiamano spesso. Insomma l’ho lasciato lì vicino e quando ho girato l’angolo ho notato alcune persone attorno al morto. Ho cercato mio figlio ovunque e poi mi avete chiamato voi. Quando siamo arrivati il morto era già lì!»
Carlo teneva lo sguardo basso ma adesso sembrava essere meno teso.
- «Come si chiama la tua fidanzata?»
- «Ma cosa c’entra la mia fidanzata? Abbiamo litigato, e allora? È reato?»
- «Ascoltami. Se tu e la tua fidanzata avete litigato sono affari vostri. Io sono tenuto a verificare che quanto dichiarato da tuo padre corrisponda al vero.»
Carlo finalmente alzò lo sguardo e intrecciando le mani disse flebilmente:
- «Si chiama Francesca Nobile. Come le ha detto mio padre, non risponde alle mie chiamate da ieri, così sono andato a cercarla.»
- «Abita in quello stabile Francesca?»
- «No, veramente no. A casa sua c’ero già stato, così ho pensato di cercarla a casa dello stronzo.»
Lo stronzo? E chi era adesso lo stronzo? Quella parola innescò in me un bisogno incredibile di saperne di più.
Carlo sospirò pesantemente e continuò:
- «Io e Francesca abbiamo litigato perché non volevo andasse dal professore Zambenedetti. Spesso ci andava per delle ripetizioni pomeridiane. A me non piaceva quello. Sono sicuro che ci provasse con Francesca. Ma lei non ha voluto darmi ascolto e così abbiamo litigato. Quando sono andato a cercarla ho visto quel gruppo di persone ma non il professore! Sono entrato nello stabile e  mentre salivo le scale ho sentito arrivare la polizia. Mi sono affacciato dalla finestra del secondo piano e così ho capito che c’era un morto e che il morto era il professore di Francesca. Mi sono impaurito… Per il resto sapete come è andata.»
Sembrava sincero e visibilmente preoccupato.
- «Perché pensi che il professore ci provasse con Francesca?»
- «Io non so chi fosse quella ragazza ma…  la vedevo molto spesso in compagnia del professore all’uscita di scuola, in un vialetto vicino. Una ragazza giovane con lo zaino alle spalle. Si baciavano e a volte litigavano. Commissa’… uno di quarant’anni che ci faciva cu na peccerella? E così ho pensato che durante quelle ripetizioni pomeridiane lui e Francesca…»
Carlo strinse il pugno e due grosse lacrime rigarono nuovamente il suo viso.
- «Va bene Carlo, adesso è molto importante trovare Francesca. Dammi il suo numero di telefono e l’indirizzo della sua abitazione.»
Senza opporre resistenza, Carlo trascrisse il numero e l’indirizzo di Francesca e di colpo parve sollevato.
- «Vi prego, se riuscite a parlare con Francesca ditele di chiamarmi. Sono preoccupato.»
- «Va bene, stai tranquillo. Adesso vai con l’ispettore Cirillo. Ti va di aiutarci a fare un identikit della ragazza che hai visto con il professore?»
- «Si, certo.»
Il padre di Carlo mi strinse la mano, soffermandosi a guardarmi grato per aver dato fiducia alle sue parole.
In quel momento mi immaginai a Palermo, con Giulia, a parlare dei nostri figli. Mi sentii improvvisamente triste per quella famiglia mai nata e solo per quei figli mai avuti. Il padre di Carlo mi aveva dimostrato una realtà inoppugnabile. I figli rendono i genitori vulnerabili, fragili, ma allo stesso tempo forti. Ti danno la carica per non mollare, per lottare e questo l’ho visto negli occhi del signor Scapece.
Rimasto solo nel mio nuovo ufficio armeggiai con il telefono per chiamare l’ispettore Cirillo. Proprio sotto la cornetta c’era un biglietto con l’elenco degli interni.
Così premetti il due.
