Age of Epic - 2 - La progenie infernale

di Ghost Writer TNCS
(/viewuser.php?uid=692529)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


22. Nemico naturale

«La tua stupida rivolta finisce qui, assassino» sentenziò l’inquisitore di Huitzilopochtli dall’alto del suo imponente drago corazzato.

Havard digrignò i denti. Ma doveva restare concentrato. Il suo nemico era riuscito a curare in un istante tutti i suoi alleati, e non l’aveva fatto attingendo alla benedizione di Kamrušepa[15] o a quella di un altro dio: quello che aveva usato era un altro tipo di potere, qualcosa di cui il figlio di Hel aveva solo sentito parlare.

Havard scagliò l’incantesimo di putrefazione, l’inquisitore venne colpito in pieno e non riuscì a trattenere un grugnito di dolore. Mentre il suo corpo si decomponeva, riuscì a tirare le briglie, facendo allontanare la sua cavalcatura.

Il pallido non lo inseguì, ma lo osservò con attenzione da lontano: come temeva, la magia di guarigione del suo nemico era abbastanza forte da neutralizzare la sua putrefazione. Gli restava una sola chance per avere la meglio.

Il suo drago corazzato si voltò e ringhiò minaccioso, segno che gli altri inquisitori stavano arrivando: doveva agire subito.

Il figlio di Hel evocò la magia di ghiaccio attraverso il suo bastone, formando un arsenale di grosse punte e dischi affilati. Li scagliò con forza, ma il drago del nemico sollevò un’ala e li bloccò.

Non c’era più tempo: Havard evocò una barriera e una vampata impattò su di essa, facendo ruggire la sua stessa cavalcatura.

Doveva andarsene. Tutti i suoi uomini dovevano andarsene.

Si collegò mentalmente alle sue truppe e inviò loro un messaggio breve, semplice e che non ammetteva repliche: “Ritirata. Torniamo a Varn.”

Con un’altra raffica di ghiaccio il figlio di Hel allontanò i draghi degli altri inquisitori e poi fece scattare il suo corazzato per prendere il volo. Mentre la sua cavalcatura si sollevava da terra, Havard lanciò un rapido sguardo ai suoi: stavano ripiegando in città, poi avrebbero usato l’ingresso dal lato opposto per raggiungere il vicino villaggio di Varn, situato a est di Kyrehsa. Se riusciva a tenere occupati gli inquisitori, forse avrebbe avuto ancora un esercito per continuare la sua guerra.

Di nuovo Havard evocò uno scudo per proteggersi dal fuoco degli inquisitori e dai loro incantesimi, fece virare il suo drago corazzato sopra la città e poi si allontanò verso nord. I cavalieri del Clero non esitarono un attimo e si misero tutti e tre al suo inseguimento, ignorando completamente il resto delle truppe.

Era chiaro a tutti che una volta eliminato il figlio di Hel, l’intera rivolta sarebbe rapidamente scemata.

Tenko sapeva che gli inquisitori erano troppo impegnati per fare caso a lei, ma avvertì comunque la necessità di nascondersi quando li vide sfrecciare sopra la città. Era arrabbiata e triste per la perdita della sua viverna, ma era anche spaventata: un solo secondo di ritardo a evocare l’intangibilità, e anche lei ora sarebbe un mucchio di cenere.

Era ancora immobile all’ombra di un edificio quando avvertì le parole di Havard nella sua testa: “Ritirata. Torniamo a Varn.”

In un primo momento rimase molto stupita, poi però si rese conto che era inutile continuare quella battaglia: avevano perso tutte le viverne, e Havard – per quanto fosse forte – non poteva affrontare da solo quattro inquisitori. O forse sì? Non era forse un dio?

La demone vide alcuni guerrieri del pallido che correvano lungo la strada principale, poi un’ombra sfrecciò sopra la città: era il drago corazzato del figlio di Hel, e dietro di lui c’erano i tre inquisitori.

Seppur spaventata da quei potenti nemici, Tenko decise che doveva fare qualcosa: doveva aiutare Havard – anche se non sapeva bene come – e doveva farla pagare ai servi del Clero.

Notò alcuni monoceratopi privi cavaliere che avanzavano per la strada insieme al resto delle truppe e non ci pensò due volte: saltò in sella al primo rettile che riuscì a raggiungere e lo lanciò a tutta velocità verso l’uscita della città. Ben presto si accorse di non essere sola: altri guerrieri di Havard si stavano cavalcando nella medesima direzione, e non si stupì di trovare anche una preoccupatissima Nambera tra loro.

