L'ombra della signoria

di Alarnis
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titolo del capitolo: “Non abbandonarmi proprio ora!”






“Mi chiedevo cos’era tutto questo chiasso.” sghignazzò.
“Gregorio!”. Moros masticò quel nome indigesto. “Tuuuu!” lo additò.
“Lo dici come fossi la fonte delle tue disgrazie!” ironizzò lui, aggiungendo velenoso “Quando è lei la causa!” e indicò la sorella. La vide sconvolta toccarsi il petto quasi fosse stata colpita.
“Ti sfido!” mise in chiaro Moros con un ringhio.
“Non lasciare che l’odio parli per te, ti inacidisce il volto!” scherzò lui, mantenendosi nelle retrovie di Ottavio e Vittorio.
Il dialogo a due impose agli altri di tacere.
“Sono pronto a sfidarti!”.
Gregorio tenne chiuse le labbra, anzi le strinse ancor più, per impedire l’equivoco accettasse. Urlò. “Ottavio!”. “Fai prepare la forca!” sorrise.
Il soldato avanzò verso Moros. Lavinia li separava. “Non intrometterti!” mise in chiaro Ubaldo incorciando la spada con Ottavio. Non aveva paura di prendere le difese dell’antico scudiero di Guglielmo.
“Fermi!”. Qualcuno accorse verso di loro dal fondo opposto del corridoio.
Gregorio riconobbe quella voce.
“Nicandro.” pronunciò Moros quando lo vide. Un tono sentimentale, come valutasse: Quanto tempo…
Nicandro smise di correre. Prese fiato. Avanzò la mano. “Sospendo il comando.”.
Ottavio restò immobile, mentre Ubaldo approvava “Hai sentito gli ordini?”.
Come hai fatto a uscire? pensò. “Come osi!” s’infuriò.
“Sospendo il comando!” rivendicò Nicandro: il volto serio. Le labbra di Moros si mossero a chiamarne il nome quando gli fu vicino; come di fronte ad uno spirito di passaggio nel regno terreno.
Nicandro toccò Moros al braccio. Lo strinse un’istante come lo volesse rassicurare. Le dita si mossero sulla tramatura del mantello. Si soffermò per farvi una carezza. Moros lo mise in guardia, ma Nicandro gli rivolse un sorriso appena. Questa volta avrebbe pensato lui al cugino; passò oltre.. “Ordino di sospendere un giudizio arbitraio!”. Restò a distanza.
“Non puoi…” disapprovò Gregorio. “Questi sono i miei uomini!”. Rise e con gesto plateale indicò attorno a sé e verso il soffitto. Tutto gli apparteneva!
“Nicandro Montetardo è il mio singore!” rivendicò Ubaldo per primo, ma solo.
“Irrilevante!” sfotté le esigue risorse di Nicandro, che tuttavia non perse di coraggio.
“Neghi per paura?” si sentì tentare.
Torse le labbra prima di giocare con l’affetto. “Moros potrebbe morire  e, sarebbe colpa tua!” sentenziò sfidandolo con lo sguardo.
Nicandro non fece in tempo a rispondere, che una voce dal tono regale pronunciò “Moros è disposto a morire per la propria ragione.”.
Nuove figure apparvero dal fondo del corridoio: indistinte.
Spettri?
Indietreggiò. Agguzzò lo sguardo. Assottigliò gli occhi, mentre le figure avanzavano.
“Nicandro e Moros non sono soli. La mia spada serve a difendere dai soprusi!” argomentò la voce. Finalmente ne riconobbe le sembianze: distinse quella chioma bionda che tanto aveva distrutto nei quadri!
Ludovico Chiarofosco!
Non era momento di tergiversare.
La situazione richiede calcolo. Gridò. “Guardie! A me!”. Più alto di ogni altra parola, un nome: “Ludovico!”, “Il principe è qui! Prestoooo!”.
E quel nome corse. Serpeggiò tra i corridoi del castello, scavalcò il balcone della finestra, soffiò sui galletti segnavento, agitò le fiamme dei camini della cucina di Eugenio, arrivò tra i soldati e sul piazzale dov’erano radunati i contadini.
“Ludovico?”, “E’ qui!”, “Andiamo, presto!”. I soldati sollecitati dalla richiesta sfoderarono le spade come se il principe fosse già presente tra loro.
Non ci volle molto che Zelio apparisse davanti a tutti, ma si fermò nelle retrovie.
“Vi staneremo come topi!” precisò Gregorio ricevuta manforte. Della larghezza di appena otto braccia aperte, il corridoio era troppo stretto per l’intervento dei soldati per circondarli, ma era altrettanto vero che i nemici erano in trappola: potevano solo salire, morire combattendo o lanciarsi nel vuoto dalle torri.
Ludovico con i suoi due sottoposti, Moros e Ubaldo con Nicandro, non avrebbero rappresentato alcun problema.
“Di Moros e del principe occupatene tu!” ordinò infastidito alla sorella. “Di Nicandro mi occuperò io!” concluse seccato. Ludovico era di Zelio!
“Non osare!” sentì ringhiare Moros, come se la fiamma della collera fosse rinvigorita nel temere per il cugino. Lavinia gli stava di fronte e i loro occhi si specchiavano l’uno nell’altra.
“Avanti Mavio!” sentì dire da Lavinia. Fu rassicurato da come lo disse. Ricordava che un’altrettanta fiamma animava la sorella contro quel giovane.
Si girò per andarsene ma il suo passo frenò di colpo all’udire la richiesta di Lavinia all’amico d’infanzia. “Mavio! Non abbandonarmi proprio ora!”.
“Andrei in capo al mondo per te!” confessò il soldato che facendo un mezzo giro completo, come in una danza, eseguì gli stessi movimenti di Lavinia che prendeva posizione simbolicamente per i nemici.




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