- «Dottore ha bisogno di me?»
- «Si Cirillo. Vieni un attimo in ufficio.»
Dopo un solo minuto bussarono alla porta.
- «Avanti!»
- «Dottore, come posso aiutarla?»
- «Appena l’identikit della ragazza sarà pronto iniziate subito le ricerche. Dobbiamo capire se questa ragazza c’entra qualcosa con l’omicidio del professore.»
- «Si, certamente dottore. Il ragazzo si sta impegnando molto per fornirci informazioni utili.»
- «Indirizziamo le ricerche nella scuola dove insegnava Zambenedetti, sono sicuro che si tratti di una sua alunna.
Fissa un appuntamento con il preside della scuola e fammi avere l’elenco di tutti gli alunni del professore.»
- «Vado subito…»
- «Cirillo aspetta! La moglie! Voglio parlare con la moglie della vittima!»
- «Sarà fatto dottore.»
- «Cirillo! Fissa un appuntamento con la segretaria del notaio. La Lo Porto. Quella ragazza ci nasconde qualcosa.!»
- «Va bene dottore. Allora io vado.»
Cirillo stava per andare ma per l’ennesima volta lo fermai.
- «Cirillo scusami!»
- «Si… dottore…»
- «Io adesso vado a sistemare le mie cose, vado a fare una doccia e mi riposo un po’. Qualunque cosa accada chiamatemi immediatamente, d’accordo?»
- «Senz’altro, vada tranquillo.»
- «Può consigliarmi un posto dove mangiare qualcosa di buono?»
- «Dotto’… sentite a me. Andate a mangiare una pizza da mio cognato Giovanni! E mi raccomando ditegli che vi mando io. Tenete, questo è il biglietto da visita.»
- «Grazie Cirillo, grazie.»
Cirillo uscì di fretta, probabilmente temeva di essere trattenuto nuovamente.
Presi il cellullare e mi avviai anch’io verso l’uscita. Ero veramente stanco.
Arrivato alla pensione mi buttai come un sasso sul letto e chiamai mia madre. La rassicurai rispondendo alle mille domande che mi fece. Poi aprii i messaggi.
Oscar scriveva:
Compa’ sei arrivato? Tutto bene? Sei andato via da meno di ventiquattro ore e già tutti ti cercano!
Seguiva una foto di Nico intento a mangiare una fetta di torta Savoia, il dolce che spesso mangiavamo insieme.
Mi mancava già Nico…
Ma cosa intendeva Oscar con quel “…e già tutti ti cercano”?
Il messaggio di Gloria mi chiarì tutto.
 Te ne vai senza salutare? Non mi sembra molto carino. E adesso non ci vediamo più? Beh… se ti va chiamami.
Gloria è un avvocato che conobbi durante un’indagine a Palermo. Abbiamo passato qualche serata insieme e poi siamo finiti inevitabilmente a letto. Mi attrae molto esteticamente, ma non credo di riuscire ad impegnarmi in qualcosa di più serio. Forse dovrei essere più chiaro con lei. Leggendo quel messaggio mi sono sentito un verme. Sedotta e abbandonata! Abbiamo fatto l’amore solo una settimana fa e non ho ritenuto necessario informarla del mio trasferimento! E cosa avrei potuto risponderle? Impiegai almeno dieci minuti a scrivere, cancellare e riscrivere il messaggio.
Scusami Gloria. Questo trasferimento mi ha un po’ disorientato. Ti chiamo appena posso.
Posai il cellulare, mi spogliai e andai verso il bagno. Avevo proprio bisogno di una doccia calda. Appena aprii la porta visi subito la vasca. Aprii il rubinetto, presi il bagnoschiuma al muschio bianco ed immergendomi nell’acqua chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dal fruscio e dall’odore di muschio.
Di botto mi svegliai. Erano le 02.35! Mi ero addormentato dentro la vasca!
Infreddolito mi asciugai, mi vestii e finalmente mi stesi sul letto.
Dal cognato di Cirillo sarei andato un’altra volta.
 
 
 
 
 




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