Mentre loro correvano per le vie più ampie, anche il resto della città reagì all’evolversi della battaglia, e lo fece in maniera estremamente eterogenea. Tenko vide persone in festa che osannavano gli inquisitori e li incitavano a liberarli dagli invasori, ma allo stesso tempo riconobbe altri orchi con armi di fortuna che si preparavano a respingere i guerrieri del Clero. Ben presto tra le due fazioni scoppiarono i primi scontri, e solo la carica dei monoceratopi convinse i più bellicosi a farsi da parte.

«Non fermatevi!» gridò l’orco in testa al loro gruppo. «Ci penseranno gli altri a guidare la ritirata!»

Solo dopo un momento la demone notò la protesi che rimpiazzava la sua mano destra e capì che si trattava di Reton, uno dei capitani di Havard. E in questo modo realizzò che, mentre lei si era buttata a capofitto in quella corsa, i leader scelti dal figlio di Hel stavano anche pensando alla battaglia nel suo insieme e a come gestire la situazione.

Finalmente superarono il portone dal lato opposto della città e da lontano videro Havard e gli inquisitori che combattevano, il tutto mentre su di loro si addensavano delle minacciose nuvole scure. Tenko e gli altri erano ancora lontani quando il primo lampo illuminò l’aria, ma il tuono fu comunque così fragoroso da far imbizzarrire un paio di monoceratopi.

Il temporale secco, completamente privo di pioggia, crebbe rapidamente di intensità, ma lo scontro fra Havard e gli inquisitori non accennava a placarsi.

All’improvviso un fulmine centrò in pieno uno dei tre draghi del Clero. Il rettile rimase immobile a mezz’aria per alcuni lunghi istanti, poi si piegò di lato e precipitò a terra.

La caduta di uno dei nemici diede coraggio a Tenko e agli altri orchi, che spronarono ulteriormente i loro monoceratopi. Ormai erano vicini, potevano quasi udire il rumore degli incantesimi tra un tuono l’altro.

Tutti quelli armati di bacchetta lanciarono i loro attacchi, costringendo gli inquisitori a schivarli. Il diversivo sortì comunque il suo effetto perché un altro inquisitore venne centrato in pieno da un fulmine, diffondendo un penetrante odore di carne bruciata.

L’ultimo servo del Clero, ormai in inferiorità numerica, si affrettò a volare via a bassa quota, sperando così di evitare i temibili lampi.

Alcuni orchi erano pronti a partire all’inseguimento, ma Havard – che aveva già fatto atterrare il suo drago corazzato – li fermò con un ordine mentale.

Il figlio di Hel scese dalla sua cavalcatura, e solo allora i presenti si resero conto di quanto lo scontro lo avesse provato. Non era ferito, ma la sua stanchezza era evidente, al punto che i segni neri sotto i suoi occhi parevano ancora più marcati.

Nambera si affrettò a scendere dal suo monoceratopo e usò la sua magia curativa su di lui, riuscendo a restituirgli almeno in parte le forze.

«Sommo Havard, perché non lo inseguiamo?» volle sapere uno dei guerrieri. «È la nostra occasione!»

Il pallido scosse il capo. «Finché non eliminiamo l’inquisitore sul drago corazzato, è inutile combattere: le sue abilità di guarigione sono troppo potenti.»

I suoi uomini non obiettarono.

Prima di allontanarsi, Havard andò dai due draghi precipitati e usò l’incantesimo di putrefazione su di loro e sui loro inquisitori. Non poteva esserne certo, ma forse se distruggeva i loro corpi il loro alleato non sarebbe stato in grado di resuscitarli. O magari non ci sarebbe riuscito in ogni caso perché erano morti da troppo tempo: al momento non aveva abbastanza informazioni per stabilirlo.

«Torniamo anche noi a Varn» proseguì il pallido. «Dobbiamo prepararci a una dura battaglia.»

Risalì sul suo drago corazzato e si mise in marcia, seguito dai suoi sottoposti. Il loro silenzio era un segno evidente del loro turbamento, ma il figlio di Hel era troppo preso dai suoi pensieri per farci caso: come poteva uccidere quell’inquisitore? Le sue abilità rigenerative erano incredibilmente efficaci, ma forse tagliandogli la testa sarebbe stato in grado di eliminarlo. Poteva anche provare con il veleno, ma la sua magia di putrefazione era stata annullata, quindi non poteva contarci troppo.

E in ogni caso restava il problema di come attaccarlo. Finché stava sul suo enorme drago corazzato era pressoché inavvicinabile, quindi l’unica alternativa era coglierlo di sorpresa. Sembrava il compito perfetto per Tenko, ma se l’assassinio non andava a buon fine, quasi sicuramente la demone sarebbe stata catturata o uccisa. E con tutte le incognite che c’erano, le probabilità di fallimento erano molto alte.

Valeva la pena di rischiare di perdere la sua abilità unica?

Il figlio di Hel continuò a riflettere sulle sue prossime mosse finché non incontrarono un gruppo di guerrieri che procedeva verso Varn. Sembravano parecchio abbattuti, ma appena videro il loro leader il loro umore migliorò.

Dal canto suo, ciò che notò Tenko fu che molti di loro erano feriti e che erano meno numerosi di quanto si aspettava. I suoi sospetti trovarono conferma quando, dopo alcune ore di marcia, raggiunsero la loro meta: al villaggio di Varn erano presenti meno di due terzi dei soldati che avevano combattuto a Kyrehsa, e quasi tutti erano feriti.

In quel momento non riuscì a non pensare a Leonidas e a ciò che le aveva detto durante il loro ultimo scontro: “Tu vuoi una guerra, Tenko, una guerra! Nessuno di noi ha mai visto una vera guerra, ma gli dei sì!”

Era vero, non aveva mai visto così tanti guerrieri combattere nello stesso posto, e non ne aveva mai visti così tanti morire in un’unica battaglia. Ora riusciva a capire come mai il faunomorfo aveva cercato di fermarli, ma continuava a non condividere la sua scelta.

«Tenko! Stai bene?!»

La voce conosciuta la distolse dai suoi pensieri. Si voltò e con grande sollievo vide Zabar e Icarus che correvano verso di lei.

«Stai bene, vero?» le chiese il demone, preoccupato.

Lei scese dal monoceratopo. «Sì, io sto bene, ma le… Le viverne non ce l’hanno fatta.»

L’ex chierico annuì mestamente. «Almeno tu stai bene.»

Anche se si erano appena riuniti, i tre dovettero subito mettersi al lavoro per aiutare gli altri guerrieri ad allestire le difese contro il Clero. Il capo del villaggio era pronto a fornire loro tutto il supporto possibile – Havard lo aveva nominato apposta – ma le risorse a disposizione erano limitate, quindi dovevano arrangiarsi con ciò che avevano.

Ancora una volta, una sconfitta poteva significare la fine delle ambizioni di Havard.

***

«Cosa ti dicevo, Nergal? Il mio Pilastro è riuscito a mettere in fuga il bastardo di Hel.» A parlare era stato Huitzilopochtli in persona, il dio del sole dal luminoso piumaggio verde.

Il dio della morte sbuffò con stizza. «E la chiami vittoria?! Non potremo stare tranquilli finché quell’eretico non sarà morto! Ha già ucciso due degli inquisitori che abbiamo mandato!»

«Rilassati» ribatté Tezcatlipoca, il dio della notte. «Anche se è un semidio, non può battere il Pilastro della Vita.»

«E se ci riuscisse?» intervenne Kamrušepa, dea della magia e della medicina. I suoi capelli sembravano soffici nuvole in elegante movimento. «Se riuscisse a sconfiggere anche un Pilastro?»

«E allora ne manderemo altri!» sentenziò Huitzilopochtli. Non sopportava il tono di paura dei suoi simili. «Abbiamo già mobilitato il Clero per riprendere le città che abbiamo perso. Presto il bastardo di Hel sarà morto e tutto tornerà come prima. Ve lo assicuro: quel bastardo non può vincere contro di noi. Sarà anche forte, ma noi abbiamo milioni di fedeli pronti a morire per noi. Abbiamo gli inquisitori, i Pilastri, i nostri figli e perfino Spartakan.» La sua convinzione era assoluta. «Il mondo è nostro, e lo resterà per sempre.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

In questo capitolo vediamo Havard scontrarsi con l’inquisitore guaritore, che potrebbe essere proprio il nemico naturale di un dio della morte come lui.

In qualche modo il figlio di Hel riesce a far fuggire i suoi prima di subire una disfatta totale, ma ora dovrà pensare a come affrontare il prossimo round. Cosa sarà disposto a sacrificare pur di raggiungere i suoi obiettivi?

Nel finale rivediamo gli dei, e tra loro Huitzilopochtli sembra quello più fiducioso. Non a caso l’inquisitore guaritore (nonché Pilastro) è proprio un suo adepto, quindi il dio del sole è sicuro di avere la vittoria in pugno.

Staremo a vedere chi avrà la meglio nel prossimo scontro.

Come sempre vi ringrazio per aver letto il capitolo e a presto ^.^


PS: Ho finalmente aggiornato la copertina della storia, potete darle un'occhiata nel primo capitolo ;)


Segui Project Crossover: facebook, twitter, feed RSS e newsletter!



[15] Dea ittita della medicina e della magia.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4033438